Vittima o carnefice? Santo o mercenario? Eroe o profittatore? Il dibattito sulla natura dell’avvocato affonda nella notte dei tempi. È il professionista che reca conforto a chi debba affrontare le forche caudine dell’umana giustizia, e che può restituire l’onore perduto all’innocente ingiustamente processato. Ma è anche colui che spesso è accusato di farsi pagare profumatamente per prestazioni modeste o inefficaci.

A Bergamo, per fare un esempio, nei tempi antichi era chiamato “Ca’ d’i lader”, vale a dire “casa dei ladri”, un edificio che si trovava in centro città, e non si capiva se l’epiteto derivasse dall’essere pieno di studi legali, o dalla presenza dei relativi clienti…

L’avvocato e professore universitario Bruno Cavallone, che oltre a essere un insigne giurista fu anche, con il fratello Franco, autore delle prime traduzioni dei fumetti dei Peanuts per la rivista Linus, qualche anno fa ha riunito in un prezioso libretto (“Avvocato, non parla; che cos’ha? – Un’antologia personale”, edizioni Henry Beyle) una serie di citazioni artistiche e letterarie dedicate alla professione. Nella nota conclusiva si legge: «Se avessi voluto raccogliere citazioni sarcastiche, offensive, denigratorie nei confronti degli avvocati, avrei avuto gravi problemi di scelta , oppure avrei allestito un libro di mille pagine, ripetitivo e noiosissimo. Ho invece tratto dalla letteratura (in senso lato) citazioni idonee a suscitare simpatia per gli avvocati o, più spesso ancora, commiserazione».

Anche nel campo del fumetto le apparizioni di avvocati sono così numerose che potrebbe uscirne un articolo di mille pagine, ripetitivo e noiosissimo a sua volta. Per questo, così come per le precedenti due puntate di questa serie sui mestieri nel fumetto (dedicate, ricordiamolo, la prima al direttore di carcere, la seconda all’idraulico), si procederà a spizzichi e bocconi, senza alcuna pretesa di completezza, raggruppando storie a fumetti diverse nelle consuete cinque schede, dedicate non a singoli personaggi o gruppi di personaggi, ma a singoli “tipi” di avvocato, cercando di menzionare tutte le sfaccettature che questa professione può presentare. L’ultima scheda, invece, sarà specificamente dedicata agli avvocati di genere femminile, che in Italia oggi sono la maggioranza.

I civilisti, fiscalisti, amministrativisti che ci leggono perdoneranno se la maggior parte di citazioni saranno dedicate ai loro colleghi penalisti; ma, si sa, il processo penale è sempre quello che esprime più pathos e consente maggiori spazi per l’avventura. Una storia dedicata a un esperto in sinistri stradali, che compila una citazione a giudizio per ottenere la riparazione di un parafango, si presta a suscitare meno interesse, nei fumetti come al cinema o nelle serie televisive.

Come già nelle puntate precedenti, la segnalazione nei commenti di ulteriori materiali potrà servire ad ampliare il tema.

 

L’avvocato-eroe, pronto a tutto pur di dimostrare l’innocenza del suo cliente

Che un avvocato possa prendere così a cuore le sorti del suo assistito da vedere la sua difesa come un dovere etico e non solo come una prestazione professionale remunerata, è cosa sicuramente lodevole, resa difficile, nella realtà, da un insieme di situazioni: clienti che non pagano, giustizia che funziona a singhiozzo, necessità di gestire contemporaneamente tanti casi insieme, mentre in film, telefilm e fumetti sembra che si svolga un processo alla volta e che l’avvocato, per mesi, possa dedicarsi solo a quello, vivendo d’aria.

In ogni caso, la letteratura disegnata offre vari modelli di legale-eroe; e uno di questi è addirittura un supereroe. Vogliamo chiamarlo Daredevil, come in lingua originale e nell’adattamento di Netflix, o Devil, come fu presentato al pubblico italiano nell’ormai remoto 1970? Cambia poco; si tratta in ogni caso di un classico personaggio della casa editrice Marvel, con superpoteri, un costume colorato ed un alter ego: l’avvocato cieco Matt Murdock, brillante penalista. Il tema della giustizia, vista la professione svolta dal personaggio, è particolarmente presente; e alcune delle storie più celebri offrono delle sequenze processuali piuttosto gustose, anche se giuridicamente inverosimili. Ma quel che rende Matt Murdock un avvocato di successo è anche la possibilità di utilizzare i poteri di Devil per completare l’opera defensionale. Lo schema tipico è quello che si vede in questa vecchia storia del 1978, dove un altro supereroe, la Cosa, è ingiustamente accusato.

