Ideatore e autore dell’Omino Bufo è il Pitore di Santini, un ometto sgraziato che somiglia in modo evidente alla propria creatura, con la sola aggiunta di un basco (che fa molto artista) e di una barba poco attraente. Abituato a disegnare sui marciapiedi, l’autore dell’Omino Bufo viene chiamato a realizzare la rubrica Tilt per il settimanale Corriere dei Ragazzi quando i titolari (gli sfaccendati Alfredo Castelli, Bonvi e Daniele Fagarazzi) sono in ritardo con le consegne. A suo stesso dire, “trufa l’asienda diseniando sciochesse”. Il suo italiano è perfettamente in linea con il disegno: scorretto e grossolano. Ben presto si scopre che il Pitore di Santini non esiste. Si tratta di un autore inventato, una farsa messa in piedi da Alfredo Castelli, forse per prendere doppio stipendio con le storie dell’Omino Bufo. Questo è il motivo per cui questo articolo è incentrato su Alfredo Castelli, non sul Pitore di Santini. Nato a Milano il 26 giugno del 1947, Castelli ha cominciato a occuparsi di nuvolette nel lontano 1966, fondando la pioneristica fanzine Comics Club 104. Negli anni successivi collabora a diverse testate, tra cui Tiramolla e Topolino. La svolta avviene nel 1972, quando entra a far parte della redazione del Corriere dei Ragazzi (passato in quel periodo, insieme al Corriere della Sera, dai fratelli Crespi alla Rizzoli), settimanale per il quale scrive articoli e sceneggiature e si esibisce persino come disegnatore. In tale ambito lavorativo il giovane Castelli può permettersi di sfogare tutta la sua vena umoristica, che lo porta a essere additato da alcuni colleghi come “eterno bambinone”, eufemismo, a suo stesso dire, per “deficiente”. Racconta Castelli, ricordando quel periodo: “Eravamo chiassosi, ci abbandonavamo ad atti che erano definiti ‘goliardate’. Federico Maggioni (un grafico, ndr), Alvaro Mazzanti (altro grafico, ndr) e io, per esempio, mettevamo insieme di nascosto i compensi di tutti e tre (allora pagavano in contanti), e questo costituiva già una contravvenzione al divieto aziendale di comunicare agli altri l’entità del proprio stipendio. Poi, ognuno di noi, a turno, apriva la busta e contava il grosso malloppo di banconote, fingendo di non volersi far notare, ma in modo da farci vedere dal ‘tirchio’ della redazione, che scoppiava di bile quando vedeva la cifra che apparentemente guadagnavamo noi ultimi venuti”. L’esperienza di Alfredo Castelli con il Corriere dei Ragazzi si interrompe nel 1976, quando il settimanale cambia nome e linea, diventando CorrierBoy. Passa alla casa editrice di Sergio Bonelli, per cui scrive sceneggiature di Zagor, Ken Parker, Mister No e, in seguito, crea un proprio personaggio: il detective dell’impossibile Martin Mystère. Anche presso la sua nuova “casa editoriale” l’ormai affermato scrittore non lesina le trovate goliardiche. Nel 1998 scrive il Dizionario dei Misteri – I segreti di Bonelli, un fascicolo realizzato in una sola copia che raccoglie un lungo elenco di aneddoti che riguardano Sergio Bonelli: idiosincrasie e gaffe annotate con grande cura e sense of humour. L’albo nasce come regalo di compleanno per lo stesso editore, con la promessa che il suo contenuto non sarebbe stato divulgato. Promessa mantenuta solo in parte, dato che negli anni qualcosa è comunque trapelato. Sempre riguardo a Bonelli, è di dominio pubblico la divertente diatriba sui calzoni corti di Castelli. Bonelli afferma che quando Alfredo Castelli si è presentato in redazione per la prima volta aveva i pantaloni corti, ma lui nega recisamente e risponde con una vignetta in stile Pitore di Santini, nella quale i due, entrambi anziani e su sedia a rotelle, sostengono a vicenda di aver visto l’altro in fasce. Uno sfottò è reso possibile dal forte legame di amicizia che li lega, testimoniato tra l’altro da Bonelli in una intervista nella quale racconta: “Ad accomunarci è senz’altro quella particolare curiosità che ci spinge a leggere gli stessi libri, a vedere gli stessi film, ma anche a scoprire di esserci separatamente soffermati a osservare, nella grande confusione di un mercatino popolare, esattamente lo stesso oggetto. Abbiamo pure in comune la predilezione per il lato comico della vita e, perché no, anche delle storie che inventiamo. Siamo inoltre simili nella dinamicità che ci spinge verso lunghi frequenti viaggi, come nella dolce pigrizia che ci imprigiona per lungo tempo nei rispettivi studi, tra una confusa montagna di oggetti bizzarri, statuine di legno, gomma, plastica, vecchi ritagli di giornale, giocattoli antichi e paccottiglia di ogni sorta”. È questo forse il ritratto migliore di una delle figure più professionali e al contempo più anarchiche del fumetto nostrano, Alfredo Castelli di giorno, Pitore di Santini di notte. Navigazione articoli KENTARO MIURA, L’INTERVISTA RITROVATA MATITE BLU 250