Mentre in rete si alternano annunci di uscite e repentine smentite, sembra che dovremo aspettare ancora un po’ per leggere il quarto episodio delle avventure di Max Fridman intitolato “I cugini Meyer”. Vittorio Giardino, che ormai ci lavora da qualche anno, giura che “non manca tanto” e anticipa che
dopo Budapest, Istanbul e la Spagna, Max Fridman stavolta andrà a Vienna per aiutare alcuni suoi cugini vittime delle leggi razziali in quanto ebrei”.

Per alleviare l’attesa potrebbe comunque essere utile ripercorrere il cammino editoriale di questo personaggio “un po’ liberale e anarchico nel senso letterale del termine, ossia distante da qualsiasi forma di potere centralizzante e contrario a ogni tipo di pluralismo”. La nuova storia, come le tre precedenti, sarà ambientata nell’Europa degli anni trenta, patria di tutti i totalitarismi.
“Fridman assiste a questi fatti”, fa notare l’autore, “sapendo che non può cambiare il corso degli eventi, eppure non si volta dall’altra parte”.

 

Rapsodia ungherese

“Rapsodia Ungherese”, il primo volume della serie dedicata a Max Fridman, è stato scritto e disegnato da Vittorio Giardino nel 1982. L’opera è un perfetto esempio di graphic novel che unisce il genere del thriller spionistico alla ricostruzione storica.

La storia è ambientata nel 1938 a Budapest, durante un periodo di forte instabilità politica e tensioni internazionali. Max Fridman, un ex agente dei servizi segreti francesi ritiratosi a vita privata, viene richiamato in azione per una delicata missione in Ungheria. Il suo compito è scoprire chi stia eliminando uno dopo l’altro i componenti di “Rapsodia”, un nucleo dei servizi segreti francesi, cercando di portare alla luce gli intrighi delle forze politiche che si contendono il controllo del paese: fascisti, comunisti e servizi segreti stranieri. L’opera esplora il mondo oscuro e ambiguo dello spionaggio internazionale in un’Europa sull’orlo della Seconda guerra mondiale.

Max Fridman si distingue per la sua umanità e vulnerabilità. Non è un eroe invincibile, ma un uomo comune immerso in situazioni straordinarie. La sua forza non risiede nell’azione fisica, bensì nella sua intelligenza, nella capacità di osservare e analizzare. Ex spia, Fridman si è ritirato dal mondo dell’intelligence perché disilluso dalle logiche del potere. Tuttavia, il richiamo delle vecchie alleanze e l’amicizia lo riportano spesso in azione.

Pur muovendosi in un mondo di tradimenti e ambiguità, Max mantiene una sua integrità morale. Agisce non per ideologia, ma per lealtà verso le persone a lui care. Questa scelta lo rende un personaggio lontano dagli agenti spietati del genere spionistico. Fridman è un uomo spesso solo, isolato dal contesto sociale che lo circonda. Questo isolamento è amplificato dal contesto storico, in cui le sue origini ebraiche lo pongono in una posizione ancora più fragile.

 


In
“Rapsodia Ungherese”, Vittorio Giardino rappresenta Budapest come una città sospesa tra il suo glorioso passato e la modernità inquietante di un’Europa in rapida trasformazione. Giardino dedica grande attenzione ai dettagli architettonici, riproducendo con precisione i palazzi aristocratici, i caffè storici e le piazze monumentali di Budapest. Questi elementi richiamano la passata grandezza dell’Impero Austro-ungarico, trasmettendo un senso di decadenza e nostalgia.

I luoghi frequentati da Max Fridman, come i raffinati caffè e i salotti borghesi, evocano un mondo elegante e raffinato, simbolo di una società ancorata alle proprie tradizioni culturali. Tuttavia, questo splendore appare sempre più offuscato dall’instabilità politica. Budapest è descritta come un crocevia culturale dove si mescolano influenze austriache, tedesche, slave ed ebraiche. Questa ricchezza culturale convive con crescenti tensioni etniche e politiche.

Per la realizzazione di “Rapsodia Ungherese” Vittorio Giardino si è ispirato a una combinazione di riferimenti letterari, cinematografici e artistici. Una delle influenze principali è quella di Eric Ambler. Considerato il pioniere del romanzo di spionaggio moderno, Ambler ha ispirato Giardino per l’ambientazione europea precaria e per la figura dell’antieroe riluttante. Come i protagonisti di Ambler, Max Fridman è coinvolto in eventi più grandi di lui, senza essere un eroe tradizionale. Da John le Carré, Giardino riprende la descrizione di un mondo dello spionaggio fatto di ambiguità morale, tradimenti e relazioni complesse, lontano dagli stereotipi degli agenti invincibili. Il terzo uomo (1949) di Carol Reed, film ambientato nella Vienna post-bellica, ha influenzato Giardino nella creazione di una Budapest oscura e ambigua.

 

La porta d’oriente

“La porta d’Oriente” è il secondo episodio della serie dedicata a Max Fridman, scritto e disegnato da Vittorio Giardino e pubblicato nel 1986. Dopo il successo di “Rapsodia Ungherese”, Giardino prosegue le avventure del suo protagonista, immergendolo in nuovi scenari di tensione e spionaggio. La storia si svolge nel 1938, pochi mesi dopo gli eventi di “Rapsodia Ungherese”.

Max Fridman va a Istanbul, la “Porta d’Oriente”, città crocevia di culture, commerci e soprattutto intrighi politici. Qui viene coinvolto in una nuova missione legata all’ingegnere Stern, il fulcro di un conflitto nascosto che coinvolge i servizi segreti delle principali potenze impegnati in una guerra implacabile. Max Fridman si ritrova a muoversi in questo ambiente ambiguo e pericoloso, cercando di distinguere amici da nemici. La città turca, sospesa tra la passata tradizione ottomana e la nuova modernità repubblicana, diventa lo scenario perfetto per un complesso gioco di alleanze, tradimenti e doppi giochi.

Questa dualità diventa un elemento fondamentale della narrazione, arricchendo la trama di spionaggio con un contesto storico e culturale complesso. Nonostante la caduta dell’Impero ottomano nel 1923, Istanbul conserva ancora molte tracce del suo glorioso passato. Giardino esplora questi elementi attraverso ambientazioni e atmosfere che richiamano la città antica.

Giardino integra nella narrazione i segni visibili delle profonde riforme sociali e politiche imposte da
Atatürk, che hanno trasformato la Turchia in uno stato laico e moderno.  La rappresentazione di Istanbul in “La porta d’Oriente” diventa la metafora di un mondo in transizione e la posizione fondamentale, al confine tra Oriente e Occidente, la rende il luogo ideale per le trame di spionaggio perché incarna la linea di confine tra due mondi.

Il disegno di Giardino si distingue per la cura maniacale nei dettagli architettonici e paesaggistici, ricostruendo fedelmente la Istanbul dell’epoca. Sebbene Giardino adotti uno stile più realistico e meno caricaturale, eredita da Hergé la chiarezza del tratto, la precisione nei dettagli e la pulizia delle linee. Condividendo l’interesse per le ambientazioni storiche e le atmosfere cupe, Jaques  Tardi ha influenzato Giardino nella rappresentazione di contesti urbani realistici e densi di storia. Hugo Pratt ha ispirato Giardino nella costruzione di personaggi profondi e nella narrazione di storie che si intrecciano con i grandi eventi storici.

Giardino ha svolto un approfondito studio storico per ricostruire fedelmente la Istanbul del 1938. Le sue fonti includono fotografie d’epoca utilizzate per ricreare con precisione i luoghi, i costumi e le atmosfere dell’epoca. Il lavoro sulle fotografie ha permesso a Giardino di giocare con luci e ombre per creare tensione e mistero, accentuando l’ambiguità degli ambienti.


No pasaran

“No Pasarán” è il terzo episodio delle avventure di Max Fridman. Pubblicato in tre volumi tra il 2000 e il 2008, l’opera porta il protagonista nel cuore della Guerra civile spagnola (1936-1939), uno dei conflitti più drammatici e complessi del Novecento. Con questa storia Giardino affronta temi più cupi e politici mantenendo intatta la formula di spionaggio e introspezione psicologica che caratterizza la saga.

La vicenda si svolge nel 1937, con la città di Madrid assediata dalle truppe franchiste. Max Fridman viene incaricato di ritrovare un vecchio amico, il maggiore Treves, scomparso in circostanze misteriose mentre combatteva a fianco dei repubblicani. Nel suo viaggio nella Spagna in guerra, Fridman si muove tra i fronti contrapposti, infiltrandosi in una realtà in cui le linee tra nemici e alleati sono sfumate. Le purghe staliniste, le divisioni interne tra comunisti, anarchici e socialisti, e la crescente pressione delle forze fasciste rendono l’ambiente carico di sospetto e pericolo.

In “No Pasarán” , la Guerra Civile Spagnola è rappresentata non solo come un conflitto politico e militare, ma soprattutto come una profonda tragedia umana. Vittorio Giardino si concentra sulle conseguenze devastanti della guerra sulla vita delle persone comuni, mostrando come ideologie, alleanze e rivalità conducano a un’escalation di violenza e sofferenza che travolge ogni individuo coinvolto.

Giardino evidenzia come, con il progredire del conflitto, anche gli ideali più nobili vengano erosi dalla brutalità della guerra. Le divisioni interne tra i diversi gruppi che compongono il fronte repubblicano (anarchici, comunisti, socialisti) sfociano in tradimenti e lotte fratricide. Gli ideali di libertà e giustizia sociale si svuotano di significato, schiacciati dalle logiche del potere e della sopravvivenza. La guerra diventa un’arena di sospetti e purghe ideologiche, dove chi non si allinea viene perseguitato, anche all’interno dello stesso schieramento. Max Fridman si muove in questo scenario, osservando con crescente disillusione la degenerazione degli ideali politici in cinismo e terrore.

Giardino descrive una Madrid devastata dai bombardamenti e dalle battaglie che si combattono ai suoi confini fatta di edifici sventrati, strade deserte e quartieri ridotti in macerie.  La città non è più un luogo di vita, ma uno spazio di sopravvivenza, dove ogni angolo può nascondere un pericolo.

Le sirene antiaeree sono un sottofondo continuo e i rifugi improvvisati sono l’unico riparo. La fame è diffusa: lunghe file davanti ai forni e ai mercati testimoniano la scarsità di cibo. Le strade sono percorse da donne, anziani e bambini che cercano di sopravvivere tra i colpi di mortaio e la repressione interna.

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