Topolino numero 3580 del 3 luglio – Copertina di Corrado Mastantuono, del tutto scollegata dalle storie di questo numero, e che serve unicamente a introdurre l’estate: tempo di vacanze e soprattutto di letture da spiaggia tra un gelato e il successivo. Paperino, infatti, ci viene proposto in versione “venditore di gelati al mare”, versione forse un po’ troppo stilizzata (le sue braccia sono sbarre tracciate con la riga) e tutt’altro che memorabile. – Incarico finale, di Tito Faraci ed Enrico Faccini: a quanto pare la storia con i “90 lavori” non era la conclusiva della serie “Gli allegri mestieri di Paperino”. Stavolta, almeno da quanto si deduce dal titolo, non sembrano esserci dubbi, e vediamo Paperino, ancora una volta, impegnato a lavorare per lo zio in un suo stand alla “Fiera delle tecnologie avanzate”. La sua ricompensa sarà un rarissimo, anche se meritato, complimento da parte dello zio. – La determinazione di ferro di Madame Paperie, di Giulio Gualtieri e Roberto Vian: prima storia della nuova serie “Picologia”, dedicata – a quanto pare – ad approfondire argomenti scientifici, con Pico de’ Paperis che conduce una trasmissione televisiva sponsorizzata dal solito Paperone e destinata a continuare perché i suoi ascolti non sono altissimi, “ma neanche bassissimi”. In questa storia si parla della carriera di Madame Paperie (Madame Curie), interpretata da Paperina (con Paperino nella parte del marito Pierre). – La giungla, dolce giungla, di Kari Korhonen e Miguel Fernandez Martinez: brevissima storia di produzione straniera che ci mostra il giardino della casa di Pippo infestato da piante strane e pericolose (nate dai semi portati da uno dei suoi soliti parenti strampalati). Alla fine se ne farà carico l’università di Topolinia. – Gli affari in condivisione, di Giulio D’Antona e Giulia La Torre: Paperone, sfrattato dal deposito perché Archimede deve ristrutturare i sistemi anti-intrusione, finisce per lavorare in “co-working”, condividendo un ufficio temporaneo con Rockerduck. Alla fine i due rivali scopriranno che collaborare è più redditizio che combattersi. – L’isola che non c’è, quinta parte, di Giorgio Salati e Giampaolo Soldati: si chiude infine l’ambiziosa storia in cinque puntate che riscopre un Topolino avventuroso, naufrago su un’isola deserta e sempre alle prese con qualche pericolo. Il numeroso gruppetto di naufraghi che, oltre a Minni, Orazio e Clarabella, comprende degli occasionali compagni di crociera che nascondono molti segreti, riesce infine a recuperare l’imbarcazione di un precedente naufrago e allontanarsi dall’isola fino ad incontrare la nave con i soccorsi. Tutto è bene quel che finisce bene: i segreti dei vari partecipanti vengono scoperti, e quello di loro che ne ha troppi da farsi perdonare decide spontaneamente di restare sull’isola, in un finale buonista e un po’ troppo scontato. L’emersione dei vari segreti, intrecciati tra di loro e con il coinvolgimento di tutti i personaggi, nessuno veramente memorabile, non aiuta a fare chiarezza in una vicenda che era nata all’insegna della semplicità ma che finisce sommersa da misteri e dalle troppe spiegazioni. Salati non è Agatha Christie e Topolino non funziona nel ruolo di Poirot, e la commistione di molti generi (si era già accennato ai palesi richiami a un classico del genere come “Il signore delle mosche”) non entusiasma più di tanto, in assenza di personaggi in grado di farsi ricordare. Tentativo ambizioso, quello di Salati, ma riuscito a metà; vedremo se l’autore milanese saprà fare di meglio in un prossimo futuro. Analogamente, sempre buoni ma senza punte di eccellenza i disegni del pur valido Soldati. Uno dei rari momenti di eccellenza di Soldati, abile nel comporre una tavola priva di gabbie in grado di riassumere il destino dei molti protagonisti della storia Numero 3581 del 10 luglio – Copertina di Ivan Bigarella, ispirata alla storia portante di questo numero, con l’atteso ritorno non solo di Fantomius, ma anche dei protagonisti della serie prequel “Paperbridge”. Bigarella, purtroppo, non “sente” la