TOMBOLA, TUMBULELLE E TOMMOLONI

La tombola non ha una storia antichissima, ma si è radicata subito nel tessuto sociale e culturale italiano. Probabilmente non esiste qualcuno che non ne conosca le semplici regole e non ne abbia giocato una partita almeno una volta.

Moderno panariello

 

Sembra sia nata a Napoli nel 1734, in seguito a una contesa tra il re Carlo III di Borbone e il potente frate domenicano Gregorio Maria Rocco, ispiratore e promotore di felici iniziative, tra cui il Real Albergo dei Poveri; cercò anche di portare l’illuminazione con lampade a olio nelle strade cittadine. La contesa verteva sul gioco del Lotto, in generale osteggiato, quando non espressamente vietato dalle autorità. In seguito a questi divieti, la gente lo giocava clandestinamente oppure effettuava le puntate in Stati più permissivi causando fuoriuscita di denaro.

Qui mi fermo perché il Lotto merita una trattazione a parte per la complessa fascinazione che sviluppò in Italia e in altri Paesi europei. Ci sarà modo di scriverne.
Basti sapere che il gioco d’azzardo in generale, cioè quello che prevede una perdita di denaro o beni, era diffuso tutto l’anno e si intensificava durante le feste. Autorità civili ed ecclesiastiche, le prime per motivi di ordine fiscale e sociale, le seconde perché occasione di peccato, lo vietavano con Statuti e Grida fin dall’epoca medievale, specificando quali fossero i giochi illeciti: dadi e carte, giochi d’arme, danze e cortei carnevaleschi. Famosi sono i roghi detti falò delle vanità, dove venivano bruciati beni di lusso e anche oggetti per il gioco.

Stato pontificio. Manifesto per la Estrazione della Grandissima Tombola di scudi romani ventiquattromila. Bologna, 1822
Avviso per tombola fiorentina, 1855
Roma: Grande tombola. Litografia, 1864
Manifesto per Grande Tombola Telegrafica, a beneficio dell’Asilo Nazionale per gli orfani dei marinari Italiani, 1898. Con l’invenzione del telegrafo a sistema duplex, che permise la trasmissione delle estrazioni in tempo quasi reale, vennero indette tombole a carattere nazionale
Roma: Tombola in Trastevere, litografia (?) fine Ottocento
Estrazione della Tombola telegrafica, 1882

 

Ma torniamo a re Carlo III, il quale voleva legalizzare il gioco del Lotto ponendolo così sotto il controllo pubblico per contrastare i mancati introiti alle casse reali; il frate domenicano, invece, famoso per la sua lotta contro il vizio, lo voleva sopprimere ritenendolo amorale e colpevole di allontanare i fedeli dalle cure spirituali.

I due vennero a un compromesso: il gioco del Lotto non sarebbe stato proibito, se non durante le festività natalizie.
In seguito a questa disposizione, le famiglie napoletane si industriarono creando una versione familiare del gioco del Lotto, in cui le novanta tessere numerate venivano inserite nel panariello, una sorta di cesto di vimini dalla forma allungata e richiusa verso l’alto, e poi trasferite a estrazione dal conduttore del gioco sul tomboliere.
La forma cilindrica delle tessere di legno, somiglianti al tradizionale strumento per la creazione di pizzi e merletti chiamato tombolo, diede luogo al neologismo Tombola. Meglio ancora, è più probabile che il termine tombola derivi da tombolare per significare una caduta o un ruzzolone (simile a tomare, all’antico tombare e al francese tomber, cadere), per analogia con il movimento delle tessere di legno mescolate all’interno del panariello.

Dobbiamo dunque a Napoli l’invenzione della Tombola.

