Gene Day inseguì per tutta la vita un sogno: quello di diventare un grande fumettista. Quando il sogno stava realizzandosi, morì, a soli 31 anni. Parte di ciò che rende Gene Day una figura così affascinante è il fatto che abbia lavorato sia nel fumetto alternativo sia in quello mainstream sempre con lo stesso inappuntabile impegno. Giovanissimo, diventa un pilastro delle fanzine e dell’underground e si guadagna da vivere producendo materiale pubblicato in fumetti poco noti, venduti principalmente per corrispondenza. Nel 1972 Day apre il suo studio e inizia a inviare opere a qualsiasi testata editoriale disponibile a pagargli anche solo un piccolo compenso come freelance. Tra i suoi clienti c’erano piccoli editori e fanzine amatoriali che pagavano piccole cifre. Day produceva materiale per chiunque fosse disposto a pagare anche solo uno o due dollari a pagina. Come ha raccontato suo fratello, David Day: “Ogni giorno realizzava tre disegni in bianco e nero: uno di fantascienza, uno horror e uno vario”. Finiva il suo lavoro e poi lo spediva a chiunque ritenesse un possibile cliente. A metà degli anni ’70, Day aveva già la fama di fumettista diligente e instancabile. Coltivava numerosi contatti e inviava decine di lettere alla ricerca di un committente. Questo approccio disperatissimo al fumetto gli permette di crescere come professionista. Vignetta dopo vignetta, pagina dopo pagina, la sua sensibilità e la sua sicurezza migliorano. La sua pennellata diventa più decisa, i suoi layout più intriganti, le sue ambientazioni più drammatiche. Come ricorda il suo collega Dave Sim (quello di Cerebus) “nel 1975 era stato rifiutato da Mike Friedrich per Star Reach, per poi venire accettato l’anno successivo in virtù degli evidenti progressi fatti”. Star Reach (1974–1979) era un’antologia indipendente di fumetti, curata da Mike Friedrich, che pubblicava storie di fantascienza e fantasy orientate a un pubblico adulto. Era una specie di “fumetto underground raffinato”. Gene Day, inizia quindi a collaborare a Star Reach, ma questi lavori sono ancora abbastanza “di nicchia”. Lo aiutano a farsi notare nel circuito degli appassionati e tra alcuni editori indipendenti, ma non gli danno ancora una vera e propria “fama” su vasta scala. Questo succede fino a quando la Marvel non vede “Samurai”, un suo lavoro apparso su Star Reach n. 11 nel dicembre 1977. In questa storia Gene Day si ispira fortemente all’estetica giapponese tradizionale, mescolandola con il dinamismo dei fumetti occidentali. La sua arte in “Samurai” è molto raffinata, con un uso straordinario del pennello, linee morbide e ricche di atmosfera. “Samurai” non solo dimostra quanto Gene Day fosse avanti rispetto a molti suoi contemporanei, ma getta anche le basi per quello che sarà il suo lavoro successivo su Shang-Chi Master of Kung Fu, che riprenderà molte suggestioni orientali. In effetti, lui era talmente appassionato di Giappone feudale che aveva in progetto anche un’intera graphic novel sui samurai, che purtroppo non riuscì a completare prima della sua morte. Fatto sta che “Samurai” convince il direttore generale Jim Shooter ad aprire a Day le porte della Marvel. Nel 1978 Gene Day entra alla Marvel non dalla porta principale ma inchiostrando le matite di Carmine infantino su Star Wars. La Marvel aveva cominciato a pubblicare Star Wars nel 1977, subito dopo l’uscita del primo film di George Lucas. Quando Carmine Infantino (veterano DC Comics famoso per Flash e Batman) arriva a disegnare la serie, la Marvel sceglie Gene Day come inker per valorizzarne le matite molto veloci e stilizzate. Il tratto preciso e ricco di atmosfera di Day riesce a dare più profondità e solidità alle tavole di Star Wars, mantenendo al tempo stesso quel senso di movimento che Infantino amava. Gene Day lavora come inchiostratore su