Le bizzarre avventure di Jojo, di Hirohiko Araki, è uno dei manga di maggior successo. Lo stile particolare di Araki, con le pose innaturali che fa assumere ai suoi personaggi, gli abbigliamenti strani e le acconciature improbabili hanno fatto sì che la sua opera sia stata citata, omaggiata da diversi media dell’intrattenimento, dagli anime ai videogame. Un successo figlio di un’intuizione che ha sconvolto le intenzioni originali dell’autore, che come vedremo, era orientato a prendere una certa strada, ma a un certo punto si è ritrovato a imboccarne una completamente diversa. LE PRIME STAGIONI DI JOJO: PHANTOM BLOOD E BATTLE TENDENCY La carriera di Hirohiko Araki inizia nei primi anni ottanta, quando esordisce con il manga Magical BT sul settimanale Shonen Jump. La storia tratta le vicende di un astuto e diabolico ragazzino che tramite raffinati giochi di prestigio risolve crimini e misteri. Nel 1984 sforna il suo primo successo con Baoh, la storia di un ragazzo infettato da un parassita creato in laboratorio che lo rende inarrestabile, e dei suoi tentativi di sfuggire a un’organizzazione governativa che lo vuole rapire per utilizzarlo a scopi militari. Un anno dopo, nel 1985, esce Gorgeus Irene, un’apparentemente ingenua ragazzina capace di tramutarsi in un’astuta e spietata assassina. Tutte queste opere verranno pubblicate nel nostro paese dalla Star Comics soltanto quando Araki si sarà affermato a livello internazionale grazie alla sua opera principale, Le bizzarre avventure di Jojo. Concepita originariamente come una trilogia, questo fumetto sarà il lavoro che gli farà ottenere fama e prestigio e a cui il suo nome sarà legato per sempre. Pubblicata dall’editore Shueisha su Ultra Jump, la storia inizia nel 1898, alla fine dell’Ottocento, nell’Inghilterra vittoriana. Jonathan Joestar detto Jojo, rampollo di una ricca famiglia, vede il suo mondo crollare quando il padre per saldare un debito di riconoscenza adotta il giovane Dio Brando. Questi, astuto e diabolico, cerca di appropriarsi del patrimonio della famiglia Joestar screditando l’erede legittimo Jojo per accaparrarsi i favori del patriarca. I due giovani diventano acerrimi rivali, specie quando a causa di una misteriosa maschera di pietra, rinvenuta in uno scavo archeologico e alla quale Jojo stava dedicando i suoi studi, Dio Brando si trasforma in un micidiale e spietato vampiro. Per fermare l’avversario, Jojo deve imparare a padroneggiare, grazie alle lezioni del maestro Will A. Zeppelli e al sostegno dell’ex ladro Speedwagon, le onde concentriche. È un’energia generata tramite un particolare ritmo della respirazione che permette di sconfiggere i vampiri. L’inevitabile confronto tra Jojo e Dio culmina in una battaglia che vede il nostro eroe trionfare, almeno in apparenza. La testa di Dio Brando in realtà è sopravvissuta e costringe Jojo a un ultimo scontro finale che gli costa la vita, mentre assieme all’amata Elena stava andando in America in nave. Per questa storia dai toni horror lo stile di Araki si rifà palesemente a quello di Testuo Hara di Ken il guerriero: saltano all’occhio i rimandi al celebre manga, all’epoca un successo planetario. Le muscolature ipertrofiche, le scene splatter, le mosse di combattimento ricordano quelle del fumetto sul maestro di Hokuto. Persino le corporature dei due protagonisti, il moro e massiccio Jojo e il biondo e raffinato Dio ricordano quelle di Kenshiro e del suo rivale Shin. Araki fin da questo primo capitolo chiama i personaggi della sua saga con nomi che rimandano a famose band musicali del rock, una consuetudine che diverrà uno dei tratti distintivi dei suoi lavori. Il fumetto ha successo e continua in un secondo arco narrativo, dove il protagonista è il nipote di Jonathan, Joseph