Saint Seiya, da noi più nota come I Cavalieri dello Zodiaco, è una delle saghe di manga e anime che ha maggiormente appassionato i fan. L’opera di Masami Kurumada propone diversi personaggi di grande carisma e fascino, come per esempio i celebri Cavalieri d’oro, tuttavia come dice il nome dell’opera originale è Seiya, il cavaliere della costellazione di Pegasus, il protagonista della serie. Però in base ai sondaggi fatti tra i fan giapponesi e italiani risulta essere tra i personaggi meno amati. Non è raro che in una serie il protagonista passi in secondo piano rispetto a un altro personaggio: famosi in tal senso sono i casi di Fonzie o di Spock, personaggi di serie cult come Happy Days e Star Trek che hanno in breve tempo soppiantato in fama e in apprezzamento i protagonisti Ricky Cunningham e il capitano Kirk. Anche il mondo dei manga non è privo di esempi del genere, anzi non di rado capita che ai protagonisti di serie di successo come Captain Tsubasa, Evangelion, Dragonball o Naruto (nello specifico Tsubasa Ozora, Shinji Ikari, Goku e Naruto Uzumaki) vengano preferiti altri personaggi come Kojiro Hyuga, Asuka Soryu Langley, Vegeta o Sasuke Uchiha, solo per fare alcuni esempi. Il caso di Saint Seiya è ancora più emblematico, dato che al cavaliere di Pegasus non solo vengono preferiti alcuni dei suoi compagni di battaglia, come Shiryu il dragone o Ikki della Fenice, ma persino molti dei già citati Cavalieri d’oro, originariamente concepiti come avversari. Da dove nasce questa avversione per il buon Seiya? SEIYA, UN PROTAGONISTA GENEROSO Il primo equivoco forse nasce dalla trasposizione dell’opera negli altri paesi, incluso il nostro, dove è appunto conosciuta come I Cavalieri dello Zodiaco, titolo al plurale che fa presagire un team di eroi… cosa che con il senno di poi, leggendo la serie, è vera, anche se come abbiamo detto in Giappone è stata concepita come Saint Seiya, e dunque è lui che dovrebbe stare al centro dell’attenzione. Nei primi capitoli del manga effettivamente la storia è incentrata su Seiya, del suo addestramento in Grecia e di come ottiene l’armatura, di come torni in Giappone alla ricerca della sorella Seika e di come accetti di combattere nelle battaglie organizzate da Saori Kido (ossia Athena) solo allo scopo di ottenere visibilità per poterla rintracciare. Seiya è protagonista di ben due scontri contro Geki dell’Orso e contro il suo futuro amico Shiryu il Dragone, prima che gli incontri vengano interrotti dall’arrivo di Ikki e dal furto dell’armatura d’oro, premio in palio della competizione. Nonostante vi sia abbastanza spazio nella narrazione da presentarci anche gli altri eroi, come Shun di Andromeda o Hyoga del Cigno, è sempre e comunque Seiya a sconfiggere Ikki, a riottenere l’armatura e ad affrontare per primo i Cavalieri d’argento, mandati dal Santuario di Atene per giustiziare i cavalieri ribelli. Tra una cosa e l’altra Seiya ne sconfiggerà ben 6 (Misty della Lucertola, Moses della Balena, Jamian del Corvo, Argetti di Eracle, Dedalus della Mosca e Orione del Cane Maggiore) mentre i suoi compagni, incluso il redento Ikki, ne affronteranno più o meno uno a testa. Seiya sarà anche il primo ad affrontare un cavaliere d’oro, Aiolia del Leone, indossando per l’occasione l’armatura d’oro del Sagittario, dimostrandosi valoroso e devoto cavaliere d’Atena. Fin qui, effettivamente, Seiya è palesemente il protagonista della storia. Le cose cambiano quando si arriva alla scalata delle 12 case, in cui il nostro eroe divide equamente la scena con gli altri personaggi. Durante la scalata attraverso le 12 case, ossia lo scontro con i cavalieri d’oro (che poi è il vero motivo del successo dell’opera), Seiya non fa molto di più degli altri