Magnus è stato il più grande disegnatore di fumetti “realistici” italiano.
Persona modesta, amava scherzare sul proprio aspetto: qui vediamo la caricatura di Magnus alle prese con una tartarugona cibernetica.

Nella tavola sotto, un gioco di rimandi tra il volto di Magnus che si riflette su Bob Rock, membro del gruppo Tnt, e su quello del malvagio consigliere di re Maxmagnus. Intorno, i suoi altri personaggi più famosi realizzati con i testi di Max Bunker: su tutti svettano Kriminal e Satanik.


Anni fa, Andrea Corno mi ha raccontato come, insieme a Luciano Secchi/Max Bunker, Magnus avesse reso possibile il successo della sua casa editrice realizzando il tascabile Kriminal. Poi Magnus cominciò a sentirsi sempre più emarginato nella semplice mansione di disegnatore. E quando Magnus andava a chiedere consiglio sul suo ruolo nella casa editrice, l’imbarazzato Corno non sapeva cosa dirgli: il direttore generale era Secchi.

Finchè Magnus decise di abbandonare il suo ultimo successo, Alan Ford, senza neanche sapere dove sarebbe andato a sbattere la testa. Gli editori di fumeti dell’epoca, che vendevano settimanali da mezzo milione di copie (vedi qui), non mossero un dito per accaparrarsi il massimo disegnatore italiano. Magnus dovette cercare lavoro nei tascabili erotici, il livello più basso della produzione fumettistica.

Perché Magnus era un disegnatore così bravo?

Prima di tutto non usava la fotografia.
Ricalcare le fotografie, come oggi si fa sempre più spesso, depotenzia la realtà: a questo punto meglio mettere la foto vera e propria.

Magnus aveva invece uno stile personale. Trasfigurare la realtà significa potenziarla, renderla più reale di quello che è. Significa andare più sopra con una lettura personale, invece che in basso con una resa fotografica inferiore alla fotografia.

Come possiamo vedere nel caseggiato sotto, neppure tanto interessante in se stesso, Magnus non è “prigioniero” di un edificio reale: lo inventa a seconda delle esigenze della storia.

La differenza tra un artista e un “onesto artigiano” in fondo sta tutta qui.

Ma non ditelo agli aspiranti disegnatori di fumetti, perché se mi dessero retta non troverebbero lavoro (ammesso che ve ne sia ancora).

Come si può disegnare con la fotografia un rudere romano nel basso medio evo abitato da una strega?

Si può, qualunque disegnatore riuscirebbe a farlo. Ma l’effetto non sarebbe fumettistico come questo, sarebbe da fotoromanzo. Ciò non significa che non si debbano usare le fotografie come documentazione: per questo disegno lo avrà sicuramente fatto. La resa, comunque, è assolutamente non fotografica.

Nella maturità, Magnus diventa eccessivamente preciso, ma anche i suoi ultimi lavori sono pur sempre disegni, non fotografie. Questa vignetta la si può accostare ai quadri del primo Rinascimento, realizzati da grandi artisti del suo livello.

Nell’essenzialità nella vignetta qui sotto, anche se tirata via in fretta e furia da una mano ancora inesperta, c’è tutta l’arte “specifica” del fumetto.

Tanto per iniziare, uno che ricalca foto probabilmente non avrebbe messo la pistola con questa opportuna evidenza.

Soprattutto, un disegnatore che fotografa i modelli non può raggiungere la qualità creativa dello storytelling della tavola che vediamo ora. Raccontare una storia con una sequenza di vignette richiede un approccio completamente diverso da quello dell’illustratore, il quale può concentrarsi su un’unica immagine con l’aiuto di modelli in posa.

Roberto Raviola nasce a Bologna nel 1939.
Magnus, suo nome d’arte, era già bravo nel 1964, quando pubblica questa illustrazione. Nello stesso anno inizia a disegnare Kriminal e sembra alle prime armi perché non ha ancora imparato a disegnare in fretta, come richiedeva il lavoro di fumettista di una volta.

Stile grezzo, quello del primo Kriminal, ma efficace. Passando ai fumetti realistici, Magnus cerca di stemperare la propria vena grottesca guardandosi bene l’Alex Raymond del Flash Gordon dei primi anni quaranta.

Peraltro, il buon Kriminal agli inizi era veramente kattivello. In seguito si è ammosciato parecchio, Andrea Corno mi diceva per evitare i sequestri e le condanne da parte della magistratura.

Alla tizia qui sotto Magnus aveva disegnato il seno scoperto, ma per prudenza il grafico (o più probabilmente lo stesso Secchi) ci ha messo una pezza sopra. Già nel numero 6 di Kriminal, Magnus realizzava una bella scena da vertigini come questa.

Il segno di Magnus matura in pochi anni. Lo vediamo in questa tavola di Satanik, pur essendo ancora un po’ convenzionale.

Con Alan Ford, nato nel 1969, siamo quasi alla perfezione. Ogni personaggio, anche minore, ha caratteristiche precise ed espressioni efficaci.

Finalmente i soldi cominciano a entrare nelle tasche di Magnus, il quale, disegnando le storie brevi per la rivista Eureka, può anche permettersi di rifinire i propri lavori.

Secondo me, a un certo punto diventa evidente l’influsso del Burne Hogarth di Drago (come ho cercato di dimostrare nell’articolo “Magnus si ispira a Drago“).

“Il soldatino impiombato” è un fumetto tipico del collaudato duo Bunker e Magnus. Racconta la storia d’amore tra una bella ragazza e un bravo giovane che, a un certo punto, deve partire per la guerra.