Manifesto per Tombola Telegrafica Nazionale, a beneficio della Cassa di Previdenza per gli Artisti Drammatici, 1900
Reggio Emilia: cartolina raffigurante Piazza del Duomo gremita in occasione della Tombola, 1905
Cartella della Tombola Nazionale, a beneficio degli enti Lega Navale Italiana, Industrie Femminili Italiane, Istituti Pii di Potenza e dell’Ospedale di Ostuni, 1907
Schio, Tradizionale gioco della Tombola alla fiera di San Pietro in valletta dei Frati 29 giugno (1911). Cartolina doppia
Cartolina augurale tedesca di Capodanno, 1912

 

Essendo un gioco più che altro famigliare, nonostante da un punto di vista tecnico sia gioco d’azzardo, le somme di denaro giocate sono irrisorie e simboliche. Inutile dilungarsi sulle regole, che perfino i bambini conoscono.

Il reggitore del gioco tiene un tabellone su cui sono evidenziati i 90 numeri del Lotto e li chiama estraendo casualmente da un sacchetto i pezzi corrispondenti, accompagnando ogni chiamata con una sorta di scherzo, cioè una citazione figurata proveniente dalla Smorfia napoletana.
A ogni estrazione di numero i partecipanti, muniti di cartelle che riportano tre righe, ognuna delle quali contiene cinque numeri, provvedono a coprire con pasta, legumi o frutta secca, i numeri chiamati di cui si trovano in possesso.
Il montepremi è realizzato attraverso l’acquisto delle cartelle e suddiviso in premi minori: ambo, terno, quaterna, cinquina e decina. Quest’ultimo premio si ottiene coprendo due file complete di una stessa cartella.
Il premio maggiore va a chi per primo fa tombola, cioè copre tutti i numeri di una stessa cartella. A volte nel montepremi c’è anche il tombolino, in questo caso il gioco continua ed è previsto un premio di consolazione per il primo partecipante che fa tombola una seconda volta.

Le regole sono fluide e stabilite in anteprima per convenzione dalle stesse famiglie riunite intorno alla tavola festiva.
Per esempio, in alcuni casi si stabilisce che chi vince su una riga non potrà vincere il premio dopo se ricopre la stessa riga, per permettere un po’ a tutti di vincere; in questo caso chi fa ambo sulla prima riga non potrà fare terno su questa stessa riga ma solo sulle rimanenti. Ma tale variante non è contemplata dalle regole ufficiali, che invece prevedono vincita sulla stessa riga per ambo, quaterna e cinquina.

Venezia: la Tombola. La cartolina riproduce un’opera del pittore Guido Grimani, datata 1920
Cartelle della Grande Tombola Nazionale, a beneficio dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, 1929
Cartelle della Grande Tombola Nazionale, 1933, a beneficio dell’Istituto dei Poveri Vittorio Emanuele III di Trieste
Grande Tombola Nazionale a beneficio della Fondazione Galileiana Pisa e Istituto G. Pascoli Livorno, 1933
Manifesto per la Tombola e Lotteria a Taglio di Po, Associazione Nazionale Combattenti e reduci, 1954

 

Uno degli studi più interessanti che è possibile leggere sul gioco della Tombola è quello dell’antropologa Alessandra Broccolini, pubblicato sulla rivista quadrimestrale di studi demoetnoantropologici Lares, nel numero 1 di Gennaio-Aprile 2005: Vac’ a pazzia’ ‘a tumbulella…, Etnografia di un gioco napoletano.

Siamo alla fine degli anni Novanta e la ricercatrice si insedia a Napoli, in vista di un dottorato, per studiare il gioco della tombola, che nel territorio napoletano detiene una importante valenza di cultura popolare, ben al di là del semplice divertimento festivo o natalizio. A Napoli il gioco della Tombola si gioca tutto l’anno.
Broccolini è sorpresa dalla mancanza di documentazione e di studi specialistici, nonostante l’importanza folkloristica che il gioco riveste, tanto più che invece il gioco del Lotto può vantare studi storici e demologi fin dal XIX secolo. La Tombola invece è come se fosse in ombra.

