Numero 3598 del 6 novembre

–   Copertina di Davide Cesarello, ispirata a “500 piedi”, la cui seconda puntata viene pubblicata in questo numero. La copertina ha un’aria disordinata, con molti personaggi ammucchiati alla rinfusa, luce smorta ed espressioni che vanno dall’annoiato al risoluto: ma considerando che si tratta di un “selfie” preso da Clarabella, in primissimo piano (pur con l’errore, certamente voluto, di far vedere anche il suo smartphone), il disordine ci sta tutto ed anzi aiuta a farci apprezzare la bravura dell’autore nel rendere nel modo ottimale sia gli stati d’animo dei personaggi che la stranezza della situazione in cui si trovano. Una delle migliori copertine dell’anno.

–   La notte dei barcollanti, di Giovanni Di Gregorio e Ivan Bigarella: secondo episodio di “Circus”, nuovo “kolossal d’epoca” iniziato un mese fa, e che vede unirsi a un circo un Topolino (Mick McMouse) in cerca di avventure, che mancano del tutto nella monotona cittadina del vecchio West dalla quale proviene. Il primo episodio aveva introdotto i personaggi, vecchi e nuovi, senza peraltro approfondirli e senza che nella storia succedesse niente di importante; stavolta qualcosa succede, e naturalmente Mick diventa subito decisivo nel portare tutti in salvo e mantenere il circo unito. La narrazione resta comunque confusa, con troppa carne al fuoco: l’oscuro passato dei componenti del circo, il rapporto con un misterioso, ostile personaggio che li sta cercando e dal quale sembrano fuggire, infine i “barcollanti” del titolo, in apparenza degli zombie che si aggirano nottetempo, in realtà dei sonnambuli vittime di una nuova salsa piccante, e che incombono minacciosi sui protagonisti finché il solito Mick non riuscirà a risvegliarli. Al miglioramento nella trama, sempre confusa ma più avvincente, se ne accompagna uno analogo nel disegno: Bigarella, dallo stile più energico rispetto a quello “pittorico” di Mottura, riesce a infondere un notevole dinamismo ai personaggi, anche se la confusione, che domina la sceneggiatura, domina anche le sue tavole. Queste, pur di grande effetto visivo, non aiutano il lettore nei passaggi più difficili: vignette che strabordano sino al limite delle pagine, vignette che si sovrappongono, personaggi che sforano nelle vignette adiacenti. Va bene abbandonare la rigida tradizione di una volta con le sue “gabbie”, ma è davvero questo il modo di attirare più lettori?

Bigarella strabordante

–   Le copie a ripetizione, di Arild Midthun: Archimede inventa delle stampanti 3D in grado di riprodurre materiale organico e persino esseri viventi, e ben presto Paperone le usa per produrre una serie infinita di galline, e poi una serie ancora più infinita di uova. Ma quando tutti gli abitanti di Paperopoli inizieranno a fare lo stesso, Archimede dovrà disattivare da remoto le sue stampanti prima che le uova sommergano ogni cosa, come era accaduto a suo tempo nel capolavoro di Nucci “Tutto accadde alla fattoria” (e al quale Midthun potrebbe essersi ispirato).

–   Il debito definitivo, di Bruno Enna e Giada Perissinotto: nel tentativo di riscuotere quanto gli è dovuto, i creditori di Paperino assoldano il “maestro” degli esattori, tale Aiace Mordace, che invece, affascinato dalla sua capacità di nascondersi e scomparire all’improvviso, finisce per assumerlo. Paperino diventa così bravo che dopo molte missioni concluse con successo il suo datore di lavoro lo manda a reclamare soldi dallo zio Paperone (!): l’impresa, dopo una lotta estenuante, è coronata dal successo. Ma un ultimo colpo di scena farà scoprire che non è Paperone ad essere indebitato…

