Numero 3585 del 7 agosto

–   Copertina di Davide Cesarello, che richiama – volutamente – quella del numero 3580, la prima di luglio: allora Paperino vendeva gelati sulla spiaggia, adesso, all’inizio di agosto, è Topolino, con tanto di gelato in mano, a recarsi al mare. Pur nell’assenza di uno sfondo con ombrelloni e cabine, i granchi, il cestino della merenda, le stelle marine e soprattutto la ciambella in vita non lasciano dubbi su dove si trovi il Topo. Cesarello, slegato da una storia particolare, sembra in forma, e i suoi granchi aggiungono molta simpatia ad una situazione che altrimenti non avrebbe molto da dire al lettore.

 


–  Il mistero dei giganti
, di Bruno Enna e Luca Usai: Enna è una garanzia, e lo si vede anche in questa storia anomala, che vede Topolino, Minni e Pippo nei panni degli antichi sardi e che, trovandosi a fronteggiare degli invasori provenienti dal mare, costruiscono dei giganti di pietra che visti da lontano mettono in fuga i loro nemici prima ancora che sbarchino. Sono i famosi giganti di Mont’e Prama, grandi sculture nuragiche scoperte 50 anni fa nei pressi di Cabras ed esplicitamente citate all’inizio della storia. Perché questa è anomala? Perché si tratta di un “divertissement” (esplicito nel testo di Enna) ideato dal professor Zapotec, che sostiene sia tutta una invenzione, sua e – ovviamente – del collega Marlin. Il lettore resta col dubbio se alla base della narrazione di Zapotec ci sia o no l’ennesimo viaggio nel tempo compiuto da Topolino e Pippo: è vero che i protagonisti della storia non sono loro, ma degli “alter ego” come capita spesso nelle storie disneyane, e lo stesso Zapotec sostiene che “stavolta” sia tutto inventato… ma sarà attendibile? Un piccolo colpo di scena nelle ultime vignette rimette tutto in discussione. Comunque la trama procede senza gli intoppi tipici di queste trasposizioni nel passato dei personaggi principali (di solito reinventati e “spiegati” al lettore nel nuovo contesto), viaggia spedita verso una conclusione abbastanza brillante – l’invenzione dei giganti – ed è anche disegnata molto bene, con uno stile classico, ma moderno nella struttura delle tavole, e con vignette che vanno a sovrapporsi (fin troppo) e senza gabbie a contenerle. Per Luca Usai (che, in quanto sardo, sente molto le vicende narrate) questa composizione delle tavole non è certo una novità, anche se in questo caso l’entusiasmo ha forse portato a qualche eccesso: ma non si può escludere che la confusione di certe scene sia voluta, così da infondere alla storia un’atmosfera da sogno che accentui i dubbi del lettore (infatti quando compare Zapotec la struttura delle tavole torna quella normale). Forse questa storia non sarà ricordata per sempre, ma ciò non toglie che sia probabilmente la migliore del numero.

 

Usai disegna una tavola priva di gabbie e persino di bordi, con vignette sovrapposte, ma utilizza uno stile di disegno molto classico e rotondo

 

–   Il Natalestivo, di Roberto Gagnor ed Emanuele Baccinelli: è estate, Paperone è via per affari e Rockerduck ne approfitta per sbolognare a Paperino e Paperoga, rimasti a custodire il deposito, un enorme carico di merci a tema natalizio, quindi invendibili. Contro ogni previsione i due cugini sapranno improvvisarsi ottimi venditori, riuscendo con molta fantasia e qualche idea brillante a vendere ogni cosa. Il successo è tale che a Natale Paperone gli farà vendere le merci estive, rimaste ovviamente invendute a cause del boom di quelle natalizie.

