Chi erano gli antichi galli? Popolazioni celtiche di pastori, agricoltori e guerrieri, stanziate in quasi tutta l’Europa, concentrate specialmente nell’odierna Francia. Ciò che rimane oggi dei celti e della loro lingua sono gli abitanti della Scozia, dell’Irlanda, del Galles e (fino a un secolo fa) della Cornovaglia; più la Bretagna in Francia.

Della loro religione ci riferisce Giulio Cesare, che la Gallia la conquistò. Il condottiero romano fa notare l’esistenza di una classe di sacerdoti-stregoni e giudici, i druidi, che per loro convenienza spaventavano i propri fedeli con credenze minacciose, con déi e dee terribili e vendicativi, in modo che la religione fosse una continua superstizione: “Abbiamo paura che il cielo ci caschi sulla testa”.

Dal 50 avanti Cristo, Cesare aveva sottomesso la Gallia, che in tempi successivi si civilizzerà con l’arrivo di coloni italici, con la costruzione di strade, con la fondazione di nuove città, con case e cinte di difesa costruite in muratura e non più in legno, con la razionalizzazione delle coltivazioni agricole e con l’introduzione di nuove specie coltivate come la vite e l’olivo.

I druidi avevano un potere che contrastava con la dominazione civile di Roma e potevano fomentare ribellioni, perciò al tempo della nascita di Cristo, l’imperatore Augusto aveva vietato ai cittadini romani di praticare culti druidici, e i suoi successori Tiberio e Claudio avevano soppresso con la forza l’intera classe dei sacerdoti celtici.

Dopo due secoli di dominazione la Gallia era perfettamente integrata nell’impero romano, e la popolazione parlava in latino, ma nella mente della gente certe vecchie superstizioni potevano rispuntare.

Questo accadde quando dall’anno 165 una pestilenza proveniente dall’oriente si diffuse in tutto l’impero. Fu una vera pandemia, la sua origine era bellica. I Parti che regnavano sulla Persia avevano attaccato le provincie romane orientali. Avidio Cassio, un generale dell’imperatore Marco Aurelio li aveva respinti, inseguendoli nell’odierno Iraq fino a Seleucia, una delle più ricche e popolose città dell’antichità, erede dell’antica Babilonia prima della successiva araba Baghdad.
Avidio Cassio permise ai legionari di saccheggiare Seleucia, ne risultò la strage di almeno centomila abitanti. Sembra che la grande quantità di cadaveri provocò la peste, che ritornando alle loro case i militari romani sparsero per tutto l’impero. La diminuzione della popolazione causò la carestia per mancanza di braccia nell’agricoltura, e lo sconvolgimento dell’apparato militare sui confini causò incursioni e altre invasioni di barbari dalla Germania. Tutto ciò venne interpretato come collera degli déi. I pagani tentavano di placarli con sacrifici di animali, ma i celti facevano di peggio.

Anni prima Giulio Cesare scrive nel suo libro De bello gallico, “La guerra contro i galli”, che presso di loro usava il sacrificio umano; si sacrificavano esseri umani per ingraziarsi gli déi in caso di malattie e di guerre, si poteva persino fare voto di sacrificare sé stessi facendosi uccidere o suicidandosi, ma di solito le vittime venivano prese tra i ladri, gli assassini, i nemici, gli stranieri.
Se si voleva compiere un sacrificio di moltitudini, veniva costruito un fantoccio di legno alto diversi metri, cavo all’interno. Dentro questo simulacro venivano stipati a forza gli uomini e le donne da sacrificare, poi si dava fuoco al tutto. Se moriva una personalità importante, come un capo guerriero, si buttava nel fuoco ciò che egli possedeva, compresi gli animali e gli schiavi.

Date queste tradizioni, resta facile comprendere come dopo anni di morìa, di privazioni e di minacce esterne circolasse tra le popolazioni galliche il desiderio di dare agli déi ciò che si credeva volessero: sangue umano. Pare che tra le vittime ci fossero i cristiani.

