Numero 3576 del 5 giugno – Copertina di Freccero, che ripropone un primo piano del papero più famoso del mondo, così come appariva nei titoli dei classici cartoon disneyani (dal 1937 in poi). Come tutti sanno, cade in questi giorni il 90esimo anniversario della sua prima apparizione, nel cartoon del 1934 “The wise little hen”, e questo omaggio appare doveroso – per quanto nulla aggiunga al personaggio, e nulla ci dica dei contenuti di questo numero, che invece propone diverse storie non prive di interesse. – L’ombroso, di Nucci e Cavazzano: audace tentativo di Nucci di scavare nella nebbia che circonda le origini di Paperino, e che ogni autore, di tanto in tanto, ci ripropone a modo suo, questo “ombroso”, simbolo delle paure che tutti ci portiamo dentro spesso senza ragione, verrà ricordato a lungo. Non è tra le storie più memorabili di Nucci, e il disegno del grande Cavazzano inizia a risentire dell’età non più verde: ma la collocazione di questa vicenda in un momento in cui un Paperino già adulto non ha ancora i nipotini con sé, né è fidanzato con Paperina, né conosce lo zio Paperone, e ciò nonostante evita facili contraddizioni, ben lascia capire quanto sia geniale e privo di timori reverenziali un autore ancora giovane come Marco Nucci. La storia, velato omaggio a “Il colombre” di Dino Buzzati, ci spiega, fra le altre cose, perché Paperino porta sempre una divisa da marinaio, e nello stesso tempo ci fa intravedere un lato del papero un po’ insolito ma non per questo meno interessante. Forse Nucci poteva osare di più, e forse Cavazzano poteva mettere più cura nei disegni; ma ricordando che in fondo questa storia ha il solo scopo di celebrare un anniversario si può essere più che soddisfatti. – La banda del Lupo, di Artibani e Pastrovicchio: questa è la storia che avremmo voluto vedere nell’ambito delle celebrazioni disneyane dell’anno scorso! Topolino, Pippo e Paperino ci vengono proposti in una storia “vintage”, ambientata negli anni ’30, con tanto di capitano Setter e meccanico Musone ad assisterli, e il quasi dimenticato Lupo (Sylvester Shyster) a fare da villain al posto del solito Gambadilegno. La storia, a differenza di tutte quelle realizzate l’anno scorso, non è la rielaborazione di un cartoon, ma è originale, e per questa ragione acquista quella marcia in più che mai si era vista in quelle precedenti. Lo spunto non è originale, ma la trama è serrata, il ritmo perfetto e il disegno imita bene lo stile di Gottfredson, sia pure con qualche problema sui nipotini (inseriti un po’ a forza nella trama), ma con diverse punte di eccellenza, tra cui un Paperino dal look moderno pur nell’atmosfera vintage. Pastrovicchio ottimo con Paperino, meno con i nipotini – Tutti i lavori di Paperino, di Faraci e Faccini: bizzarra storia che propone in successione ben 90 “lavori” (uno per ciascun anno) attribuiti a Paperino, a ciascuno dei quali è dedicata una vignetta. Dovrebbe essere la storia conclusiva della serie “Gli allegri mestieri di Paperino”, – La missione a rovescio, di Sisti e Malgeri: l’ultima storia del numero è di stampo classico, con Paperone opposto ai Bassotti. Ad aiutarlo il flemmatico astronauta Luke Papertano, caricatura del nostro Luca Parmitano. Numero 3577 del 12 giugno – Copertina di Facciotto, che celebra gli imminenti Europei di Calcio (l’Italia è campione in carica) mostrandoci un Paperino calciatore con la sagoma dell’Europa sullo sfondo. Immagine semplice e per questo efficace, anche se, di nuovo, manca ogni riferimento alle storie di questo numero, tutte senza infamia e senza lode se si eccettua la prima, davvero particolare. – Gli anni ruggenti della 313 & Il furto storico, di Michelini/Gervasio e Baccinelli: storia molto particolare che si inquadra nei festeggiamenti in corso dal numero precedente e ci propone, da due diversi punti di vista, una vicenda semplice e che nondimeno riserva molte sorprese. La storia