Steve Ditko, ricordato per la creazione (con Stan Lee) dell’Uomo Ragno e del Dottor Strange, è uno dei grandi del fumetto. Sta lassù in compagnia di pochi. È un artista completo, originale e modernissimo. Su questo non ci sono dubbi. Ditko è sulla scena fin dai primi anni Cinquanta mettendo in mostra fin da subito uno stile facilmente distinguibile da tutti gli altri.È uno stile dominato da una linea sottile e precisa, quasi classica nel suo incedere rotondo e calibrato che dona alle composizioni un’aura senza tempo. Questa linea però non si traduce immediatamente in inquadrature iconiche e in soluzioni grafiche indimenticabili, come succederà nella maturità. Nei primi tempi sembra avvolgere le cose celandole più che disvelarle, facendo soltanto intuire gli sviluppi fenomenali che si sarebbero determinati di lì a poco. Sarà solo grazie al duro lavoro effettuato su Strange Tales, l’albo antologico della Atlas-non-ancora-Marvel, che pubblicava storie “brevi” strane e misteriose di 4–6 pagine, che Ditko mise a punto le sue abilità, riuscendo finalmente a diventare sé stesso. In Italia queste storie brevi le avevamo viste negli anni Settanta in appendice, come riempitivi, degli albi Marvel-Corno. Strange Tales n. 46, 1956 Nel 1956, Strange Tales era una delle tante antologie di fantascienza, mistero e “weird fiction” pubblicate dalla Atlas Comics. Stan Lee supervisionava una serie di storie brevi, autoconclusive, con un colpo di scena finale, nello stile delle testate Ec. Ditko era appena tornato da una malattia e si stava riavvicinando al lavoro dopo alcuni anni di apprendistato e collaborazione con Joe Simon e Jack Kirby negli studi della Mainline. In questa fase, il suo segno è già riconoscibile ma ancora in evoluzione, la linea fine e nervosa che lo renderà famoso c’è già ma è più leggera e incerta, e tende a perdersi nell’insieme. Strange Tales n. 67, 1958 Dopo la crisi distributiva della Atlas del 1957 (tagli e razionalizzazione del parco testate), Strange Tales sopravvive e si assesta su un formato molto regolare: 4–5 storie da 4–6 pagine, copertine a effetto e tono generale tra il moraleggiante e l’ironico. Rispetto a due anni prima Ditko è più sicuro, la linea comincia a definirsi con maggiore consapevolezza e iniziano a vedersi le prime invenzioni grafiche, fatte di forme quasi astratte che vanno a individuare spazi essenzialmente mentali. Ditko sta costruendo, tassello dopo tassello, l’immaginario che esploderà pochi anni dopo. Strange Tales n. 73, 1959 Dal 1959 Steve Ditko prende l’abitudine di aprire le sue storie con una splash page. Quella di “I Saw the End of the World!”, è una delle sue più potenti visioni pre-Marvel e costituisce un autentico manifesto della sua poetica visiva e metafisica. La parte superiore è verbale e concettuale, dominata da un testo che si dilata come un urlo nella mente. La parte inferiore è puramente visiva: un primo piano ossessivo di un volto terrorizzato, che occupa l’intera vignetta. Il primo piano è dominato dagli occhi: enormi, spalancati, fissi, incarnano il “vedere troppo”. È il tema ditkiano per eccellenza: la conoscenza dà le vertigini. Strange Tales n. 76, 1960 La splash page iniziale di “I found the Mad Universe” è costruita come una spirale centripeta, un vortice che trascina lo sguardo dall’osservatore (l’uomo in primo piano) verso il fondo. Ditko inizia a usare lo spazio non per descrivere un ambiente, ma per visualizzare uno stato mentale, una vertigine esistenziale. C’è una qualità metafisica in questa tavola: l’uomo guarda l’universo, ma in realtà vede il proprio abisso interiore. L’“universo folle” non è solo un’altra dimensione, ma la percezione del caos che abita ogni essere pensante quando perde il proprio centro. Visivamente