“Venga a prendere un caffè… da noi” è un film del 1970 diretto dal regista Alberto Lattuada, tratto dal romanzo “La spartizione” di Piero Chiara. Il film racconta di un invalido, Emerenziano Paronzini, che dopo aver combattuto, durante la Seconda guerra mondiale sul fronte grecoalbanese, diventa un impiegato dell’Agenzia delle Entrate. Emerenziano Paronzini è interpretato dall’attore cremonese Ugo Tognazzi, all’epoca al vertice delle sua popolarità. Ugo Tognazzi Ugo Tognazzi aveva iniziato nel varietà per poi debuttare felicemente in televisione con la trasmissione “Un due tre”, dal 1954 al 1959 in coppia con Raimondo Vianello. Formavano un duo comico affiatato. Raimondo Vianello, con il suo stile raffinato un po’ all’inglese, faceva da spalla a Tognazzi. In seguito all’imitazione del comportamento del presidente della repubblica Gronchi, che per fare un gesto di galanteria a una signora era caduto a terra perché gli era stata sottratta la sedia senza che se ne accorgesse, i due comici erano stati licenziati in tronco insieme al dirigente della Rai regionale da cui dipendeva la trasmissione. Tognazzi si dedicò al cinema e Vianello alla televisione con la moglie Sandra Mondaini. I telefoni bianchi Inizialmente Tognazzi interpretò piccoli film farseschi insieme a Raimondo Vianello e ad altri comici. In quel periodo storico (anni cinquanta) l’Italia era appena uscita dalla guerra e dal fascismo, in cui avevano dominato i film dei “telefoni bianchi”. In tutte le case della gente normale, coloro che possedevano un telefono lo avevano di bachelite, nero, appeso al muro. Era il tipo di apparecchio più economico. Tuttavia si potevano noleggiare degli apparecchi più costosi di colore bianco che, di solito, erano appannaggio della borghesia. Nei film del ventennio gli apparecchi telefonici erano bianchi proprio per dare l’impressione di una società benestante, quindi quel tipo di cinema venne chiamato dei “telefoni bianchi”. Il cinema del ventennio Il cinema, durante il fascismo, temeva di incorrere negli strali della censura e, quindi, cercava di dare l’impressione di un paese moderno, redento dall’amore del lavoro. In realtà l’Italia era un paese povero e arretrato, e gli italiani erano in buona parte analfabeti. Il neo realismo al cinema (1943-1955) Nel 1943 con il film “Ossessione” di Luchino Visconti ha inizio il filone detto del neorealismo. Due registi italiani, cioè Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, erano andati a fare l’apprendistato in Francia come aiuto registi presso grandi registi francesi. I film dei “telefoni bianchi” non rispondevano più, se mai avevano risposto, alla situazione italiana, non fotografavano, se mai avevano fotografato, un paese dolente, povero, terrorizzato dalla guerra e dalla fame. Il cinema nel “ventennio” e durante la Seconda guerra mondiale Mio padre e mia madre avevano un abbonamento al cinema che era un benefit Fiat. Erano grandi appassionati di cinema e frequentavano la sala di un cinema del quartiere dove vivevano e da cui poi dovettero allontanarsi quando la loro casa fu bombardata. Adoravano i film americani, quelli che ancora arrivavano in Italia, ma anche i film dei “telefoni bianchi” perché andare al cinema era anche un po’ sognare. Non c’era ancora la televisione. Avevano visto i film di Shirley Temple, la bambina prodigio detta Riccioli d’oro. Mia madre mi parlava con tristezza dei due attori, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, che erano stati uccisi dai partigiani della brigata Pasubio perché sospettati di essere dei collaborazionisti. Tognazzi voleva fare qualcosa in più delle solite farse Raimondo Vianello racconta che quando si accingeva a girare “Io e il federale” (che poi diventò “Il federale”, del 1961), Ugo Tognazzi gli disse che voleva fare un’opera più seria, più profonda. Evidentemente la lezione del neorealismo aveva colpito anche lui. I film neorealisti avevano come protagonisti i contadini, gli operai. Spesso gli attori erano presi dalla strada e recitavano se stessi. Proprio con “Il federale” inizia il lungo cammino di Ugo Tognazzi verso una recitazione più profonda, più consapevole. Dice Paolo Villaggio che Ugo non aveva sovrastrutture, era un uomo schietto mentre Paolo Villaggio diceva di se stesso di essere furbo. Ugo non era furbo. Commedia all’italiana «La commedia all’italiana è questo: trattare con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici. È questo che distingue la commedia all’italiana da tutte le altre commedie…». (Mario Monicelli) Con “I soliti ignoti”, del 1958, il regista Mario Monicelli apre la stagione della commedia all’italiana. Ugo Tognazzi non è uno degli interpreti de “I soliti ignoti”, ma sarà comunque uno dei protagonisti della commedia all’italiana. Alberto Lattuada “Venga a prendere il caffè… da noi” è un film di Alberto Lattuada, un regista lombardo appassionaro di arte, fotografia e letteratura. Molto attento e preciso, il suo stile era detto calligrafico. Amava trasferire un racconto sullo schermo. Piero Chiara “Venga a prendere un caffè