storia e si limita a mostrarci un pensieroso Fantomius con Villa Lalla (che ha sostituito Villa Rosa come sua residenza e base operativa) sullo sfondo. Perché poi sollevarsi il mantello come fosse un gonnellino? Per fortuna il carisma del personaggio è tale che la sua presenza basta e avanza per interessarsi al numero. – Ombre del passato, di Marco Gervasio: gli anglosassoni usano l’espressione “to live in borrowed time” per indicare qualcuno/qualcosa che dovrebbe essere morto, o che sta per morire, ma che nonostante tutto è ancora vivo e vegeto. Questo è il caso di Fantomius, personaggio abbozzato da Guido Martina ma completamente ricreato da Marco Gervasio e da lui stesso condannato a scomparire più o meno nell’epoca in cui si svolgono le sue ultime storie, e tuttavia ancora ben presente sulla rivista con avventure che non lasciano presagire una fine imminente, al massimo un “inizio di fine” appena accennato. Nel tentativo di rimandare il più possibile la scomparsa di un personaggio che ormai è da considerare tra i migliori creati da un autore italiano, Gervasio richiama in servizio i vecchi compagni del “prequel” Paperbridge, a partire da Beth, la cui tormentata storia d’amore con John Quackett si era interrotta per la scelta di lei di dedicarsi alla sua passione, la pittura, accettando una borsa di studio per l’Accademia di Vienna. L’occasione per la rimpatriata è una mostra di Beth, ormai diventata una pittrice famosa, mostra che si tiene nella Pinacoteca di Paperopoli: per ammirare i quadri della loro vecchia collega tutti i compagni di un tempo si ritrovano e finiscono coinvolti nell’ennesimo mistero. L’ultimo quadro di Beth, infatti, viene rubato e ad essere accusato sarà, come sempre, Fantomius… risolvere il caso non sarà facile, ma John Quackett se la caverà meglio di Gervasio, che qui si cimenta nel difficile compito di raccordare Paperbridge con le avventure del ladro gentiluomo: inserendo i vecchi amici di John, ormai adulti, nella trama principale, si vengono a perdere i temi portanti della serie “prequel”, cioè lo sviluppo dei personaggi che ai tempi del college stanno ancora crescendo (John su tutti) e la spensieratezza tipicamente adolescenziale che li anima, né si ha il tempo per costruire un mistero all’altezza di quelli che hanno reso famose le avventure di Fantomius. La storia, pur di ottimo livello, non è all’altezza né delle tre “stagioni” di Paperbridge, né dei capolavori della serie principale, il cui massimo è stato toccato – non molto tempo fa – con la quadrilogia della Fine, dell’Inizio, della Notte e dell’Alba. La speranza è che questa “Ombra” altro non sia che l’inizio di una fase più elaborata del personaggio e che in quanto tale consenta a Gervasio di scoprire le sue carte migliori nei prossimi anni, con storie che cresceranno progressivamente di livello sino ad arrivare a quella che sarà probabilmente la chiusura definitiva – e di certo memorabile – di questa saga. In attesa che questo avvenga ci si può comunque godere una storia ricca di sfumature psicologiche (la sottile gelosia di Dolly, ad esempio) difficili da trovare in altri autori, nonché di primi piani spesso da applauso, dei quali Gervasio si serve per esaltare i numerosi confronti, ricchi di cose non dette e di tensioni nascoste, fra i molti personaggi. Gervasio effettua uno zoom sui due protagonisti, esaltandone i tormenti interiori – Cortesia per gli ospiti, di Tito Faraci e Marco Mazzarello: nuovo episodio della serie “Paperino e Paperoga Space Team”, che propone brevi avventure ambientate nello spazio con protagonisti i due cugini pasticcioni: stavolta è il turno di un popolo di alieni sin troppo gentili, la cui eccessiva (e voluta) ospitalità finisce per mettere in fuga i nostri eroi. – Assalto alla diligenza, di Davide Aicardi e Giulia Lomurno: nuovo episodio della serie “Paperino Paperotto”, con protagonista un giovanissimo Paperino nell’epoca in cui, secondo una tradizione consolidata, ha passato l’infanzia da Nonna Papera. Come in ogni storia della serie Paperino sogna di vivere