Milan Kundera - L'occidente prigioniero

Milan Kundera (1929-2023) aveva già capito tutto nel 1967, quando pronunciò un discorso audace e brillante al Congresso degli scrittori cecoslovacchi, intitolato La letteratura e le piccole nazioni, in cui asseriva la necessità per il suo Paese di rappresentare uno spaccato della cultura germanica, pur conservando le caratteristiche peculiari.
Il volumetto Un occidente prigioniero, edito in Francia nel 2021 e in Italia da Adelphi (chi altri, se no?) nel 2022, contiene la ristampa della vecchia prolusione e per la prima volta pubblica il saggio Un occidente prigioniero, ovvero La tragedia dell’Europa Centrale.

Kundera, con lo stile semplice e forbito che lo contraddistingue, mette in guardia il suo Paese dal rischio della russificazione, che al tempo in cui fu scritto (1983) chiama sovietizzazione, mette l’indice sul pericolo comunista, in ogni caso teme l’egemonia culturale da parte di un altro popolo.
L’orrore di Milan Kundera di fronte alla chiusura delle riviste culturali e dei giornali letterari in Cecoslovacchia con la repressione della Primavera di Praga, di cui era stato uno dei fautori più convinti, diventa stupore quando si esilia in Europa, dove si rende conto che a Parigi (dove ha vissuto il resto della sua vita) le riviste di cultura non esistono più, o se ci sono nessuno le legge, mentre gli intellettuali commentano inutili esternazioni televisive e banali affermazioni da talk-show.

Milan Kundera ricorda il grido di dolore del direttore dell’agenzia di stampa ungherese, che nel settembre del 1956 era disposto a morire per l’Ungheria e per l’Europa di fronte all’avanzata dei carri armati sovietici. Morire perché l’Ungheria restasse tale e, soprattutto, restasse Europa. La conclusione del grande scrittore ceco è che non è bastata la morte dell’intellettuale ungherese, forse non è servita a niente, perché l’Europa Centrale sta vivendo la tragedia della sua inutilità, schiacciata da un’Europa in decadenza culturale (in Italia la tocchiamo con mano) e da una Russia che avanza e non lascia spazi di autonomia e libertà.
Il messaggio di Milan Kundera, di fronte all’attuale guerra che la Russia ha scatenato per il dominio dell’Ucraina, ha una portata epocale e andrebbe ascoltato e valutato con attenzione. “La sopravvivenza di un popolo dipende dalla forza dei suoi valori culturali“, afferma lo scrittore cèeco, “quindi bando alle interferenze degli ideologi di regime e dei vandali di ogni natura“.

Per fortuna che i saggi sono datati 1967 e 1983: non osiamo pensare che cos’avrebbe scritto Kundera degli intellettuali francesi (gli italiani non sono da meno, anzi, credo che siano persino peggiori) che commentano Tik Tok, Twitter e Facebook. Anzi, che sono tra i primi a scendere in lizza nell’agone delle sciocchezze un tanto al chilo.

MILAN KUNDERA E LA DECADENZA DEGLI INTELLETTUALI



(Da Inkroci).



Di Gordiano Lupi

Gordiano Lupi (Piombino, 1960) ha fondato nel 1999 la rivista – casa editrice "Il Foglio Letterario", che dirige. Ha collaborato per sette anni con La Stampa di Torino. Collabora con Poesia di Nicola Crocetti, Valdicornia News, Inkroci, Futuro Europa. Traduce molti scrittori e poeti cubani (Alejandro TorreguitartRuiz, Virgilio Piñera, Zoé Valdés, Felix Luis Viera …). Ha pubblicato libri monografici sul cinema italiano. Tra i suoi lavori: Cuba Magica – conversazioni con un santéro (Mursia, 2003), Un’isola a passo di son – viaggio nel mondo della musica cubana (Bastogi, 2004), Almeno il pane Fidel – Cuba quotidiana (Stampa Alternativa, 2006), Fellini – A cinema greatmaster (Mediane, 2009), Una terribile eredità (Perdisa, 2009)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *