Durante l’età d’oro del fumetto c’erano sostanzialmente due modi di inchiostrare: a pennino o a pennello. In realtà spesso si usavano entrambi, anche se nell’economia del risultato finale uno prevaleva sempre sull’altro. Erano sostanzialmente due visioni del mondo differenti e lontanissime. Si diceva che il pennino veniva utilizzato principalmente da chi metteva al primo posto la precisione e la leggibilità del tratto, mentre il pennello veniva preferito dai cosiddetti “impressionisti” che suggerivano più che mostrare. Ma la realtà più di una volta ci ha posto di fronte all’esatto contrario. Magnus era precisissimo su Kriminal e Satanik utilizzando il pennello, e Crepax era “impressionista “ su Valentina utilizzando una serie di tratti sottili e delicati. Comunque sia, ci sono stati nel fumetto italiano numerosi artisti che hanno fatto del pennino il loro principale strumento di lavoro raggiungendo risultati di altissima rilevanza. Ricordiamo i più significativi. Guido Buzzelli Guido Buzzelli (1927-1992) è stato un fumettista, illustratore e pittore italiano, spesso definito il “Goya del fumetto” per la sua capacità di intrecciare critica sociale e surrealismo. La sua maestria nell’uso del pennino si manifesta in tratti dettagliati e precisi, con un sapiente equilibrio tra luce e ombra, che conferisce profondità e dinamismo alle sue tavole. Il suo segno a pennino è tra i più intensi, espressivi e “pittorici” della storia della nona arte. La sua arte è viscerale, drammatica, ma anche raffinatissima: un perfetto equilibrio tra anatomia, gesto e visione interiore. Buzzelli è unico per come usa il pennino. Il suo tratto è fluido, denso, mai meccanico. La linea cambia spessore continuamente, come in una sinfonia visiva. Sa essere dolce o brutale nello stesso disegno. Il bianco e nero è “dipinto”, non solo tratteggiato. C’è un continuo gioco tra pieni e vuoti, luce e tenebra. Il suo segno non è solo descrittivo: è emozione, violenza e tenerezza. Opera consigliata: La rivolta dei racchi (1967). Guido Crepax Guido Crepax (1933-2003) è uno dei massimi esponenti dell’arte del pennino nel fumetto italiano. Con lui il pennino non è solo uno strumento tecnico, diventa estensione del pensiero, della sensualità e del tempo. A differenza di altri grandi maestri che usano il pennino per potenza o dramma, Crepax lo usa per suggestione e ritmo. Ogni tratto è fine, vibrante, fluido, come fosse inciso nella carta. Non c’è mai una linea superflua, ma nessuna è completamente “chiusa”. Il segno vive di eleganza, sottrazione e movimento. Le tavole non sono statiche, ma sembrano montaggi visivi, quasi da film d’avanguardia. Il pennino segue il ritmo interno della scena: lento, sfumato e sincopato. I volti, i corpi, i dettagli non sono realistici, ma filtrati da emozione e desiderio. Il segno non descrive, suggerisce: un ciuffo, una palpebra, una piega della pelle. In Valentina e negli altri personaggi il pennino diventa carezza, ma anche analisi e arabesco. Un intreccio di linee morbide mai “morbose” che hanno un’eleganza innata che viene dall’art déco, e non sono mai volgari. Opera consigliata: Baba Yaga (1971). Gianni De Luca Gianni De Luca (1927-1991) è stato uno dei più geniali sperimentatori della narrazione a fumetti italiana, e il suo uso del pennino è unico: non tanto per il virtuosismo grafico, ma per come il segno diventa regia, spazio, teatro. In De Luca il pennino non descrive, non decora, non impressiona. De Luca disegna il movimento, il tempo, la scena. È come se il fumetto diventasse uno spettacolo teatrale in continuo divenire. De Luca rompe la classica griglia a vignette: usa fondali unici su cui i personaggi si muovono da sinistra a destra, cambiando posizione e facendo scorrere il tempo nella stessa immagine. Il pennino segue questo flusso con tratti netti, dinamici e mai statici. Il segno a pennino è pulito, strutturale, ma ricco di ritmo. I personaggi non sono mai fermi. Il pennino descrive la sequenza del gesto (una camminata, un combattimento) e la trasformazione dell’espressione. Il tratto non è barocco o decorativo ma essenziale, narrativo e preciso. Ogni linea serve a