Comincia ad accorgersi che la Tombola “non è solo gioco”, ma meta-gioco, perché è un gioco che produce un gioco nel gioco. Si accorge infatti che nella versione di tombole femminili “di vicinato”, la Tombola parla della vita, delle amicizie, dei contrasti e delle necessità degli stessi giocatori che la giocano. La vera Tombola, cioè, non è quella mostrata ai turisti che viene invece riprodotta, piuttosto, come “cultura locale urbana nella sua comunicazione con il mondo esterno”, ma quella giocata in alcuni quartieri in cui riesce a introdursi, non senza difficoltà.
Ci sono diversi tipi di Tombole: tumbulelle femminili di vicinato, tombole di femminielli (figure della cultura tradizionale popolare napoletana per indicare uomini con contegno e maniere femminili), tommoloni di quartiere e d’azzardo, tombole televisive e perfino tombole teatrali“.

Antica cartella veneziana del XVIII secolo, decorata in acquerello
Un paio di cartelle da una tombola di metà Ottocento
Tombola pubblicitaria dei Fratelli Branca Distillerie, fine Ottocento
Alcune cartelle da una Tombola fiorentina, fine Ottocento
Cartelle di Tombola pubblicitaria, circa 1891.
Al recto numeri e titoli…
… e al verso pubblicità di vario tipo, di cui riporto un esempio
Cartelle raffiguranti fiabe dei fratelli Grimm. Cromolitografie, primo Novecento
Recto…
… e verso di una cartella del primo Novecento
Tombola Reale, circa 1920
Cartellone per Tombola. Litografia fiorentina, Stabilimento Salani, 1929

 

L’esordio della ricercatrice avviene nel quartiere di Santa Lucia quando, tornando nell’appartamento che aveva affittato, nota una folla di donne accalcate in una casa a pianterreno. Si accosta per sbirciare all’interno e vede un lungo tavolo su cui ci sono cartelle fatte in casa e una donna che estrae accompagnando ogni numero con frasi che le risultano incomprensibili.
Torna nei giorni successivi e vede che ogni pomeriggio la casa si trasforma in sala da gioco. Chiede spiegazioni alle sue vicine di appartamento, ma queste le rispondono che la tombolella, “lì su al Pallonetto”, non è cosa per lei perché le donne che ci giocano sono tutte mogli di delinquenti.
Tenta di introdursi ugualmente con risultati negativi, oltretutto le viene risposto da più parti che lei non conosce i titoli, cioè le figure della Tombola.

Nel frattempo viene a sapere da una bambina del luogo che proprio la sua padrona di casa tiene ogni mercoledì una tombola notturna. Alla richiesta di partecipare, anche stavolta le viene risposto che non è il caso perché non ne sarebbe capace.

Forzando la cosa, in seguito riesce a partecipare un mercoledì, ma viene accolta con indifferenza e scherno. Durante il gioco risponde in italiano alle battute, ma si rende conto che l’unico ponte linguistico con cui può partecipare è il dialetto napoletano.
Oltretutto le risulta difficile ricordare i titoli, perché il gioco è velocissimo e i numeri vengono espressi, appunto, con le figure corrispondenti ai numeri. Riesce infine, col tempo, a destreggiarsi in qualche modo e comincia a essere apprezzata per il suo sforzo di imparare.

Tombola marca Spiga, anni Trenta. Recto…
… e un esempio di verso. Ogni verso era decorato in maniera differente
Fotografia. Tombola tenuta sul transatlantico italiano Roma, anni Trenta
Tombola geografica, anni Trenta
Programma del Partito Nettista Italiano, 1951-53. Si legge al Punto 6: “Continue tombole e lotterie rallegreranno i cittadini dello stato universale.
Fu un partito di ispirazione satirica fondato dall’editore fiorentino Corrado Tedeschi
Tombola astrale, anni Sessanta
Tombola musicale, anni Sessanta. Contenitore…
… e contenuto

 

A poco a poco, la studiosa si rende conto dei molti aspetti che avviluppano il gioco.
La Tombola è un gioco femminile e rientra nel ruolo familiare domestico dei quartieri popolari, dove la donna, pur essendo motore interno rispetto all’uomo che invece esce a faticare, conduce attività extradomestiche lavorative svolte all’interno della casa o nelle immediate vicinanze del quartiere, come la produzione di scarpe, borse o pellicce.

