Noi di una certa età siamo orfani del latino liturgico. Andavamo alla novena di Natale o a quella che chiamavamo novena, ma che non credo lo fosse perché la novena di Natale dovrebbe essere cantata e non mi pare che cantassimo. Se non ricordo male andavamo in chiesa nel tardo pomeriggio che era già quasi buio. Quando uscivamo dalla chiesa era buio pesto.

Ci accompagnava mia madre, che io consideravo già anziana all’epoca. Il mio primo figlio doveva fare la prima comunione. Sarà stato il 1978 o il 1979 e mia madre non aveva ancora compiuto 60 anni. Mi pare che il prete ci facesse ripetere il rosario dell’Avvento in italiano per prepararci al Natale.

La chiesa, del paese della seconda cintura di Torino in cui vivo,  non era strapiena ma gente ce n’era.  Non era strapiena come la chiesa di Torino dove avevo vissuto negli anni 1956/1963: la chiesa della  Salute. Nella chiesa della Salute cantavamo e recitavamo il rosario in latino. Erano gli anni precedenti al Concilio Vaticano II.

 

Superga
La chiesa di Superga


La Chiesa della Salute

Quella che vedete sopra è la Chiesa di Superga, che fu costruita da Juvarra per ringraziare la Vergine della vittoria dei piemontesi sui francesi nella battaglia di Torino nel 1706. La battaglia di Torino si svolse nel quartiere di Lucento e nella zona che fu chiamata poi e si chiama tuttora Borgo Vittoria, proprio per ricordare la vittoria dei piemontesi sui francesi.

Quando Torino si ingrandì, nel Borgo Vittoria si decise di costruire una chiesa che fu poi la chiesa della Salute nel senso di Salvezza perché la Madonna era stata la salvezza della patria nel 1706. La chiesa della Salute era gestita dai Giuseppini, un ordine fondato da Leonardo Murialdo con lo scopo di educare i giovani svantaggiati avviandoli al lavoro.

I Giuseppini erano stati fondati a Torino nel 1873 nel collegio degli Artigianelli dove Don Murialdo era rettore e dove ragazzi svantaggiati studiavano e venivano avviati al lavoro artigiano.

Anche l’oratorio annesso alla Chiesa della Salute era gestito dai Giuseppini, che si impegnavano in modo continuativo per tenere i ragazzi lontani dalla strada e dai pericoli. C’erano doposcuola, partite di pallone, catechismo, corsi di  preparazione per la comunione e per la cresima.

Ho visto su internet che l’oratorio della Chiesa della Salute è ancora in funzione. Dal 1956 al 1963, quando io lo frequentavo con mio fratello, era tutto un formicaio di ragazzi e di iniziative. Non si fermava mai. Tutti i ragazzi del quartiere lo frequentavano.

 

Credevamo veramente?

Partecipavamo attivamente a quella che chiamavamo la novena di Natale, ma credevamo davvero? Credevamo davvero che Maria era vergine e aveva partorito Gesù senza congiungersi carnalmente con Giuseppe? Sicuramente io non sapevo chiaramente  che cosa significasse essere vergini.

Mi avevano diffidato confusamente di toccarmi lì in basso dove c’erano le “vergogne” ma nessuno mi aveva spiegato il perché e il percome. Non sapevamo neanche che cosa significasse congiungersi carnalmente. Naturalmente avevamo visto dei fidanzati che si baciavano e forse anche papà e mamma che si abbracciavano, ma non collegavo questi gesti come fossero imparentati al congiungersi carnalmente.

Non nego che i famigerati atti impuri, che parevano  preoccupare tanto i confessori e le monache, mi sembrassero un po’ una fissazione del clero.

Inoltre mi pareva di avvertire un po’ di diffidenza nei miei. Erano contenti che andassimo a messa e al catechismo e alla novena di Natale, ma temevano che diventasse una fissazione. Mi sembrava che sapessero altre cose dei preti e non si fidassero del tutto.

 

Frequentare la chiesa e i sacramenti significa credere?

