Il 18 settembre 2024 si è spento, all’età di 59 anni, Totò Schillaci, l’eroe delle notti magiche di “Italia 90”. Il calciatore, venuto dalla gavetta, ha portato l’Italia calcistica a sfiorare il titolo di Campione del Mondo.

Nonostante abbia avuto una carriera ad alti livelli piuttosto breve (appena 4 stagioni e mezza in serie A con 37 gol all’attivo) il suo exploit ai Mondiali lo ha reso un’icona calcistica, conosciuta amata e rispettata in tutto il mondo.

La ragione di questa notorietà per l’attaccante siciliano è dovuta probabilmente al fatto che la sua storia ricorda davvero una favola, un film: il piccolo underdog che ha la grande occasione e incanta il mondo. Alla gente piacciono le storie di rivalsa, e l’ascesa di Totò ricorda molto quella di un famoso eroe cinematografico: il pugile Rocky Balboa.

 

DALLA STRADA ALLA CORSA PER IL TITOLO MONDIALE

La storia di Rocky, ideato e interpretato da Sylvester Stallone, è conosciuta in tutto il mondo. Rocky Balboa è un pugile italoamericano di Philadelphia, che sbarca il lunario tra incontri di boxe e riscuotendo i crediti per uno strozzino locale. Conduce una vita modesta e non sembra avere un grande futuro. Il suo unico amico pare essere Paulie Pennino, un altro squattrinato che lavora in una macelleria, di cui corteggia la sorella, la timida e riservata Adriana.

A Rocky viene concessa un’opportunità incredibile: il campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed, rimasto a corto di sfidanti, vuole dare ad uno sconosciuto la possibilità di vincere il titolo mondiale. Rocky viene scelto per una pura mossa pubblicitaria… l’incontro si terrà per festeggiare il bicentenario della nascita degli Stati Uniti (il film è del 1976) e lui è stato selezionato per la sua origine italiana, dato che l’America fu scoperta da un italiano.

Il ragazzo, rincuorato dal venir corrisposto da Adriana e aver riallacciato i rapporti con il suo vecchio allenatore Mickey, si allena come non mai, con una dedizione spaventosa, facendosi trovare in condizioni eccellenti la sera dell’incontro.

Quella che doveva essere una semplice esibizione si rivela il match più duro mai affrontato da Apollo, che non riesce a mandare definitivamente al tappeto Rocky, il quale continua a rialzarsi caparbiamente nonostante i colpi subiti. L’incontro verrà assegnato ai punti ad Apollo Creed, ma la folla è tutta per Rocky, lo sconosciuto che per una sera ha saputo battersi alla pari con il campione.

 

La storia di Totò Schillaci è simile: cresciuto nel quartiere popolare del Cep, a Palermo, Totò si ritrova in condizioni economiche poco agiate, dividendosi tra il campo di pallone e i lavoretti più umili, come il gommista. Viene acquistato giovanissimo dal Messina, dove poco a poco conquista la maglia da titolare e a furia di gol lo guida a salire di categoria, dalla serie C2 alla C1 e poi in serie B. Qui sotto la guida di Franco Scoglio prima e di Zdenek Zeman dopo, segna gol a grappoli, mettendosi in mostra come uno dei giocatori più interessanti della serie cadetta.

Le sue performance convincono la Juventus ad acquistarlo e ad affidargli l’attacco per la stagione 1989/90. A 25 anni Totò esordisce in serie A, agli ordini di un’icona del nostro calcio come Dino Zoff.

Schillaci è un atleta normodotato, non un gigante fisicamente o particolarmente veloce, ma è una punta molto dinamica, reattiva, con una buona tecnica, in grado di fare gol non solo dentro l’area, grazie alle sue doti di opportunista, ma anche da fuori, grazie a un tiro potente con cui marca reti anche su punizione.

