Domenica 27 febbraio 1977 alle 20.40 sulla Rete 1 (attuale Rai Uno), va in onda la prima delle due puntate dello sceneggiato: Uova fatali, tratto dal romanzo omonimo del 1924 dello scrittore russo Michail Afanas’evič Bulgàkov, regia e sceneggiatura di Ugo Gregoretti, effetti speciali di Giorgio Ferrari, traduzione di Maria Olsufieva, scene e costumi di Eugenio Guglielminetti, musiche di Fiorenzo Carpi. Le riprese sono state realizzate nello Studio 1 di Torino, utilizzando anche la tecnica cosiddetta “chroma-key” (che si usa per sostituire lo sfondo di un video). La seconda parte fu trasmessa la domenica successiva, 6 marzo; ci fu poi una terza puntata in cui si mostrarono i trucchi, gli effetti speciali e le fasi di montaggio, andata in onda martedì 8 marzo con il titolo: I segreti delle “Uova fatali”, diretta dall’assistente alla regia Marisa Carena Dapino. All’interno dello sceneggiato, Gregoretti ha inserito anche delle scene tratte da un film-documentario del 1929 del regista russo Dziga Vertov, pseudonimo di David Abelevič Kaufman, dal titolo: L’uomo con la macchina da presa, in cui un uomo con una cinepresa riprende le attività delle persone per le strade della città durante l’arco di una giornata. I protagonisti di Uova fatali sono Gastone Moschin (Vladimir Ipat’evic Persikov), Mario Brusa (prof. Ivanov), Santo Versace (Pankrat), Bruno Alessandro (Aleksandr Semënovič Rokk), Alessandro Haber (Alfred Arcadievic Bronskij), Ilse Manfrino (Mar’ja Stepanovna), Luigi Palchetti (Stepanov), Bob Marchese (plenipotenziario), Wilma D’Eusebio (Manja), Angelo Bertolotti e Gianni Moretti (i due ubriachi), Rosalba Bongiovanni (la donna imbellettata), Tonino Bertorelli (Angelo), Alberto Marché (Bassotto), Renzo Lori (Vasenka), Ferruccio Casacci (Bombetta), Vittoria Lottero (vedova Drozdov), Luisa Sanfilippo (Matrena), Giovanni Conforti (Padre Sergej), Carla Bonello (Dunja), Franco Bergesio (l’autista), Alfredo Dari (il guardiano), Franco Vaccaro (Gozzo di Caprone), Giorgio Molino e Ottavio Marcelli (i due pagliacci), Michele Renzullo (Scukin), Franco Olivero (Polajtis), Ugo Gregoretti (il narratore). Il racconto è ambientato in un “fantastico” 1928 a Mosca, in una città piena di luci colorate, auto sfreccianti, teatri, una folla vestita alla moda e sempre in movimento. Siamo in una notte d’aprile, all’Istituto zootecnico di Mosca il professore di zoologia, nonché direttore dell’Istituto, Vladimir Ipatevic Persikov, scopre un “raggio rosso” (ricavato per un caso fortuito da una lampada) che moltiplica la capacità riproduttiva delle cellule, nonché la loro “aggressività”: se ne accorge al microscopio mentre sta osservando delle amebe. L’assistente Ivanov costruisce un marchingegno per produrre un raggio più grande e lo sperimentano su alcuni girini che, in breve, riempiono il laboratorio di tante rane, per la disperazione non solo del professore e del suo assistente, ma anche di Pankrat, il “tuttofare” dell’Istituto. Come effetto collaterale, c’è un inusuale “ingrandimento” di una di queste rane… L’incredibile scoperta arriva alle “orecchie” del giornalista Bronskij, che si fionda a intervistare il professore, il quale non è per niente contento della pubblicità ottenuta, ma ormai la notizia si diffonde e sui giornali si parla già di “raggio della nuova vita!”