 

Baccinelli, che dà il meglio di sé nelle storie con Paperinik, sa piazzare qualche espressione azzeccata anche in un lavoro minore

 

–   La Dea mascherata, di Matteo Venerus e Lucio Leoni: la Dea mascherata sarebbe la protettrice dei malviventi, in grado di elargire loro dei notevoli colpi di fortuna. Gambadilegno dapprima non ci crede, poi, quando le cose gli vanno bene, cambia idea. Quando gli andranno nuovamente male capirà che la “Dea”, essendo mascherata ma non bendata, può fare anche brutti scherzi.

–   Railway welcomer, di Marco Bosco e Francesco Guerrini: Filo Sganga, in una delle sue rare apparizioni da protagonista, mette su un’agenzia che offre lavori insoliti, ed ha bisogno sia di clienti che di aspiranti lavoratori. La prima richiesta riguarda un “railway welcomer”, cioè qualcuno che accolga alla stazione ferroviaria una persona che ha bisogno di assistenza. Paperoga si offre per questo lavoro e riesce anche a fare bella figura, senza combinare pasticci, ma – non per colpa sua – sbagliando persona.

–   Paperino diventa Wolverine, di Luca Barbieri e Giada Perissinotto: arriva in questo numero la seconda (e non sarà l’ultima) delle storie frutto della collaborazione tra Marvel e Disney, presentata rovesciata in fondo al numero, con tanto di copertina alternativa di Ron Lim, tra i più famosi disegnatori della Marvel. Come la storia precedente, “Il decino dell’infinito”, anche questa non convince pienamente, ed è stata scritta da un autore non disneyano, il bonelliano Luca Barbieri, che propone una sorta di universo alternativo in cui Paperino è Wolverine (ma in pensione), Topolino è Occhio di Falco, Pippo è Hulk e Gambadilegno (villain della situazione) è il Teschio Rosso. Come in ogni storia Marvel che si rispetti gli eroi si uniscono per sconfiggere il cattivo, riuscendoci senza neanche faticare troppo una volta convinto Paperino/Wolverine a tornare in attività (altro cliché di questo genere di storie). Come la storia del “decino” anche questa è troppo breve per poter scavare un po’ nelle motivazioni dei personaggi o nel loro passato: tutto resta incompiuto, accennato, e il lettore deve limitarsi ad “afferrare l’attimo”, ridendo del contrasto tra il pigrissimo Paperino e l’irascibile Wolverine di cui ha assunto l’identità. Un contrasto analogo c’è fra Pippo/Hulk; gli altri personaggi non sono neanche accennati, sono più che altro delle comparsate che strizzano l’occhio al lettore in cerca di citazioni. Rispetto al “decino” si ride di più, e anche i disegni della Perissinotto raggiungono punte di eccellenza, con espressioni molto azzeccate e persino una spettacolare doppia tavola centrale dedicata al protagonista. Insomma, da un punto di vista puramente tecnico, una storia coi fiocchi: ma il lettore disneyano è da tempo abituato a storie di ben altro spessore, storie le cui trame evolvono con lentezza, a volte per cento e più pagine, con vignette che raramente sono piene di azione, ma a poco a poco vanno a comporre vicende complesse e ricche di sfumature delle quali non ci si stanca mai. Con solo 25 pagine (delle quali due occupate dalla doppia tavola centrale) cosa potevano fare di più i pur bravi Barbieri e Perissinotto? Tanto valeva creare dalle fondamenta un intero universo alternativo, come venne a fatto a suo tempo, e con risultati molto superiori, con PK. Ma stavolta sembra tardi per fare la stessa cosa.

 

La Perissinotto scatenata nel mostrarci ogni aspetto di Paperino/Wolverine

 

Numero 3586 del 14 agosto

–   Copertina di Andrea Freccero, ispirata al pezzo forte di questo numero, il remake della famosa Grande Parodia del 1976: Sandopaper, della quale viene presentata la prima puntata. Come fu nel 1976, la seconda apparirà nel prossimo numero, in controtendenza rispetto a quanto si fa oggi. Intanto ci si può godere la copertina, tra le migliori di quest’anno, anche se lo sfondo, tipo carta da parati floreale, la mortifica non poco (era così difficile accennare una giungla vera e propria?). Del resto, oltre alla copertina e a Sandopaper, non c’è molto per cui valga la pena procurarsi questo numero.

