Petra Chérie è una serie a fumetti creata da Attilio Micheluzzi, ambientata principalmente nel contesto della Prima guerra mondiale, ma lo stile degli episodi e l’atmosfera che vi si respira sono profondamente intrisi dello spirito della Belle Époque, quel periodo fiorente e inquieto che va grosso modo dal 1871 al 1914. La Belle Époque finì di colpo nel 1914, con lo scoppio della Prima guerra mondiale. L’epoca del positivismo, della fiducia nel progresso e nello spirito dell’uomo, finì schiacciata dai suoi stessi frutti: i ritrovati della scienza e della tecnica messi al servizio della distruzione. Petra Chérie, è una pilota, avventuriera e spia che si muove tra Francia, Belgio, Italia, Germania e i paesi balcanici vivendo in un mondo sospeso tra due secoli: tra l’eleganza già decadente dell’età del progresso e l’irruzione brutale del Novecento, con i suoi totalitarismi, le guerre e le rivoluzioni. Petra è l’ultima rappresentante romantica di un mondo che sta scomparendo, e il tono malinconico delle sue storie riflette questa transizione. Nella prima avventura di Petra Chérie, “Dolci nebbie di Fiandra” (Il Giornalino n. 8 – 20 febbraio 1977), la nostra affascinante aviatrice pilota un Sopwith Camel sprovvisto di insegne nazionali. L’aereo, che immediatamente dopo essere stato inventato dai fratelli Wright era diventato un simbolo del progresso e dell’ottimismo della Belle Époque, ora si è trasformato in una macchina di morte. Il Sopwith Camel era un aereo da caccia britannico della Prima guerra mondiale, uno dei più celebri e riconoscibili del conflitto. Prodotto dalla Sopwith Aviation Company, entrò in servizio nel 1917 e divenne rapidamente uno dei più efficaci velivoli da combattimento alleati. Il nome “Camel” deriva dalla gobba metallica che copriva le mitragliatrici: un rigonfiamento sulla fusoliera. Nel secondo episodio intitolato “Un veliero chiamato Syrius” (Il Giornalino n. 11 – 13 marzo 1977), Petra Chérie affonda uno Shooner battente bandiera svedese che sta portando uno strategico carico dí caucciù in Germania. Lo schooner è un tipo di veliero a due o più alberi, molto diffuso tra il XVIII e il XIX secolo, particolarmente nei mari del Nord America, ma anche in Europa e nei Caraibi. Le sue caratteristiche sono le vele auriche (a randa triangolare o trapezoidale) e l’albero di mezzana (posteriore) uguale o più alto dell’albero di prua. Molto comune nella letteratura marinaresca (Melville, Conrad, Salgari), durante la Belle Époque, divenne popolare tra le classi agiate, che li utilizzavano per crociere e competizioni sportive. Appare spesso nei fumetti di Hugo Pratt, nei quali è spesso il tipo di nave che trasporta Corto Maltese. Con il terzo episodio, “L’irresistibile Barone” (Il Giornalino n. 12 – 20 marzo 1977), torniamo sulla frontiera belga dove i francesi sono preoccupati del nuovo triplano Fokker Deidrecker che, pilotato dal celeberrimo “Barone Rosso” Manfred von Richthofen, sta regalando ai tedeschi la superiorità aerea. Il Fokker Dr.I Dreidecker (dove Dr. sta per Dreidecker, ovvero “triplano” in tedesco) è uno degli aerei più caratteristici della Prima guerra mondiale. Il triplano fu progettato per essere estremamente agile, anche se la sua struttura lo rendeva più lento rispetto al Sopwith Camel. Sebbene Richthofen avesse ottenuto la maggior parte delle sue 80 vittorie con altri modelli il Dr. dipinto di rosso è diventato leggendario poiché fu l’aereo con cui morì in combattimento il 21 aprile 1918. Nell’episodio successivo, “Requiem per uno Zeppelin” (Il Giornalino n. 16 – 17 aprile 1977), troviamo Petra in Inghilterra