La Bonelli si era già trovata in una situazione come quella odierna, durante la quale “sperimentava” nuovi formati per scoprire poi che il problema erano i contenuti. Ricordo che all’inizio degli anni ottanta Sergio Bonelli si era convinto che i fumetti fossero rapidamente destinati all’estinzione, e quindi pensava di dedicarsi unicamente all’attività di costruttore edile. Convinzione che si basava sull’apocalisse che aveva colpito il fumetto italiano, della quale ho parlato nell’articolo I fumetti italiani erano i più venduti del mondo. Mentre in America Jim Shooter aveva capito che i fumetti non erano in crisi come genere di intrattenimento, ma perché gli autori facevano quello che volevano senza alcun controllo editoriale. Sergio Bonelli, invece della sostanza, come aveva fatto Shooter alla Marvel, provò a modificare la forma, presentando alcuni nuovi prodotti editoriali in un formato diverso da quello di Tex. Fu un errore madornale, perché nei Paesi dove si vendono molti fumetti c’è sempre un formato standard entrato nel sangue del lettore generico: quello del doppio formato antologico/monografico in bianco e nero del Giappone, il comic book a colori negli Stati Uniti e il formato rivista/album nei Paesi francofoni. Dove c’è un formato standard, cambiarlo significa pescare lettori solo tra gli appassionati, non nel pubblico generico. Così nel 1983 la Bonelli lancia Full, un settimanale antologico dall’aspetto dimesso che rifà il verso all’Intrepido e a Il Monello proprio quando il format di queste riviste è entrato in crisi irreversibile… a vantaggio proprio del formato Bonelli! L’assurda scopiazzatura dei perdenti finisce presto. Nel 1984, Bonelli lancia Bella & Bronco di Gino D’Antonio nel formato di 64 pagine più grande di quello di Tex: dura 16 numeri. Nello stesso anno esce Pilot, diretto da Tiziano Sclavi. Una rivista “di prestigio” che ripresenta i fumetti del francese Pilote. Altro insuccesso. Nel 1985 tocca alla riedizione dei fumetti Marvel di Indiana Jones. Peggio che andar di notte. Io feci in tempo a collaborare a una rivista enigmistica diretta da Tea Bonelli, madre di Sergio e troppo poco ricordata fondatrice della casa editrice. L’Enigmistica Illustrata, comunque, chiuse malgrado i miei bellissimi quiz. Il fondo lo si è toccato nell’aprile 1986, con Doctor Beruscus… no comment! Alla fine, con scarsissima convinzione, Sergio Bonelli nell’ottobre del 1986 fece uscire un fumetto nel formato di Tex: Dylan Dog, e la casa editrice tornò al successo. A un successo pazzesco. Dylan Dog agli inizi era un fumetto brillante, e non solo per le battute di Groucho. Era brillante per tutto l’insieme dei personaggi, anche se le storie puntavano sul demenzial-orrifico (poi Sclavi, chissà perché, fece diventare Dylan Dog serioso). Negli stessi anni, quando l’editore della Play Press mi propose di scrivere un nuovo fumetto da pubblicare nel formato tascabile, gli risposi che in quel formato in Italia un fumetto non avrebbe venduto niente: lo lanciammo allora nel formato bonelliano e il successo, relativamente a una piccola casa editrice, fu assicurato (ne parlo in qui). Negli ultimi anni la Bonelli sta ripetendo gli errori del passato. Convinta che il formato di Tex non vada più bene (mentre è l’unico formato dei fumetti “non per bambini” che il lettore generico italiano conosce), ha lanciato tutta una serie di prodotti di scarso successo a colori o in formato grande, o addirittura per un target diverso (i lettori di Topolino). Ormai la chiusura del pur ottimo Mercurio Loi, per esempio, non è più solo una nostra previsione. Su Giornale POP e altrove abbiamo detto come sarebbe andata a finire, tenendo conto che, a differenza della Panini che pubblica fumetti su licenza, la Bonelli deve pagare dei bei soldoni per produrre fumetti originali. Ora speriamo che invece di continuare a sbattere la testa contro il muro presentando formati strani, la Bonelli tiri fuori qualche nuovo albo in bianco e nero di 96 pagine dai contenuti diversi dei melanconici fumetti che sforna da troppo tempo. Infatti, oltre al problema del formato, c’è quello dei contenuti, che in questo caso non dipende dall’editore ma dagli autori. Come abbiamo già detto, per esempio QUI, il pubblico ama le storie vivaci (come Star Wars), mentre gli autori quelle tristi (come Blade Runner). Se la Bonelli continuerà a pubblicare formati strani con contenuti da “fumetto d’autore” non ne uscirà fuori, dato che a quanto detto si aggiunge la crisi generale dell’editoria. Navigazione articoli FINE DELL’AVVENTURA PER FRANK GIROUD LA PARIGI SCOMPARSA DI NESTOR BURMA
