Chi era Lord Dunsany? Edward John Moreton Drax Plunkett, XVIII barone Dunsany (1878 – 1957), conosciuto più semplicemente come Lord Dunsany, è stato un autore di origine irlandese di cui per lungo tempo non si è saputo molto. Eppure influì su autori di punta come Howard Phillips Lovecraft o, più di recente, Jorge Luis Borges, che lo inserì nella sua collana “La Biblioteca di Babele, collana di letture fantastiche”, pubblicata da Franco Maria Ricci (Il paese dello Yann, 1981) in una tiratura di tremila esemplari. Anche J.R.R. Tolkien fu suggestionato da Lord Dunsany: in lui scoprì il precursore e iniziatore di una letteratura che racconta interi mondi, coerenti e fittizi, slegati dal reale. Il paese dello Yann (Franco Maria Ricci, 1981) La grande ed elegante potenza fantastica di Lord Dunsany originò cosmogonie e miti. Nel 1921 dichiarò: “Non scrivo mai sopra ciò che ho visto; scrivo sopra ciò che ho sognato”, e infatti le sue storie sono pervase da una vena onirica originale e sconcertante, dove protagonisti sono luoghi, tempi, abitanti e Dei immaginari. Oppure descrivono un realistico che si fonde nel fantastico, rivelando una sorgente sotterranea che molto ricorda la mitologia nordica oppure la tradizione celtica e il suo concetto di natura. Ha scritto di tutto: romanzi, racconti, saggi, poesia, opere teatrali. Sbarcato negli Stati Uniti, nel 1916 si ritrovò sul cartellone della programmazione con addirittura cinque opere teatrali in simultanea. Fatto che occorreva per la prima volta a un drammaturgo. Lord Dunsany In Italia, furono pubblicati alcuni suoi lavori teatrali durante i primissimi anni Quaranta nella rivista Il dramma, rivista mensile di commedie di grande successo. Il periodico, fondato da Pitigrilli, pseudonimo di Dino Segre (1893 – 1975), si presentava come quindicinale di critica letteraria (fu uno dei tre pilastri dell’archivio teatrale italiano, le altre riviste erano Comoedia e Scena illustrata). Ma ancora prima, la compagnia teatrale di Luigi Pirandello, creata nel 1924 e denominata Teatro d’Arte di Roma, debuttò al Teatro Odescalchi di Roma il 2 aprile 1925 con un atto unico dello stesso Pirandello e la rappresentazione del racconto Gli Dei della Montagna (The Gods of the Mountain, 1911) di Lord Dunsany. Poi, fino agli anni Ottanta su Lord Dunsany calò il silenzio, a parte alcune sporadiche traduzioni di racconti su antologie di autori vari che non arrivano alla decina; oltre a due romanzi pubblicati negli anni Settanta: Storia inquietante di Thangobrind il gioielliere e del funesto destino che si abbatté su di lui (The Curse of the Wise Woman; 1933 e successive edizioni), pubblicato da Sonzogno nel 1974 e in seguito da Reverdito nel 1989; e La figlia del re degli Elfi (The King of Elfland’s Daughter; 1924 e successive edizioni) pubblicato da Meb nel 1977 e in seguito da Edizioni della Terra di Mezzo nel 1991. Note bibliografiche così tecniche (per altro incomplete, non ho specificato, per esempio, i numeri di Il Dramma interessati), possono risultare noiose, ma per il lettore non è facile districarsi, al momento, su quali possibilità ci siano di leggere Lord Dunsany in traduzione. Quindi continuo. Una tavola di Sidney Herbert Sime. Illustra il racconto “Poltarnees, Beholder of Ocean” (1908), contenuto nella raccolta A Dreamer’s Tales (1910). Fu l’artefice delle tavole illustrative che tanto affascinarono H.P. Lovecraft Un paio di racconti della vastissima narrativa breve si trovano in una antologia di più autori pubblicata nel 1986 da SugarCo Edizioni: Incontri con Satana, che mi risulta una ristampa della precedente apparsa nel 1961 sempre a opera di Sugar (come si chiamava all’epoca). Due racconti sono contenuti anche nella pregevole antologia curata da Sebastiano Fusco: Il vento delle stelle, Storie in versi e no, di H.P. Lovecraft (Agpha Press, 1998). A parte altre apparizioni sparse in raccolte di autori vari, nel ventennio anni Ottanta e Novanta esce per la prima volta una raccolta di narrativa breve dedicata completamente a Lord Dunsany e pubblicata, come abbiamo