raccontare. Nessun eccesso: è un pennino che pensa, non che mostra. Opera consigliata: Amleto (1976. Dino Battaglia Lo stile di Dino Battaglia (1923-1983) è pura poesia visiva in chiaroscuro. A differenza di altri maestri italiani più strutturati o “grafici” Battaglia dipinge con il tratto. Il suo segno è soffice, atmosferico e introspettivo. È un narratore che suggerisce più che mostrare, evocando emozioni attraverso ombre e dettagli sfumati. Il suo pennino è delicato, il suo tratto è morbido, quasi acquarellato, come una carezza sul foglio. Non cerca precisione chirurgica, ma suggestione e umore. A volte alterna linee sottili e tratteggi brevi a campiture piene o sfumate. Con pochi segni, crea atmosfere intere. I suoi personaggi sono uomini stanchi, santi, peccatori e sognatori. I volti sono segnati, spesso disillusi. Le mani, gli occhi, i dettagli dei vestiti parlano più delle parole. I paesaggi, le foreste, i campi di grano, le chiese gotiche, i mari in tempesta sono ambienti interiori, più che fondali, luoghi che raccontano l’anima dei protagonisti. Le sue storie si leggono lentamente, ogni tavola è una riflessione visiva, un invito alla contemplazione. Opera consigliata: I racconti di Maupassant (1976-1977). Sergio Toppi Lo stile di Sergio Toppi con il pennino è una delle vette più alte raggiunte dall’arte del fumetto. Inconfondibile, visionario e libero, l’artista milanese non si può confondere con nessun altro. Il suo modo di usare il tratto è grafico e narrativo allo stesso tempo, come se ogni linea avesse il compito di raccontare, oltre che disegnare. Toppi non segue mai lo schema classico a vignette. Le sue tavole sembrano quadri inchiostrati, dove la narrazione fluisce tra forme, simboli e personaggi. La gabbia scompare: c’è solo spazio, ritmo e gerarchia visiva. Le vignette in Toppi non separano, guidano l’occhio. Il suo pennino non definisce solo contorni, ma crea pattern tribali, tessuti e armature, cieli, terre, volti rugosi, legni e metalli. La magia nasce dall’intersecarsi di migliaia di linee, tutte disposte con un’intelligenza grafica sopraffina. Toppi gioca con campiture piene e bianchi assoluti. Il nero è presenza, massa, silenzio. Il bianco è assenza carica di tensione. L’equilibrio è sempre grafico ed emotivo. Opera consigliata: Sharaz-De ( 1979). Giampaolo Chies Giampaolo Chies (1947-1993) è un fumettista e illustratore italiano che ha lasciato un’impronta significativa nel mondo del fumetto, in particolare per quanto riguarda l’uso del pennino. Chies ha una tecnica molto particolare, caratterizzata dall’uso di linee sottilissime, quasi invisibili, alternate a tratti più marcati che creano profondità e contrasto. Un aspetto distintivo del suo stile è il modo in cui manipola il tratto per creare texture e forme particolari come quando realizza il pelo di un animale, le pieghe di un vestito o i dettagli di un paesaggio. Il pennino per lui non è solo uno strumento tecnico , ma anche un mezzo di espressione artistica. L’abilità di alternare linee più spesse a tratti delicati e sottili gli permette di ottenere una sorta di “vibrazione” diffusa che finisce per caratterizzare tutte le sue tavole. In sintesi, l’arte del pennino di Giampaolo Chies rappresenta una fusione di tecnica e poesia grafica, dove ogni tratto è funzionale a un obiettivo narrativo e visivo ben preciso. Opera consigliata: Pinocchio Super Robot (1980). Paolo Eleuteri Serpieri Paolo Eleuteri Serpieri (1944) è uno dei massimi maestri italiani dell’illustrazione e del fumetto realistico, e il suo uso del pennino è assolutamente magistrale: potente, carnale e drammatico. A differenza di Guido Crepax, che usa il pennino per suggerire e alludere, Serpieri se ne serve per scolpire. Il suo tratto è denso, organico e viscerale. Ogni linea aggiunge peso, materia e dettaglio. In Serpieri, il pennino diventa quasi uno scalpello, scolpisce la pelle, la roccia, il deserto e i corpi. Ogni muscolo, ogni piega della pelle, ogni vena è descritta con precisione anatomica senza che il segno appaia mai freddo. È un segno caldo, vivo e sensuale, soprattutto quando disegna corpi femminili. Il post-apocalittico