Numero 3619 del 2 aprile

–   Copertina di Andrea Freccero, che dovrebbe richiamare l’uso particolare che in questo numero viene fatto dei dialetti: come già era successo nel numero 3608, la prima storia della rivista viene proposta, oltre che in lingua italiana, in quattro dialetti diversi: barese, romanesco, torinese e veneziano. Come già accaduto nella precedente occasione, quando lo stesso Freccero aveva raffigurato Paperone in mezzo ad alcuni simboli che richiamavano il tricolore della bandiera italiana, adesso è il turno di un sorridente Topolino, che si aggiusta un cravattino pure tricolore su uno sfondo molto simile. E come già era accaduto allora, anche adesso si fatica a capire perché un numero dedicato ai dialetti debba proporre elementi “nazionali” invece di qualcosa – monumenti o panorami – che richiami i dialetti proposti. Ma Topolino sorride, quindi lo stesso deve fare il lettore.

–   Il ponte sull’oceano, di Alessandro Sisti e Marco Gervasio: questa è la storia che viene proposta, oltre che in italiano, in quattro dialetti diversi. L’iniziativa, come quella precedente, ha avuto un grande successo, e i numeri della rivista con le versioni dialettali sono andati rapidamente esauriti… o forse sono finiti in mano agli speculatori, chissà. La storia è comunque molto buona, opera di due autori fra i più prolifici, Sisti ai testi e Gervasio ai disegni, e propone quella che sembra un’avventura di stampo classico, con Topolino e tutti i suoi amici che, in vacanza in una località marittima, si imbattono in un covo di contrabbandieri sui quali hanno la meglio dopo molte avventure e capovolgimenti di fronte. L’elemento interessante della storia è il rovesciamento dei ruoli: dopo che Minni e Clarabella hanno ingiunto a Topolino e Orazio di non risolvere misteri e di non aggiustare nulla, i due “uomini” del gruppetto si dedicano invece a organizzare un commercio di maglioni con gli abitanti del posto, e saranno le due “donne” a vedersela con i criminali. Pippo, da “battitore libero”, si dividerà fra le due coppie, che alla fine potranno godersi la meritata vacanza. Notevole la sceneggiatura di Sisti, molto bravo a creare ed a gestire situazioni inedite con le due coppie “invertite”, e ottimi i disegni di un Gervasio a cui non dispiace affatto disegnare i Topi. La storia non è un capolavoro, ma riesce ad onorare l’iniziativa dei dialetti assai meglio di quella precedente.

Gervasio al suo meglio disegna Clarabella e Minni in un abbigliamento insolito: l’accappatoio

 

–   La spia che venne dal cielo, di Bruno Enna e Nicola Tosolini: finalmente il discutibile Paperino Paperotto, versione bambinesca di Paperino che non ha nulla in comune col personaggio adulto a parte il nome e la parentela con Nonna Papera, diventa protagonista di una storia avvincente e ricca di citazioni non facili da cogliere. Vero protagonista della storia è l’aviatore Harold Duckes (“Nobody”), caricatura di Howard Hughes, leggendario miliardario e pioniere dell’aviazione la cui progressiva scomparsa dalla vita pubblica ha avvolto la sua figura nel mistero. Proprio questo mistero è al centro della vicenda ideata da Enna, che vede Hughes, già diventato abbastanza misantropo, in fuga dal suo disonesto amministratore: i documenti che provano le ruberie di quest’ultimo finiscono al centro di un complesso intrigo e passano continuamente di mano, finché l’intervento di Paperino e dei suoi amichetti si rivelerà decisivo per far vincere l’eccentrico, ma comunque buono, Hughes, e per sconfiggere i molti cattivi che cercano di nuocergli. Alla fine Hughes diventerà amico di Nonna Papera e verrà a vivere accanto a lei, cosa che a molti lettori ha fatto pensare che in futuro potremmo rivederlo… chissà se davvero Enna vorrà riproporlo. Comunque buona la sua sceneggiatura, con un po’ di suspence nei punti giusti e un paio di colpi di scena interessanti. Sufficienti i disegni del veronese Tosolini, disegni che da quasi due anni non si vedevano sulla rivista.

