Come nasce V for Vendetta? Nel 1982, Dez Skinn, redattore di case editrici di fumetti britanniche come la Ipc (che pubblica i settimanali antologici Eagle e 2000AD), e poi direttore della Marvel UK, decide che è arrivata l’ora di dare al fumetto una sana sferzata rinvigorente. La rivista 2000AD, presentando dalla fine degli anni settanta personaggi come Judge Dredd, ha già contribuito non poco al cambiamento facendo crescere sulle sue pagine grandi nomi del fumetto d’oltremanica. Ma si può fare di più. Dez Skinn fonda la casa editrice Quality Communications per lanciare Warrior, un mensile a fumetti in bianco e nero indirizzato ai lettori adulti, con l’obiettivo di valorizzare i giovani autori che si sono affacciati sul panorama del fumetto inglese. Il primo a essere chiamato è David Lloyd, un talentuoso illustratore che Skinn conosce da tempo. Lloyd è un maestro del disegno e un bravo storyteller, ma non è in grado di scrivere storie. Skinn capisce che gli serve uno sceneggiatore di indubbio talento. Nel “giro” ha sentito parlare di un certo Alan Moore, giovane scrittore che riesce a scrivere storie fantastiche di supereroi più assurde come complessi thriller dal taglio realistico. Oltre a questo, Moore possiede due qualità imprescindibili: è veloce nello scrivere e ha una miniera inesauribile di idee. David Lloyd e Alan Moore già si conoscono, avendo lavorato due anni prima all’adattamento a fumetti di Doctor Who (con i disegnatori Garry Leach e Alan Davis, invece, Alan Moore riprende il personaggio di Marvelman). Nel marzo del 1982 sul primo numero di Warrior esce il prodotto della loro collaborazione: V for Vendetta, una storia a puntate ambientata nell’ancora lontano 1997, in una Gran Bretagna governata da un regime autoritario. La dittatura ha eliminato tutti coloro che considerano sovversivi, spaventando e rendendo docile la popolazione. In questa situazione fa la sua misteriosa apparizione V, un uomo nascosto dietro alla maschera eternamente sorridente di Guy Fawkes, un cospiratore cattolico che cercò di incendiare il parlamento inglese dominato dai protestanti la notte del 5 novembre 1605. V è una sorta di guerrigliero metropolitano che mette in atto una precisa ed elaborata vendetta ai danni della leadership. La storia si divide tra le indagini della polizia sul misterioso uomo mascherato e la preparazione della rivolta, in una serie avvincente di colpi di scena e rimandi al passato. V for Vendetta, pubblicata in maniera completa e a colori dall’americana Dc Comics a causa dell’improvvisa chiusura di Warrior nel gennaio 1985, rappresenta una perfetta combinazione tra sceneggiatura e disegno. In Italia è stata pubblicata per la prima volta a puntate dalla rivista Corto Maltese della Rcs-Rizzoli e poi in volume da diversi editori. David Lloyd naturalmente ha disegnato anche altri personaggi, come Hellblazer per la linea Vertigo della Dc, ma tutti lo conoscono per V for Vendetta e su questo fumetto, avendo avuto il piacere di incontrarlo personalmente, gli abbiamo rivolto alcune domande. Mr. Lloyd, a proposito della connotazione politica di V for Vendetta, qual è il suo punto di vista sulla situazione internazionale attuale? Non penso che in V for Vendetta ci siano riferimenti politici ben precisi, dato che sia io sia Alan abbiamo cercato di dare alla dittatura politica della storia un aspetto generico. Qualcuno, però, vedendo il film ha comunque voluto trovare una forte assonanza con la situazione internazionale, soprattutto per quello che riguarda la politica degli Stati Uniti. All’epoca prendemmo come modello la Germania nazista, ma in realtà quello rappresentato potrebbe essere qualsiasi tipo di dittatura. Il vero messaggio di V è far comprendere alla gente che non bisogna seguire ciecamente i leader politici, altrimenti questi finirebbero per trascinarci nel loro inferno. La maschera del protagonista è un elemento simbolico costante, c’è un rapporto “ribaltato” tra l’ipocrisia del potere e questo tipico simbolo teatrale? Non credo. Vede, il motivo della presenza della maschera deriva dalla ispirazione iniziale al personaggio di Guy Fawkes, che nel Regno Unito è da tempo una innocua istituzione (del folklore – N.d.R.), ma nel 1605 era considerato un pericoloso terrorista. Durante lo sviluppo della storia, però, la maschera ha assunto altri importanti significati, perché alla fine dietro a una maschera può esserci chiunque di noi. Quindi la maschera, nel fumetto, finisce per diventare il simbolo della società stessa. Continua a guardare con interesse il telegiornale della sera, come ha scritto nell’introduzione all’edizione definitiva di V? Certo che continuo a guardarlo (ride – NdR)! La maggior parte delle persone spesso non lo fa, ne sono convinto. Il telegiornale a volte può farci capire che non dobbiamo essere noi ad avere paura dei governi, ma devono essere i governanti ad avere paura dell’insoddisfazione e della rabbia degli oppressi. Questo accade quando il popolo prende coscienza di ciò che vuole realmente. Per arrivarci, la gente deve fare sempre attenzione agli sfaceli che i politici commettono. Il telegiornale, se seguito bene, è una ottima finestra per giudicare la triste realtà che ci circonda. Navigazione articoli SUPERDAN, IL PRIMO FUMETTO DI ALFREDO CASTELLI LE ULTIME CARTUCCE DEL FUMETTO IN EDICOLA