The Spirit of Will Eisner è la più grande mostra dedicata in Italia a uno dei più grandi maestri della storia del fumetto. Inaugurata il 7 ottobre 2022 presso il Paff! (Palazzo Arti Fumetto Friuli) di Pordenone, resterà aperta fino al 26 febbraio 2023, esponendo nella sede di Villa di Parco Galvani 180 tavole originali e 126 pubblicazioni d’epoca, suddivise in varie sezioni che ripercorrono le diverse fasi della vita dell’autore, dagli esordi e dal contesto del mondo del fumetto della Golden Age, in cui fece le sue prime esperienze professionali, alla lunga saga di The Spirit, dalle sperimentazioni grafiche delle sue famose splash page, alle influenze che ebbe su molti autori successivi, fino alle graphic novel di autentico spessore letterario a cui dedicò gli ultimi anni della vita. Dall’infanzia allo Studio Eisner e Iger Will Eisner nacque il 6 marzo 1917 a Brooklyn, nel quartiere ebraico di New York. Suo padre era un immigrato viennese, che in Austria era stato pittore di fondali teatrali. Sua madre era nata su una nave di emigranti provenienti dalla Romania. All’età di otto anni Will cominciò ad appassionarsi al disegno incoraggiato dal padre, mentre la madre, che non era portata a inseguire i “sogni” come il marito, tendeva a scoraggiarlo. Alla fine degli anni venti, per contribuire al reddito familiare, Will Eisner trovò lavoro come venditore di giornali in Wall Street. Questo accese in lui definitivamente la passione per i fumetti, dal momento che poteva vedere ogni giorno le strisce e ogni domenica le tavole pubblicate sui giornali di New York. Le sue influenze iniziali furono quindi le più eterogenee. Tra gli autori che seguiva avidamente c’erano disegnatori comici come E. C. Segar e George Herriman, ma soprattutto si appassionò alle strisce d’avventura che cominciavano a diffondersi proprio in quel periodo. Iniziò gli studi a indirizzo umanistico presso la De Witt Clinton High School, che gli permisero di fare esperienze artistiche di vario tipo, come autore di illustrazioni e strisce a fumetti su pubblicazioni scolastiche, come pittore gallerista, e anche come co-fondatore di una rivista letteraria. Quest’ultima esperienza gli permise di apprendere le nozioni sulle tecniche di stampa che gli sarebbero state utili in seguito. A 19 anni lasciò la scuola e cambiò vari lavori in breve tempo. Fu impiegato nella sezione pubblicitaria del quotidiano New York American come illustratore e letterista, direttore artistico per una rivista femminile e assistente in una stamperia. Tramite quest’ultima ottenne il primo lavoro pagato come disegnatore di fumetti per un inserto pubblicitario, ma il vero e proprio debutto professionale avvenne nel 1936 sull’albo a fumetti antologico Wow! What a Magazine. Wow chiuse dopo soli quattro numeri e allora Will Eisner fondò uno studio per la produzione di fumetti insieme al suo ex-direttore, Samuel “Jerry” Iger. Inizialmente i due lavorarono per i romanzi pulps che cercavano di incrementare le vendite con l’inserimento di brevi fumetti: Eisner disegnava tutte le storie con stili diversi e sotto diversi pseudonimi Ben presto passarono a realizzare albi completi per vari editori, ed ebbero bisogno di assumere altri disegnatori. Tra questi Jack Kirby (futuro co-fondatore dell’universo Marvel e di molte altre cose), Bob Kane (il creatore di Batman), Dick Briefer (autore dei primi fumetti sul mostro di Frankenstein) e George Tuska (in seguito disegnatore di supereroi per la Marvel). Di solito Eisner ideava o realizzava i primi episodi di una serie per poi affidarla ad altri, anche se continuava a essere firmata sempre con lo stesso nome fittizio. Per poter essere concorrenziali rispetto ai compensi pagati dalle grosse case editrici, lui e Iger cominciarono a dare ai collaboratori un salario fisso, organizzando lo studio come una catena di montaggio, in