La vita editoriale della casa editrice Labor Comics si consuma in un periodo decisamente breve, poco meno di un anno, ma rappresenta comunque una storia importante per vari motivi. In primo luogo per il periodo in cui si colloca. Siamo nel 1985, da un anno le pubblicazioni dei fumetti di supereroi in Italia si è interrotto: il fallimento della Editoriale Corno e la rinuncia della Editrice Cenisio, ultimi licenziatari dei diritti, rispettivamente di Marvel e Dc Comics, hanno lasciato un vuoto nelle edicole italiane. Nello stesso periodo, nella città umbra di Todi, i fratelli Pierucci, imprenditori in varie attività commerciali, decidono di rivoluzionare il lavoro nella tipografia di loro proprietà: vogliono trasformare la semplice stamperia in una casa editrice di pubblicazioni periodiche. Per questo chiamano un manager di origine romana, residente nella stessa Todi, l’ingegnere Carlo Racanicchi, per curare il progetto. Nasce così la Labor Comics. Il primo passo di Racanicchi è la ricerca un direttore editoriale, figura che trova in Sergio Cavallerin. Cavallerin poco prima aveva fondato Tratto, un’effimera rivista umoristica che ha pubblicato, tra gli altri autori, Silver, Cavezzali e Quino. È anche pittore, grafico e disegnatore (per esempio, per la rivista Guerin Sportivo). Per la Edifumetto aveva collaborato alla realizzazione del personaggio Lando, insieme a Gianni Pinaglia. L’idea di puntare sui fumetti della Marvel e della Dc Comics è di Sergio Cavallerin, che consiglia a Racanicchi di andare a New York per assicurarsi i diritti per l’Italia delle due major, che sono ormai completamente liberi. L’esordio della Labor avviene nell’ottobre del 1985 con tre corpose pubblicazioni mensili. Match, rivista antologica con eterogeneo materiale Dc Comics: il “metropolitano” Vigilante, il western Jonah Hex e l’edizione a fumetti della serie televisiva Visitors. Alien, rivista antologica con il materiale Epic, la linea adulta e non supereroica della Marvel: Groo, Coyote, Moon Shadow e altri. Labor, rivista con numeri monografici delle graphic novel della Marvel (così venivano chiamati i fumetti nel formato rivista), a partire da Dazzler. Questi prodotti hanno un aspetto formale di “prestigio”, sono pubblicazioni in brossura stampati su carta patinata. Dopo le uscite dei primi numeri in redazione cominciano ad arrivare lettere e telefonate di un giovane appassionato, laureando in matematica presso l’università di Bologna, destinato a una folgorante carriera nel mondo editoriale dei fumetti: Marco M. Lupoi. Lupoi è un vecchio lettore di fumetti Marvel italiani, si ricordano alcune sue lettere pubblicate dagli albi della Corno. Alcuni anni dopo ha conosciuto gli albi originali in lingua inglese nella fumetteria bolognese di Alessandro Pastore. Per il quale diventa, in seguito, consulente per i fumetti americani. Parallelamente, Lupoi aveva iniziato a collaborate con la fanzine Fumo di China, pubblicata proprio da Pastore, curando la rubrica “Cuore di China”, in cui raccontava le vicissitudini sentimentali degli eroi a stelle e strisce. Cavallerin coinvolge Marco Lupoi come collaboratore esterno. Nella “graphic novel” Raven Banner (Collana Labor n. 2), Lupoi inizia a scrivere le note a corredo delle storie. Mentre la graphic novel X-Men: Dio ama, l’uomo uccide (Collana Labor n. 4) rappresenta il suo primo lavoro come traduttore. A questo punto l’obiettivo diventa quello di riportare nelle edicole le serie vere e proprie dei supereroi. Nel giugno del 1986 viene quindi varata una nuova pubblicazione: Marvel, serie antologica con le stesse caratteristiche di formato di Match ed Alien, pensata per riproporre gli eroi Marvel. La rivista si pone in perfetta continuità con gli albi interrotti dalla chiusura della Corno, presentando nei primi due numeri le storie dell’Uomo Ragno, Hulk, Devil e gli X-Men da dove si erano interrotti. Per la Dc era invece stata appena varata Comic Book, una collana di volumi monografici cartonati con serie non proprio centrali. Presenta nel primo numero la miniserie Super Powers, opera minore disegnata da Jack Kirby, e nel secondo The Sword of the Atom, miniserie disegnata da Gil Kane (entrambe con testi non proprio memorabili). A quel punto qualcosa inizia a scricchiolare. Per una serie di cattivi investimenti, la Labor Comics comincia ad avere problemi. Lupoi passa a Todi a inizio estate trovando la redazione completamente vuota, con materiali di stampa, campionature e pellicole che sarebbero servite per riviste e albi destinati a non uscire mai, tra cui la graphic novel She-Hulk (protagonista di una leggenda metropolitana, che la dava per stampata e distribuita in pochissime copie, prima di essere mandata al macero). Carlo Racanicchi scompare (c’è chi dice sia andato in Africa) e i fratelli Pierucci restano sconcertati vedendo il loro sogno crollare rapidamente. La casa editrice viene travolta da problemi economici e giudiziari che ne decretano la chiusura. Alla fine dell’estate del 1986 la Labor Comics termina l’attività, dopo aver pubblicato una manciata di testate: Match, 6 numeri dall’ottobre 1985 al maggio 1986; Alien, 5 numeri dall’ottobre 1985 all’aprile 1986; Collana Labor, 7 numeri dall’ottobre 1986 al luglio 1986, Comic Book, 2 numeri dal febbraio al maggio 1986; Marvel, 2 numeri dal giugno al luglio 1986. Dalla perseveranza di Sergio Cavallerin, che continuerà a credere nel progetto mettendosi alla ricerca di un nuovo editore, sempre in Umbria nascerà nel dicembre 1987 la protagonista della rinascita dei supereroi in Italia: la Star Comics. Ma questa è un’altra storia. Navigazione articoli MATITE BLU 169 PV – IL QUARTO DESIDERIO
Articolo molto interessante ed esauriente, che parla di una epoca che conosco bene ma un pò carente relativamente alla fine della Labor. Mi rendo conto che sono passati molti anni e che cercare di fare chiarezza sul fallimento di questa casa editrice sia molto difficile. Qualcosa è stato detto “Racanicchi scompare ( c’è chi dice che è andato in Africa)”, ma io ricordo di aver letto da qualche parte in internet che ( se sbaglio mi scuso anticipatamente)l Labor non avrebbe pagato nessuno ( nè la Marvel e la DC, nè la tipografia, nè i collaboratori e forse nemmeno i distributori) e qualcuno dei suoi dirigenti sarebbe andato sì in Africa ma con la “cassa”. Non so se questo sia vero nè se è possibile accertarlo ma forse l’autore dell’articolo potrebbe dire qualche cosa in più senza ovviamente rischiare qualche querela. Rispondi
Grazie per i complimenti. Non è stato in effetti semplice ricostruire le informazioni circa l’accaduto: poche notizie certe, molte chiacchiere. Le domande che fai toccano questioni molto delicate, che per motivi giudiziari e privati sono state volutamente evitate. Quello che ho scritto è stato verificato alle fonti. Rispondi