ospite dei nobili Abercrombie, in una East Anglia terrorizzata dai raid degli Zeppelin. Il primo dirigibile venne inventato nel 1852 e ben presto diventò uno dei simboli della Belle Époque, andando a rappresentare il meglio del progresso tecnologico dell’epoca. Durante la Prima guerra mondiale gli Zeppelin, grandi dirigibili rigidi sviluppati e prodotti dalla compagnia tedesca fondata dal conte Ferdinand von Zeppelin, furono utilizzati principalmente dalla Germania con ruoli di ricognizione e bombardamento strategico. La loro imponente presenza e il loro impiego in attacchi diretti sulla popolazione civile rappresentano uno dei primi esempi di guerra aerea psicologica e totale. Tra il 1915 e il 1918, vennero effettuati oltre 50 raid aerei su Londra e altre città britanniche. L’ obiettivo era demoralizzare la popolazione civile e interrompere la produzione industriale. Essendo dotato di un sistema di puntamento piuttosto rudimentale lo Zeppelin era costretto a sganciare le bombe quasi alla cieca, provocando centinaia di vittime tra i civili. I dirigibili erano un’arma più psicologica che tattica, in quanto erano altamente vulnerabili ai caccia nemici e al fuoco antiaereo poiché l’idrogeno li rendeva facilmente incendiabili. Nel sesto episodio, “Quei merletti di Bruges” (Il Giornalino n. 30 – 24 luglio 1977), Micheluzzi costruisce una storia alla Agata Christie, piena di suspense e mistero incentrata su alcuni merletti di Bruges che non dovevano essere venduti. I merletti di Bruges costituiscono una delle tradizioni artigianali più raffinate e longeve d’Europa. Nati nel XVI secolo, continuano ancora oggi ad essere prodotti grazie a scuole, musei e laboratori che ne preservano la tecnica. Nel 1717, l’imperatore Carlo V impone il merletto come abilità obbligatoria nei conventi fiamminghi e in breve tempo la sua produzione diventa una colonna dell’industria del paese. Durante la Belle Époque, il merletto di Bruges, con la sua eleganza e raffinatezza, divenne un accessorio molto ambito, spesso utilizzato per abiti, ventagli, fazzoletti e altri oggetti di lusso. Nell’episodio successivo, “Un paio di cartucce Chevrotin” (Il Giornalino n. 37 -18 settembre 1977), Petra Chérie si reca in un antico castello bavarese sperduto nella foresta per prendere parte a una battuta di caccia dove vengono usate cartucce chevrotin. La caccia era un’attività legata all’aristocrazia terriera. Le battute erano eventi sociali importanti, regolate da una precisa etichetta, che metteva in mostra la ricchezza e il potere di coloro che le organizzavano. La caccia rappresentava un aspetto importante della vita sociale e culturale della Belle Époque. Le cartucce chevrotin erano un tipo di munizione usata nei fucili a canna liscia, sia da caccia che da guerra. Al posto dei classici pallini da caccia (numerosi e piccoli), conteneva pallettoni di piombo più grandi, spesso tra i 6 e i 12 per cartuccia. Chevrotin in francese significa “capriolo”, termine che indica munizioni adatte per cacciare animali di taglia medio-grande. Nel nono episodio, “Furto al consolato” (Il Giornalino n. 3 – 15 gennaio 1978), Micheluzzi ci racconta del cosiddetto colpo di Zurigo. Un’azione di spionaggio compiuta dai servizi segreti italiani, in particolare dal Reparto informazioni della Regia Marina, nel febbraio del 1917. La Belle Époque, nonostante il suo fascino e il suo splendore, fu un periodo di grandi tensioni e rivalità tra le nazioni europee. Il lavoro delle spie ( celeberrima in quel periodo Mata Hari) mette in evidenza l’esistenza di una sotterranea atmosfera di sospetto e instabilità