Il Cristianesimo si era affacciato nelle Gallie solo da pochi decenni, attraverso la migrazione di individui provenienti dalle regioni dell’oriente: Anatolia e Siria. Sbarcati alle foci del fiume Rodano (si dice che la prima sia stata Maria Maddalena), i cristiani erano risaliti lungo questo fiume fino ad arrivare a Lugdunum, cioè l’attuale Lione, che era la capitale di tutte le Gallie e la sede del governatore generale romano.
La diffidenza verso il nuovo rito e l’origine straniera dovettero essere il motivo della decisione di arrestare quarantotto cristiani avvenuta il 2 giugno 177, durante una sommossa popolare a Lione e Vienne.
Il governatore romano non fu migliore di Ponzio Pilato, la marmaglia isterica esigeva sangue, e glielo concesse: tutti i cristiani, tra i quali c’erano diciannove donne, furono condannati a morte, ma uno di essi, Vettio Epagato, venne risparmiato perché romano e nobile. In quel periodo si è detto, l’imperatore regnante era Marco Aurelio, saggio e filosofo, nemico delle ingiustizie e delle superstizioni, ma si trovava sul fronte bellico, impegnato a ricacciare i barbari invasori, e sarà informato a cose fatte.

A Lione ogni anno in agosto si svolgeva la fiera delle Gallie. I rappresentanti delle quaranta tribù galliche si riunivano per una specie di parlamento, in concomitanza c’era un grande mercato con festeggiamenti vari, tra i quali anche i giochi del circo. L’esecuzione dei cristiani fu lo spettacolo di quella stagione.

Dei quarantotto cristiani arrestati risulta che sedici morirono in carcere per i maltrattamenti, tra questi c’era il vescovo novantenne Potino (o forse Pontino, cioè originario della regione del Ponto sul mar Nero), che interrogato dal governatore: “Chi è il tuo dio?”, rispose “Lo conoscerai quando ne sarai degno”. A seguito di questa affermazione l’anziano vescovo venne picchiato, e morì in cella due giorni dopo.

Ventisei vennero decapitati, questa era la pena per i cittadini romani. Sei furono gettati ai leoni probabilmente perché schiavi, tra questi ultimi c’erano due adolescenti: Blandina e Pontico, martirizzati l’8 agosto. Secondo una cronaca riportata da Ireneo, teologo e vescovo di Lione succesore di Potino, Blandina fu esposta alle belve feroci, ma queste non la toccarono. Allora venne chiusa dentro una rete sospesa e fatta incornare da un toro furioso; usare questo bovino aveva un significato simbolico di dominio sulle femmine del suo branco e di distruzione della femminilità delle condannate. Essendo ancora viva, la ragazza infine fu sgozzata.

 

Blandina esposta ai leoni e al toro (disegno di Nives Manara)

 

Nel culto tributato posteriormente ai martiri di Lione, Blandina è la più famosa e ricordata, forse perché tra tutti era l’unica vergine. I corpi dei martiri vennero bruciati e le loro ceneri gettate nel fiume Rodano, per questo non si possono avere loro reliquie autentiche. Ardere gli umani sacrificati come si è visto era una tipica usanza druidica, per mandare le vittime in omaggio agli déi.

Martiri – Disegno di Adriano Imperiale ispirato a Fedeli fino alla morte christianae ad leones. Dipinto di Herbert Gustave Schmalz (1856-1935)

 

Appagati dal massacro, i galli credettero di aver placato i loro idoli, e per più di settant’anni non vi furono più persecuzioni contro i cristiani. Le credenze druidiche però continuarono a decadere ed erano del tutto dimenticate alla fine dell’impero romano nel V secolo, anzi, il Cristianesimo fu così forte da convertire subito i barbari invasori, i franchi e il loro re Clodoveo con la regina Clotilde. Dal sangue di quei primi martiri nascerà una nuova nazione attraverso la fusione dei gallo-romani con i franchi, la più cristiana di tutte nel medioevo, la Francia.

 

 

Un pensiero su “GLI ULTIMI SACRIFICI UMANI DEI CELTI”
  1. Nel mio articolo ho voluto far notare che Uderzo e Goscinny non hanno detto la verità sugli antichi galli, meno che mai sui druidi. Giulio Cesare era assetato di gloria e di potere, ma Vercingetorige era solo uno stupido illuso. Asterix è molto più il figlio di Napoleone e di De Gaulle che non un vero antico celtico.

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