Joestar. Nel 1938 i nazisti risvegliano i misteriosi Uomini del pilastro, esseri immortali la cui esistenza si è sviluppata parallelamente a quella umana, ma dotata di capacità fisiche immensamente superiori. Sono i creatori della maschera di pietra che aveva trasformato Dio Brando in vampiro 50 anni prima, adesso vanno alla ricerca di una misteriosa pietra rossa dell’Asia grazie alla quale diventerebbero esseri supremi in grado di conquistare il mondo. Sta al nuovo Jojo cercare di fermarli, insieme all’amico Ceaser Antonio Zeppelli, nipote italiano di Will, e alla misteriosa Lisa Lisa, maestra della tecnica delle onde concentriche (che scopriremo essere la madre dello stesso Joseph). Lo stile grafico è ancora debitore di Ken il guerriero, sebbene Hirohiko Araki inizi lentamente a crearsi uno stile personale. Innanzitutto, la storia è decisamente meno cupa rispetto al capitolo precedente e al manga di Kenshiro. Joseph è un protagonista allegro, il quale, più che alla forza fisica, fa ricorso all’astuzia e all’intelligenza per vincere sui suoi avversari. La storia si svolge in diversi luoghi, da New York al Messico, per poi passare a Roma e Venezia (Araki è un amante dell’Italia), fino a Saint Moritz, in Svizzera, fatto che obbliga l’autore a curare le ambientazioni. Araki inizia anche a disegnare quelle pose plastiche e quegli abbigliamenti eccentrici che diventeranno celebri nel corso del tempo. Ma è con il terzo capitolo che Le Bizzarre Avventure di Jojo esplode definitivamente, entrando nell’immaginario degli appassionati. LA TERZA SERIE: STARDUST CRUSADERS E L’ARRIVO DEGLI STAND La terza serie, ambientata nel 1988, doveva nelle intenzioni originali chiudere la saga delle Bizzarre avventure di Jojo, invece si rivelerà il vero punto di partenza per la carriera di Araki e la mitologia legata a Jojo. Scopriamo che Dio Brando non è morto come si credeva alla fine della prima saga. La sua testa è riuscita a impossessarsi del corpo di Jonathan e a nascondersi all’interno di un baule, ripescato poi da alcuni marinai che lo riportano in vita dopo un secolo. Facciamo la conoscenza del nipote di Joseph, Jotaro Kujo, nato dal matrimonio della figlia di Joseph, Holly, con un musicista giapponese. Jotaro, teppista dal carattere apparentemente freddo e anaffettivo, sembra posseduto da un misterioso spirito invisibile alle altre delle persone. Sarà suo nonno a rivelargli la vera essenza di quella presenza: è uno stand, un potere sovrannaturale che alcuni uomini sviluppano e che dona loro poteri incredibili. Jotaro e Joseph lo hanno sviluppato quando la presenza di Dio Brando è tornata a farsi sentire. Anche la madre di Jotaro ne sviluppa uno, ma non essendo in grado di controllarlo cade in coma soggiogata da esso. Per salvarle la vita, Jotaro e suo nonno devono trovare Dio Brando, che si nasconde in Egitto, e ucciderlo entro cinquanta giorni. Ad accompagnarli nell’impresa ci sono l’indovino egiziano Mohamed Abdul, lo studente giapponese Noriaki Kakyon e il francese Jean Paul Polnareff, a cui in seguito si unirà il cane Iggy, tutti dotati di uno stand che dona loro poteri unici. I sicari di Dio Brando, anch’essi dotati di letali poteri stand, cercano in tutti i modi di ostacolarli. Ispirato al romanzo “Il giro del mondo in 80 giorni” di Jules Verne (in quanto i nostri devono raggiungere l’Egitto dal Giappone senza utilizzare l’aeroplano perché rischierebbero le vite di numerosi innocenti se venissero attaccati), con questo capitolo Araki prende strade narrative completamente diverse rispetto alle saghe precedenti. L’ambientazione moderna permette all’autore di caratterizzare il look dei personaggi con abiti e acconciature particolari, ispiratogli da riviste di moda come Vogue, che danno a Le