da… noi” è l’adattamento del racconto “La Spartizione” di Piero Chiara. Piero Chiara era nato a Luino, sul lago Maggiore, perché il padre si era trasferito dalla Sicilia per fare il doganiere. Adorava la letteratura ma aveva difficoltà a tenersi un lavoro stabile anche se aveva collaborato come aiutante di cancelleria della pretura di Pontebba, in Val Canale. Scrisse molti racconti di successo ambientati in quel mondo provinciale e chiuso che conosceva bene. La rivoluzione sessuale Alla fine degli anni sessanta c’era stata una rivoluzione sessuale. Dal mondo chiuso tipico del periodo del fascismo si era passati a una società che non vedeva l’ora di accedere ai piaceri del sesso. Il romanzo è ambientato nel periodo del fascismo, mentre il film è più o meno contemporaneo al momento in cui venne girato. Nel libro, Emerenziano Paronzini (il personaggio interpretato da Tognazzi) è un eroe invalido della Prima guerra mondiale, fascista, mentre nel film Emerenziano è un invalido della Seconda guerra mondiale. L’impiegato dell’Agenzia delle Entrate è un grande e attento lettore di Paolo Mantegazza (Fisiologia del piacere) e decide di trovarsi una moglie benestante per farsi mantenere. Non vuole diventare un padre di famiglia, non vuole avere figli, non desidera assumersi nessuna responsabilità. Pensa di realizzare il suo sogno impalmando la maggiore delle tre sorelle Tettamanzi, ricche ereditiere di mezza età rimaste orfane. Le tre sorelle non sono avvenenti, né particolarmente intelligenti, né volitive. Emerenziano pensa che gli potrebbero garantire le tre C: carezze, caldo, comodo. Dopo il matrimonio Dopo il matrimonio con Fortunata (la sorella maggiore), Emerenziano ritorna alla villa sul lago Maggiore. La sposa è un po’ acciaccata perché il film lascia intendere che lo sposo l’abbia spossata con la sua potenza sessuale. A questo punto Emerenziano Paronzini pensa di intrattenersi con le altre due sorelle. I congiungimenti carnali non sembrano degli stupri e le sorelle paiono non dico desiderare ma accettare di buon grado che il cognato si congiunga con loro. Il film riesce a lasciare tutto nel vago. L’ictus Emerenziano Paronzini approfitta del suo ruolo fino a pensare di unirsi alla cameriera che nel film è una ragazza giovane e carina. Ma evidentemente la sontuosa dieta a cui lo hanno sottoposto le tre sorelle ha intasato le arterie di Emerenziano che viene colpito da un ictus. Resterà in carrozzina servito e riverito dalle sorelle. Tognazzi attore Il personaggio di Emerenziano Paronzini calza a pennello all’attore cremonese. La recitazione è contenuta e Tognazzi, con pochi tratti, senza gigioneggiare, riesce a rendere credibile il personaggio. Forse interpreta anche un’aspirazione diffusa all’epoca: il sesso come semplice consumo, come ginnastica senza implicazioni morali dopo secoli di prediche perbeniste. Molte italiane avevano seguito il motto: “Non lo fo per piacer mio ma per dare un figlio a Dio”, ma negli anni settanta erano decisamente cambiati i tempi. Nel 1974 gli italiani voteranno a favore del divorzio rimarcando l’avvenuto scollamento del popolo dal cattolicesimo. Titolo originale Venga a prendere il caffè… da noi Paese di produzione Italia Anno 1970 Durata 95 min Genere commedia Regia Alberto Lattuada Soggetto Piero Chiara (romanzo) Sceneggiatura Alberto Lattuada, Adriano Baracco, Tullio Kezich e Piero Chiara Produttore Maurizio Lodi-Fè Casa di produzione Mars Film Produzione Distribuzione in italiano Paramount Fotografia Lamberto Caimi Montaggio Sergio Montanari Musiche Fred Bongusto Scenografia Vincenzo Del Prato Costumi Dario Cecchi Trucco Eligio Trani Interpreti e personaggi Francesca Romana Coluzzi: Tarsilla Tettamanzi Ugo Tognazzi: Emerenziano Paronzini Milena Vukotic: Camilla Tettamanzi Angela Goodwin: Fortunata Tettamanzi Jean Jacques Fourgeaud: Paolino Valentine: Caterina, la cameriera Checco Rissone: Mansueto Tettamanzi, il padre delle sorelle Piero Chiara: Pozzi Nazzareno Natale: garzone Carla Mancini: studentessa Alberto Lattuada: Raggi, il dottore Antonio Piovanelli: Don Casimiro Navigazione articoli IL PRIGIONIERO: LIBERTÀ O CONTROLLO? LE NUOVE SERIE GIAPPONESI IN ITALIA NEL 1988
Ottimo film, girato dal bravo Lattuada a Luino, Cuvio e dintorni, che secondo me ha qualche valore in più grazie al personaggio di Emerenziano Paronzini (che in un primo momento avrebbe dovuto interpretare Marcello Mastroianni!) perfettamente reso sullo schermo da Tognazzi, epitomizza cioè una classica figura “negativa” tutta italiana, purtroppo incontrabile spesso nella vita di tutti i giorni, in particolare in provincia: il (finto) “uomo di mondo”, sedicente “mentore” provinciale, che si atteggia a maestro di vita e si permette pure di darti opinabilissime “lezioni di vita” (quando in realtà è un uomo meschino, un fallito che si atteggia a vincente). Almeno, io ho sempre visto così il personaggio del Paronzini… Rispondi
Però un personaggio vivo che potremmo incontrare dietro l’angolo di qualsiasi paese di provincia…Che cosa si può chiedere di più ad un attore? Rispondi