Caro Sauro, concordo con quanto scrivi, soprattutto con la frase sui lettori che amano le storie vivaci (intrattenimento puro?) mentre gli autori quelle tristi, autobiografiche. Forse si dovrebbe fare una distinzione fra età dei lettori. I meno giovani preferiscono quelle di fantasia, mentre i più giovani preferiscono storie più introspettive pessimistiche, più aderenti ai tempi attuali. Rispondi
Se i giovani preferissero delle storie pessimistiche e introspettive allora Bonelli venderebbe un sacco. Se cerchi delle storie “Leggere” devi guardare da altre parti, dai manga ai fumetti italiani di nicchia. Sio è stato un fenomeno del fumetto indipendente degli ultimi anni ed è tutto tranne che serio. Il problema dei fumetti impegnati è che spesso gli autori non si impegnano a scriverli bene. Io ritengo che Bonelli faccia bene a diversificare e sperimentare, la linea Young è fatta proprio di fumetti divertenti rivolti ai giovani, speriamo che piacciano. Rispondi
La Bonelli dovrebbe tagliare fuori qualche vecchio sceneggiatore e investire su sceneggiatori giovani e promettenti. Rispondi
Io amo Bonelli da 40 anni. Ne ho 49. Mi piace ci mettano faccia e capitali. Bonelli è tradizione innovativa. Leggo quasi tutto dai terminati Napoleone (ottimo) Adam, Volto…Tex, Caravan…Le storie… Rispondi
per me per prima cosa dovrebbe impedire a recchioni e soci di insultare pesantemente Salvini e chi lo vota. Lo fanno tutti i giorni. Ti fa perdere lettori. Rispondi
È quello che penso io da quando il colore sembra aver preso possesso della Bonelli. Cartonati fatti solo per speculare sui collezionisti (che per avere le serie complete comprano anche quelli) Serie storiche che negli speciali vengono colorate (mi ricordo ancora quando Bonelli si infuriò con l’allora sabato per la colorazione pessima del primo albo di Nathan Never per poi riproporre adesso speciali dove la colorazione è pessima) Alcune serie a colori sono belle (vedi Orfani) colorare le storiche no. Morgan e Mercurio sono per me pessime: la prima fa il verso a Brendon, la seconda andava bene solo se rimaneva nei romanzi. Insomma se leggete la storia della DC su Wikipedia vi accorgerete che stanno cercando di fare la stessa cosa (ma male) Rispondi
Non ho capito chi secondo Ninja tutti i giorni insulta Salvini: una banda di “recchioni e soci”?? Ma caro Ninja da dove vieni, dove vivi?? sei caduto ieri o qualche altro giorno giù dalla pallida Selene? Io conosco fieri nemici della produzione Bonelli che sono virilissimi, dei veri sciupafemmine! Sospetto invece di coloro che sotto pseudonomi di origine giapponese o di altra diversa origine, nascondono la loro vera identità! per mascherare forse le sempre possibili incertezze di appartenenza a questa o quella dimensione culturale intesa in senso globale?? Rispondi
il problema sono le sceneggiature…non compro più da tanto tempo dylan dog perché le storie non sono per niente avvincenti anzi sono proprio noiose!! Rispondi
Si da troppa importanza a sceneggiatori che non ne hanno…..Mercurio Loi a parer mio è orribile…..storie e disegni per lo più scadenti! Rispondi
concordo, mercurio è noioso, un perdigiorno che va a passeggio per roma parlando del più e del meno Rispondi
ma che hai capito!!parlavo di Roberto Recchioni(curatore di dylan dog) che su twitter insulta pesantemente salvini tutti i giorni con il suo gruppo di amici Rispondi
Purtroppo non c’è più il Genio, Stagione nostro. Si guarda solo al marketing, gadget vari, tazze, copertine diverse (variant) per uno stesso album…che schifo. Rispondi