qualche fantastica avventura, in questa occasione di ambientazione western e con lo spaventapasseri trasformato nel cattivo della situazione. – Il weekend a bivi, di Marco Bosco e Cristian Canfailla: Topolino, Pippo e Orazio vanno in vacanza e devono compiere alcune scelte che faranno loro vivere certe avventure piuttosto che certe altre. Al lettore decidere quali siano queste scelte, sfruttando il consueto meccanismo dei “bivi”, ultimamente visto spesso sulla rivista. Da notare il ritorno di un disegnatore tra i migliori come Canfailla, che da tempo non si cimentava con una storia relativamente semplice. I “tre amigos”, Topolino, Pippo e Orazio, ottimamente disegnati da Canfailla con tre diverse espressioni Numero 3582 del 17 luglio – Copertina di Davide Cesarello, che introduce una nuova serie con protagonista Topolino, “Topolino in giallo”, e che altro non è se non una ripresa dell’abusatissimo cliché del Topo detective tipico delle storie italiane degli anni ’60 e ’70. Almeno stavolta la storia è curata, con ambientazioni e personaggi inediti: non resta che sperare continui così. La copertina è stravagante al punto giusto, anche se le mani dei due protagonisti – come troppo spesso capita – se ne vanno un po’ per conto loro. – Il doppio segreto del faro, di Bruno Sarda e Federico Franzò: dopo quasi sei anni il grande sceneggiatore torinese, ormai 70enne, torna a scrivere una storia lunga e non banale, che si ricollega abilmente alle recenti avventure di Malcolm de’ Paperoni – ideate da Vito Stabile – e ad alcune storie del Paperinik gervasiano. Il primo personaggio viene evocato tramite il suo capitano, Henry Greenbottle, che secoli prima avrebbe lasciato un tesoro nel faro di Capo Quack; il secondo perché questo faro fu costruito da un antenato di Fantomius con dell’oro cercato invano da Paperone, da Rockerduck e dallo stesso Paperinik. Il faro è ora in procinto di essere demolito da Paperone che vorrebbe sostituirlo con un villaggio vacanze: i nipotini, dopo un’avventura ricca di colpi di scena riusciranno a coinvolgere lo zio nella ricerca dell’antico tesoro finendo anche per convincerlo dell’utilità del vecchio edificio. Spicca, in tutta la storia, l’assenza di Paperino, che per una volta non viene coinvolto nella consueta caccia al tesoro: probabilmente è una scelta voluta, dato che negli ultimi anni la redazione sta cercando di valorizzare i tre nipotini, aumentandone l’importanza e rendendoli indipendenti dagli zii e persino un po’ diversi tra loro. Sarda che, ricordiamolo, ha scritto una delle saghe più complesse ed ambiziose mai apparse sulla rivista – “Alla ricerca della pietra zodiacale” – qui torna a fare intravedere un po’ del suo notevole talento, purtroppo non sorretto da un disegno all’altezza della trama, e che non rende al meglio le atmosfere spesso inquietanti di una storia che si svolge quasi sempre in notturna e che a volte, non senza qualche brivido, sembra quasi evocare fantasmi lontani. Uno dei rari momenti di eccellenza di Franzò, finalmente capace di rendere al meglio l’atmosfera un po’ sinistra della trama di Sarda – La tappa di Philbury, di Marco Bosco e Roberto Vian: inizia una nuova serie, “Topolino in giallo”, che ripropone il solito Topolino detective, sia pure alle prese con gialli di stampo “classico”, con misteri ricchi di indizi impalpabili, colpevoli insospettabili e qualche colpo di scena. In questo caso il mistero ruota intorno alle formule segrete di un certo Vandoren e alla sua fabbrica di porcellane, che il solito riccone vorrebbe abbattere per costruire un centro commerciale (singolare la somiglianza con la storia ambientata nel faro di Capo Quack). Topolino, in vacanza con Minni a Philbury, la città in cui si trova la vecchia fabbrica, ritrova le formule segrete e sventa (ovviamente) la distruzione dell’edificio. Discreta la trama, che se non altro fa a meno della solita ambientazione a Topolinia (per quanto bizzarra appaia la città di Philbury, più tipica della vecchia Europa che della nuova America) e mostra una Minni molto attiva