cui ognuno realizzava una singola fase della storia per velocizzare la produzione. Questo modo di procedere sarebbe diventato abituale in tutto il settore dei comic book americani. La principale opera interamente realizzata da Eisner in questo periodo fu una serie di pirati intitolata Hawks of the Seas (I Falchi del Mare), che a partire dal 1937 uscì su piccole riviste in Inghilterra, Australia, Stati Uniti e Sudamerica. Un personaggio di successo prodotto dallo studio fu Sheena, Queen of the Jungle (Sheena, regina della giungla), che esordì nel 1938 su Jumbo Comics n.1 della casa editrice Fiction House. Era una versione femminile di Tarzan ideata da Will Eisner, scritta da Jerry Iger e disegnata da Mort Meskin, ma attribuita a un fittizio William Morgan Thomas. Il personaggio generò in seguito decine di imitazioni. In questa prima fase della sua attività, Eisner si impadronì di tutte le tecniche espressive dei fumetti americani per ragazzi, spaziando in ogni genere e utilizzando anche stili molto diversi. Passava indifferentemente dal western al poliziesco e dall’umorismo alla fantascienza. Dopo il successo di Superman dovette seguire come tutti il filone, da lui poco gradito, dei supereroi. Nel 1939, sul numero 27 di Feature Comics della Quality, iniziò a scrivere la serie di Dollman (L’Uomo Bambola), disegnata da Lou Fine, il cui protagonista era il primo supereroe con il potere di rimpicciolirsi, poi imitato dalla Dc con il secondo Atom e dalla Marvel con Ant-Man. Il mercato dei comic book era in fortissima ascesa e gli affari andavano bene. In questo periodo era il suo lavoro a mantenere la famiglia, perché erano gli anni della Grande Depressione e suo padre era disoccupato. La maggior parte dei professionisti del settore sarebbero stati soddisfatti di ripetere delle formule di successo continuando a creare sempre nuovi personaggi, con uno staff alle proprie dipendenze, ma Eisner aveva altre aspirazioni. Per cominciare, quella di rivolgersi a un pubblico più adulto, e negli Stati Uniti, tra gli anni trenta e gli anni quaranta, questo significava riuscire a lavorare nella produzione “sindacata” dei quotidiani. Così non appena ebbe l’occasione, nel 1940, Eisner lasciò lo studio che aveva fondato con Iger, cedendogli la sua partecipazione nella società e si associò a Everett “Busy” Arnold, editore della Quality Comics, e a Henry Martin, vicepresidente dell’agenzia distributrice Register & Tribune Syndacate, per produrre il comic book che uscisse come supplemento domenicale dei giornali. Will Eisner era praticamente l’unico professionista nel nascente settore dei comic book in grado di realizzare una serie del genere con quei ritmi e a un alto livello, così ottenne che (dopo l’eventuale scioglimento della società) i diritti sui suoi personaggi restassero a lui. Un precedente importante in un’epoca in cui agli autori di fumetti non era riconosciuta nessuna proprietà sulle proprie opere. La saga di Spirit The Spirit, la prima Comic Book Section (invece di Comic Section, come erano definite le pagine a fumetti dei giornali) uscì il 2 giugno 1940. Inizialmente la serie principale era realizzata dal solo Eisner, al ritmo di sette pagine alla settimana. Dei personaggi delle pagine interne (Mister Mystic e Lady Luck), sempre creati da Eisner, si occuparono Lou Fine, Chuck Mazoujan, Klaus Nordling, e Bob Powell, ex-collaboratori del suo studio che lo avevano seguito nella nuova avventura. Tra il 1940 e il 1941 Eisner creò per i comic book “normali” della Quality anche altri personaggi, tra cui Uncle Sam (Zio Sam), ispirato all’immagine del vecchio patriota che rappresenta gli Stati Uniti, e soprattutto Blackhawk (Falco Nero), il capo di una squadriglia di piloti che combatte i nazisti, disegnato inizialmente da Charles Cuidera. Di Zio Sam, così come di altri due albi da lui curati