Se vi capita di passare da Lubiana, la bella cittadina capitale della Slovenia, non mancate di visitare il suo museo ferroviario, situato a brevissima distanza dal centro storico. Un museo privo di orpelli: vi sono presentate bellissime locomotive a vapore, parzialmente ancora da restaurare, qualche vagone e una collezione di parti di treni, con piccole etichette descrittive poste a distanza dai pezzi esposti e una luce naturale che filtra con un po’ di fatica nel deposito adibito a sala espositiva. Non descriverò oggi le meraviglie esposte a Lubiana e neppure spiegherò perché le esposizioni ferroviarie siano così interessanti anche se i treni non vi attirano granché. Oggi voglio parlarvi del perché quello di Lubiana sia un museo perfetto. Locomotiva per treni merci fabbricata dalla ditta Henschel di Kassel. Dal 1917 al 1921 ne furono prodotti ben 1158 pezzi (foto dell’autore) Il museo perfetto è quello in cui nessuno pretende di farvi da guida, né una persona fisica né una pidocchiosa cuffietta gracidante né uno spiegone tradotto malissimo e incapsulato in una lercia protezione di plastica. Il museo perfetto è quello che non presenta percorsi tematici, zone divise per argomenti o nazioni o periodi storici, è quello che accosta oggetti (che siano quadri o locomotive) i più diversi tra loro e che consente al visitatore di creare le proprie associazioni, che gli permette di essere attratto secondo le sue proprie inclinazioni e predisposizioni, e che non obbliga a guardare prima questo e poi quello, come se si fosse all’Ikea. L’esterno del deposito locomotive del museo di Lubiana (foto dell’autore) È il museo che non ti offre una carissima caffetteria a fine visita che ti consoli della noia terribile che hai provato, e una libreria dalle cartoline costosissime che comprerai sperando di riuscire ad apprezzare a casa in un secondo tempo ciò che al momento dal vero non ti ha detto niente, e che finiranno a fare da segnalibri. Ormai i musei sono tutti organizzati allo stesso modo, la gente entra, segue il percorso, esce, non ha percepito niente ma ha fatto turismo culturale. Vede documentari che gli mostrano sullo schermo quello che ha accanto dal vivo, può fotografare tutto come un invasato e persino fare esperienza di realtà aumentata: al Tempietto longobardo di Cividale del Friuli puoi scaricare una app e poi puntare lo smartphone sugli affreschi medievali. Sullo schermo ti compare una foto ravvicinata dell’affresco e una spiegazione – ma nel frattempo partono anche devastanti messaggini di presentazione dell’app a tutto volume. Di recente ho visto musei che offrono la zona selfie: per esempio a Possagno, nel museo dedicato al Canova puoi farti un autoritratto accanto a un’opera dello scultore – una statua di polistirolo. Alla Alte Nationalgalerie di Berlino sono esposte tele che richiederebbero ognuna giorni di contemplazione solo per capirne il senso superficiale (lo stesso per Brera a Milano), ma il tempo medio di visita è di mezz’ora, per tutto il museo. Le sospensioni dell’unica locomotiva elettrica presente nel museo (foto dell’autore) Per dare fondamento all’idea del museo perfetto sono tentato di tirare in ballo la teoria anarchica della conoscenza del filosofo della scienza Paul Feyerabend, ma mi limiterò a Umberto Eco, secondo cui le migliori biblioteche sono quelle, perlopiù americane, nelle quali si deve raggiungere di persona lo scaffale che contiene il libro desiderato. Nel suo bel volumetto poco noto De Bibliotheca scrive che la caoticità di questo genere di biblioteche, nelle quali quasi necessariamente i libri finiscono per non trovarsi mai lì dove dovrebbero essere e al loro posto si trovano invece libri meravigliosi di cui non si sospettava nemmeno l’esistenza, è uno strumento utilissimo per lo spirito, che dal caos e il caso trae nuove idee, ispirazioni, collegamenti inattesi. Museo ferroviario di Lubiana, particolare di locomotiva esposta all’aperto (foto dell’autore) Lo stesso è vero per i musei. Il grande museo ferroviario di Norimberga, per esempio, pur pieno di pezzi favolosi è faticoso da visitare. Si entra e si è subito ostacolati da un percorso didattico sulla nascita dei treni. Poi via, lungo un tracciato cronologico intervallato da un grande plastico e da un simulatore di treno con comandi autentici, e dominato da una estetica della presentazione che tende a sopraffare ciò che è esposto. Alcune sale dovrebbero evocare sensazioni ferroviarie, ma sembrano progettate da qualcuno che non ha mai tenuto in mano un pezzo di carbone. Di questo immenso museo pieno di pezzi rarissimi e restaurati alla perfezion ricordo con nitidezza: il bambino che non mi mollava i comandi del simulatore, una meravigliosa locomotiva degli anni Trenta e la paletta da capostazione originale che ho comprato al negozio all’uscita. Tutto il resto è immerso in una certa confusione della memoria. Del museo di Lubiana, che ruota attorno a un deposito di locomotive pieno di motrici a vapore di epoche diversissime disposte in modo probabilmente casuale, ricordo tutto, o almeno ricordo quello che ha attirato la mia attenzione non ostacolata dal percorso museale. Forse il fulmine caduto sulla rotatoria di accesso al deposito a una decina di metri da me ha avuto un effetto di rinforzo sui ricordi, resta il fatto che la visita slovena non disturbata da folle vocianti e non costretta in un percorso obbligato è e resterà infinitamente più vivida e nutriente di quella bavarese. L’ingresso del museo ferroviario di Lubiana (foto dell’autore) Il motivo per cui a Lubiana, così come in altri Paesi dell’est europeo, i musei sono così utilmente anarchici dubito che sia di ordine filosofico. Penso piuttosto che non abbiano i soldi per attrezzarsi di cuffiette e cartoline, uno di quei casi in cui la ristrettezza economica agisce a favore della conoscenza. A dire il vero di recente alcuni curatori, forse ripensando ai musei immaginari del pittore settecentesco Giovanni Pannini, si stanno rendendo conto che la caoticità o perlomeno la non-didatticità è propedeutica al godimento estetico, e così nascono musei non organizzati, almeno apparentemente, come per esempio l’australiano Museum of Old and New Art. Magari ne riparleremo. Giovanni Paolo Pannini (1691-1765), Galleria di vedute di Roma antica, 1758 (Testo e immagini Copyright © 2018 Andrea Antonini, Berlino. Il quadro di Pannini è tratto da Wikipedia). Navigazione articoli MATELDI, ILLUSTRATORE FRA BELLE EPOQUE E FUTURISMO QUARK XPRESS CON 5 EURO – IL BISOGNO AGUZZA L’INGEGNO