–   500 piedi: Cerca tra i cerchi (2° puntata), di Bruno Enna e Davide Cesarello: incredibile ma vero, la seconda puntata di questa nuova saga è migliore, da ogni punto di vista, della precedente, già straordinaria. “Il mistero si infittisce”, col cliffhanger della prima puntata che non viene risolto ed anzi, insinua nuovi dubbi nel lettore. Topolino e Orazio sono davvero loro? O sono i loro amici a non essere più loro? E chi ne avrebbe preso il posto? Dove sono finiti i tre ufologi? Esistono forse realtà parallele (concetto che ultimamente va molto di moda)? La suspence che Enna riesce a infondere nella trama è senza uguali per un fumetto disneyano, e la storia finisce per uscire dal suo ambito diventando pienamente “adulta”, in un modo che forse si era visto, prima, solo nelle strisce di Gottfredson, in particolare quelle scritte da Bill Walsh. Non solo i temi di fondo sono “adulti”, tipici delle odierne serie televisive, come e più di quanto si era già visto ne “Gli Evaporati”, ma cambia anche il comportamento dei personaggi e il loro modo di esprimersi, come si vede – ad esempio – dalla secca risposta che Topolino dà ad Orazio, che non capisce (?) perché il suo amico dubiti di Minni: “Dettagli! Cose che solo io potrei notare”, frase che nella sua semplicità fa acquistare allo stereotipato rapporto fra i due Topi disneyani uno spessore e un realismo sinora sconosciuti. L’unico problema della storia è che il suo livello è talmente alto che un finale non all’altezza finirebbe per deludere, e non poco, il lettore. Anche Cesarello, come Enna, riesce a far meglio rispetto alla prima puntata, e ci offre un Topolino come mai si era visto prima, protagonista assoluto anche se spesso impotente di fronte alla situazione. Passerà alla storia la terribile scenata di pagina 125: Cesarello esce dai canoni stilistici disneyani adottandone di nuovi, un po’ presi dagli onnipresenti manga (soprattutto nella “vignetta delle orecchie”), un po’ dalla scuola francese (la vignetta seguente, con la furia di Topolino che sembra travolgere i presenti). Impossibile fare di meglio, oggi, per un disegnatore che si cimenti con questo personaggio.

L’indimenticabile Topolino di Cesarello

 

Numero 3599 del 13 novembre

–   Copertina di Corrado Mastantuono, ispirata alla storia di apertura del numero, storia che inizia con i tre cugini in gita (sciistica) sulla neve. L’idea alla base della copertina – Paperoga che, non si sa come, scia verso l’alto invece che verso il basso – c’entra poco con la storia ma basta e avanza ad attirare l’attenzione del lettore su un numero che in effetti, a parte il seguito di “500 piedi”, non offre moltissimo. Inoltre, con l’arrivo del freddo, una copertina a tema sciistico fa sempre piacere.

–   Lo scuginamento programmato, di Gaja Arrighini e Silvia Ziche: dopo una gita sulla neve Paperino, esasperato dalla fortuna sfacciata di Gastone e dalle stranezze di Paperoga, accetta l’offerta di un mago di fargli dimenticare l’esistenza dei due cugini (e viceversa). Mentre tutti gli altri – Paperone, Paperina, Archimede – ignorano la situazione e non si spiegano i loro bizzarri comportamenti, i tre cugini, nonostante tutto, finiscono per riavvicinarsi e diventare amici pur non ricordando la loro parentela: è questo che riesce a spezzare l’incantesimo e a suggellare una ritrovata armonia fra di loro.

–   Il tesoro a metà, di Marco Bosco e Blasco Pisapia: Paperone e Rockerduck collaborano, sotto la guida di Pico, nella ricerca di un antico tesoro che i due miliardari dovrebbero dividersi, dal momento che si tratta dell’eredità di un loro comune antenato; ma presto di scoprirà che c’è stato un errore di trascrizione su un documento (trovato in Italia nel “solito” archivio di Torremare che ultimamente compare spesso sulla rivista) e che il loro antenato non è tale. Lo è invece di Pico, che darà il tesoro in beneficenza.

500 piedi: Ombre nel grano (3° puntata), di Bruno Enna e Davide Cesarello: come ci si poteva aspettare, la complessa vicenda fantascientifica che da tre settimane vede coinvolto il gruppo di Topolinia al completo (Topolino, Minni, Pippo, Orazio e Clarabella), inizia a “rifiatare”, con la trama che si allunga senza mostrare una fretta particolare di arrivare ad una conclusione, limitandosi a seguire le indagini di Topolino che sta cercando di capire qualcosa di ciò che gli sta succedendo. Colpi di scena a ripetizione, con alcune domande che trovano risposta (NON siamo in un mondo parallelo e non ci sono due gruppi di personaggi che si scambiano di posto) e molta azione, con fughe, inseguimenti e la ricomparsa degli ufologi di cui si erano perse le tracce alla fine della prima puntata. Questa ricomparsa, oltretutto, offre lo spunto per un colpo di scena sensazionale anche se “telefonato” e un po’ troppo insistito, e col quale si chiude la prima metà di questa storia. Meno efficace rispetto alle puntate precedenti, la complessa vicenda ha spesso momenti di esitazione, con un Pippo spesso fuori parte e con molti tempi morti che forse non ci sarebbero stati se le puntate fossero state meno di sei. Sempre a livelli altissimi i disegni di Cesarello, ormai da tutti considerato il nuovo Massimo de Vita, per quanto il suo Pippo, con la lingua spesso di fuori, non sia sempre convincente. Ciò non toglie che l’attesa per la prossima puntata rimanga altissima.

Cesarello, stavolta, ha un passaggio a vuoto: la lingua di Pippo, i suoi occhi, le mani di Topolino

–  Il ritorno a Kalevala, di Kari Korhonen e Giorgio Cavazzano: storia di produzione scandinava anche se disegnata dal nostro Cavazzano e che dà un seguito alla famosa e complessa storia di Don Rosa “La ricerca di Kalevala”, che rielabora una famosa saga mitologica finlandese. Tornano i protagonisti della vicenda originale, il mago Vainamoinen, la strega Louhi e il suo “pet” Iku-Turso: i “cattivi”, fra cui Amelia (anche lei di ritorno) cercano di vendicarsi della disfatta subita nella storia originale da parte di Paperone e dei nipoti, ma anche stavolta avranno la peggio.

 

Numero 3600 del 20 novembre

–   Copertina di Andrea Freccero, che si limita a celebrare il raggiungimento del 3600esimo numero, traguardo importante soprattutto in un periodo di crisi generale del fumetto. Topolino, vestito elegantemente e con tanto di cappello a cilindro, rende omaggio al lettore, mentre alla sua destra uno stendardo riporta il numero fatidico. Si poteva fare di meglio? Forse sì, anche perché il numero contiene ben due storie importanti.

