Segue il terzo e ultimo intervento di Elsa Muller su Emilio Salgari, apparso sul mensile Sgt. Kirk negli anni settanta. Le due parti precedenti sono qui e qui. Sandokan e i compagni Emilio Salgari, il nostro più popolare scrittore di avventure può essere considerato un “fumettista”? Molti sono convinti di sì. Per dimostrarlo suggeriscono una prova molto semplice: prendere le battute dei personaggi, tagliarle un po’, racchiuderle nella classica “nuvoletta”; usare le rapide e sempre efficaci descrizioni di luoghi e costumi per trarne la sceneggiatura: ed ecco pronto il fumetto salgariano. Non c’è che dire: l’esperimento funziona, dato che i romanzi si prestano molto bene ad una riduzione sceneggiata, ma sostenere che Salgari sia un fumettista nato è più azzardato. L’incontro dei suoi eroi con il fumetto non è dovuto al caso. Coincide con un’epoca ben precisa, quella del risveglio di un esasperato nazionalismo. Dovendosi mettere al bando i comics stranieri (americani soprattutto), era necessario rimpiazzarli con strisce italiane. I disegnatori c’erano, ed anche bravi; ma dove trovare all’improvviso le trame, i personaggi ? C’erano però i romanzi di Salgari, avventurosi e fantastici, di pura evasione. Vicende ambientate in paesi ed epoche che non consentivano agganci con la realtà sociale del tempo. Materiale innocuo, quindi, agli occhi del regime. È la Anonima Periodici Italiani che se ne assicura i diritti della riduzione in tavole. Ha a sua disposizione un’eccezionale equipe di disegnatori, abituati a muoversi con disinvoltura e stile nel mondo delle avventure in costume: da Guido Moroni Celsi a Raffaele Paparella, da Enrico Chiletto a Bernardo Leporini a Rino Albertarelli. Essi si impadroniscono con abilità del suo mondo. Ne ricreano l’atmosfera con colori vivaci, di grande effetto e di presa immediata sul lettore. I testi vengono suddivisi a seconda delle particolari attitudini: Guido Moroni Celsi, il primo a lavorare su personaggi salgariani, sceglie il ciclo dei “Pirati”; Raffaele Paparella, specializzato in armature antiche e deliziose figurette femminili disegna “Capitan Tempesta”; Rino Albertarelli – che doveva divenire il leader del fumetto salgariano – comincia con una bellissima riduzione del “Corsaro Nero”, abbandonata però dopo poche puntate e passata a Franco Chiletto, autore anche di una affrettata e poco convincente riduzione del “Figlio del Corsaro Nero”. L’amore di Rino Albertarelli per i cavalli trova la sua più felice espressione nel ciclo del “Far West”. Comunque, provvede anche alla suggestiva riduzione del ciclo dei “Pirati” con “Le Tigri di Mompracem”, “I Misteri della Giungla Nera”, “Il Re del Mare”. Poi c’è una bella edizione sceneggiata delle avventure dei “Corsari delle Bermude” ad opera di Rino Ferrari. E “Jolanda la figlia del Corsaro Nero” di Bernardo Leporini. Rino Albertarelli Enrico Chiletto Guido Moroni Celsi Interrotti bruscamente nel 1940 – quando l’amministrazione della API, Cesare Civita, è costretto ad espatriare (in Argentina perché ebreo. Nel paese americano fonderà la casa editrice Editorial Abril, dove lavorerànno Hugo Pratt, Alberto Breccia e Hector Oesterheld. N.d.R.) – i fumetti salgariani riprendono quota otto anni più tardi con una nuova pubblicazione: l’”Albo Salgari”. Il direttore Giusto Vaglieri, ripropone in versione disegnata quasi tutti i romanzi, alternando quelli già noti d’anteguerra (alcuni rimaneggiati, tagliati e ricuciti, altri in edizione originale), con qualche nuova edizione. L’iniziativa va avanti per oltre dieci anni. Non c’è dubbio che un “bombardamento” così massiccio e protratto nel tempo ha giovato alla popolarità dei personaggi, facendoli conoscere a tanti ragazzi delle nuove generazioni. In un’epoca in cui in molte famiglie scarseggiavano i soldi per acquistare libri che non fossero quelli di testo, si potevano sempre racimolare le cento lire per acquistare una volta al mese un albo contenente un intero romanzo a fumetti. Per altro verso, questi sono serviti di stimolo per una ulteriore conoscenza dei protagonisti che dalla versione disegnata