Numero 3641 del 3 settembre – Copertina di Ivan Bigarella, che festeggia il 95esimo anniversario della creazione di Pluto (e quindi il suo passaggio nel “public domain”, anche se nessuno lo dice): il cane di Topolino è circondato da tutta la sua “famiglia”, cioè Topolino, Minni e Pippo, e naturalmente da regali (fra cui spicca un osso gigantesco) e palloncini. L’immagine è bella e molto “mossa”, con una buona profondità che esalta ancora di più la miriade di palloncini e stelle filanti sullo sfondo, ma non contiene alcun riferimento alla storia, davvero speciale, che la rivista presenta in questo numero per festeggiare una ricorrenza così importante. L’impressione è solo quella di una foto, forse di un quadro, bello ma fine a sé stesso. Si poteva, e forse si doveva, osare un po’ di più, anche se Pluto raramente è fra i protagonisti delle storie disneyane. – L’amico invisibile, di Francesco Artibani e Lorenzo Pastrovicchio: per celebrare il 95esimo anniversario della prima apparizione di Pluto, Artibani tira fuori dal suo cappello una storia “vintage”, che vede il Topolino classico, quello in calzoncini corti e rossi, e senza pupille, muoversi sullo sfondo di una vicenda il cui protagonista assoluto è il suo cane, in compagnia di una pulce che vive con lui e che, ovviamente, non vuole saperne di fare il bagno al quale il suo ospite è fatalmente destinato. Cane e pulce scappano da casa e salgono su un treno “per Parigi”, in realtà un merci che non si muove da Topolinia durante il loro breve pisolino pomeridiano: al loro risveglio la pulce cerca invano di convincere Pluto che i quadri degli artisti da strada sono esposti al Louvre, e che anche Pippo è “in vacanza” in Francia. Chiarito l’equivoco, i due tornano a casa e inseguono un gattino sperduto del quale si sta occupando Topolino: in realtà è il gatto della vicina, rimasta chiusa in cantina dal giorno prima. Ovviamente questa verrà salvata da Topolino grazie alla collaborazione tra cane, gatto e pulce, e alla fine della storia quest’ultima scoprirà che farsi il bagno non è un’esperienza così terribile. Senza il minimo dubbio Artibani, ormai uno sceneggiatore (e non sono molti) sul quale si può contare ad occhi chiusi, ha creato un piccolo capolavoro, e se da un lato non si può che essere felici di averlo letto, dall’altro torna a galla il mai sopito rimpianto per le trasformazioni subite da Topolino nel corso degli anni, tutte motivate da scelte commerciali più o meno sbagliate, e che alla lunga lo hanno imborghesito, rendendolo un personaggio prigioniero di mille cliché e destinato a recitare sempre lo stesso copione. Rivedere la sua versione originale è straniante, in parte commovente, anche perché il lavoro fatto da Lorenzo Pastrovicchio ai disegni è davvero superbo, con un tratto che – pur riprendendo la vecchia grafica di Topolino e di altri personaggi, come Pippo, Gambadilegno e molte comparse – ha un pizzico di modernità, un pizzico che da solo è capace di rendere attuali i personaggi senza doverne stravolgere le caratteristiche come fece a suo tempo il loro creatore, lo stesso Walt Disney. Il solo disappunto è quello di non aver visto il Topo impegnato in una storia di quelle “importanti”, da protagonista assoluto, senza dover fare soltanto da spalla al suo animale domestico. Si temeva forse un successo tale da mettere in crisi le linee guida della casa madre e le sue scelte commerciali? Il Topolino “classico”, eppure moderno, di Pastrovicchio, qui in compagnia dei tre animali protagonisti della storia – Consulenti finanziari, di Giovanni Eccher e Marco Mazzarello: Amelia, respinta dalle difese del deposito, incontra Filo Sganga, che le propone una società: i poteri magici della strega faranno fruttare i suoi (di solito) sballati investimenti. La società sembra funzionare, con i due “affaristi” che, accolti nel club dei miliardari, fanno affari anche con Rockerduck. Alla fine persino Paperone si convince, li invita nel deposito… e scatta la trappola di Amelia, che coglie di sorpresa anche Sganga: gli affari andati a buon fine