Tosolini raffigura i tre protagonisti: Paperino, Nonna Papera e Duckes/Hughes, con i canonici baffetti

 

–   A torto nell’orto, di Tito Faraci e Valerio Held: è arrivata la bella stagione, e Pippo decide di dedicarsi al suo orto, dove sembra che quasi tutte le piante se la passino male: queste vengono quindi concimate, dissodate e legate, nonostante le loro spassose “proteste”, ma al momento di venire potate scompaiono misteriosamente: si trattava infatti di alieni in forma di piante, venuti a invadere il nostro pianeta e che, di fronte al trattamento subito da Pippo, rinunciano ai loro propositi.

–   Saggezza canina, di Francesco Pelosi e Mattia Surroz: Pluto ama la vita tranquilla, passata a meditare, e si preoccupa del fatto che i “non-cani”, a partire dal suo padrone, siano sempre indaffarati, mentre lui diventa attivo solo nel tempo dedicato alla pappa. Alla fine, per un momento, Pluto sembra in grado di convincere anche Topolino a prendersi una pausa, che però si rivelerà di breve durata. In compenso, nel corso di una “meditazione”, Pluto trova il tempo di imitare Snoopy (!).

Un grande Surroz disegna Pluto in una posa iconica

 

–   Sull’isola del lupo mannaro, di Marco Nucci e Mario Ferracina: parodia delle classiche cacce al tesoro che una volta comparivano spesso sulla rivista, questa storia mostra Paperone e i nipoti recarsi in un’isola, che solo di rado emerge dalle acque, per recuperare il tesoro che vi è stato nascosto da un famoso pirata. Come se non bastasse, le grotte dell’isola sono infestate dai fantasmi del pirata e della sua ciurma. La missione avrà successo, non senza i soliti intoppi e con un curioso colpo di scena finale.


Numero 3620 del 9 aprile

–   Copertina di Corrado Mastantuono, dedicata alla nuova saga che inizia in questo numero: Terravento, storia che certamente vuole strizzare l’occhio ai molti lettori che amano i manga e gli anime e che ben conoscono la saga di Nausicaa. L’autore romano ci mostra Topolino, protagonista della saga, mentre solleva trionfante una rosa, la cui salvezza dal clima ostile di un mondo desertico è uno dei temi portanti della prima puntata. Non è però Mastantuono il disegnatore della storia, come l’espressione di Topolino dimostra: più che un malinconico sopravvissuto a chissà quale catastrofe il Topo sembra uno scopritore di tesori in cerca di avventure. La copertina è ben fatta, e di certo incuriosisce i lettori, ma la storia di Barbieri è molto più di una semplice avventura. Se di livello alto o basso, si capirà fra un mese.

–   Terravento, capitolo primo, di Luca Barbieri e Mario Ferracina: inizia una nuova saga che, come già nella celebre “Gli evaporati”, ci mostra i Topi in un mondo post-apocalittico, dove le risorse sono scarse, i nemici numerosi e sopravvivere non è facile. L’ambiente in cui si svolge la storia è desertico, e i “coloni” o “camminatori”, da quello che si intuisce, stanno faticosamente cercando di ripopolarlo, di far crescere qualche pianta sfruttando le poche fonti d’acqua rimaste. Ma le misteriose “ombre” e dei “predatori”, altrettanto misteriosi, sono loro nemici, e la fuga è spesso l’unica soluzione. Topolino sembra essere uno dei capi di un nutrito gruppo di coloni, e si sposta servendosi di “alianti” chiaramente ispirati a quello usato da Nausicaa ne “La valle del vento”; con lui vola anche il suo antico rivale Topesio, il cui atteggiamento, nella storia di Barbieri, sembra un po’ ambiguo: è diventato uno dei “buoni” o nasconde qualcosa? Averlo scelto come spalla al posto dei soliti Pippo e Orazio è stata comunque una scelta coraggiosa. Ad ogni modo ben poco succede in questa prima puntata, che si limita a presentarci l’ambiente in cui vivono i personaggi (vengono citati Minni, Pippo, Tip e Tap) e poco più. Le puntate sono in tutto cinque e, anche se le premesse sono buone, il pensiero corre fatalmente alla recente saga delle “Comete”, simile a questa per il ritmo lento, i continui monologhi interiori ed anche per le tonalità giallastre date ai disegni (ma qui giustificate dall’ambientazione desertica). Ottimi i disegni di Ferracina, poco noto ma molto bravo nel raffigurare i panorami desertici. Resta il dubbio, ormai frequente quando si leggono queste saghe: non saranno troppe, cinque puntate?

