Un vangelo apocrifo, che potremmo oggi chiamare fake gospel, è un libro sacro di contenuto non considerato genuino dalla Chiesa, scritto a volte dagli “eretici”, quindi per antagonismo, ma altre volte per troppo zelo verso Cristo o i santi, narrando in tono favolistico imprese da loro non compiute. Nel secondo caso, pur non servendo alla teologia, questi testi contengono una morale positiva, sono insomma belle fiabe. Una di queste fiabe religiose prende lo spunto dagli Atti degli Apostoli, e descrive la predicazione di san Paolo nel centro dell’Anatolia, oggi Turchia, realmente verificatasi negli anni 47-48 (Atti, 13-14). Gli atti di Paolo e Tecla erano stati scritti intorno al 160 da un sacerdote dell’oriente che voleva fare un omaggio al grande apostolo, ma poco dopo il severo teologo cartaginese Tertulliano smascherava la leggenda. L’autore, il cui nome non è stato tramandato, ammise di aver lavorato di fantasia, ma ciò non lo tenne al riparo dalla punizione di essere retrocesso. Malgrado questo, il racconto ebbe un grande successo nelle comunità cristiane dell’epoca, poiché il personaggio principale, molto accattivante, non è Paolo ma la convertita Tecla. Tecla (in greco significa splendente) è una ragazza di 17 anni, vive nella città di Iconio (oggi Konya), ed è promessa sposa, ma ascoltando le parole di san Paolo cade in una specie di innamoramento spirituale per la persona dell’apostolo, diventando sua fedele discepola. Ciò causa la rabbia del fidanzato e della stessa madre, che la credono impazzita. Perciò Paolo viene cacciato dalla città e Tecla mandata al rogo come invasata, ma un temporale spegne le fiamme. La ragazza va in esilio e raggiunge Paolo che si è rifugiato in campagna dentro un sepolcro in compagnia di simpatizzanti del cristianesimo. Con questi si trasferisce ad Antiochia di Pisidia (oggi Yalvaç). La ragazza viene notata da un uomo ricco, Alessandro, il quale credendola una nomade senza casa allunga le mani su di lei, ma Tecla lo respinge con forza. Gli strappa il mantello e fa volare via una preziosa corona dalla sua testa. La vendetta del notabile fa sì che la ragazza venga condannata ad bestias cioè ad essere sbranata nell’anfiteatro. Questa sentenza fa infuriare le donne di Antiochia che evidentemente conoscono le prevaricazioni di Alessandro verso il sesso femminile. La più nobile di queste, Trifena, accoglie Tecla in casa sua fino al giorno della sua esecuzione, perché le ricorda la sua figlia morta di recente e sa che nella prigione rischierebbe di essere violentata. Trifena deriva dalla menzione che ne fa san Paolo nella Lettera ai Romani come di una delle prime convertite in Roma. Trascinata al supplizio, Tecla è docilmente serena, arrivata davanti al circo le tolgono di dosso ogni suo vestito, ma lei non si turba. Ripercorrendo le sofferenze di Gesù sul Calvario, si sente simile a lui spogliato per essere crocefisso. Quindi la fanno entrare nell’arena legata sulla groppa di una leonessa, ma la fiera la difende dalle altre belve, orsi e leoni, fino a farsi uccidere. La ragazza allora si lancia nella fossa dove sono tenute le foche. È un rischio perché potrebbero straziarla, ma appena tocca l’acqua esce da lei un lampo che fulmina le bestie. Adesso Tecla viene circondata da una specie di “scudo termico” che non permette a nessun animale di avvicinarla. Come Tecla, secondo la tradizione cristiana anche Blandina venne difesa da una leonessa nell’anfiteatro (dipinto di Patrick Incognito, 2009) Atterrito, il governatore della città fa togliere la ragazza dall’arena, la libera e la fa rivestire. Trifena adotta Tecla come sua figlia, ma lei ritornerà da Paolo. L’apostolo le affida l’incarico di essere il primo apostolo donna, tornata a Iconio