erano solo banali truffe, e il suo scopo era sempre stato quello di rubare la Numero Uno. Ma Paperone, più furbo, aveva capito tutto e sconfigge nuovamente Amelia. – Destinazione Bosonia!, di Giovanni Barbieri e Cristian Canfailla: nuova storia della serie “In science we trust”, che vede collaborare Enigm, Atomino Bip-Bip, Zapotec e Marlin dopo un guasto alla macchina del tempo. Questa è stata infine riparata e Marlin decide di collaudarla riportando tutti indietro, solo di pochi giorni, a Bosonia (in Irlanda), dove assisteranno ad un congresso scientifico. Il distratto Marlin compie un errore, e gli scienziati si ritrovano sì a Bosonia, ma nel 1830, e devono sfuggire agli abitanti del luogo che li credono spiriti maligni. L’incidente non rimarrà senza conseguenze, come il quartetto scoprirà una volta arrivato nell’anno giusto al famoso congresso… – Il giorno degli aquiloni sbagliati, di Roberto Gagnor e Francesco Guerrini: Paperoga, come molti altri paperopolesi, cerca di far volare i suoi aquiloni, possibilmente sulla collina del deposito (dove soffiano i venti migliori e dove Paperone ne approfitta per riscuotere il “pedaggio”). Ma i suoi aquiloni (ben poco aerodinamici) cadono sempre, e diventano così tanti che alla fine Paperoga ha un’idea: farli volare tutti insieme dopo averli riparati in qualche modo, così da dare anche a loro una “soddisfazione” (è decisivo l’aiuto di Archimede, che li sostiene col vento prodotto da una sua invenzione). L’idea funziona, e a Paperopoli viene proclamato “Il giorno degli aquiloni sbagliati”. – L’isola perduta, di Cat/Pat Mgreal e Giorgio Cavazzano: storia di produzione danese anche se disegnata dal nostro Cavazzano, e che vede protagoniste alcune Giovani Marmotte (cinque in tutto, inclusi Qui, Quo e Qua), naufragate su un’isola dove sopravvivono molti dinosauri. Questi sono docili, custoditi da uno scienziato che vive sull’isola dopo esservi naufragato anni prima e che dedica il suo tempo a proteggerli. Dopo aver capito che non vi sono pericoli, le Marmotte lo convincono a tornare con loro a Paperopoli: il suo posto verrà preso dal capitano della nave che li ha salvati dal naufragio e che, dopo un’iniziale diffidenza, si è affezionato a sua volta ai dinosauri. Numero 3642 del 10 settembre – Copertina di Paolo Mottura, ispirata alla storia principale del numero, quella che vede il ritorno del sorprendente “Pippo Holmes”, parodia del celebre investigatore, e che in questa occasione si cimenta col mastino, o meglio gattino, dei Ba(u)skerville. Mottura fa tutto il possibile per dare a questa copertina un’aria spettrale e un’atmosfera sinistra ed inquietante, giocando sulle espressioni spaventate dei due protagonisti e sulla “ferocia” che emana dal gattino del titolo (oltretutto fosforescente). Le tenebre e una luce smorta, sinistra, giallastra, completano il quadro… ma si fatica a prendere sul serio la minaccia che il gattino dovrebbe rappresentare. Non è certo colpa di Mottura, che ha fatto del suo meglio per convincere il lettore! – Il gattino dei Bauskerville, di Bruno Enna e Paolo Mottura: Pippo Holmes, coadiuvato dal suo fido assistente, il dottor Topson, accetta di indagare sulla maledizione che perseguita i Bauskerville. Sir Charles, allergico ai gatti come tutti i suoi antenati a partire da un certo sir Hugo, la cui avidità ha dato origine a questa maledizione, è infatti scomparso, e nel luogo dove si sono perse le sue tracce sono state trovate le impronte di un… felino! Ora il suo erede, sir Henry, rischia di fare la stessa fine, e quindi serve l’aiuto del grande investigatore… ogni appassionato riconoscerà a prima vista la parte iniziale del più famoso romanzo con Sherlock Holmes. E il bello è che Enna riesce, sia pure con sforzi incredibili ed escamotage paradossali, a mantenersi fedele al romanzo: naturalmente tutti i punti più drammatici sono stati modificati, come il mastino che diventa un gattino, la donna di Stapleton (qui Topleton) che diventa un’addestratrice di felini, ma nulla, di ciò che si trova nel romanzo originale, viene