“Chi ha incastrato Roger Rabbit”? Domandona, eh? Beh, la risposta, amico a casa e a caso che stai leggendo, è molto semplice: siamo stati “noi”. Tutti noi, pubblico che ne ha decretato lo spaventoso successo. Già, perché l’abbiamo inchiodato proprio lì, in quello spazio a metà fra l’indelebile ricordo d’infanzia/preadolescenza e icona generica della cultura pop collettiva. Parliamoci chiaro, tutti amano questo film. Nel corso degli anni, non ho mai incontrato nessuno che abbia mai detto che Roger Rabbit non gli piace. Se la risposta alla “domanda” su chi abbia incastrato il coniglio pare semplice, dall’altro lato spesso mi sono chiesto: cosa rende questo film così piacevole e speciale? Le animazioni perfette, per caso? L’ambientazione e i personaggi, magari? Oppure, semplicemente, i dollaroni sonanti spesi a fiumi per tirare su alla perfezione tutta la pappardella? Non lo so, ma possiamo andarla a cercare, la risposta. La scena del film prodotto da Steven Spielberg e diretto da Robert Zemeckis nel 1988 si apre con un cartone animato in cui vediamo un bebè lasciato alle cure del suo baby-sitter, ovvero quello che da lì a poco scopriremo essere il nostro Roger. Naturalmente il neonato, nella più classica delle tradizioni cartoonesche, per raggiungere il tanto agognato oggetto del desiderio, il barattolo dei biscotti, tenta di massacrarsi in un’infinità di modi. A salvarlo dal pericolo e a rimetterci in continuazione è proprio Roger, che alla fine si becca pure il frigorifero in testa. Dopodiché sentiamo una voce fuori campo che grida “Stop!” e scopriamo di essere in un set cinematografico. In questo mondo i personaggi dei cartoni sono dei veri e propri esseri viventi, considerati star dell’intrattenimento e che, al pari degli attori in carne e ossa, sono scritturati dalle case cinematografiche. A ogni modo, la scena deve essere ripetuta perché Roger, sul copione, dopo aver sfondato il frigo a craniate avrebbe dovuto avere le stelline orbitanti intorno alla testa, ma sbaglia e anziché le stelline appaiono gli uccellini. Il problema sta nel fatto che Roger in questi giorni è preoccupato e non riesce a concentrarsi sul lavoro. Facciamo quindi la conoscenza dell’altro protagonista, l’investigatore privato Eddie Valiant. Il nostro detective è stato assunto dal proprietario degli studi per cui Roger lavora, R.K. Maroon, proprio grazie al coniglio. La star degli studios non ci sta con la testa e sbaglia sul set: dipende dal fatto che Jessica, la sua procace moglie, pare abbia una relazione clandestina con Marvin Acme, proprietario dell’omonima fabbrica che produce tutti gli oggetti di scena usati dai cartoni, nonché del terreno su cui sorgono gli studi. A questo punto, anche se riluttante perché di fondo detesta Cartoonia, il quartiere dove vivono i cartoni animati, Eddie, alcolizzato e squattrinato cronico, accetta il caso per necessità. Per le indagini Eddie si reca al club dove Jessica lavora, sapendo di trovare lì anche Acme che, a quanto pare, non si perde uno spettacolo. Alla fine, Eddie riesce a ottenere le foto di Jessica e Acme che giocano a “farfallina”, in realtà un gioco da bambini (credo sia come il nostro battimani) che per i cartoni, però, sono le peggio corna di quelle che ti devi mettere in ginocchio se no non passi sotto le porte. A questo punto, Eddie s’incontra con Roger nell’ufficio di Maroon e gli mostra le schiaccianti prove del tradimento della moglie. Totalmente sconvolto alla vista delle foto, il coniglio schizza via. Il mattino seguente, Eddie viene svegliato da una brutta notizia: Marvin Acme è stato assassinato. A quanto pare gli hanno sfondato la testa facendogli cadere addosso una cassaforte. Inoltre, sulla corda che teneva sospesa l’arma del delitto, vengono ritrovate quelle che inequivocabilmente sono le impronte dei guanti (?) di Roger, che lo incastrano come autore del delitto. Comunque sia, sulla scena del crimine Eddie fa la conoscenza di un altro bizzarro e grottesco individuo, il giudice Morton, un losco figuro che s’è comprato le elezioni: ora l’intera Cartoonia è sotto la sua dispotica giurisdizione. Come se questo non bastasse, siccome i cartoni sono virtualmente “immortali”, Morton ha trovato un modo per ucciderli: la “Salamoia”. Un pastrocchio di sua invenzione in grado di sciogliere con un acido i cartoni, uccidendoli