bizzarre avventure di Jojo uno stile assolutamente originale e riconoscibile. Altra caratteristica di questo capitolo, che lo differenzia dai precedenti, è che non c’è più un solo protagonista, ma a turno ogni personaggio diventa l’eroe salvando la vita al resto del gruppo in una narrazione di tipo corale. Proprio l’aver concepito il concetto di stand rende Jojo un prodotto originale. Lo stand si manifesta in persone con caratteristiche differenti dando abilità uniche. Dove qualità come l’astuzia, il sangue freddo portano alla vittoria, ben di più della semplice forza bruta. Sono da ricordare, in questo senso, i due incontri con i fratelli D’Arby, sicari di Dio ludopatici, nei quali i nostri si battono in partire di poker e con i videogiochi per riuscire ad avere la meglio. Gli stand hanno spesso aspetti grotteschi e curiosi, i cui nomi sono ispirati dalle carte dei tarocchi prima e dalle divinità egiziane in un secondo momento, mentre i nomi dei loro portatori rimandano a famose band musicali (i Devo, gli Oingo Boingo, Vanilla Ice, Maraiah Carrie, Pet Shop Boys, Enya). Questo terzo capitolo, con una tale varietà di personaggi dalle caratteristiche uniche e bizzarre, si rivela un successo ancora più clamoroso. Dopo un tale riscontro, può Araki finire qui la serie? Ovviamente no: dopo aver trovato la strada giusta, quello che doveva essere l’ultimo capitolo di una trilogia diventa il primo mattone su cui costruire un impero LA QUARTA SERIE: DIAMOND IS UNBREAKBLE L’inaspettato successo, dunque, spinge Araki ad allargare gli orizzonti del mondo di Jojo, cosa che gli permette di sperimentare altri percorsi narrativi e di discostarsi dai suoi primi lavori. Ormai è un artista maturo e il suo stile smette di ispirarsi a quello del disegnatore di Ken il guerriero. In questo quarto capitolo i personaggi non hanno più muscolature esagerate e i personaggi assumono un aspetto più snello e realistico. Inoltre la serie presenta tanti episodi autoconclusivi che si discostano dalla macrotrama orizzontale. Episodi dai toni piuttosto leggeri e divertenti, ben lontani dall’atmosfera tetra che accompagnava la prima stagione. La serie, ambientata nella fittizia cittadina di Morio Cho nel 1999, si ricollega alle stagioni precedenti in quanto si apre con Jotaro che va alla ricerca di Josuke Higashikata, un liceale del luogo che, benchè sia più giovane di lui, è in realtà suo zio. Questo perché Josuke, il protagonista della quarta serie (chiamato anch’esso Jojo dato che il secondo kanji del suo nome in giapponese si può leggere anche jo) è il figlio biologico di Joseph Joestar, avuto all’età di 60 anni da una relazione extraconiugale con l’insegnate giapponese Tomoko Higashikata. Anche Josuke ha uno stand, Crazy Diamond, in grado di riparare i danni a oggetti e persone. In questa serie Araki coglie l’occasione per approfondire il concetto degli stand, chiamati ogni volta con il nome di una band o di una canzone famosa. Araki ci spiega come gli stand possono essere di diversa natura e che possono anche evolversi. Le persone possono sviluppare uno stand per predisposizione naturale oppure venendo colpiti da una misteriosa freccia che, una volta andata a segno, rende la persona trafitta un portatore di stand. Questa freccia si trova a Morio Cho e Josuke dovrà aiutare Jotaro a trovarla, imbattendosi in tanti curiosi portatori di stand, in alcuni casi nemici e in altri alleati, come lo svanito Okuyasu, il giovane e ingenuo Koichi Hirose e lo scontroso mangaka Rohan Kishibe, vero e proprio alter ego dell’autore. Ma il vero liet motiv di questa stagione, ispirata alla serie televisiva Twin Peaks di David Linch, è la caccia al serial killer che da anni terrorizza la città uccidendo giovani donne. Questi è Yoshikage