e concettualmente, è un preludio all’universo psichedelico e metafisico di Dottor Strange e agli incubi morali dei successivi e meno noti fumetti non marveliani: Mr. A e The Question. Strange Tales n. 77, 1960 La prima pagina di “The Strange Magic of Master Khan!” è un magnifico esempio del Ditko pre-Marvel mistico, in cui la dimensione fantastica e quella simbolica coincidono. Qui l’artista costruisce una scena di puro terrore metafisico e potenza visiva, che prefigura direttamente l’immaginario di Dottor Strange (che debutterà solo tre anni dopo). La figura immensa di Master Khan domina sui piccoli uomini in primo piano e rappresenta il momento in cui il soprannaturale irrompe nel mondo umano. Sul piano tecnico, il disegno mostra un Ditko maturo che affida alle mani il compito di veicolare i significati principali. Strange Tales n. 78, 1960 “What Would You Have Done if You Were the… Worm Mam!”, presenta una delle tavole più emblematiche della fase fantastico-esistenziale di Steve Ditko. Dietro l’apparente gusto pulp, l’uomo ridotto a dimensioni minuscole, braccato da una creatura gigantesca, si cela una riflessione più profonda sulla condizione umana. L’impianto della tavola è costruito su una diagonale che attraversa la pagina dall’alto al basso e da sinistra a destra. In alto, un mondo fatiscente di chiodi arrugginiti e ragnatele, al centro la figura minuscola dell’uomo che si aggrappa disperatamente a un filo. In basso, la minaccia mostruosa del ratto gigante. Siamo in una visione cosmicamente pessimista, dove la condizione umana è appesa a un filo. Strange Tales n. 80, 1960 “Trapped in the Room of Shadows!”, è una delle più intense e astratte composizioni di Steve Ditko nel periodo pre-Marvel. Qui la dimensione fantastica si fonde con quella psicologica e metafisica, in una scena che sintetizza perfettamente l’estetica dell’“angoscia esistenziale” di Ditko: l’uomo è rinchiuso in uno spazio mentale, assediato dalle proprie proiezioni interiori. Il disegno è costruito come una trappola visiva, non riconosciamo un “luogo” realistico: non vediamo pareti o angoli, ma solo una superficie indistinta dove le ombre diventano pericoli. Ditko usa un’inquadratura che schiaccia la figura umana sotto il peso delle proprie emozioni. Strange Tales n. 81, 1960 La tavola che apre “The Thing in the Cell” è dominata da una grata metallica, che occupa quasi tutto lo spazio visivo. Dietro di essa si scorge una sagoma mostruosa prigioniera nella penombra. Ditko anticipa qui quello che sarà uno dei suoi temi più profondi: la percezione della realtà come prigionia mentale e la tensione morale tra libertà e controllo. Letta in chiave interiore, questa tavola è una metafora dell’uomo moderno secondo Ditko: Il “mostro” rappresenta tutto ciò che la società e la mente vuole reprimere: desideri, paure, istinti, libertà. La cella rappresenta il sistema delle regole, della razionalità, dell’ordine. Strange Tales n. 82, 1960 Tecnicamente, la tavola che apre “The World Beyond” è un capolavoro di economia visiva: le linee del vortice sono regolari ma nervose, come onde magnetiche. Non descrivono uno spazio fisico, ma un campo di energia. Il colore è ridotto a tre toni: il viola del fondo (infinito), l’azzurro del tunnel (coscienza), e il nero della figura (inconscio). Ditko ci dà in pasto una visione dove l’uomo è piccolo e la sua ombra gigantesca, dove il confronto con l’inconscio è sempre perdente e l’uomo precipita dentro se stesso e le proprie paure. Lo stile di Ditko qui è già quello del Dottor Strange dei primi anni Sessanta: il cosmo come geometria mentale, dove l’orrore e la conoscenza coincidono. Il segno ha una qualità “mistica” che trasforma la realtà in vibrazione. Strange Tales n. 85, 1961 “The Ape