BIANCANEVE E IL FEMMINICIDIO DEL MATRIARCATO

Le fiabe non sono un semplice trastullo per far dormire gli infanti con sogni angelici, ma avevano una precisa utilità sociale nei tempi in cui i bambini non avevano la possibilità di essere mandati a scuola e l’educazione proveniva solo dalla famiglia.

Dato il generale analfabetismo, la tradizione delle fiabe era orale e fu per tutti i secoli del medioevo uno dei pilastri dell’educazione familiare dei figli, ai quali si voleva insegnare soprattutto il senso dell’ubbidienza assoluta.
L’ubbidienza doveva essere indotta dalla paura: ecco perché le originarie fiabe popolari contengono scene raccapriccianti come uccisioni, magie nere, spiriti maligni, decapitazioni, roghi, mutilazioni, accecamenti, sadiche crudeltà e persino cannibalismo.

Si voleva mettere il giovane ingenuo davanti alla realtà tragica della vita di quei tempi, senza censure di sorta. Nelle fiabe, soprattutto in quelle meno ricordate al giorno d’oggi, è presente anche il sesso, non solo per la procreazione ma anche come inganno dalle funeste conseguenze e come stupro.

Come scriveveva J.R.R. Tolkien, l’autore de Il Signore degli anelli: “Una delle lezioni delle fiabe è che il pericolo, il dolore e l’ombra della morte possono impartire dignità, a volte addirittura saggezza a giovani inesperti, infingardi ed egoisti”.

La fiaba era intesa come l’esempio di un percorso di vita e di maturazione dentro un mondo ostile, dove si potevano incontrare le streghe e gli orchi. Una delle fiabe tradizionali più celebri raccolte dai fratelli Grimm nell’Ottocento è quella di Biancaneve, magistralmente adattata con alcune modifiche in cartone animato da Walt Disney.

La regina Crimilda, avvenente e crudele, sopporta la figliastra Biancaneve finché quest’ultima crescendo non diventa più bella di lei, almeno secondo lo spirito magico dello “specchio delle mie brame”. Non solo, si permette anche di far innamorare il bellissimo principe azzurro in cerca di moglie.

La rabbia della regina esplode. La regina imprigiona il principe e dà l’incarico al guardiacaccia di trascinare nel bosco Biancaneve, ucciderla e riportare il suo cuore in uno scrigno. Ma il guardiacaccia impietosito fa fuggire la principessa e consegna a Crimilda il cuore di un capretto.

BIANCANEVE E IL FEMMINICIDIO DEL MATRIARCATO



Scoperto l’inganno e divorata sempre più dall’invidia, la regina malvagia si traforma in una brutta vecchia con un filtro magico, e con una mela riesce ad avvelenare Biancaneve mentre è rifugiata nella casa dei Sette nani. Inseguita da questi ultimi, Crimilda precipita in un burrone. Qualche tempo dopo il principe azzurro riesce a spezzare l’incantesimo di morte baciando la giovane.



Come si vede, questa fiaba ha come suo movente principale la gelosia femminile… e un fatto di cronaca italiana di alcuni anni fa non è molto dissimile.

Il 26 agosto 2010 ad Avetrana, in provincia di Taranto. la quindicenne Sarah Scazzi scompare mentre va a casa della cugina Sabrina Misseri, 22 anni. Dopo una quarantina di giorni lo zio di Sarah, Michele Misseri, confessa di aver ucciso la nipote mentre tentava di violentarla e di averla buttata in un pozzo.
Il “mostro” si rivelerà innocente quando successive indagini scopriranno che la vera assassina è Sabrina, con la complicità della madre Cosima, mentre il povero zio Michele è stato solo un burattino nelle mani delle due donne. Insomma, Michele era una vittima del “matriarcato”.

Il movente che emerge è la bellezza di Sarah, alta, magra e bionda, la quale attira quei ragazzi che a Sabrina mancano forse anche perché lei è bassa, mora e cicciottella. Motivo scatenante della gelosia sembra sia stato un tentativo di seduzione andato a vuoto di Sabrina nei confronti di Ivano, un ragazzo del posto suo vecchio amico.
Accusando ingiustamente la cugina di avergli soffiato l’uomo dei suoi sogni, durante un litigio Sabrina ha strozzato la quindicenne con una cintura, mentre forse la madre Cosima teneva ferma la malcapitata.

Non essendo disponibile il principe azzurro, Sarah non viene risvegliata dal sonno definitivo. Perciò i giudici hanno condannato madre e figlia all’ergastolo, confermando la pena in appello e cassazione. Anche zio Michele è andato in prigione, ma solo per occultamento di cadavere.

Se facciamo un paragone tra la fiaba e il fatto di cronaca potrebbe venire il dubbio che tra i peggiori nemici delle donne possano esserci le altre donne. Compiono così pure loro, per fortuna più raramente, una sorta di “femmincidio”…


Un pensiero su “BIANCANEVE E IL FEMMINICIDIO DEL MATRIARCATO”
  1. Se interessa il tema dell’uso della fiaba nelle epoche passate, ho sviluppato il discorso in un mio saggio:
    Il Fantasy in Italia, ed. Solfanelli 2012.

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