La contemporanea uscita, nel giro di pochi mesi, delle strisce vintage di Zagor in stile anni cinquanta e di serie dall’impostazione innovativa come Senzanima (la miniserie della linea Audace di Dragonero) o a breve di Deadwood Dick, e soprattutto della saga delle Regine Nere nella serie regolare di Dragonero hanno posto in modo evidente sotto gli occhi dei lettori il tema dell’uso (o del mancato uso) della cosiddetta gabbia Bonelli.

Innanzitutto spieghiamo la genesi della gabbia Bonelli in poche righe.

Striscia tratta da Zagor Collana Darkwood n. 2

 

Nella striscia di Zagor abbiamo un esempio del duo Gianni Sedioli e Marco Verni su testi di Moreno Burattini per la serie Collana Darkwood, la quale sta proponendo una storia divisa in 6 strisce pubblicate in libreria ogni 15 giorni nel classico formato a striscia della casa editrice milanese, usato dalla seconda metà degli anni quaranta fino alla fine dei sessanta.

Tavola tratta dal volume El Carnicero di Tex

 

Queste strisce sono state raccolte nel formato attuale a partire dalla fine degli anni cinquanta attraverso il semplice inserimento di tre strisce per tavola, ottenendo così la gabbia Bonelli costituita da 6 posizioni fisse inizialmente divise rigidamente in due vignette per striscia/riga e poi a poco a poco con più varietà come si può vedere nella tavola di Tex disegnata da Ferdinando Fusco, tratta da una storia di fine anni settanta recentemente ristampata in volume. Nella tavola di Fusco le posizioni 1 e 2 come anche la 5 e la 6 sono riunite in una sola vignetta.

Se guardiamo ad esempi più vicini a noi le varianti che pure ci sono conservano uno stesso leitmotiv, ovvero il contorno della tavola è rigorosamente bianco e le vignette sono ben delimitate.

Corrado Roi, Dampyr n. 219 del giugno 2018
Esposito Bros, Zagor n. 636 del luglio 2018
Elena Pianta, Nathan Never n. 324 del giugno 2018
Sergio Gerasi, Mercurio Loi n. 11 del maggio 2018

 

Con il tempo, nei fumetti Bonelli si sono aggiunte le splash page (Corrado Roi), o si sono riunite le posizioni 3,4,5 e 6 in un’unica vignettona (Esposito Bros), o ancora si è pensato a una divisione delle strisce in 3 riquadri (Elena Pianta) oppure con riquadri allungati (Sergio Gerasi), ma la struttura di base rimane la stessa: di conseguenza dalla parte opposta della costa l’albo Bonelli mantiene il caratteristico colore bianco carta.

Il discorso comincia a cambiare solo con gli albi di Dragonero.

Controcosta degli albi di Dragonero dei numeri 34-39 e 56-60

 

Gli albi dal numero 34 al numero 39 della serie regolare di Dragonero (quelli alla base della pila) presentano il classico bordo bianco, mentre gli albi dal 56 al 60 mostrano la natura diversa delle tavole al loro interno: la gabbia Bonelli è in gran parte saltata per lasciare spazio a un uso della tavola molto più libero, che porta l’inchiostrazione fino al limite della pagina.
Come possiamo vedere da queste due tavole del primo Dragonero scritto e disegnato da Luca Enoch.

Due tavole di Luca Enoch tratte da Dragonero n. 61 del giugno 2018

 

Il disegno straborda e va a riempire ogni spazio possibile della tavola, mentre le vignette perdono la loro consueta posizione trovandosi inglobate da disegni di sfondo o in posizioni fortemente decentrate.
Qual è l’esito di questa scelta? A mio parere le scene di paesaggi ottengono un risalto maggiore, inoltre il dinamismo delle scene di azione viene meglio accompagnato da una scansione varia delle vignette.
La scelta di rottura con l’impostazione precedente delle tavole di Dragonero serve per amplificare gli aspetti eccezionali (e distruttivi) della saga delle Regine Nere.

Ho chiesto a Fabio Babich, disegnatore di Dragonero n. 60, come erano le indicazioni nella sceneggiatura di Stefano Vietti: «In alcuni casi la gabbia aperta era segnalata già nello script, per il resto ho avuto carta bianca e vedendo il lavoro dei miei colleghi che già si erano sbizzarriti non mi sono fatto grossi problemi a espandere le vignette».

Fabio Babich, Dragonero n. 60 del maggio 2018

 

Aggiungo due altre considerazione senza volere così esaurire un argomento molto interessante, dato che porta a delle varianti importanti nel modo di narrare nei fumetti.
Prima annotazione: inaspettatamente tra i primi personaggi su cui si è provato a presentare la vicenda con una struttura che andava oltre alla gabbia Bonelli c’è stato il personaggio di punta da 70 anni: Tex. Lo si è fatto nelle edizioni cartonate alla francese. Questa, per esempio, è la prima tavola di “Frontera” scritto da Mauro Boselli per i disegni di Mario Alberti, pubblicato nel settembre del 2015.


Un numero che suscitò qualche perplessità nei lettori più tradizionalisti, tanto che secondo alcuni “quello non era Tex”. Ma la strada ormai era tracciata ed è stata seguita in altri numeri disegnati da Di Vita, Andreucci e recentemente da Mastantuono.

Seconda annotazione: chi non ha perso l’opportunità di percorrere strade fuori dall’ordinario è stato anche Roberto Recchioni nella saga di Orfani. Ho presente, in particolare, lo spettacolare numero 11 della prima serie “Tutti giù per terra”, per i disegni di Gigi Cavenago e Werther Dell’Edera (agosto 2014).

Fonte: “Avventura a fumetti da A(dam) a Zagor”

 

 

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