che sfocerà nella guerra. L’azione delle spie italiane, mirata a smantellare una rete di spie austro-ungariche in Italia, ebbe luogo a Zurigo, dove i nostri agenti si infiltrarono nel consolato nemico per sottrarre documenti compromettenti custoditi in cassaforte. Il comando era composto da tre uomini: il comandante Pompeo Aloisi, il marinaio Stenos Tanzini, e Natale Papini, uno scassinatore. Nell’episodio “Spie a Venezia” (Il Giornalino n. 10 – 5 marzo 1978), Petra Chérie svela un enigma basato sul libro del poeta inglese Robert Browning “The ring and the Book” (L’anello e il libro), un poema narrativo drammatico considerato il capolavoro del poeta. Pubblicato a Londra in quattro volumi tra il 1868 e il 1869, Il poema racconta la storia di un processo per omicidio a Roma nel 1698, nel quale un nobile decaduto, il conte Guido Franceschini, è accusato di avere ucciso la giovane moglie Pompilia Comparini e i suoi genitori. Durante la Belle Époque, si verificò un aumento significativo del numero di lettori di libri, grazie all’aumento dell’alfabetizzazione e la diffusione della stampa popolare. Di conseguenza aumentò anche il numero delle librerie, come quella di Tobia Venier citata nel racconto. Nel tredicesimo episodio “Il Contino de Lindenberg” (Il Giornalino n. 16 – 20 aprile 1980), Petra Chérie viene abbattuta mentre a bordo di un aereo sta bombardando Trieste. Trieste, che durante la Belle Époque faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico, era una città cosmopolita e fiorente, crocevia di culture e commerci, ma anche un luogo dove le tensioni nazionalistiche crescevano, preannunciando la fine di quell’epoca di spensieratezza. La città era un mosaico di identità, con una forte componente italiana e un’atmosfera culturale vivace, che fu spezzata dallo scoppio della guerra. Durante il conflitto, Trieste fu oggetto di bombardamenti da parte dell’esercito italiano. L’obiettivo degli attacchi era di indebolire le difese nemiche e di colpire obiettivi strategici, inclusi porti e infrastrutture militari. Questi bombardamenti causarono danni e vittime civili, e rappresentano un aspetto controverso della storia della città durante il conflitto. Nel quindicesimo episodio, “Assalto al treno” (Il Giornalino n. 21 – 25 maggio 1980), il treno su cui Petra Cherie sta viaggiando sulla linea Hercegnovi-Sarajevo viene assaltato dai ribelli montenegrini. Il Montenegro, alleato della Serbia, entrò in guerra contro l’Austria-Ungheria nel 1914. Nel gennaio del 1916, l’esercito austro-ungarico invase il paese, costringendo il re Nicola I a fuggire. Nel 1917 fu firmata la dichiarazione di Corfù, un documento che gettava le basi per la creazione del Regno dei Serbi, Croati Sloveni e Montenegrini che in seguito divenne la Jugoslavia. Nacque in quei giorni il movimento dei “giovani montenegrini” ribelli indipendentisti che combattevano per mantenere una certa autonomia politica. La dissoluzione dell’Impero austro-ungarico, avvenuta principalmente tra il 1918 e il 1919, fu un evento complesso legato all’ascesa dei nazionalismi. L’impero austro-ungarico era composto da numerose nazionalità, ognuna con aspirazioni di autonomia o indipendenza. L’ideologia nazionalista, diffusa in Europa, spinse le diverse popolazioni a rivendicare il diritto all’autodeterminazione, entrando in conflitto con la struttura imperiale. Navigazione articoli TOPOLINO GIUGNO 2025: PAPERINO DIVENTA IRON DUCK “BATTUTA DI CACCIA”, OVVERO IL FALLIMENTO SOVIETICO
Quanti ricordi. Come aspettavo la domenica per una nuova copia del Giornalino. Petra mi piaceva assai. Grazie. Rispondi