omesso, compreso l’evaso, i domestici in combutta con lui, Holmes che finge disinteresse e il finale drammatico, con sir Henry lasciato da solo a fronteggiare una belva (una pantera stavolta, non un gattino). Tutto è bene quel che finisce bene: nessuno muore, neanche sir Charles che era finito in una caverna che ospitava tutti i gatti della zona, neanche il malvagio Topleton. La differenza forse più grande sta nel ruolo di Pippo Holmes: essendo il personaggio disneyano non molto perspicace, per quanto a volte sia capace di lampi di genio, il suo ruolo nel romanzo viene un po’ ridimensionato a favore del suo assistente, che risolve il caso – o almeno la maggior parte – senza troppo aiuto. Possiamo dire tranquillamente che se non fosse per la quasi inversione dei ruoli fra i personaggi la parodia sarebbe davvero ben riuscita; così, invece, rimane qualche perplessità, come più di una perplessità fanno nascere i disegni di Mottura, troppo barocchi e “gommosi” per una storia che spesso dovrebbe farsi prendere sul serio e che per questo avrebbe avuto bisogno di un segno lineare, più deciso e meno sfumato. Meno clownesco, insomma. Ma nell’insieme la storia resta valida, e si attendono con curiosità gli immancabili seguiti. Mottura mostra Pippo Holmes e Topson in azione, purtroppo con uno stile un po’ clownesco che poco si adatta alla vicenda narrata – Le meraviglie dello 0-0-10, di Rudy Salvagnini e Carlo Limido: Paperino e Paperoga, invidiosi dei successi altrui, decidono di diventare “influencer” e iniziano a commentare le vicende della squadra di calcio di Paperopoli che, guidata da un nuovo (ma incompetente) presidente, non sta andando troppo bene. Questo presidente, stufo di troppe sconfitte ed essendo in effetti incompetente, affida la squadra proprio ai due influencer, che sperimentano l’ultima trovata di Paperoga: lo schema “0-0-10”, che vede tutti i giocatori schierati in attacco e nessuno in difesa. Il Paperopoli finisce per perdere 10 a 0 e i due cugini scappano in montagna per sottrarsi all’ira dei tifosi. – La maledizione del pentafoglio, di Marco Nucci e Davide Riboni: breve storia in cui un “dodecafoglio dorato”, potentissimo amuleto rinvenuto da Gastone, neutralizza un “pentafoglio” portatore di sfortuna, pure trovato dal fortunato papero, che infatti continua a vincere un premio dopo l’altro. Le lamentale del cugino lo inducono a regalargli il pentafoglio, e poiché Paperino non ha anche il dodecafoglio, la sfortuna continuerà ad accanirsi su di lui. – Viaggio nell’infinitesimo, di Giovanni Barbieri e Cristian Canfailla: nuova storia della serie “In science we trust”, che vede collaborare i tre scienziati più famosi del mondo dei Topi: Enigm, assistito da Atomino Bip-Bip, Zapotec e Marlin. Quest’ultimo combina un grosso guaio, come spesso gli accade in queste storie, e manovrando incautamente il bambatrone di Enigm riduce nuovamente Atomino alle dimensioni di un atomo: Enigm e Zapotec dovranno farsi ridurre a loro volta per poterlo ritrovare, e così vivranno una piccola avventura nel mondo degli atomi, dove ne conosceranno molti altri fra cui il mai dimenticato Bep-Bep ideato da Scarpa, qui di nuovo cattivo e inaffidabile. – L’albero dell’autostima, di Giovanni Eccher e Marco/Stefano Rota: Paperino, in visita da Nonna Papera, la trova con la schiena dolorante, e si offre quindi di raccogliere le mele dal suo frutteto prima che arrivi un’ondata di maltempo che potrebbe distruggere il raccolto. Ma gli alberi sono tanti e il compito si rivela superiore alle sue forze: la nonna, servendosi di un vecchio trucco psicologico a cui ricorreva quando Paperino faceva i compiti a casa, gli ridà fiducia in sé stesso, facendogli venire l’idea giusta: farsi prestare un’infinità di amache da zio Paperone e usarle come teli di raccolta delle mele. Con un po’ di fatica e il determinante aiuto dello zio, il raccolto è salvo. Numero 3643 del 17 settembre – Copertina di Corrado Mastantuono, che non si ispira a una storia particolare (anche se nella prima di questo numero Paperoga ha un ruolo