La somiglianza fra l’aliante di Nausicaa (sopra) e quello di Topolino (sotto) è palese


Il Gatto con la G maiuscola, di Pietro Zemelo e Francesco D’Ippolito: storia della serie “Lord Hatequack racconta”, vede Topolino cadere vittima di una strana maledizione che lo costringe a disegnare un’infinità di… gatti (!) fino a realizzare quello “perfetto”. Riuscirci libera dalla maledizione, ma guardare i disegni di chi ne è vittima la trasferisce sullo spettatore. Topolino se ne libera ma finisce per passarla a Pippo, che tuttavia, non prendendola sul serio, riesce a farla scomparire una volta per tutte.

 Il maxcalzone maximo, di Matteo Venerus e Marco Gervasio: storia surreale, ideata dall’autore friulano Matteo Venerus e illustrata da un Gervasio in grande forma, e che vede protagonisti i due compari Sgrinfia e Gambadilegno, alle prese con un concorso per eleggere il “maxcalzone maximo”, vale a dire, secondo la definizione dello stesso Gamba, la “gara dei furfanti che accumulano più bottini durante l’anno ladresco”. Per quanto la coppia di furfanti se la cavi abbastanza bene, Sgrinfia è troppo sciocco ed è spesso più un peso che un aiuto per il suo complice; ma ad un tratto, per via di un incidente in un laboratorio di “tecnologia”, acquista un’intelligenza fuori del comune e diventa un ladro infallibile, finendo per vincere il concorso anche senza l’aiuto di Gambadilegno ma dividendo pur sempre il premio con lui. La storia si chiude con una doppia sorpresa: era tutta una messinscena organizzata dallo stesso Gamba per fargli acquistare fiducia in sé stesso (Sgrinfia non era diventato intelligente), e la polizia arresta tutti i ladri proprio grazie agli errori di Sgrinfia, diventato troppo sicuro di sé. Grandi assenti i “soliti buoni”: Topolino e Basettoni, con Trudy che fa una comparsata. La sceneggiatura sorprende in positivo, esplorando in profondità l’amicizia fra Sgrinfia e Gambadilegno e facendo passare in secondo piano le loro attività criminose, mentre Gervasio supera sé stesso offrendoci vignette profonde e introspettive come se ne erano viste solo nelle storie con Fantomius. Non un capolavoro, ma ci siamo vicini.

Lo sdegno di Gambadilegno reso alla perfezione da Gervasio

 

–   Gli incontri ravvicinati dello scherzotipo, di Gaute Moe a Arild Midthun: storia di produzione scandinava che vede Paperino vittima dell’ultima moda, come i suoi concittadini: andare a caccia di fenomeni strani e misteriosi, possibilmente soprannaturali. Detto fatto: lo vediamo andare a Geese Valley sperando di imbattersi negli alieni, ma i nipoti riescono a prendersi gioco di lui. Scoperto lo scherzo, gli passa la voglia di fare ricerche strane. Peccato che, a sua insaputa, dei veri alieni stessero davvero pensando di visitarci…

 Il centesimo della discordia, di Francesco Vacca e Alessio Coppola: Paperone, ispirato dal fatto che i due vicini di Paperino, Anacleto e Jones, a volte litigano fra di loro, fa scontrare il suo eterno rivale Rockerduck con Cuordipietra, facendo diventare quest’ultimo, grazie alla donazione di un solo centesimo, il “papero più ricco del mondo”: si tratta però di una supremazia momentanea, poiché i due nuovi rivali dilapidano i loro averi nell’inutile tentativo di superarsi a vicenda, con grande soddisfazione di Paperone.