per gli antologici Hit Comics e Police Comics, Will Eisner era co-proprietario al 50%. Nel periodo bellico, a causa del razionamento della carta, la produzione di questi tre albi fu boicottata dall’editore, che aveva in essi una partecipazione limitata, e l’autore fu praticamente costretto a cedere la sua parte di diritti. Si concentrò quindi sulla produzione di Spirit. Spirit è il detective Denny Colt, che dopo lo scontro con un criminale cade in animazione sospesa e viene dato per morto. Al risveglio decide di continuare a farsi credere tale diventando un “fuorilegge” per combattere i criminali fuori dalla portata della polizia, stabilendo la sua base sotto la propria tomba. L’archetipo classico del giustiziere fu però sviluppato da Eisner con inediti approfondimenti psicologici e ogni genere di sperimentazioni grafiche e narrative, che lo portarono a ridefinire e utilizzare il linguaggio dei fumetti in modo più consapevole di quanto fosse mai stato fatto prima. Le variazioni continue ed esasperate di prospettive e chiaroscuri creavano effetti espressionisti analoghi a certe soluzioni dei film dell’epoca, mentre toni ironici e drammatici si mescolavano all’interno di trame sempre originali e imprevedibili. Nel 1941 Eisner aveva iniziato a pubblicare anche una versione a strisce quotidiane di Spirit, ma nel 1942 fu chiamato alle armi e dovette lasciare il personaggio ad altri. I disegni espressivi di Lou Fine riuscirono a non farlo rimpiangere troppo per i primi tempi , ma poi le storie piombarono nell’anonimato, un po’ perché il tratto di Fine si andò semplificando, ma soprattutto a causa delle trame banali dei nuovi sceneggiatori. Sotto le armi, Eisner continuò a produrre fumetti per varie pubblicazioni dell’esercito, creando tra gli altri il personaggio Joe Dope (Joe l’Imbranato), un soldato pasticcione le cui disavventure servivano da esempio ai militari su come non dovevano maneggiare l’equipaggiamento. Cominciava così a utilizzare i fumetti a scopi didattici. Al suo congedo, alla fine del 1945, tornò a lavorare a Spirit, risollevandone la qualità a livelli ancora più alti di prima. In questo secondo ciclo, accentuò le contaminazioni tra i generi e gli esperimenti nella composizione delle tavole, soprattutto nelle grandi vignette d’apertura, in cui la grafica sempre diversa del titolo era parte integrante delle scene. Aumentò i toni umoristici e si concentrò sugli aspetti umani, sviluppando i personaggi secondari: il commissario Dolan, che affronta politicanti e affaristi senza scrupoli, sua figlia Ellen, che cerca di far cambiare vita a Spirit per farsi sposare, e il piccolo aiutante Ebony, che tenta inutilmente di sostituirlo come detective. Come conseguenza il ruolo del protagonista risulta spesso marginale e, anche se si trova al centro della scena, a volte si trasforma nella parodia di sé stesso. Più che un eroe Spirit risulta ora una persona vera, che ride, soffre, lotta o si stanca, in base all’umore del momento. Il fascino della serie verte anche sulle tante donne fatali che cercano di sedurlo e sul misterioso signore del crimine Octopus, che nessuno vede mai in faccia. Diventa quasi un personaggio anche la città in cui si svolgono le storie, il cui generico nome di Central City indica di fatto la New York che l’autore ben conosceva, con i grandi palazzi accanto ai quartieri miserabili, e le tante persone qualunque che si rivelano capaci di imprese straordinarie non appena le si osserva un po’ più da vicino. In vari episodi sono loro i veri protagonisti e in ciò si intravede un piccolo assaggio dei temi delle future graphic novel. In questo secondo periodo, pur mantenendo il controllo delle storie e dei disegni fino al 1951, Will Eisner si avvalse di molti assistenti, tra cui John Spranger per gli schizzi e le chine, Bob Palmer e Jerry Grandenetti per gli