e coinvolta nelle indagini. Troppo angoloso il disegno di Vian, che si sforza di dare un taglio moderno a un tipo di storia vista e rivista centinaia di volte, riuscendoci solo in parte: tuttavia una chicca davvero notevole è la comparsa della famosissima centrale di Battersea (chiunque conosca bene i Pink Floyd capirà subito), qui spacciata per la fabbrica di porcellane. Una citazione raffinata e che da sola fa perdonare a questa storia tutti i problemi, piccoli e grandi, che altrimenti la condurrebbero rapidamente nel dimenticatoio. Omaggio ai Pink Floyd: Vian raffigura la famosa centrale di Battersea – Il retaggio del battipista, di Pier Giuseppe Giunta e Valerio Held: Pippo e Topolino, servendosi della bussola di un antenato di Pippo detto “il battipista” compiono un’escursione in montagna, andando incontro a mille inconvenienti. Proprio quando si scopre che l’ago della bussola è solo disegnato i due amici si ritrovano in una valle di particolare bellezza e ritrovano fiducia nel “battipista”. – Questione di proporzioni, di Tito Faraci e Marco Mazzarello: nuova storia della serie “Paperino e Paperoga Space Team”, vede i due cugini sbarcare su un pianeta pieno di insetti giganteschi; ma non sono soltanto questi ad essere così grandi… – Paperin Prometeo e il segreto del fuoco, di Luca Barbieri e Giampaolo Soldati: nuova storia della serie “La grande mitologia papera”, che in questa occasione ci narra di come i Titani (in realtà i soliti Paperino e Paperoga) abbiano portato agli uomini tutti i vizi e le virtù e di come Zeus avesse deciso di riprendersi il fuoco per punirli di un inganno “culinario” perpetrato ai suoi danni. Prometeo (Paperino) rimetterà le cose a posto, sia pure tra un guaio e l’altro. Numero 3583 del 24 luglio – Copertina di Paolo Mottura, dedicata alla storia più importante del numero: “Il Miliardo”, nuova parodia del “Milione” di Marco Polo nel 700esimo anniversario della sua morte (un’altra parodia era comparsa nel 1982). A troneggiare in copertina è Paperone nelle vesti di Marco Polo, con uno sfondo ispirato a una copia manoscritta della sua opera, riprodotta anche nei dettagli più fini. Tutto questo fa della copertina una delle migliori dell’anno: sarà lo stesso per la storia a cui si ispira? – Il Miliardo, di Marco Nucci e Giorgio Cavazzano: in che periodo si colloca questa nuova caccia al tesoro che, a giudicare dalla fama degli autori, dovrebbe diventare un punto di riferimento per le generazioni future? Non si capisce. Da un lato Nucci non sembra disdegnare la continuity donrosiana, ambientando la trama nell’epoca in cui Paperone si è appena trasferito a Paperopoli, è ricco ma non miliardario e neanche esiste il suo deposito (quindi primi del ‘900), dall’altro lo fa interagire con un già affermato Rockerduck e persino con suo nipote Paperino, qui raffigurato come un giovane marinaio (in continuity con la storia de “L’Ombroso”, pure opera degli stessi autori) di stanza in Europa: fine anni ’30? L’insanabile contraddizione, oltretutto inutile (Paperino poteva venire sostituito da altri personaggi o Paperone poteva agire da solo, come del resto ha sempre fatto da giovane), divide in due la comunità dei lettori disneyani: da una parte chi è cresciuto con le storie di Guido Martina e Rodolfo Cimino, tutte fini a sé stesse, e non ha mai accettato il certosino lavoro svolto da Don Rosa e poi ripreso da altri autori (Gervasio su tutti), volto a introdurre la continuity in un mondo che ne è sempre stato lontano; dall’altra chi ben conosce altre realtà fumettistiche, nei quali la continuity è un dato di fatto e magari sa anche che un tempo – quando erano in pochi a lavorarci – non era poi così estranea al mondo disneyano. Strano, comunque, che in un periodo in cui la direzione della rivista spinge molto la continuity e lo stesso Nucci fa molta attenzione a rispettare quella delle sue storie, sia stato partorito questo “Miliardo”, oltretutto non altezza delle migliori storie di questo autore e disegnato mediocremente da un Cavazzano in palese declino, un Cavazzano