Alla fine dell’anno, saranno ben 15 i gol in campionato – su 30 presenze, e senza rigori – a cui vanno aggiunte altre 6 marcature tra coppa Italia e coppa Uefa, entrambe vinte dalla Juventus grazie anche al contributo del loro neo attaccante.

Una stagione incredibile, ancora più straordinaria se consideriamo che a realizzarla è stato un giocatore che fino all’anno prima militava in serie B.

Questa performance gli vale un posto tra i 22 che disputeranno i mondiali casalinghi di Italia 90: il ct Azeglio Vicini sembrava orientato a convocare il mediano del Napoli Luca Fusi, ma vedendo la fatica degli azzurri nel fare gol durante le ultime amichevoli, decide di usare un sesto attaccante.

Totò dunque si aggiudica l’ultimo posto disponibile per il Mondiale: nel giro di un anno solare si è ritrovato dall’indossare la maglia del Messina a quella della Nazionale. Già così sarebbe una bella storia da raccontare, ma il destino ha in serbo molto altro per Totò.

Nel match d’esordio contro l’Austria a Roma, l’Italia gioca bene ma non segna; al 15 minuti dalla fine Vicini manda in campo Totò al posto di Carnevale, e al primo pallone utile, su cross di Vialli, segna di testa il gol che vale la vittoria per l’Italia.

Totò a poco si prenderà la scena, scalzando Vialli del centro dell’attacco e diventando la stella del Mondiale: il piccolo siciliano di umili origini, che arriva dalla gavetta, si ripete con Cecoslovacchia, Uruguay ed Eire, portando l’Italia in semifinale contro l’Argentina di Diego Armando Maradona.

Segnerà anche in quella partita, ma come Rocky ha dovuto cedere contro Apollo, Totò dovrà farlo con Maradona: sarà infatti Diego a vincere ai rigori e ad andare in finale. Per l’Italia alla fine sarà soltanto terzo posto.

Totò però sarà al centro del mondo: come Rocky pur sconfitto nel risultato è il vincitore morale del torneo, capocannoniere e miglior giocatore, uomo immagine dell’Italia e del torneo in generale, grazie ai suoi gol, alla sua storia e a quell’espressione genuina in occasione di un’esultanza o di una contestazione arbitrale.

 

DALLE STELLE ALLE STALLE

Il risveglio però si rivela più duro del previsto. La prima stagione in bianconero post mondiale si rivela assai amara per Schillaci, proprio come l’inizio di Rocky 2, sequel del fortunato primo film.

Rocky, infatti, si sposa con Adriana e decide di mettere su famiglia, ma a causa delle ferite all’occhio riportate dopo il match pare costretto a ritirarsi. La vita senza la boxe per lui non è facile: a causa della sua istruzione precaria non riesce a sfondare come testimonial per gli spot televisivi, e non riesce a trovare un lavoro come impiegato. Deve ripiegare come operaio in un centro carni, ma anche da lì viene licenziato, causa riduzione del personale. A queste difficoltà si aggiunge anche una campagna denigratoria da parte di Apollo Creed, che cerca di provocarlo affinché accetti una rivincita. Il campione infatti si sente insoddisfatto per essere andato così vicino alla sconfitta a causa di uno sconosciuto, e vuole un nuovo match per dimostrare al mondo – e a sé stesso – che la prima volta è stato solo un caso.

Per Schillaci le cose vanno altrettanto storte. Pronti-via, la sua Juve perde la super coppa italiana contro il Napoli per ben 5 a 1 e in campionato non riesce a trovare regolarmente la via della rete. A Torino pare non si sia ambientato. A causa della discriminazione territoriale viene preso di mira, anche da alcuni tifosi per via del suo rendimento altalenante. A novembre del 1990 poi, dopo un brutto litigio con un avversario, il giocatore del Bologna Fabio Poli, in un momento di rabbia urla “ti faccio sparare in bocca” (alludendo, infondatamente, a conoscenze mafiose). Anche la stampa inizia a criticarlo.