visto all’inizio, da Franco Maria Ricci: Il paese dello Yann (1981). Qualche anno dopo è la volta dell’antologia Demoni, uomini e dei, pubblicata da Arnoldo Mondadori nel 1989 (Gods, Men and Ghosts, The Best Supernatural Fiction of Lord Dunsany; 1972), a cura di Giuseppe Lippi. E sempre nello stesso anno si aggiunge una raccolta monografica di narrativa breve: Il libro delle meraviglie, stampata dall’editore Reverdito (The book of Wonder, 1912). Sidney Herbert Sime: Landscape Decoration (photo credit: Sidney H. Sime Art Gallery) L’ultima pubblicazione interamente dedicata a Lord Dunsany è uscita nel 2020:Il libro delle meraviglie e altre fantasmagorie, stampata da Mondadori (Oscar Draghi). Del contenuto ho già dato gli estremi editoriali delle prime edizioni inglesi nel corso del testo. Sono raggruppati racconti e romanzi: le antologie Il libro delle Meraviglie e Demoni, uomini e dei (Uomini, Eroi e meraviglie, Yorkens, Dei); i romanzi La figlia del re degli Elfi e La maledizione della veggente. Quest’ultimo, come abbiamo già visto, era stato tradotto negli anni Settanta col titolo Storia inquietante di Thangobrind il gioielliere e del funesto destino che si abbatté su di lui. In generale, quasi tutto era già stato pubblicato in traduzione italiana, ma con questa ultima uscita diventa facile procurarsi parte dell’opera di Lord Dunsany. Pianeta N. 29, Luglio/Agosto, Compagnia Editoriale, 1969 A conclusione e in omaggio al genio fantastico di Lord Dunsany, riporto un suo racconto apparso sulla rivista Pianeta (Numero 29, Luglio/Agosto 1969), fondata da Jacques Bergier e Louis Pauwels, gli autori del leggendario Il mattino dei maghi. Un racconto di estremo interesse per la società di oggi, pur essendo stato scritto un centinaio d’anni fa. A Narrow Escape fu pubblicato dall’autore nel 1916 in una raccolta in doppia edizione, una per l’Inghilterra (Tales of Wonder; Charles Elkin Mathews), l’altra per gli Stati Uniti (The Last Book of Wonder; J.W. Luce), a cui seguirono numerosissime ristampe in lingua inglese fino al 2016. Nella lingua inglese, to have a narrow escape significa “salvarsi per miracolo”. In Italia, questo breve racconto apparve per la prima volta su Pianeta, e con il titolo Il mago contesta. Le successive edizioni italiane che uscirono in antologia, compresa l’ultima del 2020, riportano invece il titolo Di stretta misura, con una traduzione che si discosta da quella apparsa su Pianeta, la quale è un poco strana, per esempio per l’uso anomalo del discorso diretto. Nel racconto originale, infatti, si presenta tutto virgolettato. La suggestiva illustrazione apparsa su Pianeta, a corredo del racconto, è del disegnatore Roland Cat. Il testo è stato riportato integralmente. La tavola del disegnatore Roland Cat a corredo di “Il mago contesta”, Pianeta n. 29, 1969 Il mago contesta Edward Drax Plunkett barone Dunsany, è morto nel 1968. Autore drammatico, poeta e scrittore di origine irlandese, scrisse molte novelle fantastiche. di Lord Dunsany Le pareti della caverna situata al di sotto di Belgravia Square trasudavano umidità. Ma che importanza poteva avere un po’ di umidità per il mago? Egli aveva soprattutto bisogno di discrezione. Stare all’asciutto era una cosa secondaria. Meditava. Da qualche anno il rumore degli autobus era venuto a turbare la sua serenità; il suo orecchio percepiva da lontano il brontolio sordo della metropolitana che si precipitava verso Sloane Street. E quello che si capiva del mondo di sopra non era per nulla edificante. Una sera mentre fumava la pipa, là, nella sua camera umida, decise che Londra aveva vissuto abbastanza, che aveva approfittato troppo delle occasioni, che, insomma, aveva spinto troppo innanzi la sua civiltà. Fu così che prese la sua risoluzione. Fece cenno al suo discepolo, all’estremità opposta della caverna: « Portami il cuore del rospo che vive in Arabia, vicino ai monti della Betania ». Il discepolo sgusciò via lasciando solo il sinistro vecchio. Nessuno seppe dove andò, salvo forse gli zingari. Nessuno seppe che strada prese per tornare. In