importante), ma celebra piuttosto l’arrivo dell’autunno, con Paperino e i nipotini decisamente perplessi di fronte a quello che sembra un pupazzo di neve, ma che in questa stagione… è un pupazzo di foglie secche con tanto di “accessori” invernali (la carota al posto del naso, la scopa, il cappello). L’idea è buona, la composizione del quadretto ottima, la colorazione perfetta per l’autunno; peccato per un Paperoga il cui becco è talmente spalancato che sembra sul punto di strapparsi, inutilmente contorto in un gesto che trasmette più sofferenza che piacere e che rovina quella che altrimenti sarebbe stata una copertina buona, anche se certo non la migliore dell’anno. – La morbida impresa, di Marco Bosco e Ottavio Panaro: Paperone manda Paperino e Paperoga alla ricerca di un mostro marino il cui dorso è stato filmato da un aereo. Rockerduck fa lo stesso, e ne approfitta per prendersi gioco dei due improvvisati ricercatori, che stavolta usano mezzi anfibi creati non da Archimede, ma dalle industrie dello stesso Paperone. Il mostro, in realtà, è un animatron creato da Rockerduck per ridicolizzare il rivale, che tuttavia, più furbo di lui, se ne accorge e lo smaschera. Alla fine, pur senza mostro marino, il pubblico televisivo finisce per interessarsi alla fauna degli abissi che Paperino e Paperoga hanno comunque ben documentato. – Talento da detective, di Chantal Pericoli e Donald Soffritti: la storia racconta quella che dovrebbe essere la prima indagine mai effettuata da Topolino, ed è il suo cane che ci spiega cosa è successo. Inseguendo un gatto, Pluto finisce per condurre Topolino nel giardino di una casa dove vive la famosa “Chef Elvira”, alla quale è stata rubata una mela di diamanti, prezioso premio da lei vinto per aver creato i “pasticcini più buoni del mondo”. Tutto sommato il caso è banale, e lo stesso Pluto ritrova in giardino la mela rubata e scopre il ladro semplicemente annusandolo. Basettoni, che appare un po’ più giovane della sua versione classica, arresta il colpevole. – Lo stratagemma tecnico, di Alessandro Sisti e Ottavio Panaro: gli scienziati che lavorano alle dipendenze di Paperone non ne possono più di vedere il magnate preferire le invenzioni di Archimede alle loro, e fanno di tutto per anticipare le sue richieste e battere sul tempo il grande inventore. Ma tutto è inutile: per uscire da una situazione senza speranza dovranno chiedere aiuto allo stesso Archimede, che per dar loro un’occasione di farsi valere farà malfunzionare una sua invenzione. Ma la generosità dell’inventore non è del tutto disinteressata: gli serve infatti una vacanza, peraltro più che meritata dopo le continue ed assillanti richieste di aiuto da parte di Paperone. – Il gigante riluttante, di Rudy Salvagnini e Davide Percoco: storia della serie “I mercoledì di Pippo”, che vedono quest’ultimo improvvisarsi scrittore di vicende stravaganti e surreali, con Topolino costretto ad ascoltarle. Stavolta la storia ha un’ambientazione fantasy e si svolge in un “villaggio medioevale”, dove Pippo diventa un vecchio saggio che, con l’aiuto del suo assistente (Topolino), convince un gigante ricco ma burbero a pagare molte tasse per costruire un ponte di cui il villaggio ha bisogno, e infine, dato che nessuno sa farlo, a costruirlo direttamente (ma il ponte rimarrà sempre instabile, e Pippo e Topolino diventeranno “pontieri” per poterlo riparare di continuo). – In fuga da Quack Town, di Bruno Enna e Davide Cesarello: complessa storia della serie “Paperino Paperotto” che ci mostra il giovane Paperino, in compagnia di un buon numero di amichetti, coinvolto in una recita scolastica a soggetto, che dovrà rievocare le origini di Quacktown dopo che il direttore del locale museo ha raccontato loro la storia della sua fondazione ad opera di un immigrato irlandese. La storia è complessa perché una banda di criminali, capeggiata da un importante… meteorologo, approfitta della celebrazione per attirare “tutti” (sindaco, maestra, sceriffo eccetera) all’interno del museo sostenendo che vi sia un terribile uragano in arrivo. In