sfondi, Martin De Muth e Abe Kaneghson per il lettering, Jules Feiffer e Klaus Nordling per le sceneggiature, Klaus Nordling e Jim Dixon per le rifiniture. Nel 1948 Eisner tentò di produrre in proprio dei nuovi fumetti, di cui realizzò le prime storie insieme allo stesso staff di Spirit. Ma i due albi pilota, Baseball Comics e Kwepies, non andarono bene a causa della scarsa distribuzione e, poiché l’autore non aveva abbastanza denaro per tentare ancora, anche gli altri progetti furono abbandonati. Molto di quel materiale fu poi riciclato all’interno della serie di Spirit. In particolare i tre episodi del detective John Law furono adattati facilmente, perché i personaggi erano molto simili. Nella più lunga di queste storie esordì Sand Saref, la bella criminale che torna dal passato di John Law/Spirit e che più di trent’anni dopo avrebbe ispirato a Frank Miller il personaggio di Elektra. Invece la compagnia American Visuals Corporation, fondata da Eisner nel 1947, ebbe un buon successo nella produzione di fumetti educativi e pubblicitari (inizialmente confezionò degli albi divulgativi per associazioni mediche). Nel 1951 cominciò a produrre per il Ministero della Difesa la rivista PS – The Preventive Maintenance Monthly (La manutenzione preventiva mensile), su cui Eisner, oltre a riprendere Joe Dope, creò anche nuovi personaggi, sempre per insegnare ai soldati come aver cura del loro equipaggiamento in un linguaggio che potessero comprendere meglio di quello degli ostici manuali militari. Tra il 1951 e il 1952, pressato da questi impegni, lasciò completamente la realizzazione di Spirit ai suoi collaboratori, e nonostante la verve dei testi di Feiffer, futuro grande autore satirico, la serie perdette mordente. Nel 1952, ne affidò i disegni a Wally Wood. Il futuro grande disegnatore, che era alla ricerca di uno spazio in cui potersi esprimere liberamente, pose come condizione che le storie si svolgessero nello spazio. Così nacque il ciclo a puntate “Outer Space”, che racconta un viaggio sulla Luna compiuto con un equipaggio di galeotti, a cura di Eisner, Feiffer e Wood (nella prima puntata, forse per la prima volta in un comic book, appaiono i nomi dei co-autori oltre a quello del titolare). Ma nonostante l’alta qualità, i direttori dei quotidiani non apprezzarono il cambiamento di stile, inoltre Wood non resse il ritmo di una produzione settimanale e la run si concluse. Ormai Eisner aveva già sperimentato tutto quello che poteva all’interno del formato e dei limiti di una produzione seriale avventurosa. Ancora prima della fine della serie, le storie di Spirit cominciarono a essere ristampate in comic book. Da allora la sua saga, costituita da oltre 400 episodi (considerando solo quelli di Eisner), è stata ristampata periodicamente ed è stata una costante fonte di ispirazione per i più importanti autori del settore, che a decenni di distanza hanno continuato a riutilizzarne e rielaborarne le soluzioni grafiche e narrative. Will Eisner e le graphic novel Tra gli anni cinquanta e settanta Will Eisner continuò a sperimentare nuove applicazioni del fumetto in altri settori, proseguendo con la realizzazione della rivista PS e producendo con la sua compagnia guide didattiche per la prevenzione degli infortuni o degli incendi, copertine di dischi, oltre a opuscoli e libretti di vario genere, come volumetti per bambini e manuali umoristici sugli argomenti più disparati. Si dedicò, inoltre, all’insegnamento del fumetto presso la School of Visual Arts di New York, e a seguito di quest’esperienza produsse due saggi sul racconto per immagini: Comics & Sequential Art e Graphic Storytelling, pubblicati a puntate tra il 1978 e il 1981 e poi raccolti in volume, in cui spiega la sua visione del fumetto e le potenzialità narrative. A partire dagli anni sessanta tornò episodicamente a realizzare qualche