 


–   Sandopaper
, primo episodio, di Alessandro Sisti e Andrea Freccero: storia evento non solo di questo numero, ma probabilmente di tutta l’estate, Sandopaper, come alcuni ricorderanno, è la parodia de “Le Tigri di Mompracem”, il più famoso tra i romanzi di Salgari o, per essere precisi, è una parodia che in parte si ispira allo sceneggiato televisivo tratto dal romanzo e che andò in onda nel 1976. Le “Grandi Parodie”, che una volta andavano per la maggiore, sono state messe in secondo piano negli ultimi anni ed anche quest’ultima è solo un remake di quella originale, comparsa alla fine del 1976. La storia narrata è quindi la stessa, con alcune varianti che la allontanano dallo sceneggiato televisivo ma la rendono più fedele al romanzo: tra queste, Sandopaper che viene ospitato in casa del suo nemico dove conosce lady Marianna, e dove alla fine viene riconosciuto… e poi termina la prima puntata. Nell’insieme Sisti fa un ottimo lavoro, e se vanno messe a confronto le due versioni quella del 1976 non sembra la migliore, nonostante un pizzico di surrealismo tipico dell’epoca (con Paperanna insopportabile chiacchierona che solo Sandopaper sopporta). Ma un confronto fra le due versioni è quasi impossibile perché – e si tratta di una scelta voluta – questo remake è stato studiato a tavolino per imitare la storia originale, cosa che ben si riflette nel ritmo della narrazione e nel succedersi delle battute e dei cambi di scena, più tipiche del poliedrico Michele Gazzarri e dei suoi anni ’70, che del modernissimo Sisti, inventore di PK; ma soprattutto è impressionante l’imitazione che Freccero fa dei disegni del grande Giovan Battista Carpi, del quale riprende non solo lo stile grafico ma anche la colorazione e la gabbia tradizionale (due cose che ormai si vedono di rado sulla rivista). L’effetto combinato di tecniche narrative e grafiche che si pensavano fuori moda è straniante, e si ha davvero l’impressione di rileggere la storia originale, sia pure riveduta e corretta, con un tuffo nel passato remoto, quello stesso passato che in tanti rimpiangono (e non stupisce la proliferazione di commenti entusiasti sul Papersera). La storia, volendone tirare le somme, è solo discreta, come lo era quella originale, e come lo sono tutte le Grandi Parodie, sempre troppo vicine a mandare fuori parte dei personaggi che non sono poi così universali, e che non possono adattarsi ad ogni ruolo. Ma poco conta il livello della storia, e poco conta come si concluderà nel prossimo numero: conta solo l’operazione nostalgia, relegata (forse per prudenza) ad un’estate altrimenti povera di contenuti importanti.

 

Pare incredibile, ma questo è Freccero, non Carpi


–   Un gatto
, di Giuseppe Zironi: era da febbraio che sulla rivista non appariva una storia delle serie “Topolino giramondo”, ideata da Zironi qualche anno fa e che vede Topolino trasformarsi in reporter e girare il mondo alla ricerca di posti esotici da fotografare. Stavolta si trova alle sorgenti del Rio delle Amazzoni, dove vivrà un’avventura tradizionale cercando di mettere in salvo un gatto (e sé stesso) da una inondazione.

–   In ferie, di Tito Faraci ed Enrico Faccini: questa storia è una specie di spin-off della serie “Gli allegri mestieri di Paperino”, in quanto vede il protagonista, per una volta, rifiutare un lavoro propostogli dallo zio per godersi le ferie. Godersi per modo di dire: tra Paperina che ha bisogno di lui per fare shopping, la casa che gli si allaga e il tempo variabile, scoprirà che sarebbe stato meglio accettare quel lavoro (collaudatore di materassi in un albergo a 15 stelle).

