Luigi Corteggi (1933–2018), noto anche con lo pseudonimo di “Cortez”, è stato un illustratore e grafico  che ha segnato la storia del fumetto italiano come direttore artistico e copertinista d’eccezione.

Dopo gli studi all’Accademia di Brera e un esordio nella grafica pubblicitaria, entrò nel mondo del fumetto nei primi anni Sessanta. Nel 1964 fu assunto dall’Editoriale Corno di Milano, dove divenne presto responsabile grafico di numerose testate.

In particolare, collaborò con lo sceneggiatore Luciano Secchi (in arte Max Bunker) e il disegnatore Roberto Raviola (Magnus), autori di celebri personaggi come Kriminal e Satanik, curando per loro la realizzazione dei loghi di testata e soprattutto facendo le illustrazioni delle copertine.

Kriminal esordì in edicola nell’agosto 1964 diventando subito il principale rivale di Diabolik per il titolo di miglior fumetto nero d’Italia e ottenendo un immediato successo di pubblico. Corteggi fu il principale copertinista dell’intera serie illustrando ben 359 numeri.

Corteggi lavorò a stretto contatto con Magnus & Bunker, fornendo un’impronta visiva unificatrice ai loro fumetti. Oltre alle cover, Corteggi contribuì talvolta anche alle storie interne (come inchiostratore o disegnatore di alcuni episodi).

Si dedicò però principalmente alle copertine realizzandone moltissime oltre che per Kriminal anche per Satanik e numerosi altri personaggi della casa editrice (Agente SS018, Gesebel, I racconti dell’impossibile, Rio River, Milord e i primi 10 numeri di Alan Ford).

Nel 1975, dopo la chiusura di Kriminal e Satanik, Corteggi passò alla Sergio Bonelli Editore realizzando numerose copertine de Il piccolo ranger e continuando lì la sua carriera grafica per oltre due decenni, durante i quali progettò numerosi loghi, entrati negli occhi e nei cuori degli appassionati di fumetto: da Nathan Never a Nick Raider, da Mister No a Dylan Dog a Martin Mystère altri ancora.

(La grafica di Corteggi dalla Corno alla Bonelli – Editoriale Mercury 2003)

Corteggi è soprannominato dagli appassionati “il signore delle tempere”, per la sua maestria nell’uso di questa tecnica pittorica nelle illustrazioni di copertina. A differenza di altri copertinisti che usavano il disegno a china tradizionale, Corteggi realizzava dipinti a tempera su cartoncino, ottenendo immagini dai colori vividi e dalla forte carica drammatica.

Ogni cover di Kriminal veniva concepita come un piccolo quadro autonomo, con composizioni curate e una pittura densa di contrasti di luce e colore. La tempera, stesa con pennello in modo magistrale, gli permetteva di ottenere rapidamente tinte brillanti e opache, ideali per le stampe economiche dell’epoca, ma anche di conferire un aspetto pittorico raffinato alle copertine.

L’abilità tecnica di Corteggi risalta nella resa realistica di elementi come volti, mani scheletriche, ombre minacciose e effetti atmosferici (nebbie, bagliori, tramonti sanguigni), che sulle sue copertine acquisiscono un notevole impatto visivo.

(traccedifumetto.wordpress.com)

Non a caso, le sue illustrazioni sono state definite “notevoli e ammalianti, graficamente sapienti e visionarie”, capaci di catturare lo sguardo del lettore con pochi elementi iconici. Spesso Corteggi applicava il logo e i titoli direttamente sul dipinto o su fogli di acetato sovrapposti, integrandoli armoniosamente nell’immagine.

Questa commistione di perizia grafica e pittorica gli ha permesso di elevare la qualità estetica delle copertine a livelli mai visti prima nei tascabili neri. Le sue cover, pur nelle piccole dimensioni tipiche del formato “pocket” (12×17 cm), sprigionano un’energia figurativa paragonabile a quella di manifesti cinematografici o delle copertine dei gialli  dell’epoca, tanto da rendere Corteggi un vero maestro dell’illustrazione applicata al fumetto.

Valga come esempio la copertina del n. 125 di Kriminal, “Ipnosi” (novembre 1967), dove l’artista impiega un’immagine surreale e inquietante, un gigantesco occhio fisso in primo piano.