balzavano sì vivi e scattanti, ma pure grezzi, privi di sfumature psicologiche. I romanzi di Salgari sono costruiti secondo una tecnica fumettistica? Rino Albertarelli non ne era molto convinto. In un’intervista del settembre 1966 ebbe a dichiarare: “Il mondo salgariano è un mondo fumettistico. Su questo non ci sono dubbi. Ma nei suoi romanzi ci sono incredibilmente troppi vuoti di azione: vuoti ch’egli riempie con l’eccitazione sostenuta dai suoi tipici dialoghi a battute rapide, che servono tanto a mantenere artificialmente la suspense, quanto a far pagine. Ma tradurli in immagini non si può, se non a rischio d’ottenere l’effetto contrario: di scaricare cioè il lettore. Spogliato di queste penne, svuotato delle interiora pseudo-scientifiche, il pollo salgariano si rivela in genere molto magro per una sceneggiatura che debba durare un ragionevole numero di puntate”. Il fumetto salgariano, dunque, manca di tecnica. E i personaggi? Potrebbero trovare posto nell’olimpo degli eroi dei fumetti ? Non è facile rispondere a una domanda del genere. Il fumetto salgariano non è nato come tale. Si colloca in una posizione ibrida, a cavallo fra il comic avventuroso e il romanzo sceneggiato in costume. Del comic avventuroso ha la struttura esteriore, lo spirito d’avventura che porta il lettore ad evadere con la fantasia da un mondo piccolo borghese verso paesi lontani ed affascinanti. Ma la parentela fra il comic avventuroso e il fumetto salgariano finisce qui. Gli eroi dei fumetti hanno un carattere di universalità. Superuomini o no, sono paladini della giustizia, corrono a difendere i deboli, a raddrizzare torti, a punire i colpevoli, ad evitare catastrofi. La dimensione – umana e avventurosa – dei personaggi di Emilio Salgari è più limitata. Vivono in un loro ristretto mondo. La guerra che combattono è una guerra privata. Lottano contro le ingiustizie, sì, ma solo perché le hanno subite personalmente o ne sono stati colpiti nella cerchia familiare. Per di più, sono animati da un mal inteso senso di giustizia (che ha tutta l’aria di una vendetta di tipo mediterraneo) e da una totale sfiducia verso le istituzioni legali. Si ergono perciò a giustizieri. Non conoscono in questa frenetica corsa alla “vendetta” (che identificano con la giustizia) ostacoli di alcun genere, né materiali né morali. Gli eroi salgariani, in altri termini, ricalcano piuttosto il tipo dell’eroe della letteratura popolare: giovani e belli, di ottima famiglia, diventano fuorilegge per vendicare un torto subito. Hanno tutti un fondo di nobiltà, e alla radice delle loro azioni sta sempre una giustificazione morale: quella del codice d’onore o di un giuramento vincolante. Non sono biechi assassini, non uccidono con cinismo o sadismo. Sanno compiere clamorosi gesti di generosità nei confronti, dei nemici; vanno alla conquista (anche per conto di altri) di troni usurpati e si fanno in quattro per ritrovare un bambino rapito. Ma quasi sempre si tratta di avvenimenti che toccano la loro sfera personale, i loro affetti e le loro amicizie, e che appunto si collegano a quel “piccolo mondo” di cui si parlava prima. Scrive Carlo della Corte: “il comic ha il dono di un’ indiscutibile libertà, plenaria, definitiva, che gli consente di tramare le sorprese più ardite, di abbandonarsi agli estri più prodigiosi e magari più futili”. I personaggi di Salgari – sia pure nella versione a fumetti – non godono di questa libertà. Sono vincolati alle loro vicende. Prigionieri del loro sistema, del loro mondo, non potrebbero vivere fuori dal loro ambiente naturale, dell’epoca in cui l’autore ha voluto collocarli. Gli eroi dei fumetti vivono in una dimensione diversa, più ampia, che non conosce limiti di spazio o di tempo. Passano con estrema disinvoltura da un’avventura in epoche remote a un’impresa spaziale: basta che l’estro del disegnatore gli inventi una nuova storia. Non è così per i personaggi salgariani, costretti fra i confini di spazio-dimensione-epoca, che li tiene prigionieri tutti quanti. Non è tuttavia che l’autore non si sia preso alcune libertà: ad esempio quelle di passar