che neanche riesce a mantenere coerente l’aspetto di Paperino tra una pagina e l’altra. Viene quasi il dubbio che si tratti di una vecchia storia di Nucci, ideata prima che l’autore diventasse davvero bravo, e considerata da Cavazzano un lavoro minore. Alla fine questo “Miliardo” altro non è che un’ennesima caccia al tesoro, con zio e nipote che girano l’Asia alla ricerca di indizi che li portino al tesoro di Marco Polo (o meglio, a quello del “Gran Cane”). Il tesoro, ritrovato dopo molte vicissitudini, sarà un po’ diverso da come se lo aspettavano. Ma anche in questo, nessuna novità. Curiosa l’idea di creare, dopo l’arcinoto club dei miliardari, anche un club dei milionari, ovviamente bistrattati dai soci del primo: è forse l’unico elemento davvero convincente di questa storia. La trasformazione che Cavazzano fa subire a Paperino col passare delle pagine: da adolescente a bambino, quasi una versione “maggiorata” dei nipotini – Tipo da spiaggia, di Tito Faraci e Lucio Leoni: Pippo si costruisce una spiaggia in giardino, con tanto di ombrellone, piscina eccetera. Topolino non è convinto della soluzione e va con Minni in una spiaggia tradizionale, che si rivela però troppo affollata. – Topolinia party, di Rudy Salvagnini e Luca Usai: nuova storia della serie “I mercoledì di Pippo”, che vedono quest’ultimo leggere delle storie a Topolino, storie che però vengono modificate al volo quando i risvolti surreali diventano eccessivi finendo per suscitare le proteste dell’amico. La storia di questo numero, incentrata su un party in casa di Topolino, si rivelerà essere un espediente di un gruppo di alieni desiderosi di compagnia e capaci di assumere l’aspetto di ogni amico (o nemico) del loro “ospite”. – Addio, giovani marmotte, primo episodio, di Marco Nucci e Libero Ermetti: ed è in questa storia che si rivede il vero Nucci, confermando che “Il Miliardo” non è una tra le sue migliori. La storia è impegnativa e Nucci osa molto, portando non solo il Gran Mogol, ma perfino i nipotini, ad abbandonare il Corpo delle Giovani Marmotte: il primo dopo una serie di errori che culminano in un grave incidente che mette in pericolo due ragazzi, i secondi perché spiazzati da questa decisione e a loro volta presi da molti altri impegni (viene ricordato che, stavolta in piena continuity con le storie dello stesso Nucci, Qua suona con il gruppo dei Bumpers, Qui è molto impegnato con i suoi amici dell’area 15, Quo gioca nel campionato giovanile del Calisota), In apparenza queste decisioni sono irrevocabili, e se confermate diventerebbero un punto di svolta epocale nelle storie del mondo disneyano: Nucci, che dà il meglio di sé nell’esplorare i drammi, piccoli e grandi, di tutti i personaggi, forse osa troppo. O no? Difficile che nel prosieguo della storia queste decisioni non rientrino, anche se sembrano ben ponderate e motivate. Ma che diventeranno le Giovani Marmotte sotto la guida del nuovo Gran Mogol, un certo Higgins, chiaramente non all’altezza del compito? Notevoli i disegni di Ermetti che, come spesso accade quando una storia è valida, riesce a migliorarsi trovando spesso e volentieri le espressioni giuste – persino alcune un po’ insolite – oltre ad eccellere nelle panoramiche, qui numerose in quanto la vicenda si svolge quasi interamente nel Parco di Mousetrap, durante un’escursione delle GM. Non sarebbe stato meglio dedicare la copertina a questa storia? Ermetti trasforma un altrimenti bonario ufficiale delle GM in un giudice spietato e minaccioso Ermetti alle prese con una classica “notte buia e tempestosa”, qui raffigurata senza calcare troppo la mano così da accentuare il realismo della situazione e dei drammi che presto seguiranno Numero 3584 del 31 luglio – Copertina di Francesco D’Ippolito, finalmente dedicata alla storia sulle Giovani Marmotte, che in questo numero si conclude con due parti stranamente proposte in contemporanea. Purtroppo non è una copertina che rende giustizia all’ottima storia di Nucci: troppi becchi spalancati, troppi sorrisi, troppi primi piani, troppe foto sparse senza