Numero 3621 del 16 aprile

–   Copertina di Andrea Freccero, che propone uno dei momenti chiave della storia con protagonista Paperinik, e che probabilmente è la migliore del numero: anche se non è Freccero quello che l’ha disegnata non c’è dubbio che la resa della difficile situazione in cui zio e nipote si vengono a trovare sia davvero eccellente. Purtroppo la scena si sarebbe dovuta svolgere in notturna, e la macchina di Paperinik, pur essendo la stessa di Paperino, dovrebbe diventare nera quando viene usata dal supereroe: tanto basta per trasformare una copertina fra le migliori dell’anno in una solamente discreta. Si dice che la scelta “diurna” sia dovuta alla volontà di non proporre una copertina troppo scura… ma sarà vero? Altre volte (si veda il numero 3581 del 10 luglio scorso) venne fatta la scelta opposta, e nessuno si è lamentato.

–   La maschera di Frida, di Bruno Enna e Alessandro Perina: spettacolare storia dalla trama complessa e ricca di colpi di scena, degna dei grandi Gialli di una volta e incentrata su un mistero che solo l’ingegno di Paperinik riesce a risolvere. A prima vista tutte le monete contenute nel deposito di Paperone sono state sostituite da copie in plastica, compresa la Numero Uno: lo stesso fiuto del magnate conferma la sostituzione, che si unisce alla scomparsa di un intero sacco di denaro poi ritrovato in casa di miss Paperett. La colpevole sembra la nota ladra Frida Dangerman, il cui biglietto da visita viene trovato sotto la teca della Numero Uno: ma la polizia brancola nel buio e ci vorrà Paperinik, con l’aiuto di Archimede e la collaborazione dello stesso Paperone, che dopo lo shock iniziale ha ripreso il controllo della situazione, per risolvere il mistero e recuperare il bottino prima che scompaia una volta per tutte. Ricca di colpi di scena, e con la soluzione del mistero degna di Agatha Christie, questa storia introduce nuovamente una villain minore, quella Frida Dangerman ideata dagli stessi Enna e Perina tre anni fa, e che qui viene sconfitta da Paperinik ma rimane a piede libero, probabilmente in procinto di diventare una sua avversaria ricorrente. Buono anche il ritorno di Paperinik nel ruolo del fuorilegge, non più in quello del supereroe, avversato dalla polizia e costretto ad agire tra mille difficoltà, con lo stesso Paperone che finisce per essere più un impiccio che un aiuto. Grande Enna, e buono anche Perina ai disegni: non è espressivo come Gervasio, ma il dinamismo che riesce a mettere nelle molte scene d’azione basta e avanza per promuovere la storia a pieni voti. Rivedremo in azione questo “nuovo” Paperinik? O dovremo attendere altri tre anni?

Perina rende al meglio la determinazione di Paperinik


–   Missione pianeta gemello
, di Rudy Salvagnini e Graziano Barbaro: storia della serie “I mercoledì di Pippo”, ci mostra i nostri due eroi che, nella trama bislacca ideata come sempre da Pippo, diventano due “avventurieri” che vengono visitati da uno scienziato convinto dell’esistenza di un pianeta “gemello”. Topolino e Pippo vi si recano – in quella che diventa una parodia della storia natalizia de “Il pianeta inosservabile” – e scoprono che i ruoli dei “buoni” e dei “cattivi” sono invertiti: ma a poco a poco tutto torna come prima. Alla fine si scoprirà che il tutto era un reality-show organizzato dagli alieni…

–   L’app beneducata, di Roberto Moscato e Lucio Leoni: Paperone impone al nipote di andare in sua vece a un ricevimento nel quale l’etichetta è importante e, per evitare che combini i soliti disastri gli installa sul telefono un’app “beneducata” che gli dà preziosi consigli… e che, ogni volta che Paperino li ignora, gli commina una multa! Paperino è costretto a comportarsi bene finché l’app non impazzisce: il disastro sembra inevitabile. Ma i consigli dell’app impazzita sono così spassosi che Paperino diventa il mattatore della serata, al punto che la sua presenza verrà richiesta anche in altri ricevimenti.

