Il 7 marzo di quest’anno molti giornali e testate on line lanciarono una notizia: l’amministrazione di un’ isoletta tedesca, Wangerooge, nel Mare del Nord, aveva pubblicato un annuncio per cercare un guardiano del locale faro; e oltre 1.100 persone da mezza Europa avevano fatto domanda. Voglia di solitudine? Ricerca di un lavoro originale? Aspirazione a potersi buttare a mare nei momenti di depressione?

Difficile rispondere. Fatto sta che, per qualche giorno, si tornò a parlare di un mestiere che è praticamente in via d’estinzione. I fari sono stati una delle invenzioni umane che più ha influenzato la navigazione marittima: quando le navi non disponevano di Gps e altre strumentazioni del genere il faro costituiva l’unico mezzo per ridurre il rischio di rovinosi impatti con le coste rocciose.
La costruzione di queste gigantesche torri, in luoghi impervi e isolati, era appannaggio di ingegneri esperti, spesso specializzati proprio in questo tipo di progettazione. Come non citare gli scozzesi Robert e Thomas Stevenson, rispettivamente nonno e padre del famoso Robert Louis? Anche il futuro autore de “L’isola del tesoro” si iscrisse alla facoltà di ingegneria, costretto a proseguire la tradizione di famiglia; ma le sirene della Letteratura lo allontanarono dagli studi tecnico-scientifici.

Nel libro “Breve atlante dei fari in capo al mondo”, lo spagnolo José Luis González Macías scrive: “C’è qualcosa di bello e di selvaggio in queste architetture impossibili. Forse perché ci rendiamo conto che sono esseri in agonia. Le loro luci si stanno spegnendo, i loro corpi si stanno sgretolando. E anche se molte di queste sentinelle portano ancora avanti la missione di illuminare le acque, oggi le nuove tecnologie di comunicazione marittima rendono la loro funzione sempre più prescindibile. Le navi non hanno più bisogno della loro romantica assistenza”.

Come conseguenza del progresso tecnologico, molti fari sono andati in disuso, o si sono riconvertiti in strutture esclusivamente turistiche; eppure il fascino della professione resta, come dimostra la notizia da cui siamo partiti.
Una rapida ricerca su Amazon consente di accertare oltre venti romanzi in lingua italiana attualmente in commercio che si intitolano semplicemente “Il guardiano del faro” (anche nella variante “il custode”). Per non parlare del musicista italiano che si firma appunto “Il Guardiano del Faro”, pseudonimo di Federico Monti Arduini, che ebbe molto successo negli anni ‘70 e 80.

I fumetti, arte visuale per eccellenza, non potevano restare insensibili al fascino solitario delle grandi torri protese sull’acqua; e quindi, come quarta puntata della serie sui mestieri nel fumetto (dopo il direttore di carcere, l’idraulico, l’avvocato), proponiamo appunto il GUARDIANO DEL FARO; ricordando, al solito, che gli esempi mostrati non hanno pretesa di completezza e rispondono esclusivamente a criteri di selezione basati su personali simpatie e sui limiti dello spazio disponibile.

 

Guardiani da ridere: Paperino & Co.

“Paperino guardiano del faro” (in originale, “Lighthouse Keeping”) è un cortometraggio animato della serie “Donald Duck”, prodotto da Walt Disney nel 1946 per la regia di Jack Hannah.
Le lunghe ore nel faro sono noiose, così all’inizio il nostro protagonista pennuto si sforza di leggere un libro seguendo la rotazione della luce. Poi, in cerca di distrazioni, comincia a provocare un placido pellicano, dirigendo intenzionalmente il fascio luminoso contro di lui; ne nasce uno scontro senza esclusione di colpi, nel quale il pellicano riesce più volte a spegnere la fiamma del faro, rischiando di compromettere la sicurezza della navigazione.

 


Contrariamente ad altri cortometraggi animati del periodo, di questo non esiste un fedele adattamento a fumetti. Esiste però una storia di Carl Barks (l’“uomo dei paperi”, il fumettista che più ha contribuito a sviluppare la psicologia di Donald Duck e ad ampliare il suo cast di comprimari) che riadatta lo spunto di partenza. Con la differenza che qui Paperino svolge l’attività di guardiano del faro insieme ai nipotini, i quali si disperano per non poter inviare la loro letterina a Babbo Natale a causa dell’isolamento e delle avverse condizioni meteorologiche.

 


Anche nel fumetto Paperino ingaggia una lotta contro un uccello, nel caso di specie un albatro anziché un pellicano; poi però la storia si concentra sul tentativo di ottenere i regali di Natale per non deludere i nipotini.