criterio mal si adattano ad una trama ricca di momenti di introspezione e i cui drammi si svolgono in silenzio o dietro le quinte. Per fortuna il numero, nel suo insieme, non è male e non sarà certo una copertina infelice a svalutarlo. – Addio, giovani marmotte, secondo e terzo episodio, di Marco Nucci e Libero Ermetti: come era facilmente prevedibile Nucci riesce a far rientrare i clamorosi sviluppi con cui si era conclusa la prima parte di questa storia: nelle ultime pagine tutto torna come prima, il Gran Mogol riprende il suo posto e, sulle ali dell’entusiasmo, anche i tre nipotini rientrano nei ranghi. Per arrivare a questa conclusione ci vuole un anno intero, consumatosi in poche tavole nelle quali non sembra succedere molto: un notevole azzardo, considerando che i personaggi sono molto giovani e di conseguenza un anno non sarebbe affatto un tempo per loro trascurabile, soprattutto alla luce del fatto che nella quasi totalità delle storie non crescono e non si evolvono in alcun modo. Notevole è la bravura di Nucci nell’introdurre, viceversa, elementi di crescita e di maturazione senza i quali non sarebbe possibile tornare su decisioni così drastiche come l’abbandono del Corpo. È così che la nostalgia ha il sopravvento e dopo una visita al “loro” Gran Mogol i nipotini si rimboccano le proverbiali maniche e riescono a riabilitarlo: un’altra notte buia e tempestosa metterà le cose a posto. Pagina dopo pagina, Nucci ed Ermetti ci offrono una lunga serie di citazioni: i personaggi della nucciana Farmtown (famosa per i tormenti di Gastone) fanno spesso capolino; il padre del Gran Mogol, ormai pensionato dopo essere stato tra i membri più importanti del Corpo, diventa protagonista; Frances, introdotta anni fa dagli stessi autori come amica d’infanzia di Paperino e Paperoga, ha un ruolo piccolo ma importante. Ermetti si conferma al suo meglio, pienamente a suo agio con una storia difficile da disegnare ma che richiede padronanza di espressioni ed efficacia nelle inquadrature. Alla fine questa storia non sarà forse annoverata tra i capolavori nucciani: ma quante altre finiranno per arricchirsi indirettamente – quelle dell’area 15, per esempio – grazie alla sua esistenza? Ermetti e un momento difficile per i nipotini, difficile soprattutto per il disegnatore – Alla ricerca dell’ignoto, di Rudy Salvagnini e Marco Mazzarello: altra storia della serie “I mercoledì di Pippo”, vede stavolta un suo antenato protagonista della ricerca di ogni creatura misteriosa, dallo Yeti al mostro di Loch Ness e così via. Topolino è il suo assistente, e alla fine Pippo riesce anche a tirare in ballo gli alieni, modificando un finale che pareva ben riuscito. L’ultima parte del numero è pubblicata capovolta, con tanto di copertina alternativa, ed è dedicata a Paperoga, personaggio di cui ricorre il 60esimo anniversario della sua prima apparizione. Non male questa copertina, a cura di Enrico Faccini, che mostra un Paperoga intento a suonare la chitarra elettrica, in una posa e su uno sfondo che ricordano gli anni ’60 e il surrealismo tipico dell’epoca in cui fu ideato questo singolare personaggio. – Il chiodo fisso, di Marco Nucci e Andrea Maccarini: storia che si legge per prima in quanto situata nelle ultime pagine del numero, offre una curiosa spiegazione delle stranezze di Paperoga e del motivo che lo spinge a seguire i corsi più improbabili: avendo solo bisogno di piantare un chiodo inizia a seguire un corso di bricolage; poi, senza terminarlo, uno di “cromie domestiche” e così via, sino all’incredibile numero di 483 corsi! Piccola sorpresa finale che ci ricorda la bravura del suo autore, il solito Nucci. – Clappa Giappa!, di Enrico Faccini: stavolta Paperoga ruba casualmente una formula magica ad un illusionista e si ritrova perseguitato da una serie di copie di sé stesso che solo lui può vedere. Dopo aver chiesto invano aiuto a tutta la famiglia, tornerà dall’illusionista, che dopo averlo preso (bonariamente) in giro non avrà problemi a liberarlo dalle copie. Navigazione articoli PV – WHATS? MATITE BLU 392