–   La gara floreale, di Frank Jonker e Carmen Pérez/Tony Fernandez: storia di produzione olandese che ci mostra Paperino impegnarsi a fondo per vincere una gara floreale dopo aver ricevuto dei complimenti per la bellezza dei fiori che crescono nel suo giardino. I fiori, però, non vogliono saperne di crescere rigogliosi da un’altra parte e Paperino dovrà ricreare il loro ambiente familiare, inclusa la musica della loro “canzone preferita”, per poter vincere il primo premio. Ma è una vittoria dovuta più che altro al fatto che la musica da lui mandata in onda per rendere felici i suoi fiori ha “depresso” tutti gli altri.

–   Terravento, capitolo secondo, di Luca Barbieri e Mario Ferracina: ben poco succede in questa seconda puntata di “Terravento”. La prima si era chiusa con l’arrivo dal cielo dei misteriosi “predatori”, e la storia continua mostrandoci il più classico degli inseguimenti, con Topolino e Topesio (“Hap”) che attirano i nemici in un labirinto di rocce riuscendo a farne schiantare un paio. Il terzo predatore, tuttavia, abbatte l’aliante di Topolino e mette in fuga quello dell’amico, per poi rivelare la sua identità: si tratta di una topolina dai lunghi capelli biondi, e sarebbe facile prevedere una prossima storia d’amore fra i due… se questa non fosse una storia disneyana. Infatti, dopo che i due si sono lasciati con molte promesse, Topolino torna a casa da… Minni, oltretutto preoccupata perché Tip e Tap, usciti per conto loro, non sono rientrati e si sono probabilmente imbattuti in una tempesta di sabbia. E quindi, senza neanche un attimo di tregua, Topolino si lancia in una nuova missione… la vicenda segna il passo e, malgrado i molti richiami a Star Wars (di cui il più evidente è l’inseguimento fra le rocce con conseguente schianto degli inseguitori), la noia inizia ad affacciarsi. Di questo passo, prima che succeda qualcosa di veramente importante, ci vorranno dieci puntate, non cinque; peggio ancora, potrebbe essere necessaria una “seconda stagione” per andare a fondo di tutte le trame e sottotrame, al momento appena abbozzate. Rimangono di buon livello i disegni di Ferracina, con diverse panoramiche mozzafiato e una serie di inquadrature quasi cinematografiche. Ma il bel disegno fine a sé stesso non è mai arte.

Ferracina eccelle nelle scene movimentate, con tagli quasi cinematografici e molto suggestivi

 

Numero 3622 del 23 aprile

–   Copertina di Andrea Freccero, dedicata alla giornata mondiale del libro (che cade proprio il 23 aprile) e che mostra una selezione di personaggi disneyani, giovani e “anziani”, intenti a leggere qualcosa sui più svariati argomenti. Lo sfondo raffigura il testo di un raro manoscritto del ‘600, scelto probabilmente per dare alla rivista un sapore “intellettuale”, ma che difficilmente verrà notato dal lettore medio. Nell’insieme Freccero svolge egregiamente il suo compito, eccellendo nelle espressioni dei personaggi, tutti giustamente contenti di darsi alla lettura, ma la copertina resta un po’ fine a sé stessa, oltretutto priva di ogni legame con le storie di questo numero.

 

–   Ritorno a casa De Pippis, di Alessandro Sisti e Alessandro Perina: i “De Pippis del Calisota occidentale” (tutti parenti di Pippo) si riuniscono ogni anno a casa De Pippis e stavolta Pippo porta con sé anche Topolino. Per un errore del bis-bis Pippoldo la casa è stata ipotecata e sta per essere rilevata da una banca che la distruggerà: dietro queste manovre si nasconde un vecchio compagno di giochi dei pippidi, Birbaldo Van Svanzig, convinto (a torto) di essere stato sempre snobbato. Dopo molti equivoci Birbaldo e i pippidi si riconcilieranno, ma la casa, nonostante Gilberto riesca a procurarsi i soldi per estinguere l’ipoteca, verrà comunque distrutta e dovrà essere ricostruita.