trova il fidanzato morto e la madre pentita. Ripartita si trasferisce a Seleucia di Cilicia (oggi Silifke) sul mar Mediterraneo. Qui Tecla compie miracoli e per richiesta delle donne convertite del posto organizza una comunità femminile. Morirà all’età di 90 anni e lì verrà sepolta. La leggenda termina con un episodio della vecchiaia di Tecla. Le capacità taumaturgiche della santa tolgono i clienti ai medici e guaritori locali, che organizzano una spedizione punitiva contro di lei, ma Tecla si sottrae scomparendo dentro una montagna e non venendo più ritrovata. La sparizione di Tecla dentro la montagna alla fine della sua vita ha un riscontro nelle numerose grotte esistenti nei pressi di Seleucia, luoghi adatti a nascondersi. È veramente esistita Tecla? A parte le leggende, dopo tre secoli una pellegrina, Egeria o Eteria, nel 381-84 visiterà il monastero fondato sulla tomba della santa e lo annoterà nel suo diario di viaggio verso la Terrasanta. Probabilmente Tecla conobbe san Paolo a Iconio nel 47-48, ma la sua vicenda con le belve del circo (prendendola per vera) deve essere spostata di almeno una ventina d’anni, poiché fino all’anno 64 non vi furono condanne per i cristiani. Primo persecutore in quell’anno fu l’imperatore Nerone che volle incolpare i seguaci di Cristo dell’incendio di Roma. Il significato del racconto delle avventure di Tecla è certamente la protezione di Dio verso i suoi fedeli, ma il maggiore interesse sta nel ruolo preponderante delle donne rispetto agli stessi apostoli uomini. Tertulliano, notoriamente misogino, si lamentava che alcuni cristiani egizi di Alessandria seguendo questo testo rivendicassero la possibilità per le donne di battezzare e di insegnare in chiesa (De Baptismo, 17). Nei fatti, Tecla non verrà dimenticata. Numerose sono le chiese in Europa a lei dedicate, anche quella che diventerà poi il duomo di Milano. Tecla nella chiesa Ortodossa è dichiarata isoapostolo cioè pari agli apostoli, e protomartire, come prima donna condannata perché cristiana. Ricostruzione della Basilica maggiore di Santa Tecla a Milano del 350 circa, nel luogo dove sorgerà il duomo (da un’immagine di Francesco Comi) L’autore degli Atti di Paolo e Tecla, il prete asiatico, propone una morale: Tecla si innamora di un santo apostolo predicatore di una nuova religione e che può fare i miracoli, perciò l’unico modo che ha di amarlo è farsi essa stessa santa apostola predicatrice e autrice di miracoli. Ma per diventarlo si devono affrontare terribili prove, la persecuzione, la prepotenza maschile, venire denudata in pubblico e gettata alle belve. L’amore profano, l’erotismo, è quindi meno impegnativo e meritevole dell’amore sacro. Questo è il messaggio principale che emerge da una simile favola religiosa, così strana da essere unica nel suo genere ma analoga a certi racconti laici di quei lontani tempi, i romanzi antichi come L’Asino d’oro di Lucio Apuleio, la Storia vera di Luciano di Samosata, Dafni e Cloe di Longo sofista e le Etiopiche di Eliodoro di Emesa. Sul sito dell’antica Seleucia venne ritrovata la testa di una statua rappresentante una donna di mezz’età. Questa scultura ha una spiccata somiglianza con le rappresentazioni antiche di Tecla, specie nell’acconciatura dei capelli. La santa aveva quindi una propria iconografia definita, che potrebbe derivare proprio dal suo ritratto scolpito. La ricorrenza di santa Tecla è il 23 settembre per i cattolici, il 24 a Milano e per gli ortodossi. A Tarragona, in Spagna, viene festeggiata da tutta la popolazione, con fuochi artificiali e la sfilata di figure allegoriche che rappresentano le fiere affrontate e vinte da Tecla. Navigazione articoli LE GUARDIE NOTTURNE IN UN LIBRO DIMENTICATO QUANDO LO ZAR SALTA IN ARIA