Nella produzione disneiana italiana ci sono altre storie a tema; tra queste una tavola autoconclusiva del 2001 della serie “Arti e mestieri”, su Topolino 2365 del 2001; e un “Paperino e Paperoga guardiano del faro” su Topolino n. 2437 del 2002, dove i due cugini non smentiscono la loro consolidata fama di pasticcioni.

 


L’olandese Daan Jippes, con la storia “Paperino all’opera – Il guardiano del faro” (in Italia su “Mega” n. 561) riprende a sua volta il tema del pellicano da cacciare dal faro.

Per tornare ai cortometraggi animati vintage, anche nella serie televisiva di Popeye the Sailor, il nostro Braccio di Ferro, esiste un episodio chiamato “Lighthouse keeping”; risale al 1960 e vede svolgersi all’interno del faro il consueto triangolo tra lui, lei e l’altro (nel nostro caso ovviamente Braccio di ferro, Olivia e Bruto).

 

Supereroi acquatici: Namor the Sub-Mariner e Aquaman

Il principe Namor, della casa editrice Marvel, e Aquaman, della Dc sono due personaggi gemelli, sicché da sempre si discute se il secondo sia o meno un plagio intenzionale del primo. Entrambi nati dall’unione tra un padre umano e una donna appartenente al popolo acquatico di Atlantide, hanno la possibilità di respirare sia in aria che in acqua, di comunicare con altre creature marine, di vivere, in ultima analisi, sia da uomini che da pesci.

Vista l’ambientazione delle serie, è inevitabile che nelle loro storie compaia qualche faro, munito di relativo guardiano.

Per il più antico personaggio, nato nel 1939, andiamo a ripescare una storia del lontanissimo 1945, mai tradotta in italiano, dove compare un guardiano del faro dal nome suggestivo, “Padre Tempo”… peccato che, assurdamente, lo si descriva come un collezionista di francobolli, e si mostri il nostro Sub-Mariner che, per vendicarne l’assassinio, si reca nei bassifondi della città a cercare il sospettato. Una storia dove la suggestione marinara cede il passo ad una banale trama gialla.

 

 

Per quanto riguarda Aquaman, il personaggio ha avuto più versioni; in quella che ha inizio su “Adventure Comics” n. 260 (1959), l’eroe è figlio proprio di un guardiano del faro (non di uno scienziato, come nella prima serie del 1941) e di una principessa atlantidea. Suo padre viene descritto come un ex marinaio che vive una vita solitaria come guardiano del faro; e proprio da lì scorge una donna che sta annegando, della quale, ovviamente, si innamora a prima vista (pardon, al primo salvataggio).

 


Questa storia, qui mostrata in edizione americana, è stata più volte tradotta anche da noi, in varie edizioni tra il 1980 ed il 2023.

 

Gli orrori del faro

Il mare scuro nella notte… la violenza delle onde… le navi in balia della furia degli elementi … la solitudine … il rischio di una morte in acqua …

Che il guardiano del faro possa svalvolare, o trovarsi di fronte ad orrori soprannaturali, non stupisce; e infatti c’è un certo numero di storie a fumetti horror che sfruttano proprio questo tipo di ambientazione, così come ce ne sono nel cinema e nella letteratura.

“Horror at the Lighthouse” è una storia breve del 1953, apparsa sul n. 6 della testata antologica “Beware! Terror Tales” dell’editrice Fawcett, inedita in Italia (ma leggibile integralmente, in versione originale, sul Digital Comic Museum). Qui un giovane guardiano si reca a prendere il posto del precedente, un anziano malmesso e con un occhio bendato; il vecchio inizialmente si rifiuta di cedergli il posto, ma non per rivendicazioni sindacali o per timore di restar disoccupato; si scoprirà che il vecchio è soggiogato da una mostruosa creatura marina che gli impone di far naufragare le navi per nutrirsi dei corpi delle vittime.

 


Prima di sprofondare a sua volta nell’orrore, il nuovo guardiano (inizialmente scettico, come spesso accade nelle storie gotiche) si gode la solitudine; particolarmente evocativa è la vignetta nella quale si rilassa in barca, pescando spensierato, compiacendosi di essere sfuggito ai rumori ed alla confusione della civiltà. È solo un attimo, però, prima dell’incontro con il mostro marino.