–   Il segreto della pietra buzzurra, di Roberto Gagnor e Federico Franzò: la pietra degli Auberginos, un popolo che vive nelle giungle dello Zuccatan, dovrebbe condurre alla loro città perduta e a un favoloso tesoro. Paperone e Archimede non riescono ad analizzarla, e devono trovare il solo abitante della Terra le cui onde cerebrali possono “sintonizzarsi” sulla pietra: è Dinamite Bla, che parte per lo Zuccatan con Paperone, incontra una tribù di “buzzurri” suoi lontani parenti, e dopo molte peripezie scopre il tesoro: una melanzana gigante (di cui è ghiotto), i cui semi producono frutti buonissimi e dotati di fibre molto robuste. Ma sarà Dinamite, non Paperone, a sfruttare la scoperta.

–   Il modulo fantasma, di Giulio Gualtieri e Carlo Limido: nuova storia della serie “Lord Hatequack racconta”, e che vede (insoliti) protagonisti i Bassotti. Questi vogliono introdursi nella vecchia sede del Catasto, abbandonata da tempo, per rubare le mappe dei sotterranei di Paperopoli: la loro idea è quella di usarle per imparare la topografia delle gallerie sotterranee così da poterle usare come vie di fuga per i loro colpi: il Catasto, però, è infestato dai fantasmi, oltretutto fissati con la burocrazia, che impediscono loro di uscire. Ci vorrà l’intervento dall’esterno di nonno Bassotto per tirarli fuori dai guai… anche se i fantasmi li inseguono anche fuori del Catasto.

–   Il decino inviolato, di Gaute Moe e Arild Midthun: Paperone si trova coi nipoti ad Oslo, per acquistare la metropolitana (!). Mentre sta incautamente ostentando il suo primo decino arriva Amelia che glielo scippa senza alcuna difficoltà e si dà alla fuga sulla sua scopa-drone, la cui batteria, però, si esaurisce rapidamente. Dopo un lungo inseguimento per le strade (e i cieli) di Oslo, e che si svolgerà principalmente per mezzo della famosa metropolitana, il contributo di Paperino sarà decisivo nel fermare la fuga della strega che, rimasta appiedata ancora una volta, dovrà liberarsi della preziosa moneta. Alla fine dei giochi Paperone rinuncerà all’acquisto della metropolitana.

–   Terravento, capitolo terzo, di Luca Barbieri e Mario Ferracina: prosegue, lenta ma non troppo, la saga di Barbieri, il cui mondo distopico si arricchisce di misteri e di sorprese. Topolino e Minni ritrovano Tip e Tap, smarriti nella tempesta di sabbia, e scoprono una grotta sotterranea dove crescono molte piante – scoperta molto utile in un mondo desertificato. Recuperati i nipoti, il quartetto passa per i “pilastri d’acciaio” (i piloni di un vecchio ponte sospeso), raggiungono un’oasi e incontrano un’ombra che la sta devastando (è una strana creatura nera e minacciosa che sembra un piccolo tornado), e infine arrivano nei pressi del “palazzo dai mille occhi” (una nave da crociera arenata nel deserto, che una volta doveva essere un oceano). Mandata via Minni, Topolino chiama in aiuto la topolina bionda, Jill, servendosi di un razzo che lei stessa gli aveva dato nella puntata precedente: il suo scopo è quello di scoprire chi fosse il “predatore” il cui aliante aveva visto nei pressi dell’oasi devastata dall’ombra, ma viene tradito e catturato… e mancano solo due puntate alla fine della storia. Una seconda, ma forse anche una terza stagione, sembra ormai inevitabile: i misteri sono troppi, a partire da come abbia fatto il mondo a desertificarsi, ed è impensabile che avvenga un cambio di ritmo che fornisca tutte le risposte in sole due puntate. Se non altro questa terza puntata è la migliore, e alza il livello della saga rispetto a quello di storie analoghe ma non così buone – come quella delle “Comete”, e sia per i molti misteri che per l’ambientazione suggestiva si fa leggere con curiosità, anche se forse non con trepidante attesa. Migliori rispetto alle altre puntate i disegni di Ferracina, che sfoggia almeno una decina di tavole, a piena pagina, di grande impatto visivo.