–   L’Asso di Picche, di Marco Gervasio: a soli quattro mesi dalla sua ultima apparizione torna il personaggio simbolo di questo grande autore disneyano, con un’avventura in cui viene sfidato da un misterioso “Asso di Picche”, un nuovo ladro di gioielli che sembra più furbo e più audace. Addirittura costui riesce ad introdursi, approfittando dell’assenza dei suoi occupanti, nella residenza dello stesso Lord Quackett/Fantomius, Villa Lalla (mentre Villa Rosa, che Paperino troverà in rovina molti anni dopo, è ormai abbandonata), e riuscirà a impadronirsi del suo diario, rischiando di compromettere definitivamente la sua identità segreta, che già l’ispettore Pinko ha intuito da qualche tempo. Insomma, premesse formidabili per quella che poteva essere una delle storie migliori del personaggio, e che invece si mostra piena di incertezze, senza eccellere né in azione né in introspezione, e con Dolly e Copernico ridotti al ruolo di comparse. Probabilmente queste incertezze riflettono quelle di Gervasio, che da tempo ha annunciato che in questo periodo – di poco successivo al ritorno di Paperone in città – le avventure del ladro gentiluomo avranno termine. Ma come e quando termineranno? Palesemente Gervasio non ha ancora deciso, e forse non è del tutto convinto della sua decisione, e tutte le storie che hanno fatto seguito alla drammatica tetralogia culminata con “L’alba di Fantomius” e col ritorno di Paperone in città sembrano girare intorno a un punto non ben definito, come stessero cercando di guadagnare tempo in attesa della fine, ma perdendo mordente ad ogni nuova puntata. Nuovamente, in questa storia, vengono riciclati i personaggi di Paperbridge, incluso il famoso professor Krimen (alla cui morte accennò Martina in una della prime storie di Paperinik), e se in quella precedente – “Ombre dal passato” – l’operazione era riuscita, stavolta convince meno, riflettendo le difficoltà in cui si trova Gervasio. Persino il suo disegno, tra i migliori che la rivista possa offrire, non sembra preciso e raffinato come sempre, forse anche per i soli quattro mesi passati dall’ultima storia. “L’Asso di Picche” resta comunque la migliore del numero, anche più della quarta puntata di “500”, ma è ora che Gervasio, se davvero vuole chiudere la saga di Fantomius, inizi a lavorarci seriamente.

Il tratto di Gervasio si fa più semplice e meno raffinato


–   Operazione Tamarindo
, di Corrado Mastantuono: nuovo fumetto muto, in B/N, della serie “Don’t Worry, Bum Happy”, che vede protagonista Bum Bum Ghigno, personaggio ideato dallo stesso Mastantuono, alle prese con situazioni surreali e che danno vita ad avventure brevi e divertenti. Stavolta Bum Bum si immedesima nel protagonista di un fumetto che sta leggendo, “Operazione Tamarindo”, pieno di agenti segreti e missioni pericolose. Alla fine, tanto per non correre rischi, Bum Bum si chiuderà in casa così da poter dormire tranquillo.

–   L’onestà pruriginosa, di Giovanni Eccher e Francesco Guerrini: classica storia che vede protagonisti i Bassotti alle prese con l’ennesima invenzione di Archimede che dovrebbe proteggere il deposito. Stavolta l’invenzione sembra estremamente efficace: dà un terribile prurito a chi si comporta illegalmente, e questo mette definitivamente fuori uso i Bassotti, costretti a riciclarsi come venditori di palloncini e lecca-lecca. Ma poi anche Paperone ne è vittima, in quanto i suoi stessi comportamenti non sono sempre dettati dall’onestà… per fortuna si scopre ben presto che gli effetti dell’invenzione sono temporanei.

–   500 piedi: sinapsi (4° puntata), di Bruno Enna e Davide Cesarello: e dopo tre puntate che si possono tranquillamente annoverare fra le cose migliori mai viste su “Topolino”, arriva l’inevitabile pausa, uno “spiegone” che occupa oltre metà delle 34 pagine di questa quarta puntata. Ritroviamo così Orazio e i suoi zii, tutti prigionieri di entità aliene (o terrestri?), ma in contatto con un’altra entità, certamente aliena e molto bisognosa di aiuto. Nel frattempo Topolino, insieme a Pippo, a Clarabella e ad una ritrovata ufologa, si dirige verso il Guatemala, dove presumibilmente avverrà lo scontro finale tra “buoni” e “cattivi”, anche se non è ancora chiaro chi e quanti siano gli uni e gli altri. I grandi misteri che avevano tenuto il lettore col fiato sospeso nelle prime tre puntate vengono quasi tutti risolti dall’immenso “spiegone”, e la tensione cala visibilmente. Il dubbio che Enna, come del resto quasi tutti gli sceneggiatori di cinema e di fumetti, abbia messo troppa carne al fuoco, si fa strada inesorabile. Forse il dubbio prende anche Cesarello, il cui disegno, anche se sempre di livello eccezionale, mostra alcune battute a vuoto, soprattutto – e di nuovo – con Pippo, personaggio sempre difficile da gestire e valorizzare, e talvolta anche con le entità aliene (o terrestri), la cui rappresentazione appare un po’ troppo stereotipata. Come finirà la storia? Ora che i misteri sono stati svelati e non resta che attendere lo scontro finale, l’interesse non è più quello di prima. O Enna riuscirà a trovare un ultimo colpo di scena da inserire proprio alla fine? Ancora due settimane e lo sapremo.