ruota intorno alla famosissima automobile di Paperino, la 313, rubata dai Bassotti in quanto ormai diventata “auto storica” (ed era tempo!) e recuperata non senza fatica dal suo proprietario. La prima versione della storia, quella scritta da Fabio Michelini, ci mostra una 313 dotata di vita propria, affezionata al suo proprietario al punto di darsi da fare in prima persona per sconfiggere i Bassotti e salvare Paperino, da loro catturato dopo aver seguito i bulloni caduti dalla vecchia macchina lungo il percorso compiuto per raggiungere il covo della banda; la seconda versione, quella scritta da Marco Gervasio, rivela invece che è Paperino, dopo avere indossato il costume di Paperinik e dopo una complessa indagine, l’artefice del ritrovamento della 313 e del suo recupero, grazie ai marchingegni (robot e telecomandi) in suo possesso. Siamo insomma di fronte ad una situazione che ricorda quella della mitica strip Calvin & Hobbes: la tigre Hobbes è solo un peluche che esiste nella fantasia di Calvin o sono gli adulti che la credono tale? Analogamente, è stata la 313 a darsi da fare nel momento decisivo, o è solo merito di Paperinik? Ai lettori l’ardua sentenza. La storia non è di quelle memorabili (buoni invece i disegni di Baccinelli), ma l’idea di mostrarcela da due punti di vista – incompatibili eppure mai in contraddizione tra di loro – la rende unica nel suo genere. Baccinelli ormai perfetto nel disegnare Paperinik – Quale nipotino?, di Stabile e Marco/Stefano Rota. Paperino, che ha vinto due biglietti per visitare un Parco Giochi, deve scegliere un nipotino, ed uno solo, da portare con sé. Alla fine deciderà di non scegliere e di andare tutti insieme da un’altra parte. – Garage sale, di Faraci e Perina. Pippo cerca di svuotare la sua soffitta vendendo per strada tutto ciò che contiene, inclusi oggetti che si rivelano preziosi ed altri pericolosi. Alla fine tutto tornerà come prima. – I cronopasticci, di Midthun. Per non tardare ad un appuntamento con Paperina, Paperino usa una macchina del tempo inventata da Archimede: come in tutti i film sul genere, ogni tentativo causa più guai di quelli che si cerca di evitare. Però chi la dura la vince e alla fine Paperino ottiene ciò che vuole. – La freschissima dolce novità, di Cabella e La Torre. Due antenati di Topolino e Pippo, nella Francia di fine ‘600, inventano il gelato (allora sconosciuto in assenza di refrigerazione) e ottengono da Luigi XIV l’esclusiva della sua produzione e vendita. Numero 3578 del 19 giugno – Copertina di Cesarello, con l’insolito terzetto composto Da Topolino, Orazio e Clarabella (ci saremmo aspettati, al solito, di vedere Minni e Pippo col Topo) che fronteggiano pericoli nascosti in un ambiente selvaggio e chiaramente ostile: il riferimento è alla storia, divisa in ben 5 parti, che inizia in questo numero e che vede un interessante ritorno di Topolino all’avventura di stampo classico. Cesarello, reduce dal trionfo de “Gli evaporati”, è pienamente a suo agio con queste ambientazioni; non è lui, purtroppo, ad aver disegnato la storia in questione. – L’isola che non c’è, prima e seconda parte, di Salati e Soldati. Da molti anni Giorgio Salati non si cimentava con una storia lunga e complessa, e vi ritorna proponendoci un’avventura vecchio stile, con Topolino protagonista: il Topo, in compagnia di Minni, Orazio, Clarabella e altri compagni di viaggio, si trova in crociera e finisce per naufragare sulla più classica delle isole deserte, piena di pericoli palesi e nascosti, e senza la possibilità di venire soccorso nell’immediato. Come se non bastasse, i numerosi compagni di viaggio, capitano della nave incluso, hanno tutti qualcosa da nascondere e un atteggiamento che, da subito poco collaborativo, diventa a mano a mano apertamente ostile. Niente di nuovo sotto il sole, dunque: eppure, la storia è costruita bene, con un ritmo lento ma mai noioso, con pochi misteri, ma