Ferracina si lancia in tavole quasi pittoriche e di enorme impatto visivo


Numero 3623 del 30 aprile

–   Copertina di Giuseppe Facciotto, ispirata alla grande storia che vede ritornare il mondo di Ducktopia, creato anni fa da Licia Troisi e Francesco Artibani. Gambadilegno, protagonista assoluto della vicenda, domina la copertina con aria minacciosa, ostentando sia la corona di Ducktopia che la spada, simboli del suo potere assoluto. Facciotto, pur non essendo il disegnatore di questa storia, dimostra di averne colto l’aspetto principale, cioè l’importanza di Gambadilegno, che Artibani ha quasi portato a redimersi nel corso delle avventure passate. Peccato per la colorazione inutilmente sbiadita, al punto che si fatica a riconoscere, sullo sfondo, la moltitudine di personaggi che ancor prima di Gambadilegno hanno dato vita alla grande saga: l’idea era forse quella di relegarli a ricordi lontani – come in effetti sono dal punto di vista del protagonista – ma uno sfondo “vero” e più leggibile avrebbe reso memorabile una copertina così particolare.

–   Per l’onore di Ducktopia, di Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio: dopo gli eventi dell’ultima storia “ducktopiana” Gambadilegno è stato rinchiuso nel famigerato carcere dell’isola di Corallo, dal quale evadere è impossibile, e passa il suo tempo raccontando ai compagni di cella ed anche ai secondini di quando era Re di Ducktopia. Veniamo così a sapere come abbia fatto a diventare Re (la regina Bocciolo non si era dilungata in particolari), e scopriamo che si è trattato di una serie di coincidenze fortunate: abusando del suo ruolo di “Primo Cavaliere” Gamba si era dato a una serie di ruberie finché, denunciato dai suoi stessi complici, non era stato costretto alla fuga finendo casualmente per sconfiggere in duello un pretendente al trono di Bocciolo; costei, senza avvedersi dei suoi inganni e dei suoi colpi di fortuna, gli aveva addirittura lasciato il trono in segno di gratitudine. Terminata la storia Gambadilegno cerca di evadere, ma sbaglia direzione. Sarà per un’altra volta. Che dire della storia? Sicuramente che Artibani non riesce a rinunciare al redditizio mondo di Ducktopia, le cui storie sembravano essersi concluse una volta per tutte, e quindi ci torna inevitabilmente sopra. Per ora, con un risultato di assoluta eccellenza, esaltato dal cambio di disegnatore: da D’Ippolito al bravissimo Lorenzo Patrovicchio, che supera sé stesso mostrandoci le mille sfumature di un personaggio ambiguo come Gambadilegno, mai veramente cattivo, ma nello stesso tempo incapace di un gesto veramente disinteressato (se non c’è Trudy di mezzo). L’impressione che questa storia sia il canto del cigno della saga di Ducktopia è forte, ma quando c’è di mezzo uno dei pochi sceneggiatori, come appunto Artibani, che non deludono mai, non si può mai esserne sicuri.