Cesarello ha ancora qualche difficoltà nel rendere le espressioni di Pippo

–   La coppa dei fanfaroni
, di Peter David e Claudio Sciarrone: come molti sanno, qualche anno fa è stata creata la serie “Epic Mickey”, tratta da un videogioco di grande successo e nel quale interagiscono molti dei classici personaggi disneyani in una versione riveduta e corretta. In questo episodio, che si svolge a “Rifiutolandia”, paese in cui vivono personaggi “dimenticati”, Orazio e il coniglio Oswald (l’antenato di Topolino) gareggiano a chi le spara più grosse. La gara viene vinta da una versione robotica di Paperino, che si intromette fra i due e poi racconta una storia breve ma sin troppo realistica.

 

Numero 3601 del 27 novembre

–   Copertina di Francesco D’Ippolito, ispirata alla storia conclusiva della serie “K (Klondike)” e che ci mostra un Paperone trionfante, in piedi su una piccola montagna di pepite. Alle sue spalle una serie di loschi figuri, che sembrano pronti ad approfittare di una sua distrazione per impadronirsi del suo oro. Pur ben disegnata e ben costruita, alla copertina manca qualcosa che le dia una vera “anima” e colpisca il lettore. Come la storia alla quale si ispira, d’altra parte.

–   K – il più duro di duri, di Luca Barbieri e Francesco D’Ippolito: pare che questa terza storia della serie “K” (da Klondike) sia anche l’ultima. Le vicende erano iniziate col ritrovamento, da parte dei nipotini, del diario di Paperone, diario che riporta i noti eventi del Klondike, anche se con molti punti di divergenza rispetto al canone barksiano/rosiano. Al di là dell’ovvia domanda sulla reale necessità di rivangare e rivisitare un periodo che Barks intendeva lasciare avvolto nella leggenda, e che Rosa ha dettagliato in un modo molto deciso e realistico (incontrando per questo l’ostilità di molti appassionati), le tre storie della serie – e quest’ultima in particolare – finiscono per non essere “né carne né pesce”: riscrivono le avventure di Paperone nel Klondike, discostandosi (non poco) dal canone, ma non abbastanza per crearne uno nuovo. Inoltre non eccellono né dal punto di vista drammatico, né da quello comico, e neanche da quello sentimentale (che ci poteva stare, data la continua presenza di Doretta), e si limitano a proporci un po’ di western vecchia maniera, con banditi, belle da saloon, avventurieri e scazzottate (mai pistolettate: di questi tempi la censura regna sovrana). Lettura indubbiamente piacevole e scorrevole, con personaggi nuovi e non privi di interesse (Calamity Duck su tutti), ma priva di quella profondità che si trovava (e ancora si trova) nelle storie dei “maestri” e che, quasi sempre, lascia nel lettore un’impressione durevole. Ad ogni modo la serie sembra in effetti conclusa, con la definitiva cattura di tutti i banditi capeggiati da Beagle Bob (il futuro nonno Bassotto), che era evaso e aveva rapito Doretta per vendicarsi di Paperone. Bellissimi i disegni di D’Ippolito ma, come per la sceneggiatura, anche da questo lato manca qualcosa che li renda indimenticabili.