realtà l’uragano è solo “simulato” dai suoi complici, che si servono allo scopo di “effetti speciali” visivi e sonori, e che procedono, senza che nessuno li ostacoli, a svaligiare la banca e la gioielleria del paese. Chi sventerà la rapina? Ovviamente Paperino, rimasto nei campi in compagnia di un paio di amichetti, e gli altri paperotti, che riescono ad uscire dai sotterranei in cui “tutti” erano stati rinchiusi passando per la vecchia miniera: stavolta Nonna Papera si vede ben poco, ma il lieto fine è sempre assicurato. Enna, tra i pochi sceneggiatori dei quali ci si può fidare ad occhi chiusi, non delude, e costruisce una vicenda ricca di azione, di suspence e di colpi di scena; buono, anche se molto al di sotto del suo standard, che in “500 piedi” e “Gli evaporati” aveva raggiunto livelli eccezionali, il disegno di Cesarello, forse non così a suo agio con i Paperi. Tuttavia, il vero problema di questa serie è la rappresentazione del giovane Paperino, che, per quanto il lettore possa cercare qualcosa in comune con la sua versione adulta, non le assomiglia neanche vagamente: perché allora sostenere per forza che si tratta dello stesso personaggio e non crearne invece uno nuovo e più credibile? Paperino e la sua amichetta Betty-Lou, decisamente troppo calcati da un pur bravo Cesarello Numero 3644 del 24 settembre – Copertina di Ivan Bigarella, ispirata alla storia più importante del numero, quella “Maschera di Sberleff” che riesce, miracolosamente, a far rivivere i tempi – e i fasti – di Cimino e di Martina. Paperone, con la maschera in mano, è seduto su un trono di foggia azteca, e indossa un costume adeguato: la sua espressione soddisfatta non tradisce i guai che stanno per piovergli addosso. La maschera, in fin dei conti, è un reperto prezioso, di valore inestimabile: eppure… Bigarella non delude. La copertina, luminosa, serena, forse non rende pienamente le atmosfere inquietanti della storia, che del resto non è stato Bigarella a disegnare, eppure contiene qualcosa di imperscrutabile che attira l’attenzione: la stranezza dell’ambientazione, dei costumi, ed anche la maschera stessa che, facendo onore al suo nome, caccia fuori la lingua per prendere in giro chi la possiede. La storia, però, è tutt’altra cosa. – La maschera di Sberleff, di Vito Stabile e Casty: il prodigio, inaspettato, si compie senza che nessuno se l’aspetti. La rivista pubblica una storia “come quelle di una volta” e – come tutti, tranne Bertani, si aspettavano – il successo è strepitoso. La storia è semplice: Paperone, dopo aver trovato in Sudamerica la preziosa “maschera di Sberleff” ed averla esposta in un suo museo, resta vittima di una serie di disastri e si reca a chiedere spiegazioni all’archeologo che per primo l’aveva rintracciata. A quanto pare la maschera porta sfortuna e Paperone si affretterà a riportarla dove l’ha trovata… ma c’è un colpo di scena: non è vero che porta sfortuna (i disastri erano casuali e prevedibili), anzi, se usata nel modo giusto conduce ad un tesoro, il che avviene puntualmente. Lo stesso archeologo, in fin dei conti, non aveva trovato l’amore proprio grazie alla “sfortuna” causata dalla maschera (con la casa che gli era stata sepolta da una valanga e la futura moglie nella squadra di soccorritori)? Stabile e Casty, con quest’ultimo che forse non si limita a disegnare la storia, non solo si richiamano in maniera palese alle storie di Cimino (con un pizzico di Martina in mezzo), ma riportano in vigore anche la grafica degli anni ’70: la mitica palandrana blu di Paperone, la quadrupla che apre la storia, le gabbie e la colorazione, i cieli e le pareti che cambiano colore ad ogni vignetta (effetto dovuto ai coloristi distratti di una volta, ma qui voluto), i richiami a cimeli leggendari, come l’Elmo del Comando o il Rubino Striato. E nonostante la sceneggiatura non sia eccezionale (la storia non è certo al livello delle migliori ciminiane) si gode dall’inizio alla fine, grazie anche ai disegni di Casty, per una volta impegnato sui Paperi e non sui Topi e che, avendo un tratto che