L’ambiguità di Gambadilegno esaltata dal disegno di Pastrovicchio


–   Il caso
, di Francesco Vacca e Federico Maria Cugliari: la storia inizia come tante altre, con i Bassotti respinti dall’ultimo antifurto messo a punto da Archimede. Si tratta di A.L.D.O., un antifurto “smart” guidato da un satellite e dotato di un “intelligenza artificiale” in grado di riconoscere le minacce e attivare le difese più opportune. Ma non si tratta di una storia come le altre, perché i problemi nascono al momento di brevettare l’invenzione, cosa che si scopre essere già stata fatta dall’altro miliardario Red Duckan: un impiegato infedele di Paperone gli ha infatti passato i progetti dell’invenzione. Inizia una battaglia legale, che dovrebbe essere affidata al mitico Cavillo Busillis, avvocato azzeccagarbugli ideato dal grande Romano Scarpa negli anni ’60 e poi finito nel dimenticatoio, e che invece finisce nelle mani di sua nipote Arringa Busillis, una semplice praticante (ma meno costosa dello zio e quindi più gradita a Paperone). Paperino e Arringa fanno il possibile per vincere la causa, ma un cavillo legale li mette con le spalle al muro: ci vorrà un malfunzionamento di A.L.D.O. per salvare la situazione all’ultimo istante, così da togliere valore all’invenzione brevettata da Red Duckan e offrire ad Archimede la possibilità di costruire un nuovo e più efficiente antifurto. Storia di rara complessità e ricca di colpi di scena, “Il caso” è opera di un autore minore che si mostra capace di arrivare al livello dei maggiori e che, soprattutto, osa l’incredibile, mostrandoci come la relazione fra Paperino ed Arringa si vada lentamente approfondendo oltre ogni aspettativa… se questa non fosse una storia disneyana il finale sarebbe scontato; purtroppo lo è, e un idillio tra i due, anche se temporaneo come fu a suo tempo quello fra Topolino e Samantha, o tra lo stesso Paperino e Reginella, rimarrà solo nel mondo dei sogni. Buona prova ai disegni del giovane Cugliari, un autore che sta muovendo i primi passi nel mondo disneyano e che deve ancora affinare il suo stile.

Cugliari sa rendere bene l’insolita confidenza che si instaura tra Paperino e Arringa


–   Una nuova cuccia,
di Riccardo Pesce e Davide Percoco: un fulmine si abbatte sulla cuccia di Pluto, che viene distrutta irreparabilmente insieme a un nido con tre uccellini. Pippo ne costruisce una nuova, ma la colloca su un albero: in questo modo la cuccia, pur essendo pensata per Pluto, farà da nido agli uccellini rimasti senza casa.

–   L’iper mega Numero Uno, di Stefan Petrucha e Diego Bernardo: storia di produzione danese che vede Amelia lanciare un incantesimo sulla Numero Uno, che diventa sempre più grande sino ad oscurare il sole. Archimede tenta di rimpicciolirla, ma rischia invece di ridurre Gennarino a dimensioni subatomiche. Amelia, preoccupata per il suo corvo, annulla l’incantesimo.

–   Terravento, capitolo quarto, di Luca Barbieri e Mario Ferracina: ed ecco un’altra puntata della saga post-apocalittica ideata da Barbieri. Ne manca solo una alla sua conclusione, e non ci sono dubbi sul fatto che ci vorrà un’altra stagione (almeno) per trovare le risposte a tutti i misteri di questa storia. Le avventure di Topolino, intanto, procedono con qualche novità: Jill, la topolina bionda che sembrava volergli essere amica e che alla fine della puntata precedente lo aveva tradito, torna “buona”: si scopre che la sua cattura è stata una messinscena per non destare sospetti in Blacky, il tirannico capo dei “predatori”. Jill fa infatti parte di una fazione ribelle guidata dalla gatta Boreas, e alla fine della puntata fugge con Topolino, anche se non è chiaro cosa abbia in mente. Certo è che Blacky è in combutta con le terribili “ombre”, dal momento che Topolino ne riconosce l’aliante, già visto volteggiare al di sopra dell’oasi che le creature nere avevano devastato nella puntata precedente. Tutto rimane in sospeso alla fine della puntata: il destino di Topolino e Jill, quello dei “predatori” come pure quello dei “camminatori”, l’identità delle ombre, un po’ tutto insomma. Quali domande troveranno risposta alla fine della storia? Non tutte, ovvio. Ma se tutto venisse rinviato a una nuova “stagione” la delusione sarebbe un po’ troppa, specialmente dopo che alcune delle ultime saghe – prima fra tutta quella delle “Comete” – non hanno riscosso il successo sperato. Sempre notevoli i disegni di Ferracina, in questa puntata molto attento a rendere al meglio le espressioni dei personaggi, spesso combattuti fra sentimenti opposti.

Ferracina ci mostra Jill e Topolino… sul punto di innamorarsi? Peccato che questa sia una storia disneyana

 

 

 

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