 



L’idea che la “vera” giustizia vada cercata fuori dai tribunali, dismettendo la toga e vestendo panni da vigilante, accomuna Devil a svariati altri personaggi del fumetto, alcuni dei quali lontanissimi dai supereroi della Marvel; si pensi al nostrano Maschera Nera, un avvocato dell’Ottocento laureato in Inghilterra che prova a fare giustizia in un West selvaggio e violento.

In realtà il prototipo moderno dell’avvocato onesto, buono, generoso, che crede fermamente nella giustizia, e che quindi è pronto a rischiare del proprio pur di assistere un innocente, probabilmente è Atticus Finch, protagonista del romanzo di Harper Lee “Il buio oltre la siepe”. Pare che generazioni di giovani, negli Usa ed anche in altre parti del mondo, abbiano deciso di abbracciare la professione forense dopo aver letto il libro o visto il celebre film del 1962, che valse anche l’Oscar di miglior attore protagonista a Gregory Peck nella parte dell’avvocato.

 


Chi ama i fumetti può ritrovare il personaggio nella versione a vignette del romanzo, realizzata nel 2018 da Fred Fordham. Nella scena qui riprodotta si può notare come Atticus si impegni in Tribunale per difendere il suo cliente, ingiustamente accusato solo perché afroamericano.

Come si vede nell’immagine, tratta dalla versione originale (ma il libro è stato meritoriamente tradotto anche in Italiano per la collana editoriale Mondadori Ink nel 2019), non è semplicissimo riprodurre, in forma di fumetto, i dialoghi serrati del controesame di un testimone, che in forma cinematografica risultano molto più brillanti. È un po’ il limite del fumetto come linguaggio, quando i testi si affastellano rapidi e fanno da contrasto con la fissità delle immagini.

 

L’avvocato corrotto

L’inglese ha un termine specifico, “shyster”, per designare l’avvocato disonesto, un personaggio losco che utilizza le forme legali come paravento di attività illecite, o che difende in giudizio gli appartenenti alla organizzazione criminosa di cui lui stesso fa parte.

Una delle più note personificazioni a fumetti di questo tipo di avvocato si chiama, per l’appunto, Sylvester Shyster, un personaggio disneyano che appare per la prima volta nelle storie di Topolino pubblicate a strisce giornaliere sui quotidiani americani. Nella versione italiana diventa Silvestro Lupo e, alla prima apparizione, sembra quasi simpatico quando annuncia a Minnie che ha ereditato una proprietà da un lontano parente. Poco alla volta diventerà sempre più pericoloso e, con l’aiuto di Gambadilegno e altri scagnozzi, darà filo da torcere a Topolino rivelandosi un efferato criminale che vuole impossessarsi dell’eredità (la storia si chiama “Topolino nella valle infernale” e risale al lontano 1930).

 


Sin dalla prima avventura, i riferimenti alla disonestà di Lupo, collegati al suo mestiere di avvocato, o comunque a concetti del mondo della legge, sono continui. Eccone un paio tratti da due diverse vignette, non sequenziali, della storia.

 


Restando nel genere dei fumetti per quotidiani, ma passando dagli animali antropomorfi ai supereroi, come non citare Iceberg? Il soprannome di questo avvocato fa riferimento alla sua proverbiale freddezza che, nei dibattimenti, gli consente di ottenere ogni volta l’assoluzione del suo cliente. Ecco Bruce Wayne ed il giovane Dick Grayson, alias Batman e Robin, che si preparano all’arrivo a Gotham City del famigerato legale.

 


Il processo che successivamente si svolge, dal punto di vista legale, è una vera follia, poiché Batman si ritrova a discutere da pari a pari con l’avvocato, neanche fosse il Pubblico Ministero, restando in aula con il suo costume mascherato, cosa che la legge statunitense, come quella italiana, non consente a nessuno. Alla fine si dimostrerà naturalmente che Iceberg, coerentemente con i suoi tratti somatici e con l’idea “lombrosiana” tipica di alcuni fumetti dell’epoca, è un vero e proprio criminale, al pari dei suoi assistiti.

 


Naturalmente tutto si può volgere in burla, ed ecco allora, ancora nel mondo Disney, ma più recente e di produzione italiana, l’avvocato della mala Giona Tiscagiona!

 


L’avvocato delle cause perse

Personaggi del genere si trovano soprattutto nel fumetto umoristico, e a volte il confine rispetto alla categoria precedente non è poi così netto.