Purtroppo la qualità delle storie e la bravura degli autori sono cose difficilmente quantificabili. Posso comprendere la vana speranza di incrementare le vendite agendo su fattori più materiali: cambiare il formato, il numero di pagine, la foliazione o stampare a colori sono cose strettamente quantificabili e direttamente sotto il controllo dell’editore. Ovvio che la Bonelli voglia partire da lì. Ma trovare storie degne di essere lettere e autori in grado di parlare al grande pubblico… questa è tutto tranne che una scienza esatta Rispondi
A mio parere il formato classico Bonelli potrebbe essere una palla al piede se non hai personaggi (e sopratutto sceneggiature) che riescono a sostenere la lunghezza di un loro tipico albo. Il cambiare formato in se non mi pare una pessima idea, il problema sono i testi sempre incentrati sui soliti temi eroici. Non voglio dire che il tema sia colpevole ma non ci sono molti personaggi nuovi dotati del carisma di Tex o Zagor. Sicuramente il fumetto comico e brillante è stato per troppo tempo messo in ombra e poterebbe essere la direzione verso la quale puntare per il futuro. Rispondi
Hai ragione da vendere.Bellissimo articolo.Aggiungerei solo in maniera più esplicita a quanto già detto da te, che oltre ad un fumetto nuovo, la qualità dei fumetti Bonelli non è più buona da anni.Eppure e il loro mestiere.Basterebbe cosi poco. Rispondi
La Bonelli ha pubblicato di recente un fumetto avventuroso e brillante, con un personaggio vecchio stile, Adam Wild, ma ha chiuso ugualmente. E c’è un fumetto cupo e sanguinoso, Dragonero, che sta avendo un grande successo sia di critica che di vendite. Rispondi
Adam Wild, eroe dei poveri africani mi pareva tutt’altro che brillante. “Impegnato”, piuttosto. Dragonero è brillante. I morti ammazzati non c’entrano: su Kriminal ce n’erano molti di più ed era ancora più brillante. Rispondi
Erano brillanti i dialoghi tra Adam e la sua spalla Narciso. È molto brillante Mercurio Loi: i dialoghi tra lui e Ottone sono spassosi e il modo di fare di Mercurio ricorda a molti lettori il dottor House. Rispondi
Le stanno provando tutte ma manca la cosa più importante: professionisti capaci di scrivere storie brillanti e divertenti. Molti albi ti lasciano l’amaro in bocca, spesso perché scritti da autori che anche attraverso altri canali di comunicazione trasmettono la loro visione inacidita della vita. Poi ve ne sono alcuni, come Recchioni, anche arroganti con il pubblico e addirittura zoppicanti con l’italiano (nei suoi stati su Facebook si rinvengono non di rado errori grossolani di grammatica e termini usati a sproposito, non refusi). Il lettore popolare vuole leggere un albo e ricavarne un senso di appagamento e soddisfazione, non avere la sensazione di aver speso mezzora o un’ora della propria vita ad ascoltare l’insopportabile sermone di un autore/curatore incattivito con l’esistenza, che usa la scrittura per sfogare le proprie frustrazioni, oppure è proprio un incapace totale in grado solo di suscitare un senso di grottesco. Rispondi
Condivido solo in parte il contenuto dell’articolo. Non c’è dubbio che il problema dei fumetti Bonelli stia nel contenuto e, quindi, negli autori (con poche, eccellenti eccezioni). Detto questo, non credo che sperimentare nuovi formati editoriali sia di per sè un male. Il colore, ad esempio, permette da un lato di vendere all’estero più facilmente il “prodotto”, dall’altro di superare certe debolezze grafiche (se latitano i grandi narratori, non è che i grandi disegnatori abbondino). Anche nella riduzione delle pagine vedo un duplice vantaggio: ancora viene facilitata la vendita internazionale, ma soprattutto viene costretto l’autore a una narrazione più moderna e stringata (o dobbiamo andare avanti a spiegoni fino al 2050?). Infine vorrei fare un elogio della linea Bonelli young: è l’unico tentativo che ho visto negli ultimi 20 anni di contattare un pubblico nuovo, quello preadolescenziale, per garantire il ricambio generazionale. I risultati sono, a parer mio, molto interessanti. Rispondi