Bello lo stile di D’Ippolito, molto fine e ricco di dettagli, nel raffigurare lo scontro fra Paperone e un antenato di Filo Sganga

–   La fortuna transitiva, di Francesco Testi e Paolo De Lorenzi: breve storia che propone, come molte altre negli ultimi mesi, le particolari dinamiche del terzetto di cugini (Paperino, Gastone e Paperoga). Paperoga subentra a Paperino come accompagnatore di Gastone al cinema, in quanto il primo è convinto che la sola presenza del secondo finirebbe per accentuare la sua sfortuna. In effetti sembra inizialmente che così vadano le cose: ma, in un piccolo colpo di scena finale, Paperoga avrà invece un colpo di fortuna, diventando amico del regista del film nonostante un incontro burrascoso.

–   500 piedi: piccole, laboriose e fameliche (5° puntata), di Bruno Enna e Davide Cesarello: e siamo alla quinta puntata di una storia avvincente ma troppo lunga. Un altro “spiegone” di una decina di pagine occupa la prima metà della puntata, dopo di che l’azione ricomincia, ma in modo confuso e senza che vi sia un vero filo conduttore in ciò che stanno facendo i diversi gruppi. È ormai palese che Enna abbia impostato questa storia imbastendo una fase iniziale strapiena di misteri, una fase centrale dove si trovano tutte le spiegazioni, e un finale in cui le fazioni si scontreranno e i buoni – chiunque siano – avranno la meglio con l’aiuto decisivo di Topolino. Si poteva fare diversamente? I capolavori – del fumetto, del cinema, della narrativa – basati su misteri importanti concentrano le spiegazioni nel finale, al limite anticipando soltanto la soluzione di qualche punto minore per non appesantire troppo quanto verrà raccontato alla fine – cioè il più tardi possibile. Sta alla bravura dell’autore/scrittore/sceneggiatore, dopo aver proposto al lettore/spettatore misteri complessi ed avvincenti, quella di rendere le spiegazioni chiare ma sintetiche, nonché quella di esporle per mezzo degli eventi narrati invece che servendosi di lunghe esposizioni avulse da quanto sta succedendo (o è successo). Certo, Poirot (e non solo) è famoso per i suoi lunghissimi “spiegoni” che chiudono le sue indagini, ma il giallo “classico” è un caso particolare, più simile ad un problema matematico che ad una vicenda ricca di azione. Non così sono le storie disneyane, per quanto complesse, e comunque quella di spiegare tutto nella fase centrale della vicenda non sembra la scelta migliore. Ad ogni modo, sia pure con tutti i limiti esposti sinora, la storia procede spedita verso la sua conclusione: tutti i personaggi si riuniscono in Guatemala, dove un’altra entità aliena, a quanto pare, è arrivata molti anni prima (dando il via a tutta la vicenda). Non resta che godersi la conclusione, tra pochi giorni, e sperare che magari, proprio alla fine, Enna ci riservi un ultimo colpo di scena. Nel frattempo restano sublimi i disegni di Cesarello.

L’ottima Minni di Cesarello, caratterizzata anche da un nuovo look con due fiocchetti verdi al posto del tradizionale fioccone rosso

–   Minni diventa Captain Marvel
, di Steve Behling, Luca Barbieri e Giada Perissinotto: Behling, scrittore e sceneggiatore che lavora anche per la Marvel, realizza insieme al nostro Barbieri il quarto crossover tra l’universo supereroistico e quello disneyano. Stavolta è Minni a diventare “super”: presente al deposito di Paperone (per il quale lavora come giornalista del Papersera) durante un attacco di Amelia, viene colpita da un incantesimo che le dà i superpoteri di Captain Marvel, dapprima senza rendersi conto dei momenti in cui si trasforma (ovvero quando c’è bisogno), alla fine ritrovando memoria e consapevolezza e diventando pienamente una supereroina.

 

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