Kira, il villain principale della serie. Raffigurato con le fattezze di David Bowie, Kira è anch’egli un portatore di stand, chiamato Killer Queen (tratto dalla canzone omonima dei Queen), grazie al quale riesce a far esplodere gli oggetti e le persone. Kira riuscirà ad essere una vera e propria spina del fianco dei nostri, facendo perdere le proprie tracce in più di un’occasione e assumerendo l’identità di un altro uomo pur di sfuggire alla cattura. Kira sul finale della storia riesce a sviluppare un nuovo potere stand, Another One Bust the Dust (ennesima citazione ai Queen), in grado di resettare il tempo e far rivivere alle persone lo stesso giorno come nel film Il giorno della Marmotta, rendendolo immune a qualsiasi attacco. Ancora una volta occorrerà giocare d’astuzia per avere la meglio sul criminale. Se la terza stagione di Jojo aveva gettato le basi per il successo della serie, con la quarta Araki si riconferma, creando un vero e proprio universo narrativo con leggi e regole proprie. QUINTA PARTE: VENTO AUREO Per la quinta serie Araki si trasferisce in Italia con i suoi personaggi. Il protagonista si chiama Giorno Giovanna (si tratta di un uomo: Giorno è il nome di battesimo), che è figlio di Dio Brando in persona, l’antagonista della prima e della terza serie. Siamo nel 2001, Giorno vive a Napoli. Ispirato dalla figura di un gangster che da piccolo lo aiutò, Giorno decide di diventare a suo volta un fuorilegge. Il suo sogno è di diventare un boss con il totale controllo sul crimine organizzato. Per farlo si affilia all’organizzazione Passione, la più potente, con lo scopo di risalire le gerarchie, uccidere il boss e prendere il posto. Nell’inseguire il suo sogno della scalata al potere Giorno viene affiancato da alcuni compagni, degli sbandati che si sono visti costretti dalle circostanze a darsi al crimine. Anche Giorno è ovviamente un portatore di stand, chiamato Golden Experience, in grado di dare la vita a oggetti inanimati. Grazie a questo può rimarginare le proprie ferite: prendere oggetti come legni e pietre li tramuta in arti o altre parti del corpo. La peculiarità di questa serie è che, mentre gli stand continuano a venire chiamati come band o canzoni famose (Sex Pistols, Stiky Figers, Purple Haze o Aerosmith), i nomi dei personaggi sono ispirati dalla cucina italiana. Accanto a Giorno ci sono così Bruno Bucciaratti, Narancia Ghirga, Fugo Pannacotta, Leone Abbacchio e Guido Mista, che dovranno vedersela con assassini dai nomi culinari insoliti come Risotto Nero, Zucchero, Prosciutto, Formaggio o Melone. Tutti agli ordini dello spietato boss Diavolo, di cui nessuno conosce la vera identità. Ispirato in parte dal film Il Padrino, Hirohiko Araki in questo capitolo si sbizzarrisce nelle acconciature strambe e negli abiti sempre più stravaganti, presi dai cataloghi di moda del momento, specie dai modelli degli stilisti nostrani. Questa serie riprende il modus operandi della terza, puntando sul cameratismo di una squadra di eroi durante un pericoloso viaggio, questa volta tra città come Napoli, Venezia, la Sardegna e Roma. LA SESTA SERIE: STONE OCEAN Se la quarta e la quinta serie erano indirettamente collegate agli eventi delle prime tre stagioni, con la sesta Araki torna ai legami diretti con la discendenza Joestar: la serie vede protagonista la figlia di Jotaro, Jolyne Kujo. Nel 2011 la ragazza si trova rinchiusa del carcere di Green Dolphin Street, in Florida, per un crimine che non ha commesso. Suo padre, con cui non ha un buon rapporto, la va a trovare in carcere dove, grazie alla punta della freccia, le permette di sviluppare lo stand Stone Free. Nel corso della storia scopriamo come Jolyne fosse stata incastrata per volere di Enrico Pucci, il cappellano del