Mentre il ragazzo perde una gamba in battaglia, la fidanzata è gentilmente ospitata dal fabbricante d’armi.
E poi qualche disfattista sostiene che a questo mondo non c’è più gente disinteressata!
Quando il ragazzo le chiede di tornare insieme, lei gli ride in faccia. Ma come tutte le storie, anche questa finisce bene e la coppia alla fine si riunisce.

Certo che senza l’apporto grafico creativo di Magnus, l’episodio sarebbe stato ben misero.
Invece la coppia artistica di Bunker e Magnus si rompe. Secchi/Bunker si tiene tutti i diritti di Alan Ford e degli altri personaggi, mentre a Magnus non rimane niente.

Renzo Barbieri, il brillante editore della Edifumetto che ho avuto occasione di conoscere personalmente, aveva grande considerazione di Magnus, così lo tolse presto dai suoi porno facendogli fare quello che voleva. Magnus, con i testi del cantautore Francesco Guccini (che però non firma), nel 1975 crea Lo Sconosciuto.
La sintesi grafica della tavola qui sopra è eccezionale: la figura femminile potrebbe essere inserita in un quadro pop art di Roy Lichtenstein.
Lo Sconosciuto è un personaggio tutto giocato sull’uomo vissuto che ne ha viste troppe, sul tipo di Humphrey Bogart (sono andato a vedere sulla Wikipedia come si scrive Humphrey). Un antieroe un po’ serioso, insomma.

Il secondo episodio, che si dipana tra il numero 2 e il 3 dello Sconosciuto, ha un tasso di erotismo mai visto prima in un fumetto. Siccome non scatta il solito sequestro della magistratura, gli altri tascabili si adeguano alzando l’asticella di quello che si può mostrare.

In questa storia, colpisce l’ambientazione romana: di solito i fumetti americani sono ambientati in America, i francesi in Francia, i giapponesi in Giappone e gli inglesi in Inghilterra. Gli italiani sempre in America.

Quante cose i fumetti italiani avrebbero potuto raccontare dell’Italia, arricchendo il nostro patrimonio culturale!

In seguito, dopo la serie ultraerotica e splatter di Necron (interessante pur non essendo all’altezza dei capolavori realizzati insieme a Max Bunker), lo stile di Magnus subisce una svolta.


L’esistenza delle nuove cosiddette riviste “d’autore” induce Magnus a realizzare storie “artistiche” facendogli mettere in secondo piano i testi. Ora più che fumetti, Magnus sembra realizzare delle sfilate di illustrazioni, una più accurata dell’altra. Lavori formalmente eccezionali, ma non molto coerenti con la tecnica espressiva del fumetto fondata sull’immediatezza.

Magnus conclude la carriera tornando al fumetto popolare per disegnare un “Texone” (albo di Tex gigante) dalla sceneggiatura piuttosto banale. Va a rilento a causa della malattia e anche perché vuole decorare fino all’inverosimile ogni singola vignetta. Il risultato non convince nemmeno l’allora direttore generale della Bonelli, Decio Canzio, che osserva come i cavalli sembrino quelli delle giostre.
Per un fumetto western sarebbe stato più adatto il segno essenziale di Necron, oppure le sfumature decise di “Lurid Scorpion”, il breve fumetto western che aveva realizzato per Eureka. Ma nella fase finale della sua vita, Magnus aveva deciso di rappresentare in quella storia ogni particolare della realtà.

Altri Magnus non ne ce ne saranno, almeno fino a quando i supervisori degli albi a fumetti non cominceranno a stimolare l’originalità dei disegnatori, invece di estasiarsi per i soliti ricalcatori di fotografie.

(Per approfondire la conoscenza di Magnus vi consiglierei di leggere, se non lo avete già fatto, i miei articoli dedicati a Kriminal, Satanik e Lo Sconosciuto).

 

 

Di Sauro Pennacchioli

Contatto E-mail: info@giornale.pop

4 pensiero su “LA REALTÀ AUMENTATA DI MAGNUS”
  1. I primi, ma non primissimi, Kriminal e Satanik e Dennis Cobb mostrano la strada – come diceva Lennon di Dylan – che poi si è persa. Magnus di corsa a disegnare due/tre mensili contemporaneamente. Campi e controcampi. Le famose silhouettes nere per guadagnare tempo. Sfondi sintetici. Poche splash pages.
    Il nuovo Magnus dovrebbe esser coltivato così. Tratto alla Andy Suriano su The Brave and the Bold. B/n. Tascabile. Testi sincopati. Un colpo di scena ogni due pagine. Non didas di pensiero. Il lettore deve arrivare a paginetta centoventi pensando peccato che è già finito. No more all you can eat mood.
    A pagina uno Jesebel Logan dice al suo capo Satan Rock che la smette di ammazzare la gente a pagamento. A pagina due lo pialla quando Rock non accetta le dimissioni. A pagina tre JL è in fuga in direzione del pianeta Terra. A pagina quattro il nesso dimensionale del mad doctor Ford – di cui JL non sa di aver piallato la discepola e amante Brenda – scodella Jesebel in un bizzarro regno medioevale e steampunk che ha anche elementi western. E così via. Mai la fine.

    1. A realizzare na cosa del genere ci vedo bene Sudario Brando, che oltretutto è pure bravissimo (MAgari non quanto Magnus, ma tant’è…)

  2. Non potrà esserci il nuovo Magnus per la stessa ragione per cui non ci sono i nuovi beatles né la nuova Marylin Monroe. Non esiste più una cultura e un pubblico di massa, ma tanti pubblici (o pubblichi?), per cui ci sono più artisti ma ognuno ha una nicchia di pubblico di pochi appassionati.

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