intriganti, e soprattutto con una caratterizzazione dei comprimari decisamente insolita per gli standard disneyani, dove solo i consueti protagonisti hanno spazio per qualche approfondimento. Buona anche la trovata di fare avanzare una storia “parallela”, con Pippo, Basettoni ed altri che a poco a poco iniziano a capire che qualcosa dev’essere successo al gruppo di crocieristi, ma tardano a muoversi, mentre la situazione si fa difficile e la tensione aumenta… qualcuno già paragona questa storia a “Lost”, ma molto dipenderà dal finale, che per fortuna arriverà tra soli due numeri, senza che si debba aspettare anni come per una serie televisiva. Buoni i disegni di Soldati che, come capita spesso ai disegnatori disneyani, riesce meglio sui comprimari che sui personaggi classici. Mi aspettavo, data l’ambientazione, più dettagli e più panoramiche: ma qualche vignetta davvero valida, ogni tanto, la si trova. Soldati e una panoramica di rara efficacia, quasi da vertigine (letteralmente) – Sveglia, Paperino!, di Deninotti e Franzò. Paperino, oppresso dai troppi impegni e dal troppo tempo in cui assume le sembianze di Paperinik, è sfinito e rischia anche di farsi scoprire. Saranno i nipotini a aiutarlo, dapprima organizzando meglio le sue giornate e poi lavorando al posto suo. – Una piccola incomprensione, di Faraci e Mazzarello. Breve storia di quella che sembra una nuova serie: “Paperino e Paperoga space team”, e che vede i due cugini in missione su un lontano pianeta popolato di misteriose, ostili creature. Non tutte, per loro fortuna. – La giocodenarite contesa, di Stabile e Guerrini. Ennesima competizione fra Paperone e Cuordipietra, storico rivale tornato di moda in questi ultimi anni. Questa volta la sfida riguarda le strane abitudini dei due miliardari nel maneggiare il loro denaro (come il famoso bagno nelle monete) e, come sempre, sarà Paperone a vincere. Numero 3579 del 26 giugno – Copertina di Mastantuono, ispirata alla prima storia del numero, non la migliore né quella che si ricorderà per sempre, ma che proprio per questo merita l’attenzione. E che attenzione: il disegnatore romano sfodera una delle migliori copertine dell’anno, ambientata nella stanza in cui dormono Paperino e Paperoga (terrorizzato il primo, beatamente addormentato il secondo), assediata dai fantasmi dell’albergo nel quale lavorano. I fantasmi, resi con un effetto trasparente, danno alla copertina un senso di inquietudine che ben si addice alla storia in questione: storia che tuttavia non presenta alcun fantasma! – Il Grand Mirror Hotel, di Sarda e Palazzi. Paperino e Paperoga, ancora una volta in coppia come spesso accade in questi ultimi anni, lavorano nel “Grand Mirror Hotel”, un albergo (ovviamente posseduto da Paperone) caratterizzato dalle “stanze a tema” e frequentato da Vip di ogni tipo, criminali compresi. Fra tesori da ritrovare e colpi di scena la storia riesce a mantenere sino alla fine un ritmo armonioso, con molti spunti umoristici ad alleggerire una trama non banale. Merito dell’anziano ma sempre valido Bruno Sarda, sceneggiatore tra i migliori di sempre, che negli ultimi anni ha diradato la sua produzione ma si mostra ancora capace di qualche spunto originale. Un ulteriore colpo di scena chiude la storia, che in sole 30 pagine dimostra che le lunghe saghe, in 3-4-5 puntate, non sono poi così necessarie – a patto di avere buone idee e saperle realizzare. Palazzi fa un lavoro discreto, forse non eccelso come espressioni e dinamismo dei personaggi, ma non privo di abilità nelle inquadrature e nei cambi di scena, che danno alla storia un taglio cinematografico che la valorizza ulteriormente. Una storia non memorabile, ma molto al di sopra della media, almeno quella di questi ultimi anni. Palazzi e una scena “cinematografica”, con la prospettiva che valorizza il movimento frenetico dei due protagonisti mentre corrono in direzione opposte – L’isola