Gli albi a fumetti americani dalla fine degli anni trenta sono pieni di supereroi e di alieni, tanto che il loro personaggio principale, Superman, è sia l’uno sia l’altro. In un articolo precedente abbiamo trattato le lingue immaginarie degli alieni dei fumetti in generale, stavolta limiteremo il campo ad alcuni personaggi della Dc Comics. Andremo dal pianeta Krypton, su cui è nato Superman, al pianeta Rann, visitato continuamente dal pendolare dello spazio Adam Strange. Fino ad arrivare al pianeta Thanagar, abitato dagli uomini falco… ma il caso di Krypton è per così dire il più paradossale. Il codice di Krypton Che Superman, il personaggio creato da Jerry Siegel e Joe Shuster, sia l’ultimo sopravvissuto di un mondo alieno è dichiarato fin dal primo episodio uscito sul n. 1 dell’albo antologico Action Comics nel 1938, ma il nome del suo pianeta natale, Krypton, apparve solo nella riedizione di quella prima storia sull’albo monografico Superman n. 1 del 1939. In diverse storie degli anni cinquanta Superman recupera dei reperti di Krypton, tra cui un diario del padre che riesce tranquillamente a leggere come se nulla fosse… così come sembra comprendere facilmente ciò che viene detto in registrazioni video del suo mondo. Nei decenni successivi si cercò di spiegare il fatto che Superman conoscesse la lingua di Krypton ricorrendo a forzature come una fantomatica super-memoria, che gli avrebbe permesso di ricordarsi di quando era ancora neonato sul suo pianeta. Oppure un “raggio del subconscio” inventato da lui stesso, che gli avrebbe fatto ricordare perfettamente i primissimi anni di vita. Ma a tutt’oggi i tanti autori dei fumetti non sembrano essersi presi la briga di inventare davvero il kryptoniano, del quale, però, è stato creato l’alfabeto. Una prima versione dei caratteri kryptoniani risale almeno al 1958, anno in cui in una storia di Superman disegnata da Wayne Boring fu inventata la sua Fortezza della Solitudine al Polo Nord. Qui, tra i tanti oggetti ed esemplari extraterrestri custoditi dal supereroe per eccellenza, trova posto anche un enorme diario dalle pagine di metallo su cui Superman incide con le dita le sue annotazioni scritte per l’appunto in kryptoniano, in modo che nessun altro possa leggerle. I caratteri dovevano essere stati inventati dal disegnatore senza una logica precisa per rappresentare una scrittura enigmatica, dalle linee spigolose o curve che ricordano le iscrizioni dei popoli antichi. Alcune lettere erano chiuse a formare triangoli o rettangoli, ma più spesso aperte. L’idea di questo enorme librone, per quanto stravagante, fu utilizzata almeno fino agli anni settanta, con le pagine incise adesso da una specie di raggio laser attivato direttamente dalla mente di Superman. La grafica delle lettere kryptoniane al suo interno continuò a non essere curata granché. In pratica ogni disegnatore le rappresentava un po’ come voleva, inventandosi di volta in volta dei caratteri diversi. Sempre negli anni settanta, rimettendo ordine anche nei riferimenti precedenti, furono introdotti alcuni vocaboli kryptoniani che possono dare una vaga idea delle sonorità di questa lingua, prima nei brevi episodi della serie Il favoloso mondo di Krypton realizzati da vari autori, ambientati in varie epoche e usciti in appendice agli albi di Superman. Infine i tre numeri della testata World of Krypton, scritta da Paul Kupperberg, disegnata da Howard Chaykin e Murphy Anderson, sono dedicati alla vita di Jor-El, il padre di Superman. In quelle storie si trovano molti nomi di persone di significato ignoto, come Dol-No, El-Kin, Zol-Mar, Mal-Va, Thrax-Ol, Dar-Nx, Mat-Al, Anr-Mu, Tok-Ra, Kim-Da, Dru-Zod, Ken-Dal, Drax-Ul, Nali-Ilv, Rol-Nac, Gra-Mo, Mar-Ko, Jax-Ur, Fel-Kar, Par-Es. Ci sono anche Nim-El, Zor-El e Kru-El, nomi di zii e cugini di Superman, mentre in un episodio si dice che il nome kryptoniano di Superman, Kal-El, significa Figlio delle Stelle, il che è strano poiché è evidente che la parte finale è una specie di cognome, a meno che El in kryptoniano non significhi stelle e in questo caso anche tutti gli altri nomi della stessa famiglia dovrebbero avere significati