Bambini in chiesa


Mi sono andata a vedere le ricerche e le statistiche. Tutte quante segnalano e segnalavano la partecipazione dei fedeli alla messa domenicale, il numero dei bambini battezzati, la percentuale dei ragazzi cresimati, quelli che hanno fatto e avevano fatto la comunione partendo dall’assunto che chi partecipa, chi frequenta, crede. Ma il nostro è un paese con lunghissima tradizione cattolica dove l’insegnamento della dottrina cattolica è molto antico e, saecula saeculorum, avveniva in latino, quindi in una lingua incomprensibile ai più.

I fedeli storpiavano le parole latine e bisognava ascoltare un rosario in latino in chiesa per rendersi conto che erano quasi formule magiche recitate a memoria da parte dei fedeli. Il latino biascicato non suscitava stupore, non poneva domande forse perché non era compreso.

 

Essere cattolici dava dei vantaggi?

Mia madre mi raccontava che quando era giovane lei (tra il 1930 e il 1940) una ragazza non sarebbe riuscita a sposarsi se non andava in chiesa. Era una società fortemente schierata con il cattolicesimo e non andare in chiesa avrebbe significato una ribellione, un’anomalia che sarebbe suonata come minimo come una stranezza, un chiamarsi fuori. Nessuno voleva sposare una donna strana.

Mia madre era una donna prudente ed equilibrata, credo che quello che raccontava fosse vero. Ho poi sentito questa cosa ancora da una mia collega insegnante che parlava della Sardegna di quando lei era ragazza negli anni 1955/1965: “Per riuscire a sposarti dovevi andare in chiesa”.

Riuscire a sposarsi garantiva la sopravvivenza perché le donne o non ereditavano o ereditavano la legittima che di solito era una miseria. Se non si sposavano o andavano a fare le monache (ma bisognava avere la dote) o andavano a fare lo strugiùn (straccio per pulire) a casa dei fratelli o delle sorelle maritate,

 

Concilio Vaticano II (1962-1965)

Nel 1963 il Concilio Vaticano II convocato da papa Roncalli nel 1959 e proseguito da  Paolo VI, promulgò  la costituzione “Sacrosanctum Concilium” che introdusse l’uso del volgare cioè dell’italiano, del francese, dello spagnolo eccetera, ossia delle lingue nazionali nella liturgia, quindi nella messa e in tutte le cerimonie.

Mi ricordo che all’epoca si diceva che era molto strano che papa Roncalli avesse convocato il Concilio perché era un tradizionalista e il Concilio avrebbe inevitabilmente portato delle novità.

La chiesa era sotto l’attacco dei tradizionalisti guidati da Marcel Lefebvre (1905-1991), arcivescovo cattolico francese.

Papa Roncalli e papa Paolo VI pensavano che la chiesa avesse bisogno di una bella svecchiata per rispondere alle istanze del mondo contemporaneo.

Credevano che il rinnovamento della liturgia con la messa nelle lingue nazionali avrebbe meglio risposto alle esigenze dei fedeli e che il numero dei praticanti, dei devoti, sarebbe cresciuto.

L’esito del Concilio Vaticano II fu una doccia fredda: il numero dei praticanti assidui e dei devoti è costantemente diminuito. Le chiese si sono svuotate e nel mio paese, della seconda cintura di Torino, nel terreno acquistato per costruire una seconda chiesa, perché la prima era diventata insufficiente, è stata costruita una Rsa per anziani.

Lefebvre aveva tuonato contro la messa nelle lingue nazionali. Secondo lui non bisognava svecchiare la chiesa, ma credere nella chiesa ed essere fedeli alla tradizione. Arrivò a dire che se avessero guidato la chiesa nascente i papi suoi contemporanei il nostro Dio sarebbe diventato uno degli dei adorati nel Pantheon a Roma, cioè la nostra sarebbe diventata una religione come le altre.

Non sono una lefebvriana, non ho la conoscenza e le competenze per capire a fondo la questione e ne sono cosciente. Tuttavia non credo che una chiesa convinta di essere nel giusto e spietata con le altre religioni sia cristiana, ma forse io sono già figlia di una chiesa se non decadente sicuramente ammorbidita.

 

Ma davvero il latino fa la differenza?

La messa in latino che si usava prima della messa in italiano del Concilio Vaticano II è detta messa tridentina. Segue il messale romano e fu promulgata da papa Pio V nel 1570 a richiesta del Concilio di Trento.

Rimase in uso con poche modifiche fino alla promulgazione del messale di Paolo VI nel 1969 a seguito del Concilio Vaticano II.

