Devo ammetterlo: il titolo Voglia di vincere una volta tanto è meglio dell’originale Teen Wolf, film fantasy-comedy del 1985. Questo perché, in un certo senso, è quasi profetico. Voglia di vincere è, come dire, una vaccata di proporzioni epocali, ecco. Esordio al cinema per Michael J. Fox, conosciuto all’epoca per la sitcom Casa Keaton. Un plot che definire allucinante sarebbe un simpatico eufemismo. Budget ridicolo di appena un milione di dollari. Insomma, gli elementi per tirare fuori uno schifo di film c’erano tutti. Invece, ecco che sale la profetica Voglia di vincere del titolo italiano. Perché il film di Rod Daniel vinse veramente tutto, rivelandosi un successo che ti devi spaventare. Solo in America incassò più di trenta milioni, arrivando poi a ottanta con gli incassi mondiali. Ora, per la serie amarcord blast from the past, andiamo a buttare l’occhio su questo Voglia di vincere. Voglia di vincere inizia in modo piuttosto tradizionale. Ovvero, con la consueta carrellata di classici adolescenti statunitensi anni ottanta. Tra questi, il nostro protagonista Scott “Marty” Howard (Michael J. Fox) impegnatissimo a completare la sua collezione di figuracce, insieme alla squadra di basket della sua scuola, i Beavers. La cosa peggiore per Scott-Marty è che nella squadra avversaria gioca Mick McAllister (Mark Arnold). Mick non solo sta umiliando lui e il resto della sua squadra, ma lo sta facendo di fronte alla bella Pamela Wells (Lorie Griffin), sogno bagnato a marchio registrato di Scott-Marty. Trivia: nel film il personaggio di Michael J. Fox si chiama semplicemente Scott Howard. Quel Marty ficcato a forza è una bella pensata tutta nostra. Voglia di vincere è stato il primo film di Fox, che, al termine delle riprese, venne ingaggiato per il ruolo di Marty McFly di Ritorno al Futuro. Siccome da noi Ritorno al Futuro uscì prima di Voglia di vincere, nella versione italiana si pensò bene di chiamare il personaggio Marty, in maniera tale da fare pendant col precedente film. Quando si dice i piccoli colpi di genio, eh? Nella feroce quanto spietata scala gerarchica della popolarità studentesca, Marty (chiamiamolo così, va) occupa i gradini più bassi. È uno sfigato, cosa che di certo non lo aiuta nella crociata alla conquista della stereotipatissima e super popolare Pamela. Attenzione che scatta l’inghippo. Quando ancora il concetto di amici con benefici non era ancora stato fissato, spunta Lisa Marconi (Susan Ursitti) detta… beh sì, insomma… “Boof”. La quale, oltre essere la migliore amica di Marty, è innamorata di lui manco tanto segretamente. Solo che Marty sta tutto alla chissene, siamo amici e queste robe qua, e non se la fila manco di pezza. Addirittura, parte lo screzio tra di loro a una festa, tanto che (insieme a dei malori già accusati in precedenza) Marty prende e fugge a casa. Trivia: come in tantissimi film degli anni ottanta, a guardarlo, anche Voglia di vincere dà la sensazione che di fondo ci sia qualcosa di sbagliato. Di fuori posto. La spiegazione è piuttosto semplice. Su carta Marty è un liceale. Un diciassettenne a essere precisi, ok? Però al tempo in cui fu girato il film Michael J. Fox aveva già ventitré anni. Sia Jerry Levine sia Mark Arnold, rispettivamente l’amico Stiles e il bullo Mick, avevano la bellezza di ventisette anni. Diciamo tutti un po’ troppo grandicelli, no? Tornato a casa, succede l’incredibile. Chiusosi in bagno per via del malore che si acuisce, Marty inizia a trasformarsi lentamente in un licantropo. Trivia: come detto, nessuno si sarebbe mai aspettato il successo che Voglia di vincere ottenne. Anche perché, in fondo, il film venne pensato per essere semplicemente un prodotto di sfruttamento. Uscito a metà del 1985 e girato in appena venti giorni, non era altro che una trovata per cavalcare il momento. Infatti, gli anni ottanta vengono spesso indicati come “Gli anni del licantropo”. Qualche esempio esplicativo? Solo nel 1981 uscirono Un Lupo Mannaro Americano a Londra, Che fatica essere Lupi, The Howling e Wolfen. Tra il 1982 e il 1988, invece, altri mille film della saga The Howling, In Compagnia dei Lupi, Voglia di Vincere 2 e un’altra valanga che non menziono, perché mi sono già stancato di scrivere titoli. Le sorprese per Marty non finiscono certo qua. Suo padre gli rivela una shockante verità: che la licantropia è una condizione ereditaria di famiglia. Certo, ogni tanto “potrebbe saltare una generazione”. Cosa in cui lui sperava, del resto. Com’è come non è, appresa la realtà dei fatti Marty torna a scuola, confidando il segreto al fedele amico Stiles (Jerry Levine). Il problema è che, durante l’ennesima partita a figure bieche, Marty perde il controllo e si trasforma davanti a tutti. Trivia: oltre al nome, il film