nuova storia con Spirit, sugli albi che ne ristampavano le vecchie storie, ma il suo apporto principale per queste riedizioni fu soprattutto una lunga serie di copertine con il suo personaggio più famoso. Inoltre, negli anni ottanta l’editore “alternativo” Kitchen Sink pubblicò anche una rivista intitolata Will Eisner’s Quarterly (Il trimestrale di Will Eisner). Nel 1978 Will Eisner pubblicò direttamente in volume la prima graphic novel, un tipo di fumetto fino ad allora pressoché inedito negli Stati Uniti, che si può tradurre in “romanzo per immagini”. “Contratto con Dio”, questo il titolo, racconta di un immigrato ebreo in America, Frimme Hersh, che stila un vero e proprio patto con Dio a cui si attiene scrupolosamente. Finché, dopo la morte prematura della figlia adottiva, accusa Dio di essere venuto meno alla sua parte dell’accordo e cambia radicalmente vita, diventando uno spietato uomo d’affari. In questa storia si può leggere una analisi del rapporto tra l’uomo e la sua idea della divinità e di come questa influenzi la sua vita. Il titolo completo è “Un Contratto con Dio e altre storie di appartamenti”, infatti il libro contiene altri tre racconti a fumetti di minore respiro, ma la storia principale può essere comunque considerata un “romanzo”, almeno nel senso che copre tutta l’ampiezza della vita del protagonista invece di raccontarne un singolo episodio. Negli anni successivi Eisner continuò a produrre nuove storie, a partire da “Vita su un altro pianeta”, incentrato sulle vicende che seguono la ricezione di un segnale radio dallo spazio. Vari gruppi iniziano a tramare per essere i primi a prendere contatto con questi ipotetici alieni e trarre vantaggi dalla situazione. In un contesto immaginario, l’autore evidenzia come gli interessi dei potenti possano prevalere su quelli della politica e manipolare a proprio vantaggio altre organizzazioni. Il protagonista, James Bludd, è un astrofisico che tenta di opporsi a questo stato di cose, sperando che in futuro le nazioni comincino a collaborare nell’interesse collettivo del pianeta. Anche qui Eisner comunica dei messaggi ben precisi, pur senza nascondere le difficoltà e i problemi che affliggono l’umanità. In questa e in altre opere, come “La grande città”, che mostra vari flash della vita di New York, continuò anche il suo percorso di sperimentazione narrativa, impostando la composizione delle pagine in modo molto libero e funzionale alle esigenze delle storie. In molte graphic novel, come lo stesso “Contratto con Dio”, “La forza della vita”, “Il palazzo” e “Dropsie Avenue”, tutte ambientate negli anni trenta, il periodo della sua gioventù, Eisner raccontò le cronache dei caseggiati del Bronx e della gente che ci vive, esplorandone la memoria collettiva. Sono sia storie fortemente espressive sia testamenti delle migliori qualità umane, oscillanti tra uno sguardo malinconico a come trattiamo il nostro passato e una forte affermazione della vita. Ne “La forza della vita” è memorabile il paragone tra l’affannarsi di tante piccole vite che si intrecciano e si influenzano reciprocamente negli anni della Grande Depressione, e l’altrettanto forte determinazione a sopravvivere degli scarafaggi. Proprio con uno scarafaggio uno dei protagonisti, Jacob Shtarkah, ha un significativo “colloquio” sul senso della vita all’inizio del racconto, mentre giace spossato in un vicolo dopo un attacco di cuore. Anche in questo romanzo, come nell’ultimo episodio contenuto nel “Contratto con Dio”, appare un giovane di nome Willie, in cui si può intravedere un autoritratto dello stesso Eisner. Molte graphic novel di Will Eisner sono basate su spunti autobiografici. Quelle in cui parla più esplicitamente della propria vita sono “Il sognatore”, in cui racconta i suoi esordi nel mondo dei fumetti ai tempi pionieristici dei primi comic book, ritraendo con