definitivamente. Ai fini della storia è funzionale, anche se forse l’idea di sciogliere vivi i personaggi in un bidone d’acido è abbastanza forte per un pubblico infantile. Dopo l’incontro con Morton, tornando al suo ufficio Eddie incontra “Baby” Herman, il bebè visto all’inizio del film, collega di Roger. Nonostante l’aspetto da neonato, Herman è un cinquantenne con la voce di un rospo con la raucedine per i troppi sigari fumati. Inoltre, l’attore non perde occasione di molestare la sua assistente con pacche e pizzichi sulle chiappe. Herman è andato da Eddie appena saputo della morte di Acme, per dirgli che quest’ultimo aveva redatto un testamento (del quale non c’è traccia da nessuna parte) in cui si diceva che in caso di sua dipartita Cartoonia sarebbe diventata proprietà degli stessi cartoni animati. Nel caso in cui il fantomatico testamento non dovesse venir fuori entro mezzanotte, però, tutta la baracca con annessi e connessi sarebbe stata venduta al miglior offerente. In questo caso la Cloverleaf, intenzionata a distruggere tutto per far posto a una superstrada che colleghi Los Angeles a Pasadena. Dopo aver lasciato malamente Baby Herman, Eddie si ritrova Roger nascosto nel suo ufficio che lo prega di aiutarlo a dimostrare la propria innocenza: giura di non essere stato lui a fare fuori l’amante della moglie. Per puro caso, guardando le foto scattate precedentemente, Eddie scorge nel taschino di Acme quello che potrebbe essere effettivamente il testamento di cui Herman parlava. Il che, inizia a far credere a Eddie che Roger dica la verità. Da qui in poi, il coniglio e l’investigatore fanno coppia per risolvere la faccenda. Eccoci arrivati alle nostre considerazioni finali rispondendo al domandone di routine: ebbene, com’è questo film? Dunque, a mio modestissimo avviso, è fantastico. Però, come detto all’incipit, perché lo è? Innanzitutto, tutto il companatico è ispirato al romanzo di Gary Wolf “Who Censored Roger Rabbit?”, pubblicato agli inizi degli anni ottanta. Anche se i personaggi sono i medesimi, le vicende sono parecchio diverse. Lo stesso titolo sottolinea un chiaro distacco: nell’originale è “who censored” nel senso di “mettere a tacere”, “uccidere”, mentre nel film è “chi l’ha incastrato”. Il romanzo era improntato su note molto più cupe e pesanti rispetto al film, di stampo decisamente più da noir hard boiled. Spielberg e Zemeckis hanno avuto la lungimiranza di alleggerire la storia adattandola anche per fasce d’età più giovani, ma, nel contempo, di lasciare intatta la “parte matura”: una detective story a tutti gli effetti, in cui c’è la componente “gialla” con l’enigma da risolvere. Scene drammatiche, scene divertenti, scene d’azione, scene d’amore eccetera. Tutti elementi che, gestiti in maniera impeccabile, si adattano a ogni tipo di pubblico. Gli attori, poi, sono perfetti, con i grandi Bob Hoskins e Christopher Lloyd che spaccano tutto lo spaccabile. Le animazioni sono pure perfette e poi? Cosa rende tutto così indimenticabile? A mio modestissimo avviso la più grande “furbata” che rende questo film memorabile sono i “cartoni”. Mica mi riferisco all’interazione. Il film è del 1988 e la tecnica mista per la regia, con attori che interagiscono con esseri inanimati, era qualcosa di già visto. Il punto è che, quando hanno deciso di girare e mettere in scena il mondo di “Cartoonia” che s’interseca al mondo reale, non hanno ceduto al fascino della “moda” del tempo. Nel 1988 i personaggi alle stelle erano He-Man e i Masters, i Transformers e le Tartarughe Ninja. Tu non vedi questi personaggi apparire nel film, bensì, vedi quelli che all’unanimità vengono identificati come I Cartoni Animati. Personaggi senza tempo con cui negli ultimi ottant’anni tutti sono cresciuti: Bugs Bunny, Topolino, Paperino, Duffy Duck, Betty Boop, Wile E. Coyote e compagnia bella. Questo rende il film memorabile. Possono passare cento anni, ma altrettante generazioni verranno a contatto con questi personaggi e quando dovessero trovarsi a vedere questo film lo “stacco” probabilmente non sarà percepito più di tanto. Un po’ come guardare oggi un episodio originale dei Flintstones: mica ti rendi conto che ha più di cinquanta anni. Navigazione articoli MALIZIOSA LAURA ANTONELLI 5 SEQUENZE PER RICORDARE PAOLO VILLAGGIO
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