Al mio orecchio le parti tradotte in prosa non sono esaltanti ma sono sopportabili, mentre, sempre al mio orecchio, trovo veramente terribili e brutte le parti cantate. Forse è un limite mio o ci si doveva lavorare di più.

Provate invece ad ascoltare il pezzo, al mio orecchio sublime, che ho messo qui sopra. Si tratta della sequenza “Dies irae, dies illa”, che si cantava nella celebrazione eucaristica prima del Vangelo nelle messe da morto. Ricordo ancora le chiese gelide, la tristezza per la morte di una persona cara, la paura della morte e il coro che intonava il tremendo ammonimento:

“Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sibylla.

Quantus tremor est futurus,
quando judex est venturus,
cuncta stricte discussurus.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.”

“Giorno dell’ira, quel giorno che
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da Davide e dalla Sibilla.

Quanto terribile è il futuro
quando il giudice è venturo,
tutti quanti giudicherà severamente.

La tromba diffondendo un suono mirabile
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono…”

Non capivano perfettamente le parole, ma sapevamo che erano parole terribili che preannunciavano il giudizio universale.

Fra poco è Natale, devo andare in chiesa a vedere come i fedeli  si preparano al Natale. Speriamo di sentire qualche bel canto in latino.

7 pensiero su “ORFANI DELLA MESSA IN LATINO”
  1. Spezzo una lancia in favore del latino. Non solo per questione liturgica, ma per ascendenza di civiltà e cultura. Non si legge un documento antico qualsiasi, nemmeno un atto notarile, se non si conosce il latino. Chi non ne mastica non potrà mai gustare ciò che scrivevano in poesia Virgilio e Catullo, e questi non erano nemmeno cristiani. Ma anche nel cattolicissimo medioevo i Carmina Burana, i canti degli antichi goliardi, non possono essere ascoltati se non in latino.
    Tradurre ? In ogni caso significa tradire tutto e banalizzarlo.

  2. Cara Angela, per dodici anni ai tempi del conservatorio e in seguito sono stato organista di una chiesa del centro di Milano, la Messa di Natale era per me pressoché ateo una festa meravigliosa. La chiesa quasi sempre vuota per una volta si riempiva di gente che scopriva il Padreterno per dimenticarsene a messa finita, ma per un’ora sembrava che tutti davvero fossero devoti e gioissero per la nascita del Salvatore. Io suonavo il suonabile, anche troppo ché il rettore della chiesa una volta si addormentò da tanto che il pezzo era lungo, Finita la messa arrivavano tonnellate di panettoni e spumante in sacrestia, che ci dividevamo poi con i preti, i loro nipoti e la perpetua. A me toccava sempre lo spumante Riccadonna, che il rettore mi consegnava in segno di auspicio..
    Quando il vescovo di Milano, che spero sia quanto meno in purgatorio, riorganizzò le chiese di Milano fummo buttati tutti fuori, preti e me, la chiesa cadde in rovina, prima si trasformò in tempio di riti tribali africani – a dir loro cattolici, altro che latino – e poi la presero gli ortodossi, che saranno anche fratelli in Cristo e di sicuro ci tengono alle chiese più che i cattolici, ma insomma.
    Buon Natale Angela!
    Andrea

  3. Caro Andrea,
    Che bella immagine: tu che suoni allo sfinimento i meravigliosi pezzi in latino sull’organo e la gente che assisteva… Non è che io abbia veramente paura che avesse ragione Lefebvre (secondo lui lo Spirito non soffia più nella nostra chiesa) ed è quello il motivo per cui la partecipazione dei fedeli è sempre più scarsa e meno qualificata nonostante le modifiche apportate dal Concilio Vaticano II o proprio a causa di quelle modifiche. Però ho letto una riflessione di Paolo VI che attribuiva la diminuzione dei fedeli post Concilio a un Dio che si è allontanato. Certo, per chi crede, alla fine tutto si deve ricondurre alla volontà di Dio. Però se a Dio piacevano i bei canti gregoriani in latino, allora siamo nei guai.

    1. quando lavoravo in Cattolica ho redazionato alcuni testi ufficiali vaticani, non posso dire come e quali – posso però dirti che a parer mio lo Spirito se ne è andato da un sacco di tempo;

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