Per la creazione delle sue vignette l’ottimo Onofrio si avvale di una procedura collaudata. Parte da un modo di dire, una frase fatta, un detto, un proverbio, una locuzione qualsiasi, quale può essere il titolo di un film, di un romanzo o di una canzone. Et similia. Poi li sottopone ad un’accurata risonanza magnetica linguistica individuando doppi sensi, oppure stravolgendone sintassi, semantica e quant’altro. E in questo modo dà vita ad un alias. E sulla base di questo alias crea la vignetta. E’ una procedura molto in voga tra i barzellettisti compulsivi e gli editor di freddure targate La settimana enigmistica. Ed è sicuramente idonea a strappare un sorriso e a far stare meglio il lettore, il quale ha la sensazione di essere diventato all’improvviso intelligente per aver decifrato il doppio senso. In parole povere diventiamo tutti degli Champollion o, se preferite, dei Michael Ventris. C’è pero un ma. A mio avviso il vignettista dovrebbe trasfondere nella vignetta un minimo di ironia, parodia o, se più gli aggrada, satira. La vignetta, se non castigare i mores, dovrebbe almeno trasudare un minimo di impegno sociale o politico, dimostrare che un minimo di impegno civile alberga nel suo autore. Altrimenti tutto rischia di ridursi ad un freddo e ripetitivo sfoggio di bravura barocca. Rischio che mi pare corra il pur bravissimo Onofrio. Rispondi