  Opinion Supporter, di Marco Bosco e Francesco Guerrini: continuano in questo numero i tentativi di Filo Sganga e di Paperoga per trovare lavori nuovi e originali che rendano ricco il primo e soddisfatto il secondo. Stavolta Paperoga diventa “opinion supporter”, vale a dire una persona che supporta le opinioni di chi non riesce ad argomentarle come si deve. A richiedere questo particolare servizio è un appassionato di calcio le cui opinioni “estreme” vengono derise dai suoi colleghi: Paperoga, esperto del settore, porterà a termine con successo il compito assegnatogli, almeno sino all’arrivo del più esperto Paperino che, schierandosi dalla parte opposta, metterà in ridicolo sia lui che il suo sfortunato cliente.

  L’affare in concorrenza, di Angelo Macchetto e Marco Mazzarello: Paperone e Rockerduck cercano di ottenere una concessione mineraria e devono recarsi personalmente sul posto, in piena giungla. Quale migliore occasione, per il primo, di impartire lezioni di sopravvivenza al secondo? Il quale, ingrato, alla fine gli soffierà la concessione, salvo poi scoprire che non era quella ad interessare al suo rivale.

 

Numero 3587 del 21 agosto

–   Copertina di Davide Cesarello, che ci mostra Top de Tops, antenato di Topolino creato molti anni fa dal grande Giorgio Pezzin e di recente rispolverato con nuove storie, molto turbato di fronte ad uno specchio; con lui Pippo, o meglio Gerard Pipòn, un architetto suo amico (de Tops incontra sempre qualche antenato di Pippo, ogni volta diverso). Ovviamente nel numero è presente una storia con i due personaggi e con lo specchio in questione, e per quanto il Topo sia troppo “caricato”, quasi irriconoscibile, non c’è dubbio che la copertina renda al meglio l’atmosfera inquietante della storia, una delle migliori di questo personaggio.

 


Il segreto dei Montignac, di Giorgio Pezzin e Davide Cesarello: ritorna alla grande sir Top de Tops, antenato di Topolino (che sta leggendo i suoi diari) con una grande passione per l’archeologia e i misteri, e che stavolta deve correre in Bretagna ad aiutare il suo amico Gerard Pipòn, che ristrutturando l’antica dimora dei Montignac si è imbattuto in qualcosa di indefinito ma inquietante, e che lo induce a comportarsi in maniera più stravagante del solito. De Tops e Pipòn, come è ovvio, risolveranno un mistero intricato, non prima di aver corso gravi pericoli e concedendosi nel finale qualche sguardo d’intesa (soprattutto Pipòn) con la bella Dominique, ultima discendente del conte di Montignac. Sta di fatto che Pezzin, in forma smagliante nonostante i suoi 75 anni, ci regala una trama formidabile percorsa da un’atmosfera inquietante dall’inizio alla fine, e che accompagna un mistero dalle sfumature gotiche, ricco di colpi di scena, sottili indizi, suspence e passaggi degni di Dario Argento. Cesarello, in gran forma, rende al meglio le atmosfere della storia, ricorrendo a colori sfumati, giochi di luce (ed ombre) e continui cambi di inquadratura e di espressioni che spiazzano il lettore così da non fare mai venire meno quel senso di inquietudine che lo accompagna dall’inizio alla fine. Tra le migliori storie del personaggio e – senza dubbio – dell’intero 2024.