Man”, è una delle immagini più eloquenti della poetica di Steve Ditko nel periodo immediatamente precedente alla nascita del Dottor Strange e dell’Uomo Ragno. Questa tavola racchiude, dietro l’apparente semplicità di un racconto horror, una rappresentazione visiva dell’archetipo del doppio. L’“uomo-scimmia” è la proiezione dell’inconscio animale, mentre l’uomo vestito è l’Io razionale che crede di aver superato l’istinto, ma che ora se lo trova davanti come un colosso interiore. La sintesi grafica è estrema: non c’è ambiente, non c’è sfondo realistico, solo la relazione archetipica tra due presenze che condividono lo stesso palcoscenico metafisico. Strange Tales n. 89, 1961 La scena di “The Green Things” è impostata su un movimento circolare ascendente. Le liane verdi si avvolgono e si torcono come linee di forza che occupano tutto lo spazio, creando una struttura spiraliforme. Al centro di questa spirale l’uomo, piccolo e isolato, si piega all’indietro, in una posa di difesa e di stupore. La linea è viva e vibrante, i contrasti cromatici spirituali, l’economia del segno assoluta. Nel segno fluttuante delle piante si intravede già la futura grafica mistica di Dottor Strange: linee che non appartengono più al mondo fisico ma alla mente, curve che rappresentano l’energia e l’ignoto. Strange Tales n. 91, 1961 “The Warning!” si apre con una tavola straordinariamente rivelatrice per comprendere la transizione di Steve Ditko dal fumetto fantastico pre-Marvel al mondo supereroistico dell’Uomo Ragno. Questa immagine sembra un ponte visivo e tematico tra le storie morali e introspettive del recente passato e il dramma urbano dell’uomo comune che diventerà il nucleo del suo capolavoro. La costruzione è semplice ma efficacissima, lo spazio dell’immagine è diviso in due piani, il mondo della forza cieca (in basso a destra) e quello della vulnerabilità umana (in alto a sinistra). La coppia di ragazzi ricorda moltissimo Peter Parker e Liz Allan dei primi episodi dell’Uomo Ragno. Qui Ditko getta le basi per il realismo emotivo che renderà Spider-Man unico. Strange Tales n. 94, 1961 La prima pagina di “Help!” è un capolavoro grafico e concettuale, forse una delle più audaci splash page della fase pre-supereroistica. In un solo disegno, Ditko trasforma un tema apparentemente banale, l’uomo che chiede aiuto, in una rappresentazione visiva della psiche sotto assedio. Le bocche isolate e sproporzionate sono una delle sue invenzioni più inquietanti. Non sono bocche “reali”: sono allegorie del giudizio, della colpa, del rimorso. Ditko qui raggiunge un livello assoluto di sintesi che unisce in una sola immagine grafica, psiche e filosofia visiva. È un’opera quasi “astratta”, eppure di una forza emotiva sconvolgente. Questa visione anticipa la solitudine e l’angoscia esistenziale di Peter Parker: anche lui perseguitato da colpe e responsabilità. Strange Tales n. 95, 1962 “Do Not Panic!”, è una delle ultime splash page che Steve Ditko realizza prima di entrare nel pieno della sua stagione supereroistica alla Marvel, e già mostra i semi della fascinazione per la filosofia oggettivista di Ayn Rand, caratterizzata da un forte accento su logica, ragione, individualismo, egoismo razionale e rifiuto del relativismo e dell’altruismo. In una città dalle prospettive inquietanti tre uomini fuggono da un oggetto volante oscuro, al centro della scena un uomo dal volto nascosto, con il trench che si gonfia al vento si rifiuta di fuggire. La sua posa, il cappello, la figura enigmatica, anticipano il personaggio di The Question (Charlton e poi Dc Comics, 1967), l’archetipo dell’uomo che si oppone al disordine del mondo. Navigazione articoli GUIDO BUZZELLI NELL’OLIMPO DEI FUMETTISTI GALAXY EXPRESS 999, UN MANGA DI FORMAZIONE