 


”The Twilight Zone” è una serie di telefilm nota in Italia con il titolo “Ai confini della realtà”. Ne derivò anche una serie a fumetti, che sul n. 21 ospitò la storia “The Phantom Lighthouse”. Qui un pescatore si ostina a non credere all’arrivo di una bufera e, quando ormai è disperato, insieme al figlioletto, semi-assiderato dal freddo, viene salvato dal vecchio guardiano di un vicino faro… per poi scoprire che la costruzione era stata distrutta da una tempesta 50 anni prima, e che il salvatore altri non era che un fantasma.

 


In bilico tra horror e umorismo per bambini, ecco Scooby-Doo, cagnone protagonista di cartoni animati di Hanna-Barbera e di varie testate a fumetti; poteva mancare un guardiano del faro fantasma anche qui? L’episodio appare sul n. 21 di una serie edita dalla Dc nel 2005.

 

 

 

Mi chiamo Dog. Dylan Dog

Restiamo in un certo senso in materia di cani e passiamo da Scooby-Doo a un personaggio che di cognome fa Dog. L’indagatore dell’incubo, come è anche definito, è un personaggio che pure viene incasellato nell’ambito del genere horror, e quindi sarebbe potuto rientrare tra gli esempi citati al paragrafo precedente; ma ha avuto un tale successo, e un tale impatto sulla cultura popolare italiana, da meritare uno spazio tutto per sé. Nella sua serie regolare mensile, in edicola dal 1986, compare un episodio che fa al caso nostro: il n. 251, intitolato appunto “Il guardiano del faro”.
Ecco la sintesi ufficiale della storia, come riportata sul sito della casa editrice Bonelli: “Sinistre presenze infestano la cima della scogliera di Godmouth, un piccolo villaggio di pescatori funestato, in un passato recente, da un terribile fatto di sangue. A commettere il delitto è stato il vecchio guardiano del faro, spinto alla follia omicida da macabre visioni e terrificanti sogni che, ancor oggi, permeano le mura della lanterna. Quanto c’è di vero nelle storie di spettri che si raccontano? Può essere tutto frutto della suggestione di un lavoro solitario e ripetitivo? Solo Dylan Dog, il nuovo farista, può scoprirlo, forse a costo di perdere la propria identità sprofondando nelle sue peggiori paure!”.

Torna dunque l’idea che il mestiere, con la sua solitudine, possa indurre alla follia; e compare un termine, “farista”, che non è di uso comune e non viene riportato in tutti i vocabolari (nel sito internet della Marina Militare è spiegato peraltro che il termine “Farista”, già in uso per il personale addetto ai fari militari, è sostituito da quello di “Operatore Nautico / Collaboratore Nautico”).

Ma torniamo al nostro Dylan. La storia in questione non è una delle sue più famose, ma sfrutta sicuramente le atmosfere gotiche delle antiche costruzioni sul mare. La cosa migliore dell’episodio sono forse le metafore visive; per esempio la trasformazione in faro, con luce potentissima, del Big Ben di Londra.

 


Altra straordinaria metafora visiva è l’andamento sinuoso, a spirale, delle scale che portano in cima, visto già prima nell’episodio di Scooby-Doo, ma qui ancora più evidente.

 

 

Il faro nella guerra civile spagnola

Paco Roca è uno dei moderni maestri del fumetto, un autore sensibilissimo in grado di realizzare libri a fumetti, o graphic novel se preferite, che nascono in Spagna e vengono tradotti in mezzo mondo (il primo è stato “Rughe”, un poetico apologo sui malati di Alzheimer).

Un libro del 2004, tradotto in italiano dall’editore Tunuè e ristampato nel 2017, si intitola proprio “Il faro” ed è una deliziosa favola ambientata ai tempi della Guerra civile spagnola.

 


Telmo, il guardiano del faro protagonista, è un sognatore, o forse un pazzo, per come si ostina a tenere in funzione una struttura ormai abbandonata, e a leggere libri di avventura marinaresca di autori del calibro di Swift, Melville, Conrad, e l’onnipresente (se si parla di barche e mare) Robert Louis Stevenson.
Il faro, in quest’opera, diventa una metafora non tanto di isolamento e separazione dal mondo, ma di pace, un luogo apparentemente incontaminato dove si può vivere al riparo dalla follia della guerra. Meglio non dire altro, per chi ancora non ha letto il libro e vuole scoprire questo autore, che peraltro non ha disdegnato di misurarsi con una icona del fumetto di supereroi come Batman.

 



Molte sono le altre storie a fumetti con protagonisti un guardiano del faro… ma per questa volta è tutto. La prossima puntata della serie sarà dedicata ad un mestiere completamente diverso!

 

© Francesco Lentano 2024

 

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