che non c’è, terza e quarta parte, di Salati e Soldati. Prosegue la complessa storia ideata da Giorgio Salati, con una serie di spunti che sembrano richiamare un classico del genere come “Il signore delle mosche”: i naufraghi, oltretutto decimati dalle misteriose scomparse, iniziano a lottare fra di loro, a tendersi agguati, persino ad ostacolare gli eventuali soccorsi; né la saggezza e la determinazione di Topolino bastano a tenere sotto controllo una situazione che sembra sfuggire a tutti di mano. I colpi di scena e i rovesciamenti di fronte si succedono senza sosta, e in parallelo si intensificano le ricerche di Pippo, di Basettoni e anche di altri personaggi: tutti, ormai, hanno capito che è successo qualcosa di grave. A mano a mano che la storia procede tutti i personaggi secondari acquistano spessore, inclusi gli amici di Topolino (Orazio su tutti), rendendo sempre più realistica, in effetti simile a una serie televisiva, la vicenda ideata dallo sceneggiatore milanese. Finale in crescendo, con cliffhanger inevitabile. Disegni sempre buoni, pur senza punte di eccellenza. Salati efficace nel rendere le espressioni dei personaggi secondari – L’appuntamento a pedali, di Bosco e Panaro. Paperino e Paperoga di nuovo in coppia, col primo che, in ritardo ad un appuntamento con Paperina, ha la cattiva idea di sfruttare la nuova attività del cugino: conducente di risciò a pedali. – Il decino dell’infinito, di Aaron e D’Ippolito/Pastrovicchio/Mangiatordi/Perissinotto. Jason Aaron, famoso sceneggiatore della Marvel, realizza quello che è stato chiamato un “crossover” tra la Disney e la Marvel, le cui aspettative, esaltate anche da un titolo che richiama un celebre film con gli Avengers, erano enormi: persino la retrocopertina (la storia è pubblicata a rovescio in fondo al numero) è stata affidata ad Alex Ross, disegnatore che a sua volta lavora per la Marvel e la DC, a ribadire quanto la Marvel sia coinvolta nella realizzazione di questa storia. La cui importanza, a prima vista, sembra tale da richiedere, da parte della Disney Italia, l’intervento non già di uno, bensì di quattro disegnatori tra quelli più apprezzati. Ciò nonostante siamo di fronte alla classica montagna che partorisce il classico topolino: la vicenda ci mostra il solito multiverso in cui un Paperone più solo e avido degli altri parte alla conquista degli averi di tutti i suoi omologhi, che dovranno unirsi per sconfiggerlo coinvolgendo anche tutti gli Archimede e tutti i Paperino. Dopo sole 30 pagine un’avventura di incredibile complessità, quasi “cosmica”, che poteva andare avanti per decine di numeri, termina col solito finale buonista e senza che almeno uno dei Paperoni, neanche quello “cattivo”, sia stato veramente approfondito. Se da un lato una storia come questa ci fa capire quanto sia stato un bene che le storie disneyane vengano realizzate, ormai dagli anni ’50, da autori italiani, dall’altro ci fa anche capire quanto sia difficile, per un autore americano, cimentarsi con un universo narrativo che solo pochi, insuperabili geni riescono a sfruttare nel migliore dei modi (anche per le troppe censure attualmente in vigore). Di una storia deludente (e che neanche è un vero “crossover”) si salvano solo alcuni disegni, specialmente quelli con dei Bassotti veramente minacciosi, ma nell’insieme anche la parte grafica appare troppo “caricata”, con un eccesso di “effetti speciali”, di vignette a tutta pagina, di inquadrature estreme e di colorazioni strane e mutevoli, quasi violente. Un’occasione sprecata anche se, pare, ce ne saranno altre. La retrocopertina di Alex Ross, fascinosa ma tutt’altro che memorabile Una volta tanto i Bassotti sembrano veramente cattivi Troppo cattivo ed irriconoscibile, invece, il Paperone di Aaron, “caricato” e colorizzato con uno stile più da Marvel che da Disney Navigazione articoli MATITE BLU 387 CHI SA QUALCOSA DEL “TEXONE” DI DICK AYERS?