 

Cesarello usa le sfumature per rendere al meglio l’atmosfera inquietante della storia: i più attenti noteranno anche qualcosa di strano, quasi impercettibile, nel riflesso dello specchio


Sandopaper, secondo episodio, di Alessandro Sisti e Andrea Freccero: si chiude in maniera brillante questo curioso remake di una Grande Parodia, che, pur riveduta e corretta alla luce delle nuove “sensibilità” (anche se dovremmo dire “censure”), viene gestita benissimo da Alessandro Sisti, che riesce a rendere le vicende di Sandopaper meno surreali e più vicine al romanzo di Salgari di quanto non fossero nella versione del 1976. Le differenze col romanzo, pur restando notevoli, sono gestite brillantemente (una su tutte: Sandopaper fa il pirata al solo scopo di azzerare i debiti che ha con lo zio di Marianna, James de Paperillonk). Nonostante il sacrificio del troppo scorretto Yanez – che, come l’originale, fumava troppo – qui diventato un moscio Paperoguez, la storia regge il confronto con la prima versione. Dei disegni di Freccero, che imitano a tal punto quelli di Carpi (del resto suo maestro) da trasmettere al lettore una sensazione di straniamento, si è già detto: non solo danno alla storia un notevole bonus, ma ci lasciano capire quanto sia sprecato, l’autore genovese, a disegnare solo le copertine del settimanale. Sperabilmente (per lui e per i lettori) qualcosa cambierà dopo questa storia – non memorabile, ma destinata ad essere ricordata a lungo.

 

Due tipiche espressioni dei paperi di Carpi… ma questo è Freccero!


L’invasione scultorea, di Pier Giuseppe Giunta e Ottavio Panaro: storia breve che vede confrontarsi Dinamite Bla e Paperoga; il primo sempre scorbutico, il secondo che vuole scolpirne la statua per ottenere un diploma di “scultura senza paura”. Lo scontro/incontro di due personaggi notoriamente “instabili” produce comunque un buon risultato (e una statua niente male).

 

La follia di Paperoga resa dinamicamente da Panaro


Pet sitter d’eccezione, di Knut Naerum, Tormod Lokling e Arild Midthun: storia di produzione danese che vede Qui, Quo e Qua improvvisarsi pet sitter con notevole successo. Hanno però la cattiva idea di lasciare in custodia allo zio gli animali a loro affidati, con conseguente disastro e fuga degli stessi. Mentre Paperino fa di tutto per ritrovarli, senza successo, i nipotini cercano di guadagnare tempo con i proprietari che diventano sempre più sospettosi: ma alla fine tutto si risolverà per il meglio o quasi.

 

Midthun imita le famose vignette “straripanti” di Carl Barks

 

Emily, di Vito Stabile e Federico Franzò: colpo di genio di Stabile, che si inserisce nella continuity barksiana-rosiana-gervasiana affrontando in un colpo solo tre grandi problemi che da decenni appassionano i lettori. Il primo, come mai miss Paperett, già segretaria di Paperone negli anni ’30 (e vi appare non più giovane), quando i personaggi invecchiavano, ha ancora oggi lo stesso aspetto? Il secondo, come mai il deposito di Paperone, senza cupola nelle storie di Barks e Rosa, ce l’ha in quelle italiane? Il terzo, come mai la finanziera di Paperone, una volta di colore blu, è diventata rossa dalla fine degli anni ’70? Si tratta di incongruenze tra la versione americana dei personaggi e quella italiana, ma non sono pochi gli appassionati che vorrebbero porci rimedio: ebbene, questa storia dà una buona risposta alla prima domanda, chiarendo che sono esistite due Emily Paperett, zia e nipote, con la seconda che ha preso il posto della prima (probabilmente qualche tempo dopo il suo pensionamento); la trovata permette agli autori di sottolineare il passaggio del tempo tra la prima scena, in cui la zia porta con sé la nipote ancora ragazzina, e tutte le successive, così da evidenziare l’apparizione della cupola e il cambio di colore della finanziera, trasformando così le note incongruenze negli sviluppi di eventi che forse saranno narrati in futuro. Paperone, invece, non cambia mai aspetto, quasi a sottolineare la sua immortalità fumettistica. Ben disegnata e con una trama robusta, la storia racconta come miss Paperett (la giovane) sia riuscita a farsi assumere da Paperone, e si farebbe apprezzare anche senza il colpo di genio di Stabile, che chiude degnamente un numero tra i migliori dell’anno.