simili. Da come sono scritti nomi femminili come Faora Hu-Ul, Lara Lor-Van e Kara Zor-El (gli ultimi due sono rispettivamente quelli della madre e di una cugina di Superman), si può poi dedurre senz’altro che la “a” finale indica il genere femminile e che ai nomi di donna viene fatto seguire a mo’ di cognome un nome maschile completo, evidentemente quello del padre. (Tra l’altro, dalle storie degli anni settanta si poteva anche pensare che tutti i nomi femminili finissero in “ra”, se nel 1985 lo sceneggiatore Alan Moore non avesse inventato altri nomi di donne kryptoniane con finali diversi, come Lyla, Orna e Ansula). Sempre nella miniserie furono poi citate divinità kryptoniane: il dio del cielo Trolius, il dio-sole Rao e il dio-demone Kvorg, il nome di una Luna di Krypton, Wegthor, e vari nomi di mesi come Norzec, Eorx, Efralt, Belyuth, Ogtal, Ullhah, Austral. Si poterono inoltre conoscere i nomi di un paio di monete di Krypton, l’antico jzol e il più recente ton-zol (dal che si può supporre che zol significhi moneta), e poche parole di uso comune, come tynth (signore, o signora), thrib (minuto secondo), dendar (minuto primo, composto da cento thrib), sartol (investigatore) e Moliom (Membro del Consiglio) il cui plurale, Moliomo, si ottiene aggiungendo la o finale, a oggi forse l’unica regola di grammatica kryptoniana resa nota anche a noi terrestri, mentre Capo del Consiglio si dice Drygur Moliom. Tornando all’alfabeto, dei caratteri kryptoniani più coerenti apparvero nel 1986, quando John Byrne realizzò una nuova versione delle origini di Superman con la miniserie The Man of Steel (L’Uomo d’Acciaio). Le scene iniziali vedono i genitori di Superman prima della distruzione di Krypton parlare ancora una volta in “traduzione simultanea”. Nel settimo e ultimo capitolo, quando quella che si potrebbe definire una traccia mnemonica del padre appare al protagonista, poiché quest’ultimo era stato allevato sulla Terra e per il momento non poteva quindi comprendere le sue parole si rese necessario distinguere tra inglese e kryptoniano. Byrne lo fece non inventandosi delle parole strane, ma i caratteri illeggibili di un altro alfabeto, a marcare il più possibile la distanza tra lingua terrestre e aliena. I caratteri kryptoniani degli anni ottanta, per evitare ogni somiglianza con le lettere terrestri, sono composti da cerchi, linee rette, triangoli e rombi. Insomma forme geometriche accostate o sovrapposte, perché, nell’interpretazione di John Byrne, Krypton è un mondo basato esclusivamente sulla logica, che ha messo al bando ogni emozione e istinto animale. Quelli tracciati da Byrne sembrano ancora caratteri abbastanza improvvisati, ma con più eleganza, essenzialità e coerenza stilistica di quanto accadesse in passato, unendo la semplicità grafica di poche forme con la varietà delle loro posizioni e accostamenti. Gli autori successivi degli albi di Superman che tra gli anni ottanta e novanta vollero accantonare, anche soltanto per un momento, le traduzioni simultanee per rappresentare il kryptoniano (o kryptonese, a seconda delle traduzioni), dovettero riutilizzare la stessa idea, traendo ispirazione dall’alfabeto immaginato da Byrne. Nonostante ciò a volte gli imitatori ne tradirono lo stile, aggiungendo ai pochi segni essenziali di John Byrne anche forme non propriamente geometriche, che a volte ricordavano simboli matematici o d’altro genere fin troppo tipici del nostro pianeta, il che finiva per rendere i caratteri kryptoniani più simili a un alfabeto terrestre. Quello che potrebbe essere il definitivo alfabeto kryptoniano, completo di tabella che mette in relazione ogni segno con una lettera latina (o meglio dell’alfabeto inglese), è apparso nella storia del 2004 Supergirl of Krypton, scritta da Jeph Loeb e disegnata da Michael Turner. Qui l’arrivo sulla Terra di una nuova versione della cugina di Superman, anch’essa scampata alla distruzione di Krypton e che all’inizio non parla altre lingue, rese necessario rappresentare per più pagine il suo incomprensibile idioma. Già da qualche anno erano stati ripresi i cerchi, i rombi e le linee immaginati da Byrne, aggiungendovi altre