Joe Sacco, nel suo fumetto-reportage “Palestina”, offre una rappresentazione cruda e dettagliata della realtà del conflitto israelo-palestinese, concentrandosi sulla vita quotidiana dei palestinesi sotto l’occupazione.

L’opera di Sacco è un tentativo di dare voce a chi vive in prima persona le conseguenze del conflitto, mettendo in luce le sofferenze e le frustrazioni di un intero popolo. Sacco afferma come l’occupazione israeliana influenza ogni aspetto della vita palestinese, dalle restrizioni alla libertà, alle demolizioni delle case, alla violenza dei soldati. Si concentra sulla vita di tutti i giorni, mostrando le difficoltà incontrate dai palestinesi nel lavoro, nell’educazione, nell’accesso ai servizi essenziali e nel mantenimento della loro cultura e della loro identità.

Un nuovo genere: il fumetto reportage


“Palestina”
di Joe Sacco inaugura un nuovo genere nel fumetto contemporaneo: il graphic journalism o fumetto-reportage. A differenza di altri tipi di fumetti che narrano storie di fantasia, il graphic journalism si concentra su eventi, luoghi e persone reali.
Questo genere utilizza disegni, dialoghi e didascalie per presentare fatti, interviste e situazioni che appartengono alla realtà.

Joe Sacco è andato nei territori occupati palestinesi tra il 1991 e il 1992, durante la Prima intifada, vivendo tra le persone comuni, raccogliendo interviste, osservando, prendendo appunti, fotografando. La novità è stata proprio questa: usare il fumetto per fare una vera inchiesta sul campo, con fonti, dati, storie verificabili.

 

La vita quotidiana in un paese occupato

“Palestina” è una specie di documentario, quello che resta impresso maggiormente in questa storia è il valore e la dignità che Sacco riconosce alle persone di cui narra, coloro che si battono in un paese occupato. Ne viene fuori un racconto empatico, documentato e dettagliato che ci racconta quello che normalmente viene ignorato.

Le code interminabili ai checkpoint, le perquisizioni, la frustrazione di non poter lavorare, i bambini che giocano tra le macerie, le madri che piangono i figli arrestati o uccisi, le case distrutte e ricostruite mille volte. “Palestina” celebra una quotidianità minacciata da un sistema assurdo.

Solo storie vere

 

Dire che “Palestina” racconta solo storie vere è sostanzialmente corretto, ma l’affermazione va leggermente ampliata per comprendere appieno la natura del lavoro di Joe Sacco. I suoi racconti provengono tutti da testimoni oculari, vittime, abitanti dei campi profughi, attivisti, medici e insegnanti. Tutto ha una base reale, documentata nei limiti del giornalismo narrativo. Sacco dice di avere costruito la sua storia intervistando tutti quelli che incontrava, facendosi raccontare non solo la loro storia, ma anche quelle dei loro amici e conoscenti.

Joe Sacco si spinge oltre l’intervista cercando di carpire agli interlocutori i loro sogni, i desideri, le paure e le fantasie, sconfinando più di una volta nella poesia.

 

Capire il conflitto

Grazie al suo approccio umano e immersivo, quest’opera ci aiuta a capire il conflitto israelo-palestinese mettendo in luce due modi radicalmente diversi di raccontare la realtà. Da una parte l’immediatezza spettacolare e spesso semplificata dei media, dall’altra la lentezza e la soggettività del fumetto-reportage.

La tv tende a offrire immagini rapide, selezionate, decontestualizzate, Sacco, al contrario, disegna ogni dettaglio, riempie le tavole di volti, oggetti e ambienti. Il lettore può fermarsi, osservare e riflettere. La tv informa, ma raramente interpreta. Sacco, invece, costruisce una narrazione coerente, storicamente consapevole ed empatica, che aiuta il lettore a comprendere.

Nessun eroe

 

In “Palestina” di Joe Sacco non ci sono eroi, ma solo persone comuni. E questo è uno dei tratti più potenti del libro. Si tratta di una scelta narrativa che viene da un urgenza etica fondamentale.

Joe Sacco rifiuta le logiche eroiche classiche, quelle in cui un personaggio si distingue come protagonista positivo, coraggioso, superiore. Invece, mette al centro della storia persone spesso stanche, spaventate, ambigue e contraddittorie ma profondamente umane. I suoi non-eroi costituiscono un’umanità dimenticata fatta di profughi che hanno perso tutto, madri che hanno visto morire i figli, medici che lavorano in ospedali sovraffollati, ragazzi che crescono in mezzo ai checkpoint, intellettuali costretti all’esilio.

 

Empatia e compassione

Joe Sacco prende una posizione precisa manifestando apertamente, in quest’opera, la sua compassione per il popolo palestinese. Sacco trascorre mesi nei territori occupati, non nei palazzi del potere, ma tra la gente comune: profughi, contadini, insegnanti, militanti, madri di detenuti, vittime della burocrazia e dell’oppressione.

Un’altra delle ragioni della sua compassione è la consapevolezza dello squilibrio tra le parti in gioco. Sacco non racconta una guerra tra due eserciti, ma un’occupazione militare ai danni di un popolo che egli ha scelto di rappresentare tramite una serie di personaggi disperatamente  umani.

Un nemico che non si vede mai

 

In “Palestinail nemico non si vede mai chiaramente, eppure è ovunque. Il vero nemico non è una persona, ma un sistema disumanizzante fatto di occupazione militare, burocrazia repressiva e indifferenza internazionale. Nel fumetto, non c’è un villain caricaturale. Non troviamo il “soldato cattivo” da cartolina, né il comandante spietato da film di guerra. E questo rende il tutto più realistico e più inquietante.

Il nemico è un meccanismo impersonale, che produce violenza anche senza sparare. Il vero nemico è l’occupazione come sistema di controllo. Un nemico subdolo, che agisce attraverso le armi e la disumanizzazione quotidiana.

 

Un disegno ossessivo

il disegno ossessivamente dettagliato di Joe Sacco in “Palestina” è una scelta stilistica e politica precisa, che mira a non perdere neanche un frammento della realtà di una tragedia spesso rimossa o semplificata. Il disegno di Sacco è denso, carico, quasi soffocante; che rappresenta ogni pietra, crepa e filo spinato,

Ogni volto è segnato dalla fatica, ogni negozio, macchina, rovina è ricostruito con meticolosità quasi maniacale. Questa attenzione al dettaglio non è solo decorativa, ma profondamente etica. Sacco ci dice che tutto merita di essere guardato, ricordato e testimoniato.

Nel mondo dell’informazione veloce Joe Sacco rallenta e ci costringe a soffermarci, a riflettere su quello che i media cercano di “semplificare” e a condividere il disagio di chi vive sotto occupazione.

 

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