penitenziario, allo scopo di attirare Jotaro. Questo misterioso prete, grande amico di Dio Brando prima degli eventi della terza serie, ha in mente di realizzare un “nuovo mondo” ispirato a una teoria dello stesso Dio Brando, il quale sosteneva che si potesse ampliare i poteri del proprio stand per renderli a livelli divini e “arrivare al paradiso”. Per poter realizzare questa “utopia” a Pucci occorrono alcune informazioni presenti nella memoria di Jotaro. Grazie al suo stand, White Snake, che prende lo spirito e i ricordi delle persone trasformandoli in Cd, riesce a impossessarsi della mente di Jotaro, lasciandolo un vegetale. Sarà il compito di Jolyne fermarlo e salvare il proprio genitore grazie a degli insoliti alleati conosciuti in carcere, anch’essi, manco a dirlo, portatori di stand. Ambientato interamente in carcere, ispirato dal film Papillon con Steve Mc Queen e Dustin Hoffman, la sesta stagione di Jojo è una delle più discusse, in quanto ha sì portato a termine un ciclo che dura dal 1987, ma di fatto ne stravolge la mitologia. La serie termina con la sconfitta di Jolyne e suo padre, in quanto Padre Pucci riesce nel suo piano: utilizzando le memorie di Jotaro e un osso di Dio Brando (si, sempre lui) crea uno stand, il cosiddetto “bambino verde”. Il quale, unito al proprio stand, grazie a una particolare combinazione di formule recitate durante una certa fase lunare a delle coordinate geografiche precise (che coincidono con la locazione di Cape Canaveral) Padre Pucci ottiene il potere Made in Heaven (come il brano dei Queen) in grado di ricreare l’universo da capo. Ispirato con tutta probabilità alla fantomatica profezia dei Maya che vedeva il mondo finire nel 2012, Araki distrugge l’universo da lui meticolosamente costruito per ricrearlo da capo. Un vero e proprio reboot che vede i protagonisti morire e rinascere in una nuova vita, privi dei ricordi di quella precedente, in un mondo completamente nuovo. Questo offre ad Araki l’opportunità di ricominciare la storia dall’inizio, in totale libertà creativa. Comincia così a narrare le avventure ambientate in questo nuovissimo universo, senza alcun vincolo legato ai discendenti della famiglie Joestar delle prime stagioni. Infatti le serie successive non portano nel titolo “Le Bizzarre Avventure di Jojo”, e non sono considerate capitoli successivi della saga, ma storie completamente scollegate a essa. Tuttavia anche nei suoi nuovi lavori Araki non fa mancare i riferimenti ai vecchi personaggi, forse per mantenere la fidelizzazione dei vecchi lettori. In Steel Ball Run, per esempio, ambientata nell’America di fine Ottocento, vediamo una corsa di cavalli che attraversa gli Stati Uniti, da San Diego a New York, con in palio un enorme premio in denaro, che ha tra i partecipanti Johnny Joestar, J. Lo Zeppelli, Diego “Dio” Brando e altri personaggi che ricordano quelli visti nelle serie di Jojo. La nuova serie di Jojolion è invece ambientata nella Morio Cho di questo universo, sconvolta da un terremoto. Tra le macerie viene ritrovato un ragazzo afflitto da amnesia, ribattezzato Josuke Higashikata (omaggio al protagonista della quarta serie ma non collegato a esso) va alla ricerca della propria identità utilizzando anch’egli un potere stand. Grazie alle infinite citazioni di film e band musicali presenti nelle sue storie, ai look bizzarri e alle pose innaturali assunte dai protagonisti, Jojo continua a riscuotere un successo che dura ancora oggi, dato che l’ultima serie è terminata solo lo scorso anno. Navigazione articoli MAD, LA RIVISTA PAZZESCA DI HARVEY KURTZMAN KAPPA MAGAZINE, LA RIVISTA N. 1 DEI MANGA
Coorezione: Il fatto che le serie dalla settima in poi si si svolgano nell’universo visto a fine sesta serie è una teoria dei fan. Rispondi