Di legno, scoperto nel mezzo, apribile, percorso da una folla brulicante e sospeso sopra un Canal Grande solcato da una moltitudine di gondole. Così il veneziano Vittore Carpaccio ci presenta l’immagine vivida e vera del Ponte di Rialto e del quartiere circostante sul finire del Quattrocento. Se, grazie a una macchina del tempo, potessimo fare un salto all’indietro di circa cinque secoli, passeggiando per quelle calli resteremmo sorpresi nel vederci circondati non da negozi di souvenir, pelletterie o fast food, bensì da decine di botteghe librarie, con la loro mercanzia in bella vista, anche se solo frontespizi per evitare il pericolo di furti. Sì, perché a quei tempi Venezia era la capitale continentale del libro, la città dove si stampavano più della metà dei volumi di tutta Europa e tre quarti di quelli della nostra Penisola. Dopo che Johannes Gutenberg, tra il 1452 e il 1455, aveva inventato e messo a punto a Magonza la tecnica della stampa a caratteri mobili, l’industria del libro si era spostata verso sud, a Venezia, la “megalopoli” che in quegli anni presentava più di tutte le altre le condizioni per farla prosperare. Abbondavano infatti “i sghei” che, dal tedesco “Geld”, erano i quattrini necessari per acquistare la materia prima di ogni ciclo di stampa, cioè la carta, allora rara e carissima perché ottenuta con il lungo processo artigianale della macerazione degli stracci, così ben illustrato dalla visita alle antiche cartiere storiche di Fabriano o Amalfi. Ma costosissimi erano anche i punzoni metallici in cima ai quali si fissavano i caratteri delle varie lettere, realizzati da abili orefici cesellatori, come pure molto elevate le paghe dei mastri stampatori, inchiostratori e semplici addetti al torchio. Tanto denaro serviva pure per l’acquisto dei libri che potevano costare sino a 25-30 ducati a volume, cioè un importo corrispondente alla paga annua di un bravo artigiano. Certo, per commercializzare oggetti tanto preziosi serviva un sistema logistico d’avanguardia a garanzia di una diffusione rapida, efficace e capillare. E quale rete di distribuzione poteva competere con i traffici marittimi della Serenissima, che dall’Arsenale toccavano tutti i porti del Mediterraneo e oltre, sino al Mar Nero? Infine, la linfa vitale del libro è da sempre consistita nella libertà di stampa, allora garantita come in nessun altro Stato di quei tempi dalla liberalità della Repubblica, lontana dalle ingerenze dell’Inquisizione romana, guardata con sospetto proprio per l’opera censoria che attuava sui libri. Ecco dunque perché gli allievi ed emuli di Gutenberg, a iniziare da Johannes Speyer (Giovanni da Spira), già nel 1469 arrivarono in laguna, installandosi in quello che ancora oggi si chiama il “Fontego dei Tedeschi”, una sorta di albergo-magazzino che fungeva da ricovero per gli stranieri provenienti dal Nord Europa. La pubblicazione nel 1470 delle prime cento copie delle “Epistulae ad familiares” di Cicerone, poi ristampate a più riprese, segnò il “big-bang” dell’industria editoriale. In pochi anni aprirono più di 150 tipografie che entro la fine del XV secolo avrebbero stampato circa 4500 titoli, spazianti dai classici greci e latini, ai volumi d’argomento religioso, sino ai libri d’intrattenimento quali “il Canzoniere” del Petrarca, primo vero best seller mondiale stampato in oltre centomila copie, seguito nei primi decenni del Cinquecento da successoni quali “l’Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto, e “il Cortegiano” di Baldassarre Castiglione. Se la culla del nostro sapere risiede nelle copisterie amanuensi dei monasteri medievali, la forza della cultura occidentale discende dalla miriade di botteghe librarie che affollavano le calli di Rialto in quegli anni dorati che, proprio grazie alla diffusione dei libri stampati, segnarono la fioritura del Rinascimento italiano. “Miracolo dell’indemoniato al Ponte di Rialto” di Vittore Carpaccio, 1494-1495. Galleria dell’Accademia, Venezia Navigazione articoli SANTA BARBARA COME UN FUMETTO SEXY TOUSSAINT, LO SCHIAVO CHE DIVENNE PRESIDENTE
Almeno il nome di un editore e tipografo italiano: Aldo Manuzio, che dal 1494 crea i suoi libri stampati a Venezia. Rispondi