capo a un anno era di ritorno. Si introdusse silenziosamente nella caverna attraverso una botola mentre il vecchio fumava. Portava con sé un pezzetto di carne che marciva in una cassetta di oro puro. – Che cos’è? – È il cuore del rospo che viveva in Arabia vicino ai monti di Betania. Le dita del vecchio si rinchiusero sullo scrigno, e alzando la mano ad artiglio complimentò il discepolo con la sua voce rauca. L’autobus brontolava al di sopra di lui, compiendo il suo viaggio interminabile; in lontananza il treno scuoteva Sloane Street. – Vieni disse il vecchio mago, è ora. Abbandonarono la caverna; il discepolo portava il paiolo, l’attizzatoio d’oro e tutto l’occorrente. Sbucarono fuori alla luce sfolgorante. Il vecchio vestito di stoffe di seta era uno spettacolo molto curioso. Dei ragazzetti si misero a fare sberleffi ma poi incontrarono lo sguardo del vecchio. Attraversarono Londra, strana, rapida processione. Viste alla superficie della terra le cose sembravano peggiori che dalla caverna. Più si avvicinavano alla periferia, più Londra li disgustava. – È ora disse il vecchio, non c’è dubbio. Finalmente raggiunsero, ai confini della città, una collinetta che la dominava lugubremente. Lo spettacolo era talmente mediocre che il discepolo desiderò di essere nella caverna, umida o non umida. Posarono a terra il paiolo e lo riempirono degli ingredienti necessari. Poi vi accesero sotto un fuoco con delle erbe che nessun farmacista avrebbe venduto e che nessun giardiniere rispettabile avrebbe coltivato. Rimestarono il miscuglio con l’attizzatoio d’oro. Il mago si scostò un poco per biascicare qualcosa, poi si riavvicinò al calderone. Tutto era pronto: aprì la cassetta e lasciò cadere il pezzetto di carne nel liquido bollente. Eseguì dei sortilegi, levò le braccia al cielo. Penetrando nel suo spirito, i vapori gli fecero pronunciare dei suoni inarticolati e delle parole orrende. Poi maledisse tutta Londra, dalla nebbia alle miniere, dallo zenith all’abisso, gli autobus, le fabbriche, i negozi, il Parlamento e la popolazione. – Che muoiano tutti, disse, e che Londra scompaia con i suoi mattoni, le sue rotaie, il suo asfalto, tutte le cose che da troppo tempo usurpano i campi, che scompaiano e che ritornino la lepre selvatica, il rovo, la rosa canina. Nel silenzio che seguì, il vecchio tossì. Poi attese, con lo sguardo impaziente. Il lungo ronzio di Londra continuava, quel ronzio che non era mai cessato da quando le prime capanne di canne erano state costruire lungo il fiume. Variavano le note, ma non cessavano di brontolare, più forte oggi che allora, giorno e notte. Il vecchio si volse verso il suo discepolo tremante. E con rabbia e dolore gli disse sprofondando nella terra: « Non mi hai portato il cuore del rospo che viveva in Arabia vicino ai monti della Betania! » Fine A volte, i racconti brevi di lord Dunsany sembrano scorci quasi non finiti: lasciano il lettore spaesato. Tra la percezione della realtà e la trascendenza che la supera, in questa storia si scorge una frattura. I due poli hanno perso la possibilità di dialogare. Non si conoscono più e non sono interessati l’una all’altra, e in questo processo perdono le domande e le risposte fondamentali. O meglio, la realtà non sa più dell’esistenza del regno trascendente, l’ha scordato, rimosso, censurato; e il regno trascendente, che invece la conosce suo malgrado, ha finito col detestare la realtà. Così l’uomo della metropolitana non sa dell’altro mondo, anche se il regno trascendente, seppure nell’ombra, continua a esistere. Ed entrambi i regni devono la loro sopravvivenza solo grazie all’assistente, intermediario all’apparenza con valore meno di niente, che è invece la figura centrale e simbolica del segreto della salvazione. The Last Book of Wonder, prima edizione del 1916 con una prefazione dell’Autore per i lettori statunitensi Per chi volesse leggere il racconto in lingua originale, qui troverà il testo. World © Tea C. Blanc. All rights reserved. Navigazione articoli IL CASO DI ERIC, UN RACCONTO PSICOLOGICO IL WESTERN NASCE DA PUŠKIN