. Persikov riceve la visita del “plenipotenziario della sezione commerciale delle rappresentanze estere presso le Repubbliche sovietiche”, che prova a “comprargli” la mirabolante scoperta per conto di uno stato estero. Dopo averlo scacciato, prontamente ne fa denuncia alle autorità, le quali assicurano stretta collaborazione, grazie alla quale si passa a costruire un macchinario ancora più grande. Nel frattempo, nella cittadina di Steklovsk, scoppia una peste aviaria che stermina tutti i polli diffondendosi ovunque. Alexander Rokk, ex flautista ora direttore del sovchoz (azienda agricola statale) denominato “Raggio Rosso”, si presenta all’Istituto per sfruttare la nuova scoperta alfine di rimediare alla penuria di pollame. Il professor Persikov si oppone con veemenza, non avendo ancora sperimentato a dovere tutti gli effetti del raggio, ma deve piegarsi agli ordini superiori e i nuovi macchinari sono quindi requisiti. Per un errore “fatale”, al posto delle uova di gallina provenienti dall’estero, alla villa di Rokk vengono consegnate le uova di rettili che erano destinate ai nuovi esperimenti di Persikov, che li aspettava insieme al suo assistente Ivanov. Pertanto gli animali che escono fuori dall’allevamento impiantato da Rokk diventano mostri giganteschi. A farne per primo le spese è proprio Rokk, che incappa in un serpente enorme. Prova a distrarlo suonando il flauto, ma poi arriva sua moglie Manja che, terrorizzata alla vista del mostruoso animale, si mette a urlare, e il serpentone non ci pensa troppo a divorarla. Rokk trova la forza per scappare e si reca al posto più vicino di polizia per chiedere aiuto. Due poliziotti si dirigono nel sovchoz per controllare, e nella serra trovano un sacco di serpenti giganti, più un’iguana mastodontica che li divora. Le enormi bestie, seminando morte e distruzione, cercano di entrare nella capitale dove i cittadini, in preda al panico, si affannano per raggiungere le stazioni ferroviarie o salire sugli autobus. Il governo le affronta con esercito, carri armati, gas lanciato dagli aerei, ma la marea dei rettili sembra inarrestabile anche perché continuano a deporre velocemente uova, da cui fuoriescono nuove “truppe bestiali”. La gente, esasperata e terrorizzata, sfoga la rabbia contro l’Istituto di zoologia, ritenuto principale responsabile della catastrofe in atto. A farne le spese è prima Pankrat poi Persikov, travolti dalla folla inferocita, che a stento le guardie provano a trattenere. A salvare tutti arriva un’improvvisa e incredibile ondata di gelo (nonostante sia il mese di agosto…), con punte di 18° gradi sotto zero. Grazie a quelle giornate di gelo, oltre alle lotte tra di essi, i rettili vengono sterminati. Le epidemie, che scoppiano successivamente, vengono debellate a costo di ulteriori sacrifici, e si torna finalmente alla normalità solo nella primavera del 1929. Il vecchio Istituto di zoologia, distrutto dall’incendio provocato dai rivoltosi, viene ricostruito e affidato al libero docente Ivanov, che invano cerca di riottenere il famoso “raggio rosso”… I due mostri più rappresentativi dello sceneggiato, l’iguana e il serpente, furono riutilizzati per il programma musicale Arrivano i mostri, trasmesso da giovedì 22 settembre 1977 sulla Rete 1 alle 20.40 per 4 puntate, a cura di Sergio Giordani, Luigi Turolla, Enrico Tovaglieri e Luciano Gigante; direzione Musicale di Piergiorgio Farina e Angel Pocho Gatti; regia di Luigi Turolla, Leandro Castellani e Sergio Giordani. I “nuovi Brutos” (non erano la storica formazione originale…) interpretavano i proprietari di un un circo a due piste: in una si esibivano i “mostri”, nell’altra c’erano i numeri musicali. Cochi Ponzoni era il domatore dei “bestioni”, Lino Banfi interpretava un gelataio, Stella Carnacina era la vedette, e c’erano anche gli interventi di Walter Valdi, Demis Roussos, e della ballerina brasiliana Zula. Come ospiti intervennero in due puntate il gruppo musicale dei Rockets, e poi c’erano danzatori, clown e altri personaggi noti. Per rendere lo spettacolo appetitoso agli amanti del brivido, erano stati “assoldati” i due mostri dello sceneggiato, che però erano ora mansueti e venivano addirittura apprezzati dai bambini. Informazioni e dati ricavati dal “Radiocorriere Tv”. Navigazione articoli LA BELLA OTERO ARRIVA “RADIOGIORNALE POP”, IL PROGRAMMA CON SAURO