nomi modificati autori ed editori dell’epoca, e “Verso la tempesta” in cui alterna la rievocazione delle proprie esperienze giovanili, segnate dall’antisemitismo, e il racconto della saga della sua famiglia, partendo dalla Vienna del 1910, per narrare miseria, pregiudizi e lotte etniche degli immigrati nei sobborghi newyorkesi. Due dei suoi romanzi a fumetti, “Affari di famiglia” e “Le regole del gioco”, trattano in particolare le dinamiche e le relazioni familiari, come sempre con grande umanità, ma evidenziandone anche le tante ipocrisie. Nel primo descrive una riunioni di parenti in occasione del compleanno del capofamiglia (ormai totalmente invalido), che è anche l’occasione per discutere del suo internamento in un ospizio, oltre che per rievocare i momenti più significativi del suo passato e dei suoi rapporti con i figli. Nel secondo ricostruisce la storia della ricca famiglia Arnheim, e di come questa si interseca con quella di altre famiglie meno abbienti, percorrendo tutto l’arco della vita del cinico e arrogante Conrad Arnheim, che pur imponendosi spietatamente nel mondo degli affari, non avrà né un matrimonio felice né dei buoni rapporti con le figlie. Oltre ai romanzi a fumetti veri e propri, Eisner ha prodotto anche varie raccolte di racconti, spesso collegati in base a un tema ben preciso, per cui a volte i confini tra un romanzo e una raccolta possono risultare incerti e si preferisce indicarle comunque come graphic novel, per l’alta qualità letteraria dei contenuti. Per esempio “Il palazzo” è suddiviso in quattro episodi distinti, con un’ambientazione comune, e che si collegano nel finale. Altre raccolte a tema sono “La grande città”, in cui ogni capitolo è dedicato a un diverso elemento architettonico e a come si può vedere il mondo attraverso di esso; “Gente invisibile” è una miniserie di tre episodi sulle persone anonime e su quei rari momenti in cui smettono di esserlo; “Racconti di guerra” riporta esperienze reali raccolte in Corea e in Vietnam quando l’autore lavorava per una pubblicazione dell’esercito; e “Piccoli miracoli”, in cui degli eventi improvvisi cambiano la vita delle persone. Altri racconti brevi sono stati raccolti nei volumi “City People Notebook” e “Will Eisner Reader”. Eisner ha sempre continuato a lavorare con incredibile vitalità, e ha prodotto gran parte delle sue opere migliori in età avanzata, riducendo a fumetti anche alcuni classici della letteratura: “La principessa e il ranocchio” tratto dai fratelli Grimm, “L’ultimo cavaliere” dal Don Chisciotte di Cervantes, “Moby Dick” da Melville, “Fagin” da Dickens e “Sundiata”, da una leggenda africana dell’epica Mali. L’ultima opera di Will Eisner: “Il complotto” L’ultima graphic novel di Will Eisner, Il complotto, più che un romanzo è quasi un saggio a fumetti, dedicato alle origini di un falso documento chiamato i “Protocolli dei savi di Sion”, usato nella Germania nazista e altrove come giustificazione delle discriminazioni e persecuzioni antisemite. Il grande romanziere per immagini ha dedicato i suoi ultimi sforzi a diffondere, nella forma più immediata e accessibile, la storia di come il delirante “complotto ebraico” di conquista del mondo riportato in quel testo fosse in realtà stato compilato per ordine di esponenti del governo zarista, ricalcando quasi alla lettera un libro francese della seconda metà dell’Ottocento che intendeva denunciare la politica dispotica di Napoleone III: “Il dialogo all’inferno tra Machiavelli e Montesquieu”, opera di un certo Joly. A un certo punto rinuncia a raccontare una vera e propria storia in cui lasciar parlare i fatti. A dimostrazione di quanto come ebreo lo toccasse personalmente la questione, si autoritrae mentre tenta di convincere dei manifestanti razzisti dei loro errori… Navigazione articoli MATITE BLU 308 1988, L’ANNO NERO DEGLI EROI MARVEL