Negli ultimi tempi diversi lettori hanno scritto alla redazione di Giornale Pop esprimendo dubbi e timori relativamente alle viti in uso dall’esercito americano, soprattutto nel secondo dopoguerra. Un lettore in particolare scrive: “Già non so dove andare a comprare delle viti affidabili in questo mondo di cinesate, e in più non so mai bene di preciso che viti dovrei prendere, e così il mio piccolo blindato che ho in garage da restaurare resta lì a marcire“. Come tutti sanno, l’acciaio si produce combinando ferro e carbonio, maggiore la quantità di carbonio, migliore la qualità dell’acciaio, fino al punto in cui il carbonio supera una certa percentuale e anziché acciaio vien fuori la ghisa. Ovviamente sostituendo la vite di un blindato è opportuno procurarsi una vite nuova di medesima qualità, non solo per motivi di sicurezza, ma anche per mantenere un minimo di filologicità nel restauro. Ma come capire che viti prendere per sostituirne di rovinate o per metterne di nuove dopo una revisione profonda? Gli americani la sanno lunga quanto a manutenzione e ci vengono in aiuto con un semplice codice di riconoscimento: sulla testa esagonale delle vecchie viti USA sono riportate delle tacche, incise o in rilievo: maggiore il numero delle tacche migliore la vite. Il lettore accorto mi dirà che sì, i tagli li ha visti, ma a che cosa corrispondono? In effetti si potrebbe pensare che costituendosi la NATO, i sistemi di misura statunitensi si sarebbero diffusi anche in Europa, ma così non è stato, probabilmente per via del fatto che in America era ed è in uso ancora il sistema imperiale e in Europa quello decimale, e la continua conversione delle misure avrebbe comportato una inutile confusione. Così lo standard americano SAE J429 relativo a viti, rondelle e bulloni è stato soppiantato in Europa da altre normative come la ISO o la tedesca DIN. È anche da dire che ormai l’identificazione a tacche delle viti è stata perlopiù sostituita da marcature laser o altre più moderne. Ma in ambiti dove non sia necessaria una elevata precisione come nell’industria aerospaziale o dove siano ancora in uso vecchi macchinari, le tacche resistono. Comunque sia, per quei lettori che sono alle prese con ricambi misteriosi ho creato un’agile tabella relativa alle viti con standard SAE così che possano consultare rapidamente i cataloghi delle attuali viti disponibili per ordinare i ricambi. Ricordo che la marcatura a tacche delle viti riguarda solo la loro robustezza e dunque il loro contenuto in carbonio e il loro trattamento termico nonché la presenza o meno di additivi. Poiché i lettori di Giornale Pop si occupano principalmente del restauro e della manutenzione di Jeep e mezzi di trasporto militari o industriali fino a fine anni Cinquanta, propongo la tabella di massima relativa solo alle classificazioni in uso in quel periodo. Nel loro attuale uso residuo, alcune marcature sono state modificate, per esempio le tre tacche oggi identificano tre caratteristiche diverse, individuabili dalla posizione delle tacche stesse sulle viti; tre tacche possono per esempio indicare la presenza di una rondella parte integrante della testa. Ovviamente la normativa SAE J429 è stata spesso aggiornata negli anni I PSI sono la misura della pressione (o trazione) esercitata in libbre per pollice quadrato. Indico solo il punto di snervamento minimo, cioè il limite oltre il quale la vite subisce una deformazione permanente, che in questo contesto è ciò che ci interessa. Marcatura della testa secondo le specifiche SAE Caratteristiche della vite Limite di snervamento in psi (libbre per pollice quadrato) Nessuna marcatura identifica una vite senza particolari caratteristiche, è una vite commerciale di acciaio per uso generico 36.000 Due tacche indicano una vite migliore, ma ancora non destinata a usi specifici* 57.000 Con tre o quattro tacche si entra in un’altra dimensione qualitativa, il contenuto di carbonio è elevato** 92.000 Le viti con cinque o sei tacche sono definite viti in lega, perché sono aggiunti elementi come molibdeno, manganese, nickel e altri che contribuiscono a aumentare la robustezza del metallo e possono arrivare a costituire il 50 per cento del peso 130.000 * Vedo dalle tabelle attuali che le viti a due tacche non sono più presenti. ** Negli anni Cinquanta si faceva riferimento al solo carbonio, anche relativamente alle sei tacche; con le tabelle aggiornate le tre tacche fanno entrare in gioco anche additivi e tempratura. Spero che questo primo articolo rivolto agli hobbisti della metallurgia sarà utile ad alcuni. E che anche i non interesssati cominceranno a guardare con occhi nuovi e ammirati i dettagli della vita quotidiana, piena di perfezioni nascoste nei dettagli più spesso ignorati se non disprezzati. Le immagini delle viti sono tratte dal numero 86, 1960, del meraviglioso periodico “PS Magazine” pubblicato dall’esercito americano e dedicato alla manutenzione degli equipaggiamenti tecnici militari, e il cui direttore artistico era Will Eisner. Andrea Antonini, Berlino Navigazione articoli FUMETTI E INTERNET: CHI È CAUSA DEL SUO MALE PIANGA SE STESSO