STORIA E GLORIA DELLA SOUBRETTE

La storia della soubrette viene da lontano e ha attraversato parecchi mondi ed epoche, avendo sempre avuto a che fare con le travagliate vicende della presenza femminile nello spettacolo in senso lato.

All’origine della nostra civiltà le donne in scena non erano molto gradite, sia che cantassero sia che recitassero: gli attori erano uomini che interpretavano anche i ruoli femminili (indossando maschere o truccandosi in volto), i compositori scrivevano note per voci chiare di adolescenti e, fino a tempi relativamente recenti, per i castrati, inquieti e ambigui.

La presenza fisica della donna era considerata conturbante e “peccaminosa”. Ciononostante, malgrado l’influenza del cattolicesimo, proprio in Italia ha avuto inizio il percorso delle donne nel mondo dello spettacolo.
Di percorso si può parlare perché ha a che fare proprio con la strada: le compagnie ambulanti di joculatores e danzatrici nel mondo latino, diventate con il passare del tempo i girovaghi della commedia dell’arte, avevano come spazio scenico le vie e le piazze di paesi e città ogni giorno diversi.

La Francia seguì da vicino le vicende teatrali italiane, sdoganando ben presto la presenza delle donne in palcoscenico e offrendo loro ruoli importanti.
Se nel Seicento Pierre Corneille e Jean Racine (ri)crearono personaggi come Medea e Fedra e Ifigenia, più avanti Moliere ne immaginò altrettanti, sia pure con meno generosità, ma si sa, lui era anche il primattore e la parte migliore la teneva per sé.

Intanto in Inghilterra quel mostro sacro di William Shakespeare, seppur vedesse le sue donne impersonate da imberbi giovanotti, si ingegnò con Giulietta, lady Macbeth, le allegre comari, ruoli immortali anche se un po’ di contorno.

In genere, tuttavia, il teatro serio ha riservato poco spazio a sottane e crinoline: evidentemente nel mondo leggero della commedia i grandi personaggi femminili erano più apprezzati.
Pian piano, dunque, ci si sposta dalla tragedia alla commedia, che, in versione teatrale o musicale, era destinata a una lunghissima vita (forse perché le donne sono più reali, provengono dal mondo di tutti i giorni e tendono a non essere più tanto vittime degli eventi).

Ecco quindi irrompere, sulla scena italiana del Settecento, Carlo Gozzi e Carlo Goldoni che, pur rivali nella concezione del ‘nuovo teatro’, contribuiscono entrambi all’affermarsi di personaggi femminili che andranno ad arricchire il panorama teatrale dell’epoca e resteranno immortali.

Gozzi diede alle scene due grandi icone del teatro fantastico, Turandot e la Donna Serpente.
Mentre Goldoni, amante del bel sesso, non solo creò Mirandolina per “La locandiera”, ma anche lavori teatrali quali “Le baruffe chiozzotte” e “Il campiello”, interamente dominati da strabordanti personaggi femminili.

E così si arriva ai primi vagiti della soubrette, figura indissolubilmente legata proprio alla commedia, al teatro leggero (inteso non solo come intrattenimento, ma anche come meccanismo drammaturgico agile, ben oliato e libero da regole aristoteliche e simili).

Ragazza smorfiosa: questo è il vero significato del termine in francese provenzale soubrette, ovvero ragazza che fa un sacco di smorfie, giochini e ripicche. Infatti, proprio nella prosa francese del Settecento viene coniato il termine soubrette per definire il personaggio della giovane servetta peperina e astuta, ruolo pronipote diretto delle Colombine e delle Smeraldine della commedia dell’arte.

Dal teatro recitato al mondo dell’opera in musica il salto è presto fatto: la soubrette è un soprano leggero, non ha la voce calda, profonda e importante della primadonna. Anzi, a volte non ha nemmeno grandi doti vocali, ma è carina, allegra e sempre pronta a esibire un bel decolleté e a recitare con brio.

Inutile dire che la Servetta o Soubrette è una figura molto amata dal pubblico popolare e assai cara agli autori, drammaturghi prima e compositori d’opera buffa poi, per i motivi succitati. L’eroina brillante, la co-protagonista giovane e linguacciuta, che spesso dà una mano a risolvere la vicenda o a volte a complicarla ancora di più.

Serpina, Despina, Zerlina, Susanna per autori come Mozart e Pergolesi hanno significato davvero tanto, senza dimenticare le Rosine rossiniane e le nipoti novecentesche create da Johann Strauss, Puccini, Lehar e dagli autori d’operetta.

E si arriva appunto all’operetta che, come fa capire il nome, è una parente più semplice e leggera dell’opera lirica. La musica è più facile ed orecchiabile, le storie più vicine agli intrecci sentimentali dei romanzi rosa in voga tra Ottocento e Novecento, gli interpreti meno raffinati e vocalmente dotati.

Qui la soubrette ha un ruolo fondamentale e fondamentale è il fatto che sia molto avvenente: le interpreti arrivano direttamente da forme di spettacolo ancora più umili.
Come il caffè chantant, locali fumosi e pieni di alcol dove le cantanti-ballerine non disdegnano di appartarsi con i clienti. L’avanspettacolo, sorta d’intrattenimento comico canoro eseguito dopo le prime proiezioni cinematografiche. Il varietà, sequenza di numeri cantati, balletti e intrattenimento di comici o illusionisti; quello che in Italia diventerà un genere di tutto rispetto e di gran successo, rimpiazzando proprio l’operetta, che pian piano diventa un genere spurio. Il teatro di rivista, dove i numeri si alternano più sfarzosi tenuti insieme da una specie di canovaccio.

Il teatro di rivista non è un fenomeno solo italiano, spopolò anche in Francia (con Josephine Baker e Mistinguette), Inghilterra e Stati Uniti (con le Ziegfield Follies). Segna la voglia di distrazione e di divertimento, ma anche di ‘follia’. Definì un periodo storico tra i più difficili della storia mondiale, quello tra gli anni trenta e la prima metà degli anni cinquanta: dittature, guerra, orrore, ricostruzione.

Il teatro di rivista porta il termine soubrette alle stelle, facendo poco a poco ignorare l’origine antica: la soubrette è il sogno segreto di tutti gli uomini di quel periodo.
La soubrette non è più la servetta maliziosa, ma è la donna elegante, spiritosa, sensuale. L’elemento irrinunciabile di ogni compagnia. Anzi, maggiore è il loro numero e meglio sono vestite (si fa per dire) più facilmente si possono far passare battute e sketch che fanno satira contro il governo (fascista prima, democristiano poi).

E così, che si chiami Susanna, Mirandolina, Colombina, Serpina, Ana Fougez, Isa Bluette, Wanda Osiris, Delia Scala, Lauretta Masiero, Isa Barzizza o Sandra Mondaini, sempre la servetta/soubrette si ingegna a reggere il gioco al comico di turno, a cantare arie e canzoni maliziose, a giocare con il sex appeal e con i lustrini.

Anche se sembra un ambito teatrale che limitò le donne a un ruolo decorativo, il teatro di rivista ha dato loro visibilità e potere, le ha lanciate come protagoniste.
Anna Magnani, massima attrice del nostro cinema, di formazione drammatica, non disdegnò il ruolo di soubrette né all’inizio né all’apice della carriera. Wanda Osiris divenne addirittura capocomico delle riviste di cui era osannata protagonista, e prima ancora Milly trasformò il ruolo di soubrette in quello di chanteuse internazionale.

 

 

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