Lionel Hutz è un legale che appare a lungo nei cartoni animati dei Simpson, anche se il personaggio fu cancellato dopo la morte del suo doppiatore. Dividendosi tra vari ambiti del diritto, come si conviene a un mestierante della legge, è in grado di piombare in casa dei nostri eroi per proporre inconsistenti cause civili o per difenderli quando sono accusati di qualche reato in sede penale. Nei fumetti il personaggio compare sin dal primo numero della serie, quando Homer viene trasformato in un mostro gigante, e l’avvocato si propone di capitalizzare la cosa vendendo i diritti della storia ad Hollywood.

 


Il segreto di ogni bravo difensore è capire quando tacere e quando parlare; la cosa sembra sfuggire all’avvocato Corbacchioni, un corvo (manco a dirlo) che ammettendo piccoli rumori notturni del picchio suo assistito, indispettisce vieppiù il giudice, che a causa di quei rumori non riesce a dormire (da Gianconiglio, storico personaggio italiano del Corriere dei piccoli).

 



Dal repertorio storico della stessa rivista viene anche il personaggio di Pier Cloruro de’ Lambicchi; quando a difenderlo è un pasticcione come don Tartaglia, si può immaginare che fine faccia quella che una volta era la qualità principale dell’avvocato: l’eloquenza.

 



Eloquenza, tuttavia, nella quale è facile esagerare, come accade quando nell’arringa, il difensore finisce per parlare ore, scomodando Shakespeare, tenendo un teschio in mano come Amleto.

 

 

L’onesto difensore d’ufficio

L’imputato era innocente, ma non poteva permettersi una difesa adeguata, e il suo difensore d’ufficio, scoraggiato dalla bassa remunerazione, lo abbandonò al suo destino. Quante volte abbiamo visto, soprattutto nelle produzioni a stelle e strisce, uno schema simile? Per fortuna, il difensore d’ufficio può essere anche un eroe. Esiste infatti una serie a fumetti americana degli anni Cinquanta, intitolata Public defender in action, il cui protagonista è appunto un difensore d’ufficio, l’avvocato Richard Manning. All’inizio di ogni storia, una didascalia spiega che il sistema legale americano prevede che chi non può permettersi un difensore ha diritto di riceverne uno dallo Stato (un “public defender”, appunto) e che questi ha il dovere di assistere sia il colpevole sia l’innocente.

 



Questa serie a fumetti non è mai stata tradotta in italiano, e non può certamente definirsi un capolavoro; era pubblicata dalla Charlton, una casa editrice nota per pagare agli artisti le tariffe più basse sul mercato, e per usare macchine da stampa di seconda mano. Che avesse particolare sensibilità per i temi legali si può spiegare anche con il fatto che i due soci fondatori, l’italoamericano John Santangelo e l’avvocato radiato dall’albo Ed Levy, si erano conosciuti in carcere…

Lo schema delle storie che compongono la serie, che si possono leggere gratuitamente in lingua originale sul Digital Comic Museum, è più o meno sempre lo stesso. All’avvocato Richard Manning viene affidata la difesa d’ufficio di un brav’uomo incastrato da qualche cattivone. Non ha uno straccio di elemento su cui imbastire la difesa e quindi chiede un rinvio del processo, prova a parlare con i testi dell’accusa seguendoli a casa, ma invariabilmente costoro si svelano per quello che sono, criminali o mentitori spudorati, e cominciano a minacciare l’avvocato tirando fuori pistole o altri accessori. A quel punto il Manning, non con la forza della Legge ma con quella dei suoi pugni, sistema la situazione e smaschera il complotto. La serie, comunque, fu di breve durata: solo sei numeri.


Donne avvocate

Visto che prima è stato citato Shakespeare, sarà il caso di ricordare che già nella sua opera “Il mercante di Venezia” compare una donna in veste di avvocato… ma si tratta in realtà della protagonista Porzia travestita da uomo. Nella stessa opera, peraltro, compare l’usuraio ebreo Shylock, che secondo alcune ipotesi, potrebbe addirittura essere all’origine dell’etimologia del termine “shyster” già citato prima.

A Trani c’è chi sostiene che il Grande Bardo si sia ispirato, per coniare il personaggio di Porzia, a una vera giurista del Quattrocento, la gloria locale Giustina Rocca; ma definire quest’ultima come la prima donna avvocato della storia è un po’ problematico, sia per l’assenza di fonti certe, sia perché i confini tra le professioni giuridiche, all’epoca, non erano così definiti come oggi.

La prima donna avvocato italiana viene in genere considerata Lidia Poët, che ottenne l’iscrizione all’Albo degli avvocati di Torino nel 1883, ma se la vide annullare dalla Corte di Cassazione, secondo la quale una donna non poteva esercitare l’avvocatura. La vicenda, un tempo nota solo agli addetti ai lavori, è stata rilanciata da una serie televisiva prodotta da Netflix, stroncata da critici e discendenti della Poët per le molte libertà narrative.