diversi numeri di Star Wars, e il suo contributo è molto apprezzato, tanto che successivamente la Marvel gli affida altri incarichi, fino a fargli disegnare e scrivere alcune storie brevi da solo. George Lucas in persona pare fosse piuttosto soddisfatto di come venivano rappresentati i personaggi in questi numeri. Con la recessione e l’elevata inflazione di fine anni Settanta che gravavano sulle sue entrate, Gene Day sarà sicuramente stato entusiasta di aver trovato un lavoro retribuito alla Marvel. Dopotutto, la Casa delle Idee disponeva di budget superiori a quelli delle altre case editrici. Poco dopo che Day ebbe consegnato il suo primo lavoro alla Marvel, Jim Shooter contribuì a istituire un sistema di royalty che ricompensava generosamente gli autori che producevano fumetti di successo. Ma come per quasi ogni cosa nella vita di Day, lavorare alla Marvel non sarebbe stato così facile e redditizio come aveva creduto. Alla fine degli anni Settanta, proprio mentre stava entrando nel settore, il mercato dei fumetti era in profondo declino. La DC Comics cancellò il 40% della sua linea nel 1978 e la Marvel perdeva 2,5 milioni di dollari all’anno. Molti autori erano senza lavoro e un opprimente senso di sventura permeava l’intera industria dei fumetti. A Day deve essere sembrato di aver sfondato nel momento sbagliato. Nel 1979 inizia a inchiostrare le matite di Mike Zeck su Shang-Chi Master of Kung-fu n. 77, una serie acclamata dalla critica ma che vendeva la metà delle copie di Amazing Spider-Man. Day inchiostrò quasi ogni numero per due anni, prima di affiancare Zeck alle matite per il numero 100 e poi assumersi la responsabilità di matite e inchiostri dal n. 102 fino al n.120. Mike Zeck era relativamente giovane all’epoca e stava ancora sviluppando il proprio stile. Le sue matite erano solide e dinamiche, ma ancora un po’ “dure” nei dettagli. Gene Day, con il suo pennello morbido ed elegante, riesce a dare profondità, atmosfera orientale e raffinatezza alle tavole di Zeck. L’inchiostrazione di Day aggiunge una qualità cinematografica fatta di ombre nette e texture fluide, perfettamente in sintonia con il tono della serie, che era una miscela di azione, spionaggio e filosofia orientale. C’è sempre stata una differenza nel mondo dei fumetti tra un inchiostratore e un rifinitore. Un inchiostratore essenzialmente ricalca un disegno a matita. Un rifinitore ne esalta le qualità per conferirgli corpo e impatto. Le matite di Zeck hanno tratto grande beneficio dagli abbellimenti organici di Day. Il modo in cui Day inchiostrava i volti e realizzava sfondi elaborati faceva capire a tutti quanto avesse preso a cuore il progetto. La coppia cominciò ad entrare in empatia mentre i due artisti cominciavano ad influenzarsi a vicenda. Zeck a volte realizzava layout che sembravano tratti dal repertorio di Day. C’è una sequenza in Master of Kung Fu n. 91 che mostra il tempo che scorre lentamente in una cella di prigione, che ricorda le tipiche sequenze di tre vignette di Day. Il motivo del trittico ricorre ripetutamente, da lì in avanti, in particolare nelle scene di combattimento sapientemente progettate, come una rapida e sanguinosa battaglia in Master of Kung Fu n. 101. Questa combinazione Day/Zeck è oggi considerata una delle migliori fasi artistiche di Master of Kung Fu. Day, tuttavia, portò il suo lavoro a un livello ancora superiore quando cominciò a realizzare gli albi da solo. Il suo lavoro su Master of Kung Fu fu un tour de force di spettacolarità visiva, che offriva uno story-telling intelligente che si basava sulla sua esperienza amatoriale, e metteva in mostra un immaginario barocco che lo distingueva da tutti i suoi colleghi. Il lavoro di Day su Master of Kung Fu n. 110 può essere esplicativo in questo senso. Questo numero inizia con un’immagine a tutta pagina