molto richiama quello di Scarpa, si adatta a meraviglia a questo tipo di storia (Scarpa e Cavazzano erano i disegnatori che più spesso illustravano Cimino). Non resta che sperare che non si tratti di un caso isolato e che i due autori tornino presto a collaborare. Casty, in pure stile scarpiano, ci mostra Paperone, con il nipote e la maschera, dopo aver trovato il tesoro – Il vicino scomodo, di Corrado Mastantuono: Paperina, all’uscita di un supermercato, scopre che la sua auto è stata rubata. C’è stata infatti un’ondata di furti d’auto, negli ultimi tempi, e il principale sospetto è un “losco figuro”, tale Limadiferro che vive nella zona da “un paio di mesi”, e “nessuno sa di cosa si occupi”. Ben presto anche Paperina inizia a sospettare il silenzioso “figuro”, e insieme a Toldo, un altro vicino tra i più sospettosi, scopre prove compromettenti in casa sua, fra cui molte foto di automobili. L’intero quartiere si rivolta contro il sospetto, che si accinge a traslocare; ma poi Paperina incontra Zacarin, il nipote di Limadiferro, che gli spiega come lo zio si interessi alle auto solo perché ne costruisce modellini. Il vero ladro è proprio Toldo, e sarà proprio Paperina a smascherarlo, riconoscendo nel suo furgone lo specchietto della sua auto. Gli abitanti del quartiere, in un finale purtroppo poco aderente alla nostra realtà, dove i pregiudizi e il razzismo regnano sovrani senza che mai qualcuno se ne penta, porgono le loro scuse a Limadiferro. Un Mastantuono minore, senza dubbio, con una sceneggiatura debole e dei disegni tirati via in gran fretta; ma anche un’idea originale – cosa rarissima, ormai – e un tema molto attuale trattato nel modo giusto. Va fatto un plauso alla rivista, e all’autore romano, per averci offerto una storia “impegnata” nel solco di una vecchia tradizione mai veramente sopita. Toldo, il vero ladro, Paperina e Capodiferro, ingiustamente sospettato – La minaccia di Grogantus, di Giovanni Barbieri e Cristian Canfailla: nuova storia delle serie “In science we trust”, che vede collaborare Zapotec, Marlin ed Enigm, quest’ultimo sempre assistito da Atomino Bip-Bip. Proprio Atomino sarà decisivo per sconfiggere un nemico inaspettato: il gigantesco Grogantus che sta mettendo Topolinia a soqquadro. Questo “villain” è in realtà l’atomo cattivo incontrato nella storia precedente (e che, secondo Canfailla, non è esattamente il famoso Bep-Bep, ma una sorta di “parente”), che ha assunto l’aspetto di un personaggio dei fumetti. Atomino lo riporterà alle sue dimensioni, ma il rischio che in futuro torni a farci visita rimane alto. – L’ingiallimento autunnale, di Tito Faraci e Ottavio Panaro: alcune delle banconote di Paperone si ingialliscono con l’arrivo dell’autunno, cosa che getta il magnate nella disperazione. Archimede e Pico deducono che le banconote si sono in qualche modo “collegate” con le foglie degli alberi, che in autunno ingialliscono, e suggeriscono di portarle nell’altro emisfero, dove è primavera, per farle tornare verdi. Con un po’ di sole e molte lacrime versate da Paperone (che fanno da “innaffiatura”) le banconote ridiventano verdi e tali restano anche al ritorno a Paperopoli. Troppo tardi Pico avviserà Paperone che le banconote ingiallite avrebbero avuto un valore numismatico altissimo. – I racconti del tremore, di Rudy Salvagnini e Libero Ermetti: nuova storia della serie “I mercoledì di Pippo”, che lo vedono diventare scrittore e leggere a Topolino le sue ultime creazioni. In questa occasione il suo libro contiene alcuni racconti detti del “tremore” (vanno letti in alta montagna, dove si trema dal freddo), fra i quali spiccano il primo, con i personaggi di un film che escono dallo schermo e si sostituiscono agli spettatori, e l’ultimo, nel quale il ritratto dell’alchimista Ermeticus assume lentamente le fattezze del suo possessore (Topolino) rischiando di scambiarsi con lui e poi di fare lo stesso con tutti gli altri esseri umani. Pippo sventerà la minaccia appena in tempo. Navigazione articoli DEAD ROCK, SCUOLA DI DEMONI DARNA, LA SUPEREROINA FILIPPINA