cavalieri. Shun, Hyoga, Shiryu e Ikki vivono il loro momento di gloria durante battaglie gloriose, dove combattono fino a portarsi a un passo dalla morte pur di sconfiggere l’avversario di turno. La corsa di Seiya si rivela più agevole o meno avvincente: sopravvive allo scontro col bonario Cavaliere del Toro solo perché costui decide di lasciarlo passare, e alla quinta casa del Leone, una volta che Aiolia guarisce dalla possessione mentale da parte del Gran Sacerdote, lo scontro termina subito. Certo alla fine è lui che riesce a superare il terribile Saga di Gemini (non senza l’aiuto provvidenziale di Ikki) e a guarire Athena dalla ferita causata dalla freccia d’oro recuperando il suo scudo, ma nel corso della scalata i suoi compagni si sono dimostrati persino più valorosi di lui, durante quegli scontri epici. Dunque possiamo dire che per essere il protagonista, quello che risolve la situazione all’ultimo, Seiya lasci parecchio spazio ai suoi amici. La stessa cosa avviene nel secondo capitolo, dedicato al dio Nettuno. Durante gli scontri nel regno sottomarino del dio del mare Seiya sconfigge agevolmente il suo primo rivale, il generale Baian, il cavallo del mare, ma cade negli inganni di Lemuri, generale dell’Oceano Antartico, venendo salvato solo dal provvidenziale intervento di Ikki. Anche nello scontro contro Nettuno, rivestito dell’armatura d’oro del Sagittario, viene supportato dagli amici di sempre, due dei quali (Hyoga e Shiryu) altrettanto protetti dalle armature dorate. Addirittura, nella terza saga contro Hades, il dio dei morti, per gran parte del tempo Seiya nemmeno c’è, lasciando campo libero agli scontri tra Cavalieri d’oro e tornando a essere al centro dell’azione solo nella parte finale, quella della battaglia ai campi Elisi. Seiya non è il più potente dei cavalieri, il più dotato o il più talentuoso (al contrario di Goku o Tsubasa Ozora), ma in una storia dove motivazioni e volontà possono fare la differenza, essendo determinanti per l’espansione del proprio cosmo e conseguentemente dei propri poteri, è solo la determinazione di Seiya che riesce a farlo trionfare in imprese che sembrano disperate, come appunto quella di affrontare un dio. Inoltre, in più di un’occasione ha richiesto il supporto dei suoi amici, e ha dichiarato più volte di non potercela fare da solo (e no, non sono semplici frasi di circostanza). Addirittura nel recentissimo sequel Next Dimension, sempre scritto da Kurumada e conclusosi solo pochi mesi fa, Seiya appare solo nel finale, e pure il suo antenato Tenma (in tutto e per tutto identico a lui) non è che se la guadagni tanto la pagnotta. Dunque, in conclusione Seiya di Pegasus è davvero un protagonista tanto scomodo? SEIYA, UN PROTAGONISTA RACCOMANDATO Quanto narrato fino a qui sono le vicende narrate nel manga originale. Le cose cambiano quando analizziamo l’anime tratto da esso, in cui effettivamente il personaggio di Seiya esce fuori abbastanza prepotentemente, ed avendo l’Anime una fetta di pubblico maggiore rispetto al fumetto, ne ha conseguentemente forse danneggiato un po’ l’immagine. La trasposizione animata mostra parecchi episodi filler in più, dove spesso Seiya si prende una grossa fetta di spazio, spesso come eroe centrale della saga. Anche il doppiaggio, almeno nel nostro paese, non ha aiutato. Sebbene sia realizzato da un cast eccezionale con Ivo De Palma (doppiatore proprio di Seiya) e Marco Balzarotti (noto per essere il doppiatore di Shiryu ma anche di Batman in parecchi cartoni e videogiochi), utilizzando spesso l’adattamento dei testi in chiave più epica e aulica, sentiamo spesso nominare solo Seiya (anzi Pegasus, come è stato chiamato nella prima trasposizione italiana) durante le imprese