forme puramente geometriche, soprattutto punti e rettangoli, che furono accostati e sovrapposti in vari modi, creando diverse composizioni grafiche non tanto per indicare ogni suono quanto ogni lettera terrestre. Se si cerca una logica nel modo in cui sono state scelte tali corrispondenze, ci si accorge che nell’alfabeto kryptoniano quasi tutte le vocali sono indicate da composizioni formate da punti e linee per lo più verticali tranne la E, indicata da un rettangolo fra tre punti in verticale. Anche varie consonanti con suoni o grafiche simili sono indicate da segni analoghi: per la B e la D un quadrato con accanto una linea verticale, a sinistra o a destra; per la C, la G, la J, la K e la Q due cerchi a contatto e altre forme diversamente disposte; per la V un cerchio intersecato da una linea orizzontale e per il W il raddoppiamento speculare dello stesso simbolo. La maggior parte delle altre consonanti sono indicate da rombi a contatto con altre forme. Sono casi a parte: la L, indicata da un cerchio unito a una linea verticale; la S, indicata da un pentagono uguale allo stemma di Superman con inscritte due ellissi; la T, l’unica simile alla lettera latina; la X, indicata da un rettangolo su una linea; la Z, indicata da due linee ad angolo. I dialoghi che si ottengono, non scrivendo realmente in Kryptoniano ma semplicemente sostituendo le lettere di frasi in Inglese con questi loro corrispondenti kryptoniani, risultano simili più che a delle parole scritte da esseri umani a dei complessi codici in linguaggio macchina o a dei diagrammi di flusso informatici. Nella traduzione in italiano della storia in cui è stato messo a punto questo alfabeto, le frasi nascoste in Inglese sono state sostituite da frasi in Italiano per permettere ai lettori di decifrarne più facilmente il significato. Invece nell’episodio del 2006 intitolato “L’Ultimo Figlio”, in cui Superman adotta per un certo periodo il figlio di due cospiratori che erano stati banditi da Krypton, i testi pseudo-kryptoniani sono stati lasciati in inglese. Una lingua per Alpha Centauri Pur essendo meno famoso di Krypton, il pianeta Rann, che sarebbe in orbita attorno a Alpha Centauri, almeno in un’occasione ha finito per ricevere una maggiore attenzione linguistica, anche se nel suo caso non è stato inventato nessun alfabeto apposito. Rann è un mondo strettamente legato alla serie dell’avventuriero spaziale Adam Strange, creato dallo sceneggiatore Gardner Fox e dal disegnatore Mike Sekowsky, con il contributo del copertinista Gil Kane. Il personaggio è apparso per la prima volta nel 1958 sulla testata antologica Showcase. Strange è un archeologo che viene periodicamente colpito da un raggio inventato da uno scienziato di Rann, che lo trasporta su quel mondo per periodi molto limitati, praticamente dall’inizio alla fine di ogni sua avventura. Un po’ come accade a John Carter nei romanzi del ciclo marziano di Edgar Rice Burroughs. In questo caso il volenteroso terrestre si ritrova a difendere da periodiche invasioni aliene e minacce di vario tipo gli abitanti del luogo, che essendo fin troppo evoluti sono restii a compiere azioni violente o risolute. Già che c’è, tanto per continuare a imitare John Carter, Adam Strange si innamora di quella che è un po’ una principessa locale, la figlia del capo scienziato Sardath, ovvero Alanna, la prima persona di quel mondo che ha incontrato. Appena giunto su Rann, com’è ovvio, Strange è del tutto incapace di capirne la lingua, di cui sono forniti giusto dei brevi saggi incomprensibili nelle prime pagine del primo episodio. Poi appena la sua testa viene collegata a una specie di “educatore istantaneo”, come per magia Adam Strange diventa capace di comprendere e parlare alla perfezione il ranagariano, che da quel momento sarà sempre tradotto in Inglese. Tra parentesi, la lingua del luogo è chiamata ranagariano e non ranniano, perché la città più importante di quel mondo è Ranagar, nome che sarà tradotto solo trent’anni dopo semplicemente come Città di Rann. A inventare realmente il ranagariano ci pensò infatti nel 1987 lo sceneggiatore inglese Alan Moore, in una storia in due parti della