I personaggi femminili nelle storie a fumetti di Luciano Bottaro (1931-2006) spiccavano per l’energia e la decisione di cui si dimostravano capaci, e anche per la forza fisica che permetteva loro di maneggiare armi da taglio (la spada, usata dalla giovane Lolita e dalla vecchia Caterina nella serie di Pepito) o contundenti (il mattarello, magistralmente usato tra le tante, da Colombina di Pon Pon, da Mimì moglie di Occhio di Bue, il capo indiano amico di Whisky e Gogò, e dalla regina di Picche). Questa attività va a scapito della femminilità dei personaggi, che sono temuti sia per l’aspetto fisico sia per il difficile carattere. Per reazione, a un certo punto dalla penna fantasiosa di Luciano Bottaro iniziarono a uscire le “donnine”. Sono personaggi anonimi, puramente decorativi, mai dalla loro bocca esce un dialogo o una battuta in forma di nuvoletta. Eppure si fanno notare molto più di qualsiasi prode eroe e di ogni buffa macchietta comica. In questo caso è l’apparenza che conta, è la bellezza muta ma soprattutto nuda. Mai sfacciata o volgare, però. La donnina di Bottaro sprizza quella malizia e quell’ironia che lo stesso Milo Manara, grande disegnatore erotico, non sempre sa far esprimere alle giovani donne di sua creazione. Il sex appeal è esplicito, ma la donnina di Bottaro ha nei suoi occhi e nel proprio modo di esibirsi il divertimento e la voglia di giocare della monella. È un Peter Pan femmina, una bambina che rifiuta di crescere e di diventare fredda seduttrice. Mostrare il suo corpo vistoso e procace è invece uno scherzo che sta combinando verso il maschio, il quale si blocca e rincitrullisce alla sola vista. La burla finirà con uno sberleffo, o al più con un furtivo scherzo sessuale con le gambette che guizzano in aria. Ma questo ha solo gli effetti ilari del solletico. La donnina non gradirebbe mai il sesso inteso come performance, quello che sconvolge e sfinisce entrambi i partners, ma si attiene al principio “un bel gioco dura poco”. In questo caso il sesso è soltanto il completamento, tra femminucce e maschietti “cresciuti”, del gioco infantile del dottore. Le prime donnine fanno capolino affacciandosi alla finestra. Basta per esse prendere un’aria trasognata o specchiarsi, e già “bucano” il disegno con la loro presenza. Donnine intere iniziano a vedersi nelle storie dei Postorici, ambientate in un mondo ritornato all’età della pietra dopo cataclismi bellici ed ecologici. Sono figurette di sfondo, fuggitive perché Nonno Elìa, energico vecchietto, le insegue voglioso. Ma quando capiscono l’obiettivo del gioco, le ragazze non scappano più, e si stringono con affettuosa sensualità all’innocuo e simpatico vegliardo, che alla sua età cerca solo calore e coccole. Lo stesso Nonno Elìa sa anche difendere le donnine se vengono insidiate da brutali invasori o mostri affamati, ma per esse è gratificante anche adagiarsi mollemente tra il collo e le zampe dell’ ippopornopotamo (il nome dice tutto), mansueto e tenero bestione ingiustamente scacciato a sassate dal geloso vecchietto terribile. Le donnine stesse mostrano una loro simbiosi con il mondo primigenio della natura, trasformandosi in delicate ragazze-farfalla. Passando poi alla serie delle mattaglie: le matte battaglie, ecco come la presenza isolata e del tutto incongrua di una donnina basta a mandare in tilt ogni velleità bellica e aggressiva. È sufficiente l’affresco di un pittore a creare paralisi nelle animatissime e affollatissime operazioni guerresche con scontro corpo a corpo di due eserciti. La donnina scende in campo di persona, fingendo l’appartenenza a un esercito, oppure piazzandosi tra i due schieramenti in funzione di ostacolo alla mischia. L’unica reazione contraria è quella, completamente inutile, di un vigile che pretende di multare i combattenti per oltraggio al pudore. Forti di queste esperienze, le donnine scendono in campo numerose, invadono la matta battaglia, e senza mostrare preferenze tra le due armate si rendono padrone, accoppiandosi gioiosamente con i soldati. Da questo spensierato incontro nascerà una nuova generazione che non avrà più i motivi di inimicizia dei padri, così di “matte battaglie” non se ne faranno più. Finito l’impegno pacificatore, le donnine riprendono spensieratamente a giocare, magari dondolandosi su altalene. Inoltre Jane, la compagna di Tarzan, approfitta del muscoloso uomo scimmia per non faticare ad arrampicarsi sugli alberi della foresta. L’ultima donnina non è ilare, ma agghiacciante. A causa di un naufragio una ragazza approda alla terra dal mare, e viene assalita da strani mostri fluttuanti e malvagi. La donnina dovrà difendersi da essi, saper salvare la propria integrità. Questa è la metafora del passaggio da un’età all’altra e dei pericoli che incontra nel mondo la giovane donna. Il rischio è che il suo corpo venga fatto diventare merce e fonte di sfruttamento per denaro. Non c’è solo la prostituzione sessuale, ma anche quella dell’immagine. C’è pure la svendita al pubblico della vita privata, nei gossip dei rotocalchi settimanali, o in trasmissioni come i reality. Impegnata a combattere le lusinghe, le violenze più o meno mascherate del mondo, l’allegra, candidamente disinibita e muta donnina dovrà trasformarsi in severa e linguacciuta maneggiatrice di spade e mattarelli. È spiacevole, ma questa è la vita, e allora godiamoci la bellezza ancora spontanea di queste graziose creature disegnate, rammentandoci magari quella canzoncina carnevalesca di Lorenzo il Magnifico (fine XV secolo), che fa: Quant’è bella giovinezza Che si fugge tuttavia Chi vuol esser lieto sia Del doman non v’è certezza. P.S. Chiedendo perdono a Luciano Bottaro ho colorato alcune donnine per dar loro rilievo nei disegni in bianco e nero. Immagini tratte da: “I mondi fantastici di Bottaro”, Comune di Rapallo 1997. “Post, almanacco dei Postorici”, Editoriale Darsena 2001. “Mattaglie”, Darsena comics 2003. Navigazione articoli PV – ERBIVORI MATITE BLU 318