(invaluable.com)

All’inizio della sua attività su Kriminal, Corteggi si ispirò ai modelli allora in voga nell’illustrazione gialla e noir. Egli stesso ha ammesso di essersi inizialmente rifatto allo stile di Carlo Jacono, celebre copertinista dei gialli Mondadori che considerava suo maestro.

Le primissime copertine di Kriminal (1964-65) presentano una costruzione relativamente tradizionale: scene d’azione o di suspense, con il protagonista in tuta scheletrica raffigurato mentre compie atti criminali (agguati, fughe, colluttazioni), spesso in presenza di vittime o elementi tipici del thriller (coltelli insanguinati, bottini, donne in pericolo).

Queste immagini erano “sintetiche” nella composizione e di immediata lettura, ma già allora si distinguevano per efficacia ed energia visiva, come notato dalla critica dell’epoca. Tuttavia, dopo pochi anni Corteggi iniziò a discostarsi dagli schemi consueti, intraprendendo un’evoluzione creativa che avrebbe portato le sue cover a livelli di originalità sorprendenti. 

(sergiobonelli.it)

Un momento di svolta esplicito fu la realizzazione della copertina intitolata “Un occhio fisso nella ragnatela” (albo Kriminal n. 161, luglio 1968). In quell’illustrazione, invece di mostrare una scena d’azione convenzionale, Corteggi dipinge letteralmente quanto è contenuto nel titolo: Kriminal avanza di spalle al centro dell’immagine mentre dall’alto un enorme occhio (ancora) lo sta guardando.

Da questo occhio si diparte una misteriosa ragnatela che scende verso il basso abbracciando una serie di inquietanti ombre che avanzano verso il nostro eroe. Quella fu, a detta dell’autore, la prima volta in cui riuscì a “fare qualcosa di nuovo” abbandonando le soluzioni grafiche ovvie.

Da allora in poi, salvo rare eccezioni, le copertine di Corteggi cessarono di essere “normali” o strettamente narrative: l’illustratore cercò costantemente di “uscire dall’abitudine, di sorprendere e catturare l’occhio del lettore” con immagini insolite e visionarie. Le sue cover assunsero così un carattere metafisico e onirico, che privilegiava il simbolismo e l’evocazione rispetto alla descrizione.

(sergiobonelli.it)

Dal punto di vista metodologico, Corteggi adottò una strategia creativa unica: chiedeva di conoscere solo il titolo dell’episodio da illustrare, evitando di leggere nei dettagli la sceneggiatura. In questo modo, la sua immaginazione rimaneva libera di elaborare un’idea grafica forte e d’impatto, senza essere vincolata troppo dalla quello che succedeva nella storia.

Tra l’altro ci sarebbe da fare i complimenti anche a chi decideva i titoli degli albi: tutti assolutamente originali e indimenticabili. “Giocavo un po’ col surreale, volevo scioccare il lettore per fargli dire: chissà cosa succede qua dentro!”, ha raccontato Corteggi. Spesso le sue cover suggerivano eventi ancora più eclatanti di quelli effettivamente narrati nell’albo, uno stratagemma volutamente usato per catturare l’attenzione dagli scaffali delle edicole ed enfatizzare il clima di suspense e terrore.

Per esempio, per l’episodio “Mare aperto” dipinse una copertina in cui dall’oceano riemergeva la tuta scheletrica di Kriminal, nonostante nel fumetto ciò non accadesse davvero, creando però un richiamo irresistibile per il pubblico.

Questa libertà creativa, unita alla ricerca di soluzioni grafiche sempre nuove, fece sì che lo stile di Corteggi evolvesse di pari passo con la serie: Kriminal negli anni ’60 passò dalle copertine tipiche del noir a vere e proprie opere di arte pop-surrealista, in sintonia con il gusto psichedelico e sperimentale che iniziava a permeare la cultura visiva di fine decennio.

La tavolozza cromatica si fece più audace (fondali rossi, viola, verdi acidi), le figure umane talvolta lasciarono spazio a metafore visive (come occhi, tarocchi, simboli zodiacali eccetera), accentuando l’aspetto onirico.