Druuna è fatto di sabbia, legno, ferro arrugginito, tutto reso con il pennino. Serpieri usa tratteggi, ombreggiature fitte, campiture scavate, come incisioni. La protagonista è disegnata con estrema cura anatomica ed è bellissima e sensuale, ma questa sensualità non appare mai gratuita. Il pennino lavora sul suo corpo compiendo una specie di danza erotica. Opera consigliata: Druuna, Morbius gravis (1985). Massimo Rotundo Massimo Rotundo (1955) è un rinomato artista italiano noto per il suo lavoro nel fumetto, nell’illustrazione e nel design. Ha collaborato con riviste internazionali come “Heavy Metal” e “Écho des Savanes” e ha creato serie come “Ex Libris Eroticis”, la quale richiama la tradizione della letteratura erotica illustrata dei primi del ‘900. Quando si parla della sua “arte del pennino” ci si riferisce alla sua straordinaria capacità di usare strumenti tradizionali per creare linee eleganti, dinamiche e piene di vita. Si tratta di un vero e proprio maestro nell’inchiostrazione tradizionale, soprattutto con pennino a immersione (come quelli usati dai calligrafi o dagli artisti ottocenteschi) e inchiostro acrilico (Liquitex) particolarmente coprente. Il suo tratto è elegante e fluido, con grande controllo del chiaroscuro, ricco di dettagli, ma sempre espressivo, capace di evocare atmosfere classiche o decadenti, perfetto per i soggetti erotici o storici. Opera consigliata: Ex libris eroticis (1988). Igort Igort (1958), pseudonimo di Igor Tuveri, è un artista italiano noto per la sua versatilità come fumettista, illustratore, editore e regista. Si addentra nella tecnica del pennino in modo molto intimo e poetico. Igort è un autore che ha fatto del disegno un linguaggio profondo, quasi meditativo. Il pennino, per lui, non è solo uno strumento tecnico è un’estensione del pensiero, un modo per riflettere sul tempo, sulla memoria e sulla narrazione. L’uso del pennino in Igort è legato alla lentezza, ogni linea è meditata, mai impulsiva. Il tratto è fluido ma preciso, quasi calligrafico.Il pennino gli permette di giocare con l’intensità del segno, perfetto per evocare silenzi, paesaggi rarefatti ed emozioni trattenute. Nel suo libro “Inchiostro su carta” pubblicato da Oblomov Edizioni (la sua casa editrice), Igort parla dell’inchiostrazione come di un rito silenzioso, dove il gesto manuale è fondamentale per entrare in connessione con l’immagine ed arriva ad affermare che “Il pennino è lo strumento più vicino al respiro”. Opera consigliata: Quaderni ucraini (2010). Corrado Roi Corrado Roi (1958) è un celebre fumettista italiano, noto per il suo stile distintivo nell’uso del pennino e dell’inchiostrazione. Nato a Laveno Mombello, in Lombardia, nel 1986 è entrato subito a far parte dello staff di “Dylan Dog” per Sergio Bonelli Editore, contribuendo al successo della serie con il suo tratto atmosferico e oscuro. Roi è rinomato per l’abilità nell’utilizzo del pennino, che gli consente di creare effetti di luce e ombra particolarmente suggestivi. Corrado Roi usa il pennino con una delicatezza e maestria uniche, tracciando linee morbide ma precise, crea paesaggi onirici, volti malinconici, ombre che sembrano muoversi. Spesso lavora con forti contrasti, ottenuti tramite tratteggi, campiture dense, e una perfetta gestione del nero assoluto. In Roi le ombre hanno un peso psicologico. I volti sono sospesi nel tempo, quasi fuori dal reale. Gli ambienti diventano personaggi: case fatiscenti, boschi avvolti nella nebbia, stanze buie che parlano. Opera consigliata: Ut (2016). (Immagine d’apertura tratta da “Dracula – L’Ordine del Drago” di Corrado Roi per Lo Scarabeo). Navigazione articoli MATITE BLU 427 STASERA IN RADIO L’EDITORIALE CORNO CON SAURO PENNACCHIOLI. E LA PIÙ MISTERIOSA CANZONE DI INTERNET FINALMENTE NON PIÙ MISTERIOSA!
Interessante articolo. Da ex fumettista dilettante ho vissuto in prima persona in gioventu’ certi dilemmi e infatti aggiungerei doverosamente un riferimento a un gigante delle chine. Moebius agli esordi di M Hurlant di cui fu cofondatore adoperava il pennino. Ma prima in Blueberry firmato da Giraud usava il pennellino e con grande maestria. Gregorio Rispondi