 

Numero 3588 del 28 agosto

–   Copertina di Giuseppe Facciotto, realizzata parzialmente in 3D ed ispirata alla storia di Sciarrone (pure in 3D) che dovrebbe essere il pezzo forte di un numero invece un po’ scialbo, pieno di seguiti e di tematiche un po’ abusate (come la sfortuna di Paperino). La copertina, almeno, ci propone un Topolino più grintoso che mai, pienamente calato nel suo (improbabile) ruolo di pilota di auto da corsa.

 


–   Traccia fantasma
, di Claudio Sciarrone: terza storia della serie “Fast Track Mickey”, che propone Topolino (e persino Minni) nelle vesti di piloti di auto da corsa. Stavolta i due Topi si limitano a esibirsi in un futuristico parco giochi dove gli spettatori possono seguire le loro evoluzioni in 3D: nonostante qualche pasticcio combinato da Paperino (il parco è di suo zio) l’intervento dei fantasmi del celebre corto del 1937 “Topolino e i fantasmi” risolve la situazione fornendo effetti speciali a volontà, oltretutto gratuiti (per la gioia di Paperone che finirà per “assumerli” in pianta stabile).

 

In 3D: i due eroi riconoscono i fantasmi che avevano combattuto nel lontano 1937

 

–   Baciato dalla sfortuna, di Luca Barbieri e Luca Usai: storia che riprende il tema, ormai abusato, della sfortuna di Paperino, soprattutto quando diventa “estrema” come in certe storie di Guido Martina. Nonostante questo Barbieri riesce a trovare quel pizzico di originalità che certamente non guasta, dopo decenni di storie tutte uguali o quasi, e immerge Paperino in una situazione talmente disperata da spingerlo – o quasi – a tradire suo zio pur di guadagnarsi i favori di Amelia, ritenuta (a torto o a ragione) all’origine dei suoi problemi. Dopo una serie di colpi di scena, oltretutto non banali, ogni cosa tornerà come prima… ammesso che qualche cambiamento vi fosse stato. Bravo Barbieri a costruire una trama serrata, non troppo breve ma neanche inutilmente lunga, con pochi colpi di scena e una conclusione soddisfacente, oltretutto impreziosita da una fugace, ma significativa, comparsa di Paperinik; discreti anche se non eccelsi i disegni di Usai, che abusa dei primi e primissimi piani per accentuare le espressioni più difficili e caricate. Tutto sommato è questa la sola storia valida di un numero che, a differenza di quello precedente, non è certo tra i migliori dell’anno.

 

Usai carica sin troppo il primissimo piano di Amelia

 

–   Le demolizioni a catena, di Francesco Vacca e Lucio Leoni: ricompare Curiazio, il cugino pasticcione e “distruttore” di Orazio, stavolta assunto da Gambadilegno (a sua insaputa) per ricattare la città, in una vicenda che inizialmente ricorda un po’ la leggendaria “Dimensione Delta”. Ma in questo caso è sufficiente l’intervento di Pippo, Topolino e ovviamente Orazio per sistemare ogni cosa e impedire al terribile cugino di fare più danni del necessario.

–   Ritorno al Micromondo, di Sergio Cabella e Giampaolo Soldati: seguito di una storia apparsa diversi anni fa, e che vedeva i nipotini familiarizzare con insetti di ogni tipo dopo essere stati miniaturizzati da un’invenzione di Archimede. Stavolta la miniaturizzazione è volontaria (grazie a Newton) e serve a capire come mai certe parti di un bosco si stiano colorando di rosso: per fortuna di tutti, soprattutto degli insetti ritenuti in pericolo, si scoprirà che il colorante non è nocivo.

 

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