A Milano, nel periodo del governo provvisorio dopo l’insurrezione popolare delle Cinque giornate (22 Marzo-4 Agosto 1848), i patrioti in armi sostituirono la gendarmeria austriaca come forze dell’ordine urbane, dandosi un’organizzazione gerarchica e portando una divisa come corpo della guardia nazionale. Tra le barricate molte donne avevano preso parte agli scontri a fuoco contro gli austriaci, e ventinove di loro erano cadute. Per questo motivo non si era potuto fare a meno che alcune combattenti venissero iscritte nei ruoli della polizia patriottica. Le donne alle Cinque giornate di Milano Alle prime vere combattenti, tutte popolane, si erano aggiunte parecchie altre donne di ceto aristocratico o alto borghese e di tendenze liberali (oggi qualcuno le chiamerebbe radical chic). Anche queste, per il solo merito del nome illustre della loro casata, o per i denari elargiti alla causa indipendentista, erano state arruolate nei ranghi della guardia nazionale. La satira del tempo deformava e ingrandiva la realtà: sul numero del 6 giugno del settimanale umoristico “Spirito folletto“, diretto da Antonio Caccianiga, viene ironicamente caldeggiata la formazione di due battaglioni femminili, uno di fanteria l’altro di cavalleria. Una vignetta illustrava anche il modello della divisa: giacca attillata, pantaloni alla zuava, stivaletti, berretto con penna, un anticipo del cappello degli alpini. Secondo alcuni, l’affluenza femminile alle armi non era motivata solo dal patriottismo; alle dame ottocentesche suscitava anche un eccitante sapore di avventura e di emancipazione. Far parte della guardia nazionale significava poter restare fuori casa sia di giorno sia di notte, per ragioni di servizio. Lontane finalmente dalla tutela di padri, mariti e fratelli, le militi giravano equipaggiate con schioppi forse nemmeno funzionanti, ma erano comunque armate e quindi in grado di farsi rispettare da qualsivoglia maschio che volesse fare il prepotente o il molestatore. Su questo grado di raggiunta parità potevano venire rimesse in questione anche l'”onorabilità” e la “pudicizia”, che erano maschere di convenienza e sudditanza sociale. Basta con le romanticherie, i baciamani e i balli in società: quando un uomo piaceva glielo si faceva capire chiaramente. Calata poi la sera, la funzionalità di questo corpo paramilitare sarebbe stata assai strana. La ronda delle miliziane era tutto uno sgattaiolare e infrattarsi con i componenti maschili della guardia nazionale, in luoghi adatti a farsi rimboccare le lunghe sottane e sfilare i mutandoni di pizzo, con voci di gioia. Lo “Spirito folletto” anticipava umoristicamente il futuro, in stile “mondo alla rovescia”: la pattuglia femminile che, baionetta in canna, inseguiva per strada un uomo bello ed elegante allo scopo di usarlo come trastullo. Per esempio, Luisa Battistotti (1824-1876), sergentessa nella milizia, premiata dal governo provvisorio per aver fatto fuori durante la rivolta una decina di austriaci usando la propria carabina, aveva dimenticato il marito, l’artigiano lattoniere Sassi, per darsi alle avventure amorose. Correva voce che l’eroina delle Cinque giornate si concedesse a certi patrioti. Per lei accoglierli sotto la gonna sarebbe stato più immediato rispetto alle dame, perché le popolane come lei ignoravano ancora l’uso delle mutande, moda intima femminile aristocratica e borghese. Luisa Battistotti, patriota e sergentessa delle milizie milanesi, davanti alle torri del Castello sforzesco Il capo della nazione non ancora nata, il mesto e timorato re Carlo Alberto di Savoia, avrebbe di certo messo fine a tale indisciplina, ma la sconfitta militare lo prevenne. Rimaste nel solo regno di Sardegna dopo il 1849, le guardie nazionali si riorganizzarono a Milano dieci anni dopo con la formazione del regno d’Italia, e in seguito dettero origine alla Pubblica sicurezza, l’attuale polizia di stato, ma fino al 1959 non vennero più accettate donne nei corpi italiani di polizia, e solo dal 1980 i comuni poterono assumere guardie civiche femminili. Fortunatamente la società è molto cambiata, le giovani d’oggi non hanno bisogno di armi e milizie per esercitare la loro libertà di sentimenti. Ammesso che le storie sulle loro “antenate” fossero vere e non un’invezione della moraleggiante stampa ottocentesca. Dopo il ritorno degli austriaci a Milano certi fogli pubblicarono articoli chiaramente volti a screditare quei patrioti ora esuli. Se mai potrà trovarsi un documento di questi curiosi episodi del nostro Risorgimento, forse andrà cercato tra le carte del meno ignoto tra i supposti amanti della focosa guerrigliera Luisa Battistotti, il medico, letterato e patriota varesino Paolo Maspero (1811-1896). La storia però non si fa con i pettegolezzi e i “si dice”, specie se provenienti da parti politiche. Fuggita da Milano, Luisa salì sul vapore che la portava negli Stati Uniti, si stabilì a San Francisco in California. Nel paese dei cow-boys e dei pistoleri certamente dovette essere apprezzata la sua abilità con le armi da fuoco come quella dimostrata durante la rivolta delle cinque giornate. Se fosse vissuta di più avrebbe forse potuto far parte del circo western di Buffalo Bill, come la famosa Annie Oakley, che si esibiva con la sua infallibile carabina. Navigazione articoli LA SARTIGLIA TRA VEDERE E NON VEDERE GERUSALEMME CONQUISTATA SENZA COLPO FERIRE
Il caricaturista è Antonio Greppi (1823-1867), Nato a Mantova, pittore di paesaggi, lavora a Milano dove si afferma nella tecnica di stampa della litografia, in uso da pochi anni. Nel 1848 Antonio Caccianiga (1823-1909), uomo politico e scrittore trevigiano, lo impiega come illustratore dello Spirito Folletto, settimanale “Politico, umoristico, comico, critico, satirico pittoresco” ed è tra i primissimi fogli di satira politica in Italia. Ne usciranno 45 numeri tra il 1°maggio e il 5 agosto 1848. In quei tempi il disegno veniva fatto sulla matrice, la pietra litografica, con una speciale matita grassa. La lastra di pietra poi veniva trattata con degli acidi, inchiostrata con un rullo e stampata col torchio, tutto a mano ed una copia per volta. Andato in esilio Greppi a Parigi con il ritorno degli austriaci a Milano, le sue caricature, non solo politiche ma anche di cronaca e di teatro, appaiono sul Journal Amusant, sul Rabelais, sul Triboulet, ed anche in Inghiltera sul famoso Punch (è la dizione inglese di Pulcinella). Considerato uno dei migliori caricaturisti, torna a Milano nel 1861 con la rifondazione dello Spirito Folletto, a cura di Edoardo Sonzogno (1836-1920), che quell’anno fonda la sua casa editrice, ancor oggi esistente. Nel 1865 a causa di incomprensioni politiche, Greppi ritorna a Parigi. Qui muore due anni dopo a 44 anni, non si sa per quale causa né si conosce dove sia sepolto. Rispondi