Ancora nel 1968 il Corriere della sera, nel dare notizia dell’inizio del maxi processo alla famigerata banda Cavallero (75 capi di imputazione, tra cui 5 omicidi e 21 tentati omicidi), dedicava un articolo agli avvocati che avrebbero assistito i quattro imputati titolando “Anche due donne nel collegio dei difensori”, come se si trattasse di un evento epocale.

Nulla di strano, quindi, se nel 1977, quando il settimanale Amica decise di dare spazio alle avventure a fumetti di una donna moderna e cosmopolita, la scelta cadde su un personaggio che di mestiere era appunto avvocato: Lea Martelli.

Le storie migliori furono poi raccolte in un volume cartonato che ancora oggi si trova facilmente nel mercato dell’usato; la giovane legale tocca, anche in sede giudiziaria, temi più “femminili” (la morte di un neonato per malasanità; lo stupro; il tentativo, da parte di un marito, di far passare per matta la moglie chiudendola in manicomio) e quindi il libro, a rileggerlo oggi, è anche un interessante documento su un momento della storia italiana.

 



Certamente la timida e preoccupata Lea Martelli, qui mostrata mentre discute il primo vero caso della sua carriera in un mondo ancora dominato dai maschi, non ha nulla a che fare con la più famosa She-Hulk, gigantessa dalla pelle verde, personaggio della scuderia Marvel come il Daredevil già citato prima. Anche lei è stata protagonista di una serie televisiva che curiosamente, già nel titolo, evidenzia il mestiere dell’eroina: attorney at law, vale a dire avvocato. Qualcuno malignamente sostiene che in Italia la Disney / Marvel abbia intenzionalmente lasciato non tradotto il titolo per non impelagarsi nella questione lessicale (ma l’Accademia della Crusca ha sostenuto che si deve serenamente usare il termine “avvocata”).

 


In realtà in inglese il termine si rende in molti modi diversi: lawyer, attorney, counsel… Tra questi, soprattutto nel modo anglosassone, ce n’è uno altro utilizzato per il titolo di una serie dimenticata: Caroline Baker, Barrister at Law. La serie apparve in una manciata di storie, nel 1962, in strisce quotidiane sul giornale inglese Daily Express, disegnata da quel Jose Ortiz di cui ancora in questo periodo la Editoriale Cosmo ristampa vario materiale.

Che una donna avvocato già nel 1962 potesse essere protagonista di una serie a fumetti la dice lunga su come la Gran Bretagna fosse più avanti rispetto all’Italia, e a tanti altri paesi, sul piano della parità di genere; purtroppo è molto indietro rispetto ad altri sul piano della valorizzazione e conservazione dei suoi antichi fumetti, e quindi questa serie non è mai stata ristampata, è sconosciuta ai più, e ciò che si trova in rete è per lo più di cattiva qualità, come nel caso della striscia iniziale:

 


Incredibilmente, una delle cinque avventure che compongono la serie fu tradotta in italiano nel 1968, sul n. 5 della rivista Smack della Editoriale Corno, nota anche per aver presentato in Italia proprio i supereroi della Marvel già più volte citati.

 


E qui ci fermiamo. Avremmo potuto citare centinaia di altre apparizioni; versioni a fumetti con il manzoniano Azzeccagarbugli; il celebre avvocato Balboa ideato dal curatore di questa pagina, Sauro Pennacchioli (manco due righe hai messo – NdR); il famigerato Perry Mason, che tanto affascinò il pubblico americano grazie ai telefilm degli anni Cinquanta, e che ha avuto la sua versione a vignette; parlare un po’ di fumetto francese grazie alla serie L’ordine di Cicerone, tradotta anche da noi; o ricordare The tiger Lawyer, una strana serie a fumetti americana dove un legale con sembianze di tigre opera serenamente in tribunale in un mondo normalissimo di umani. C’è, insomma, materiale per qualche altra decina di puntate. Ma questa serie ambisce a presentare in ogni articolo un mestiere diverso. Quale sarà il prossimo?

 

 

© Francesco Lentano

 

 

Un pensiero su “MESTIERI NEL FUMETTO: L’ AVVOCATO”
  1. A me viene in mente Residus, l’avvocato difensore d’ufficio in “Asterix e gli allori di Cesare”, la cui arringa per scagionare Asterix ed Obelix dall’aver complottato contro la vita di Giulio Cesare, è basata tutta sull’iniziale “Delenda Carthago”, tant’è che quando anche la pubblica accusa la cita va in tilt e chiede una pausa per rielaborare la linea difensiva.

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