sopra con disinvoltura ad ostacoli geografici e storici per mantenere il ritmo della narrazione. L’unica libertà riservata ai disegnatori invece, è quella di dare al personaggio un’interpretazione visiva: così Moroni Celsi immagina un Sandokan massiccio e anzianotto dalla faccia vagamente garibaldina, mentre Rino Albertarelli dà vita a un Sandokan splendido, nervoso, scattante, ricco di grinta. L’eroe dei fumetti è dotato di eterna giovinezza e di immortalità. Anche dopo dieci anni di avventure è sempre ugualmente giovane, immutato, non accusa i segni del tempo come i comuni mortali. Se muore un autore, un disegnatore, non è infrequente il caso che un altro ne riprenda in mano i personaggi, creando nuove strabilianti avventure. Questo non accade per i personaggi salgariani. Proprio in questo senso Salgari è lontanissimo dallo spirito dei comics. Sembra perfino che non abbia saputo – o voluto – sfruttare abbastanza i suoi personaggi. Che abbia avuto fretta di sbarazzarsi di loro, a farli scomparire ancora nel fiore degli anni, nel pieno del vigore, per fare posto ad altri protagonisti. Nei fumetti, gli eroi non muoiono mai. Elsa Muller Nata a Vienna il 22 novembre 1938, cresciuta a Milano, si diploma in lingua tedesca presso il liceo Istituto Giulia. Si perfeziona nel Goethe Institut, consegue un altro diploma (dizione e recitazione) presso la prestigiosa Accademia dei Filodrammatici, conseguendo altresì una rara quanto rigorosa padronanza anche della lingua italiana che le consente di tradurre, con pari disinvoltura in entrambe le lingue. Per completare il suo bagaglio di conoscenze, “per amore di Salgari” segue anche un corso di scherma nella storica Società del Giardino. Nel 1958 pubblica la sua prima traduzione in tedesco, ignorando di essere stata preceduta 20 anni addietro, ma per fortuna nessuno se ne ricordava: esce quindi “Le figlie dei Faraoni” (Im Zeichen der Sonne, édito da Ueberreutor, Vienna-Heidelberg): è il primo Salgari in tedesco del dopoguerra. Tra il 1961 e il 1968 affronta i primi passi nel giornalismo, mentre lavora come corrispondente in lingue presso l’Associazione Elettrotecnica Italiana, collaborando all’organizzazione di congressi internazionali. Dopo tre anni di attività nella redazione del settimanale Nevesport approda all’Alto Adige di Bolzano conseguendo il diploma di giornalista professionista nel 1971: lavora in cronaca fino al 1980, ma continua a coltivare la sua passione per Salgari con una raffica di articoli su varie testate locali e nazionali, partecipando anche a convegni sullo scrittore a Verona, Udine e Firenze. Scrittrice poliedrica, curiosa e irrequieta, passa a tutt’altra materia e a un’altra testata, il Corriere medico di Milano, come caporedattore, ma non perde l’occasione per infilare anche la medicina nel ciclo salgariano (“Saggio sul rapporto di Salgari con la medicina” con supervisione del prof. Enrico Barolo, docente di psicologia all’Università di Milano). Chiuso il Corriere Medico nel 1986, torna all’Alto Adige fino al pensionamento il 31 dicembre 1999. Ma Elsa non ha un temperamento “pensionabile”: oltre a tradurre numerosi libri di gastronomia, turismo, storia e leggende delle Alpi dal tedesco e viceversa, pubblica nel 2000 “A pranzo con Salgari “, avendo già al suo attivo le traduzioni in tedesco dei romanzi più noti (Sandokan, Pirat der Malaysia, Der Schhwarze Korsar, Der Koenig von Malaysia) pubblicati a Monaco e Ravensburg. Pur impegnata fino a poche settimane fa con «l’Omaggio a Salgari» continua con tenacia, sfidando l’età che avanza, la collaborazione con le rivista salgariane “Il Corsaro Nero e “Prahos”. Illustrazioni da “Salgari a fumetti”, 1975, di Giusto Vaglieri, Renato Rizzo, Luigi F. Bona. Enrico Chiletto – Il Corsaro Nero 1946, disegni di Franco Chiletto. Guido Moroni Celsi – I misteri della Giungla Nera, 1936, disegni di Guido Moroni Celsi. Enrico Albertarelli – Sulle frontiere del Far West, 1939, disegni di Rino Albertarelli. Copertine della collana albi Salgari, 1948-49, disegnate da Franco Paludetti. Navigazione articoli PV – ASPETTA MATITE BLU 341