compiute da tutti. “Pegasus e gli altri cavalieri”, “Chissà come se la sta cavando Pegasus”, “Forza Pegasus devi farcela” e addirittura è capitato di sentire la stessa Athena ringraziare il solo Pegasus, come se gli altri protagonisti, che hanno lottato e sofferto altrettanto, non fossero importanti. Inoltre l’anime conta una saga in più, quella ambientata ad Asgard, in cui Seiya ha ben 3 combattimenti (uno però lo perde contro Alberich dell’Ametista, venendo salvato da Dragone) e soprattutto sul finale si prende la scena, battendo l’invincibile Sigfried e liberando Hilda di Polaris dall’incantesimo che l’aveva soggiogata. Addirittura, indossando l’armatura di Odino e impugnando la sacra spada Balmung, si erige quasi a “salvatore della patria”. Ma dove Seiya ruba totalmente la scena, diventando “il prediletto di Atena” a tutti gli effetti, avviene negli Oav, ovvero quei film d’animazione destinati esclusivamente al mercato degli home video. Questi 4 film usciti tra il 1987 e il 1989 – La Dea della Discordia, L’Ardente scontro degli Dei, La Leggenda dei Guerrieri Scarlatti e L’Ultima Battaglia – hanno trame abbastanza ripetitive, in cui una nuova divinità (Discordia, Balder, Apollo e addirittura Lucifero) rapiscono Atena obbligando i 5 Cavalieri di bronzo a correre al suo salvataggio. In questi film della durata media di 45 minuti è difficile dare molto spazio ai combattimenti e alle emozioni degli altri protagonisti (che tra l’altro ripetono le stesse dinamiche), ma è Seiya a essere il perno della narrazione con i suoi dubbi, la sua tenacia e la sua determinazione. Ma è soprattutto il finale, identico in tutti e 4 i film, in cui Seiya, mentre gli altri cavalieri sono a terra inermi, indossa l’armatura d’oro del Sagittario e all’ultimo istante scaglia la freccia d’oro che infligge al dio di turno il colpo di grazia che conclude la battaglia liberando Atena, che mette in bella luce il cavaliere di Pegaso in barba agli altri quattro eroi. Esiste addirittura un quinto film uscito nel 2004 – però disconosciuto a posteriori dall’autore Kurumada –, noto come Le Porte del Paradiso, ambientato cronologicamente dopo la saga di Hades, che doveva fare da preludio, nelle idee originali dei produttori, a una nuova saga dei Cavalieri che li avrebbe visti scontrarsi contro gli dei dell’Olimpo. Questo film è interamente concentrato su Seiya. Gli altri cavalieri fanno poco più di una comparsata. La storia prevedeva l’arrivo sulla terra della dea Artemide, intenta a processare Athena per essersi schierata dalla parte degli uomini contro gli dei. In particolare la dea vuole la vita di Seiya, ma Athena decide di sacrificarsi per salvare la vita al suo protetto. Il film si è rivelato un flop assoluto, tanto da aver fermato per anni il rilancio del franchise, per via di tante incomprensioni tra l’autore Kurumada e il regista del film Shigeyasu Yamauchi. Uno dei motivi della discordia è stato lo spazio dato agli scontri tra Cavalieri – dunque inclusi gli altri quattro eroi – che era veramente scarno. I duelli sono pochissimi ed estremamente frettolosi, malfatti. Ikki, Shun, Hyoga e Shiryu hanno davvero pochissimo spazio. Il film si concentra totalmente sulla lenta ripresa di Seiya, al progressivo recupero delle sue forze, fino allo sconto finale contro Toma di Icaro, il campione di Artemide. Un film introspettivo con elementi romantici, lontano dagli standard a cui i Cavalieri dello Zodiaco ci avevano abituato. Insomma, Seiya è il tipico eroe degli shonen giapponesi; caparbio, impulsivo e determinato, tuttavia pare proprio non raccogliere lo stesso consenso di altri suoi celebri colleghi. Navigazione articoli SITUAZIONI PROBLEMATICHE NEI FILM DEL 1968 RAMBO NEL ROMANZO UCCIDEVA