presenta un’altra analogia con Ritorno al Futuro. La casa – e la relativa strada – dove abita Scott-Marty di Voglia di Vincere, è la stessa dove nel 1955 abitava Lorraine Baines McFly. La madre del Marty di Ritorno al Futuro. Ora che il mondo intero sa che Marty è un licantropo, succede una cosa strana. Anziché chiamare, che so, Van Helsing, un esorcista o al più abbatterlo a fucilate, Marty diventa l’idolo indiscusso della scuola. Per la serie from zero to hero, il Lupo gli ha permesso di ottenere tutto ciò che desiderava: prestigio sociale, popolarità, affermazione. Finanche le attenzioni della bella Pamela. Il problema, però, è che seppur vero che il Lupo gli aveva dato tutto questo, Marty si rende conto che non era ciò che desiderava sul serio. Accorgendosi che man mano i suoi veri amici, nonché “Boof”, si stavano allontanando da lui. Trivia: il personaggio di Lisa “Boof” Marconi è basato sulla reale fidanzata ai tempi del liceo di uno degli sceneggiatori. Non che questo sia proprio il massimo dell’interessante, ma tant’è. Da qui in poi mi pare superfluo continuare, perché in fin dei conti parte lo scioglimento con il prevedibilissimo finale. Perciò direi che possiamo passare a La Domanda: com’è Voglia di vincere? Sinceramente? Be’, l’ho detto prima: Voglia di vincere è un film di una stupidità allarmante. E su questo non ci piove. Solo che c’è un “ma” grande quanto una casa che cambia le carte in tavola. Cerchiamo di capirci, provando a prendere un attimo le distanze, ok? Allora, un ragazzino all’apparenza normale una mattina mentre è a scuola di punto in bianco prende e si trasforma in un mostro. Davanti a tutti. Non so, ma per me questa è notizia da prima pagina a carattere internazionale. Invece, nella realtà del film cosa succede? Che invece di chiamare l’esercito e trasformare questo tipo in una cavia da laboratorio, tutti somatizzano come se fosse una cosa quasi normale. Tanto per dire, ve la immaginate la cosa? Tornate a casa da scuola e, alla classica domanda del genitore invadente-impudente, quella tipo “Cosa hai fatto oggi a scuola, com’è andata la giornata?”, “Mah! Le solite cose: abbiamo fatto lezione, l’ora di latino è saltata perché l’insegnante non s’è presentata. Ah, e Giovangiangiangelo s’è trasformato in un licantropo”. Cioè, rendiamoci conto dell’assurdità di un fatto simile. Tuttavia, strano a dirsi, il punto di forza di Voglia di vincere è proprio l’assurdità intrinseca del soggetto. Ciò che fa spuntare quel famigerato “ma” che dicevo prima. Fondamentalmente il film sarà assurdo, certamente. La classica, stereotipatissima, abusatissima, rigurgitante cliché love-comedy adolescenziale made in America, d’accordo. Ciò non toglie che questo sia uno schema solido. Rodato, funzionante e tutto sommato piacevole da guardare. Insomma, la cosa che eleva Voglia di vincere al di sopra del marasma oceanico di titoli similari è proprio l’assurdità del protagonista che si trasforma in un licantropo. Ben inserito in società. Il film sarà anche un potpourri di temi e cliché cuciti assieme. Con robe che vanno dallo slapstick al filone sportivo, ok? Poteva venire fuori una cagnara assurda e invece funziona. Voglia di vincere è divertente, appassionante e ben realizzato sotto molti aspetti. Magari sarò io che vedo il film in un particolare modo, al pari di come dicevo nelle due righe su Weekend con il morto. Tutto sommato, per me Voglia di vincere è un po’ come quel vecchio paio di jeans sdruciti e strappati. Per quanto rovinati, se a mettere le toppe è un bravo sarto, i difetti magari si noteranno, ma non tanto da essere un cazzotto nell’occhio. Ok, detto questo credo che sia tutto. Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro. Voglia di vincere Titolo originale: Teen Wolf Regia: Rod Daniel Produzione: Thomas Coleman Mark Levinson George W. Perkins Michael Rosenblatt Scott M. Rosenfelt Sceneggiatura: Jeph Loeb Matthew Weisman Starring: Michael J. Fox James Hampton Scott Paulin Susan Ursitti Jerry Levine Jay Tarses Distribuzione: Atlantic Releasing Corporation Data di uscita: 23 Agosto 1985 Navigazione articoli COREY FELDMAN, MITO DEGLI ANNI OTTANTA FRANKENSTEIN JUNIOR, L’IRONIA DELICATA DEI VECCHI HORROR
Al di là della banalità della trama, voglia di vincere rimane piacevole anche perché quelli di una certa generazione sono affezionati alla recitazione di MJF (non so dire se sia stato un grande attore, sicuramente aveva una personale stile di recitazione che piaceva). E un altro aspetto fondamentale è la sceneggiatura liscia e inappuntabile. La sceneggiatura è cosa delicata: meno persone ci mettono le mani, meglio è. E in questo filmetto senza pretese e senza budget uno dei due sceneggiatori è un vero autore di capolavori: Jeph Loeb! Rispondi