serie Swamp Thing disegnata da Rick Veitch e Alfredo Alcala, il cui titolo “Misteri nello Spazio” non a caso citava con precisione la vecchia collana Mistery in Space, che dopo i primi sei episodi di prova aveva ospitato regolarmente Adam Strange dal 1959 fino alla metà degli anni sessanta. Alla fine degli anni ottanta la serie di Adam Strange era stata sospesa da tempo, ma in quel periodo Swamp Thing, un essere elementale legato alla vegetazione, per riuscire a sopravvivere era stato costretto ad abbandonare la Terra e viaggiare nello spazio trasferendo la propria mente nelle piante di altri mondi. Così a un certo punto si ritrovò su Rann dove si incontrò, o meglio si scontrò, con il suo difensore terrestre Adam Strange. Alan Moore, abituato nelle proprie storie a sperimentare il più possibile, in quell’occasione rinunciò a ogni traduzione simultanea e fece parlare tutti i personaggi della storia nelle rispettive lingue. A tale scopo non solo inventò tutta una serie di vocaboli e di espressioni in Ranagariano, trascritte con il nostro alfabeto per risultare leggibili, ma anche un modo per rappresentare il thanagariano, la lingua del pianeta Thanagar, da cui venivano due agenti che in quel racconto avevano il ruolo dei cattivi della situazione. Forse anche Thanagar ora si dovrebbe tradurre come Città di Than, ma in origine la somiglianza tra i due nomi era dovuta solo al fatto che entrambi erano stati inventati dallo stesso scrittore e nello stesso periodo. Thanagar è il pianeta da cui vengono i protagonisti della seconda versione della serie Hawkman (l’Uomo Falco), creata sempre da Gardner Fox nel 1961 insieme al disegnatore Joe Kubert. Poiché da sempre gli agenti di Thanagar indossano ali meccaniche e maschere da uccelli, Moore ne rappresentò il linguaggio per iscritto come una serie di segni ad angolo variamente disposti, simili ad ali o a orme di uccelli ma anche a una sorta di scrittura cuneiforme. In questo caso si limitò a tracciare tali caratteri alieni in modo improvvisato, senza inventare né un vero e proprio alfabeto né tanto meno la lingua thanagariana che quei segni intendevano evocare, un po’ insomma come aveva fatto John Byrne l’anno precedente con il kryptoniano. Il ranagariano, invece, in quella storia di Swamp Thing occupa molto più spazio ed è reso con vocaboli in teoria privi di rapporti con lingue terrestri. Molti sono usati una sola volta e hanno significati incerti, anche perché ciò che interessava all’autore era soprattutto creare nel lettore una sensazione estraniante. Essendo una lingua inventata da un inglese per il pubblico americano, è probabile che le parole vadano pronunciate all’inglese, in particolare i gruppi di consonanti e dittonghi come ch, ee, oo… anche se le si volesse pronunciare all’italiana o in modo ancora diverso non avrebbe poi molta importanza. Molte espressioni risultano comprensibili, soprattutto se composte da parole ricorrenti il cui significato è reso chiaro dal contesto. Tra le più chiare e comuni troviamo: ba fao glelig (sono felice), ba het amaglim (ho un’idea) ba onamao qu (ti amo), duss ililoc qu? (di cosa parli?), duss maol? (cos’è successo?), qu fao ael? (stai bene?), lam thalsa (buon giorno), mamoon (per favore), misel (grazie), onamaol bu (amore mio), rette qu almasso (vieni fuori), sassu (stai zitto), sa (sì, tanto), sert ba ul qu (solo io e te), tho (no, nessuno), tra (sì, certo). Sono tutte parole completamente diverse dalle poche apparse all’esordio di Adam Strange nel 1958. Anche dalle frasi dei due episodi di Swamp Thing è difficile dedurre delle regole generali, visto che non sembrano esserci nessun tipo di desinenze o suffissi che permettano di distinguere tra nomi, verbi, aggettivi o avverbi, né tanto meno il genere o il plurale, né delle coniugazioni con schemi ricorrenti chiari. Per essere il prodotto di un popolo tanto evoluto sembra quasi che si tratti di una lingua fatta tutta di eccezioni, in cui per di più non sembrano esistere gli articoli, che nelle traduzioni devono essere sottintesi. Si possono comunque individuare molto chiaramente almeno i pronomi personali ba (io, me), qu (tu, te, voi), ol (egli, esso, lui), bas (noi-soggetto), baan (noi-complemento oggetto), olf/ols (essi, loro). Ne derivano parole come bu (mio), qul (ti, a te), olt (gli, a lui). Le preposizioni invece sono ao (a), ap (con), aps (di, per), ep (su), epo (in), leps (da), anche se a volte sono assenti e come gli articoli si possono soltanto intuire. Tra le congiunzioni troviamo ul (e, anche), claab (ma), lars (mentre), ool (né), ma sembra mancare del tutto il che, un altro termine che viene lasciato all’intuizione. Negli avverbi ci sono masmat (presto) e rarn (qui). Tra le altre particelle del discorso troviamo emsec (anche), glo (così), neem (riguardo a), sert (soltanto), tomtel (come), tho (senza), thom (non). Tra gli aggettivi appaiono invece aeli (buono), glust (cattivo), grusnach (orribile), massient (incinta), rekek (svenuto, malato), rirrin (freddo), timti (possibile). Alan Moore ha perfino inventato delle esclamazioni tipiche del pianeta Rann, ovvero ai, iu, aan, che a giudicare dal contesto si possono considerare simili ai nostri ehi, oh e ah. I verbi ranagariani hanno delle coniugazioni, ma queste non sembrano seguire delle regole fisse. Il più importante e usato è fao (essere, stare, fare), di cui la prima persona è fas (io sono, sto, faccio), la terza è ol fa (egli è, sta, fa), l’imperativo è fa (sii, stai, fai), il passato è faor (è stato, ha fatto) oppure faota (ero, stavo, facevo), il futuro è faori (sarà, starà, farà). Fao sembra fare da ausiliario per coniugare sia sé stesso che altri verbi, come nelle frasi faori ol ael-fao (starà bene) e faor hoord ol (lo ha fatto ferire). Oltre a fao sembrano essere dei verbi ausiliari anche het (avere, venire) e doh (andare a, stare per), che si coniuga don al passato e dol al futuro. Altri verbi sono chechedo (dover parlare), datto (colpire, sparare), dattastrang (distruggere), dhumer (vivere), draat (trasportare), glispi (alzarsi), heger (portare), ililoc (parlare, dire), masraut (dovere), murrn (accendere), obso (ascoltare, sentire), rette (venire, arrivare, riportare), sistris (preoccuparsi), tomta (esserci, trovarsi, restare), utu (chiamare), vier (guardare). Le costruzioni delle frasi a volte seguono le strutture inglesi e a volte no. Apparentemente l’ordine delle parole non sembra essere molto importante. Indipendentemente dal fatto che le frasi siano affermative o interrogative, i soggetti possono precedere i verbi oppure seguirli. Solo nelle frasi imperative sembra che i soggetti seguano sempre i verbi. Anche i participi o le negazioni possono andare sia prima che dopo i verbi. Vanno invece sempre dopo i nomi, come nelle lingue orientali, gli appellativi che indicano rispetto onorifico o affettivo, come chat (mio Signore), chi (figlio mio), cho (padre mio), analoghi a parole giapponesi come san. Potrebbe avere in qualche modo un significato affine anche la desinenza chan/cham, inserita in termini come apochan/gapochan (qualcuno), epocham (qualcosa), dattocham (scontro), therr-chan (terrestre). Tra le parole di derivazione terrestre, di certo importate da Adam Strange, c’è appunto Therr (Terra), ma anche hakke (falco) dall’inglese hawk, per indicare un animale che forse su Rann non esiste, e strange (uomo), probabilmente usata dai ranagariani per indicare gli uomini alieni capaci di violente passioni ed evidentemente derivate proprio dal nome del primo terrestre che hanno incontrato. È invece curiosa l’espressione apic zeta (raggio zeta), il nome del raggio che trasporta Adam Strange su Rann, poiché non è chiaro se zeta è la lettera terrestre o una parola di Rann che vuol dire altro. Quando inventò quel nome, Gardner Fox non doveva aver pensato che su Rann non possono avere il nostro alfabeto… Ci sono poi parole composte come ael-fao (stare bene), ililoc-taunulacon (convertitore del parlare, traduttore istantaneo), ililoc-tibani (sala per parlare, sala del consiglio), glisp-lach (cintura che solleva, cintura-razzo), smalsh-yegger (cosa della palude), vor-yegger (cosa brutta, mostro), Thanagar-ru (lingua di Thanagar, thanagariano). (Da Segreti di Pulcinella). Navigazione articoli MATITE BLU 313 I SUPERGRUPPI DELLA DC MENO CONOSCIUTI