Uomini e donne non giocano insieme e fanno giochi diversi, e se qualche uomo partecipa alle Tombole femminili lo fa perché è un femminiello.
Le Tombole si giocano di notte, dalle undici all’alba, più raramente di pomeriggio, e si gioca tutto l’anno secondo un calendario del quartiere che permetta di evitare la sovrapposizione di date nei vari spazi che offrono ospitalità.

Non ultimo, sebbene chi gioca definisca la Tombola un’attività ludica, in realtà ha anche un aspetto economico, perché chi ospita il gioco trae un guadagno che aiuta l’economia familiare: la padrona di casa offre cibo e caffè alle giocatrici e trattiene su ogni giocata una quota fissa che alla fine della serata, pur non totalizzando grosse cifre, contribuisce a migliorare l’economia familiare, spesso precaria.

Inoltre la Tombola investe aspetti comunicativi, perché giocano tutte le generazioni, muove amicizie e solidarietà, crea una rete di notizie che si estrinsecano nel linguaggio figurato dello stesso mezzo ludico, più o meno elegantemente osceno. Per esempio, s’a fa cu ‘sudate (se la fa con i soldati – la prostituta) è il numero 78.
Per questo parlavo all’inizio di meta-gioco. Quando la tiratora, cioè chi estrae i numeri, annuncia i titoli, a volte lo fa attraverso una metafora ludica che comunica “fatti e particolari osceni che riguardano se stessa e le presenti”. A cui corrispondono botte e risposte interrotte solo dalla voce di chi vince.

Tombola Lotteria dei Piccoli, anni Sessanta-Settanta.
Contenitore…
… e alcune cartelle
Tombola di Paperino, anni Sessanta. Contenitore…
… e tabellone
Tombola del Moschettiere, anni Sessanta/Settanta

 

Oltre alla tummulella, esistono anche i tommoloni, organizzati dalle donne solo in occasione di feste religiose o civili e tenuti in locali pubblici, in cui l’affluenza è più ampia di quella dell’immediato vicinato. Gestori e personale sono maschili e il gioco diventa l’occasione per serate trasgressive con provocazioni, spesso di genere sessuale, rivolte ai camerieri.

L’autrice dedica, inoltre, un capitolo agli aspetti di illegalità e imbroglio per passare poi alle Tombole di femminielli e alle Tombole teatrali.
I femminielli hanno il loro luogo-simbolo nei Quartieri Spagnoli, dove vivono e gestiscono sale da gioco e sono riconosciuti come maestri conduttori del gioco della Tombola. Il fenomeno ha attirato l’attenzione dei media e del turismo, dando luogo a eventi di gioco a cui partecipa una tipologia di turista che non proviene dall’esterno, ma piuttosto da napoletani del ceto medio-alto in cerca della tradizione napoletana, dove “la tombola assume i caratteri di un teatro popolare rigorosamente scurrile”.

Il fenomeno ha portato anche a un tentativo di “scrittura” della Tombola per fissarne le regole, ma è evidente da quanto detto che ogni tombola fatta a uso turistico o che pretende di fissare una rappresentazione della tradizione, non può coincidere con la realtà di una struttura orale in dinamica continua.
Infine la ricercatrice offre una interessante panoramica della variazione della Smorfia nella Tombola napoletana riportando i 90 lemmi corrispondenti ai numeri, e lo fa in tre modi diversi: secondo la denominazione della Smorfia, in seconda colonna secondo i titoli che ha raccolto al Pallonetto, in terza con figure di una tombola registrata al Quartiere della Sanità da Mario Furnari nel 1977. Quest’ultimo è l’autore di alcuni saggi sul napoletano, tra cui Li ditti antichi de lo popolo napulitano, Antiquum breviarium neapolitanum (Fiorentino, 1977) e ‘Nce steve na vota, Racconti popolari napoletani, Raccolti e trascritti da Mario Fùrnari (Edizioni del Delfino, 1975).

Concludo con un articolo apparso sul sito della televisione svizzera, dal titolo La svolta elettronica della vecchia tombola. Appare anche un video muto dell’epoca.

 

 

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Nell’immagine di anteprima un’opera del pittore francese Charles Chaplin (1825-1891): La Tombola

 

 

 

 

 

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