di una statua sotto un temporale. Day descrive l’ambientazione con dovizia di dettagli, come se stesse creando un’immagine destinata a durare nel tempo. Ogni piega del vestito sulla statua è perfetta, le piume sullo scheletro della statua sono riempite di dettagli e la pioggia ha una consistenza che dà al lettore la sensazione del suo freddo pungente e cupo. In queste due pagine, Day mostra il suo stile decorativo, i suoi layout curati e la sua ossessiva attenzione ai dettagli. Gene Day, come tanti disegnatori freelance degli anni ’70 e inizio ’80, doveva lavorare a ritmi massacranti per riuscire a guadagnare abbastanza per vivere. Le tariffe per pagina erano molto basse, anche alla Marvel. Gli inchiostratori venivano pagati meno dei disegnatori, e in generale bisognava produrre tante tavole per arrivare a uno stipendio decente. Gene Day non si limitava a una sola serie: lavorava su Master of Kung Fu, Star Wars, storie brevi, copertine… faceva anche illustrazioni per fanzine e per progetti personali. Era anche molto scrupoloso: non voleva mai “buttare giù” una tavola veloce. Cercava sempre di dare un tocco artistico in più, il che significava più ore di lavoro rispetto a chi era più “sbrigativo”. La sua esperienza alla Marvel Comics non stava rivelandosi così redditizia come Day aveva sperato. Nemmeno inchiostrando, come faceva lui, un albo a settimana per un totale di quattro albi al mese. Per Gene Day inchiostrare era spesso più redditizio, o almeno più sicuro economicamente, che disegnare a matita. Gene riusciva a inchiostrare molto più velocemente di quanto non riuscisse a realizzare matite complete. Quindi anche se la paga a tavola per l’inchiostrazione era più bassa rispetto a quella delle matite, il volume di lavoro che riusciva a sfornare era molto maggiore. La Marvel aveva spesso bisogno urgente di inker affidabili per rispettare le scadenze, quindi gli inchiostratori che garantivano qualità e rapidità, come Gene Day, ricevevano incarichi più regolari e continui. Disegnare a matita richiede molto più tempo creativo e progettuale (costruzione della scena, prospettiva, storytelling), mentre l’inchiostrazione (pur essendo un’arte molto raffinata) veniva percepita più come “lavoro esecutivo”. Questo significava meno pressione creativa e pagamenti più regolari. Dovette perciò dividersi tra vari albi Marvel, tra i quali Marvel Two-In-One, Black Panther, Thor e Savage Sword of Conan. Quando Gene Day riesce finalmente a disegnare Master of Kung Fu anche alle matite (oltre che alle chine), era molto felice dal punto di vista artistico poiché vedeva realizzarsi uno dei suoi sogni, ma anche molto più sotto stress economicamente, perché riusciva a produrre meno tavole e quindi a guadagnare meno nel breve periodo. Gene Day muore improvvisamente nel 1982, a soli 31 anni, stroncato da un attacco cardiaco che lo coglie mentre sta attraversando una strada a Gananoque. Anche se ufficialmente si parlò solo di infarto, i suoi amici e colleghi, come Doug Moench, Mike Zeck e Dave Sim, concordano sul fatto che il suo stile di vita lavorativo estremo abbia avuto un ruolo nella sua morte. Gene lavorava ore e ore ogni giorno, spesso fino a notte fonda. Su più progetti contemporaneamente, senza mai prendersi pause vere. Con poche ore di sonno, un’alimentazione non sempre regolare e sicuramente sotto stress continuo. Navigazione articoli IL NUOVO PODCAST SUI TASCABILI EROTICI IL BOIA DEI PAPI: MASTRO TITTA A FUMETTI
master of kung fu : Dal 102 al 120 sono fenomenali. A parte qualche fill in non suo merita reperirli. fa un po’ impressione che la marvel abbia continuato a stampare materiale suo fino a un savage sword of conan nel 1974 credo ,e a quanto mi risulta senza scrivere una riga di commiato per un autore che avrebbe di sicuro segnato gli anni 80 e 90. C Rispondi