Totò inizia a venire preso di mira in ogni stadio con cori offensivi nei suoi confronti. Lui, che solo pochi mesi prima era stato l’eroe della Nazione, ora è oggetto di ostilità in ogni stadio in cui gioca.

Al suo secondo anno alla Juve chiude con un misero 7 posto e le reti sono solo 5 in campionato.

Non va molto meglio neppure l’anno dopo, con l’arrivo di Giovanni Trapattoni in panchina con il quale pare non esserci feeling, con l’allenatore che arriva addirittura a dirgli “avete ammazzato Falcone” come se Totò avesse qualche responsabilità (e Trapattoni dimentica che anche il giudice Falcone era un siciliano di Palermo).

Il 1992 non si conclude in modo migliore per Totò, con uno score di soli 6 gol e un feeling con la città di Torino non più ritrovato.

 

TOTÒ SCHILLACCI – L’ANTI ROCKY

Se fino al 1992 le analogie tra l’attaccante siciliano e il pugile creato da Sylvester Stallone sono tante, le strade dei due prendono direzioni opposte ed inverse.

Rocky infatti supera il momento di crisi grazie al supporto dell’amata moglie; con il suo consenso e il suo sostegno lo “Stallone Italiano” riprende ad allenarsi con costanza sotto la guida di Mickey, accettando la sfida di Apollo rafforzandosi ulteriormente. Sarà un altro match cruento, ma stavolta, riuscendo ad alzarsi un secondo prima dell’avversario, sarà Rocky a vincere, alzando la cintura da campione e prendendosi una rivincita contro Apollo ma soprattutto sulla vita.

Rocky è un film di buoni sentimenti e lieto fine, la vita reale invece spesso non lo è. Per Schillaci infatti le cose vanno diversamente; il suo matrimonio è tutt’altro che idilliaco, e invece di spronarlo a dare il meglio incide negativamente sul suo già precario stato nervoso.

Il matrimonio in crisi diventa una delle molteplici ragioni per cui Schillaci lascia la Juventus, che al suo posto acquista Gianluca Vialli, suo ex compagno a cui aveva rubato la scena ai Mondiali.

L’Italia inoltre fallisce la qualificazione a Euro 92 e Schillaci e gli Azzurri sono costretti a vedere il torneo da casa.

Schillaci allora si accasa all’Inter per la stagione 1992/93, in attesa di quella rivincita che però non arriverà mai. Anche a Milano il suo rendimento non è migliore che a Torino, complici anche qualche infortunio di troppo e il turnover; solo 7 le reti all’attivo, sicuramente al di sotto delle attese.

L’anno dopo, il 1994, è l’anno dei mondiali in America, e una sua partecipazione potrebbe garantirgli la possibilità di aggiudicarsi quel trofeo sfuggitogli quattro anni prima. L’annata non è delle migliori per l’Inter, ma ad aprile a Schillaci viene davvero fatta una proposta che non si può rifiutare: dal Giappone gli fanno un’offerta spropositata per andare a giocare nella loro lega indossando la casacca del Jubilo Iwata.

A 30 anni e con numerosi acciacchi, con alle spalle tre stagioni dal rendimento insoddisfacente, Totò sa che è l’ultima occasione nella sua vita per firmare un contratto tanto vantaggioso. Per l’ex ragazzo cresciuto nel Cep di Palermo è un’occasione unica, anche se significherebbe perdere ogni speranza di venire convocato per i Mondiali.

Così mentre Rocky si prende il mondo, Schillaci inizia una parabola discendente inattesa, uscendo dal grande calcio e andando ad accasarsi dall’altra parte del mondo, dove rimane per quattro stagioni.

Una carriera assai modesta rispetto alle aspettative, ma che rimarrà legata a quell’estate magica, rimasta impressa nella storia del calcio, quando il piccolo proletario conquistava la ribalta della competizione calcistica più prestigiosa.

 

 

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