Spesso gli elementi chiave della storia (morti, minacce, oggetti) venivano rappresentati in maniera allegorica: a volte era un singolo teschio gigantesco a dominare la scena, altre volte erano manichini o burattini, altre ancora erano prospettive distorte e surreali a comunicare inquietudine.

Questo rinnovamento continuo del linguaggio visivo mantenne la serie fresca e imprevedibile, contribuendo a fidelizzare i lettori e a distinguere Kriminal dai suoi imitatori.

Le copertine di Luigi Corteggi per Kriminal e Satanik sono unanimemente considerate una componente fondamentale del successo e dell’identità di queste serie. Per un intero decennio, le tempere visionarie di Corteggi hanno dato lustro ai due “neri” di casa Corno, contribuendo in misura determinante al loro richiamo editoriale.

Ogni nuova cover era attesa dai lettori quasi quanto la storia stessa, e spesso si discuteva della sua originalità e audacia. La critica specializzata considera quelle di Corteggi come le più riuscite copertine del fumetto nero italiano, ineguagliate persino rispetto a quelle di Diabolik.

La forza evocativa e la simbologia drammatica delle sue immagini hanno contribuito a definire l’immaginario collettivo del genere: la figura spettrale di Kriminal in calzamaglia scheletrica, immersa in scenari di morte e follia, è diventata un’icona pop proprio grazie alla rappresentazione datane sulle copertine. Corteggi fu capace di “rapire il fruitore trascinandolo in un’atmosfera carica di straordinaria tensione”.

In alcuni casi, le sue illustrazioni erano talmente potenti da suscitare polemiche nei contesti più conservatori: per esempio, l’uso ricorrente di immagini di donne seducenti mescolate a elementi macabri (cadaveri, scheletri, sangue) o situazioni di violenza esplicita sfidava i tabù dell’epoca e attirò le critiche dei benpensanti, contribuendo però ad aumentare la fama “scandalosa” e l’appeal trasgressivo di questi fumetti.

Nonostante ciò, Corteggi seppe mantenere un equilibrio estetico: le sue scene risultano avvincenti ma mai volgari, spaventose ma anche fantasiose, evitando la gratuità. Questo equilibrio elevò lo status artistico delle copertine, tanto che oggi le tavole originali dei suoi lavori sono molto ricercate dai collezionisti e sono state esposte in mostre a lui dedicate.

Come sintetizza efficacemente un critico moderno, “le copertine di Kriminal e Satanik rappresentano la vetta più alta dell’espressione pittorica [nel fumetto italiano], attraverso il sapiente impiego di una simbologia grafica altamente drammatica”.

(“Luigi Corteggi – Un pittore prestato al fumetto”, Milano 2010)

In conclusione, Luigi Corteggi ha ridefinito l’iconografia del fumetto nero italiano. Le sue copertine , vere opere d’arte in miniatura, hanno fissato nell’immaginario visivo di una generazione l’estetica del crimine in calzamaglia: teschi ghignanti, occhi che spiano nell’oscurità, mani scheletriche protese, e colori contrastanti giallo-nero-rosso diventati simboli riconoscibili del genere.

Queste immagini hanno ispirato numerosi illustratori successivi e restano pietre miliari dello stile grafico fumettistico made in Italy. Non a caso Corteggi viene ricordato come “il più famoso art director del fumetto italiano” e le sue copertine degli anni ’60 sono oggi considerate pezzi di storia culturale.

Corteggi, “il signore delle tempere”, ha quindi lasciato un’impronta indelebile nell’arte sequenziale, trasformando le copertine di Kriminal in potenti catalizzatori di sogni (e incubi) a colori per i lettori dell’epoca.

 

 

 

4 pensiero su “LUIGI CORTEGGI, IL SIGNORE DELLE TEMPERE”
  1. paradossalmente invece nel manga ken il guerriero in quasi tutte le copertine c’è lui da solo in posa. Strana scelta.

  2. Ho avuto l’occasione di scambiare due parole con lui anni fa, quando già era di là negli anni, mi sembrò consapevole del suo valore ma forse un pò amareggiato per essere rimasto senza lavoro dopo gli anni alla Bonelli. Tantissimi lavori di grafica, oltre alle copertine cui è dedicato questo articolo, erano suoi, ed alcuni sono rimasti imputati fino ad oggi (vedi logo di Alan Ford, che ancora esce in edicola)

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