Non sono mai stato un fan dei bonellidi e del fumetto “nazional popolare”, anche se certi sforzi li conprendo ed apprezzo e compro alcune serie più per dare un contributo che per amore sviscerato nei confronti dei personaggi. L’analisi sulla chiusura di Pilot, la trovo invece un po’ frettolosa. Non era certo rivolta al target usuale dell’editore, ma ai lettori italiani “orfani” della produzione francofona. Che ci fosse un mercato lo dimostra il successo di Nona Arte e delle edizioni della Gazzetta… Rispondi
Ma dove volevano andare con mercurio? Non vuoi fare il solito bellone? Fallo stempiato, leggermente in sovrappeso ma non un incrocio tra una scimmia e un sorcio. Poi non succede nulla cammina e parla, parla e cammina. Rispondi
E’ il mercato che si deve adattare al prodotto, oppure è il prodotto che deve essere creato per il mercato ? Sono gli autori che devono imporre i propri gusti o si devono adeguare a quelli del pubblico? Si possono fare entrambe le cose? Rispondi
Esimo Pennacchioli, con tutto il rispetto per il suo encomiabile lavoro per il passato ma lei si sta riferendo al mercato moderno con entrambi gli occhi al passato. Mi creda non vuole essere offensiva la mia constatazione, l’analisi da lei fatta è vecchia. Specifico, è un modo di pensare vecchia maniera, che non si rende conto delle dinamiche di mercato che stiamo vivendo. Lei si concentra sul formato, sui contenuti, ma tralascia alcuni punti fondamentali, non riguardanti gli autori o la grandezza e numerosità della foliazione, la distribuzione e la tendenza del fumetto oggi. La Bonelli ha continuato pervicacemente ad affidarsi alla nostrana distribuzione da edicola, non accorgendosi tutt’oggi dello spostamento nelle librerie specializzate, che necessitano comunque di attenzioni particolari e scelte editoriali mirate. Un esempio su tutti di presenza, ma di scarsa capacità di gestione dei propri prodotti seppur nelle fumetterie, è RW edizioni. Nonostante il materiale sicuramente non di secondo ordine come la DC e alcuni fumetti francesi, è un buco nell’ acqua. Stessa sorte è toccata al nostro colosso editoriale, “Mondadori”, che non sa gestire una linea omogenea, proponendo uscite, mancando gli “appuntamenti” dati al lettore. Potrei dire la stessa cosa della Play Press che avendo avuto un periodo floridissimo, dopo aver perso i diritti per la Marvel, ha avuto un tracollo non sapendo gestire editorialmente le librerie. Secondo aspetto, il fumetto orientale. Caro Pennacchioli sono abbastanza vecchio da ricordare quando il fumetto giapponese era solo ad appannaggio di pochi, e se non fosse stato per la Marvel Italia, che strappo alla Star Comics parte della sua produzione quanto sarebbe venuto fuori di tutte quelle opere cartacee? Im mercato del fumetto con gli occhi a mandorla ha piano piano frammentato il mercato, perché destina le sue opere non solo in base all’ età, ma al sesso ed in alcuni casi alle tendenze sessuali. Manga molto amati sono stati Death Note, Suicide Island, Berserk…E via discorrendo, opere non certo nazionalpopolari, ma che trattano temi che la Bonelli non si sognerebbe mai di affrontare, nel modo in cui vengono trattati. Apro una parentesi su Dylan Dog. Il taglio dell’ opera tutta non è cambiato quando Tiziano Slavi si è messo a “scrivere storie cupe”, ma dopo che spaventati dalle vicende della rivista Splatter hanno rivisto le pubblicazioni in termini meno orrorifici. Quello che dico è testimoniato dal periodo del cambiamento, attorno al numero 50, periodo di condanna della succitata rivista. Vero è che alcuni degli autori che avevano lavorato per la diffusissima rivista horror sono passati alla Bonelli, ma ormai il vento era cambiato. Senza contare che sempre riguardo ai manga, sono supportati da un reticolo, soprattutto amatoriale, di opere visive come gli anime, tratti dai fumetti. Spesso tradotti e sottotitolati da appassionati, che vengono veicolati da decine di canali in streaming. Arrivederci. Rispondi
Leggo un sacco di critiche a Mercurio Loi che mi risultano incomprensibili.Mercurio è un vero fumetto.d’autore non facile per il grande pubblico, sotto certi aspetti intrigante come lo era Napoleone.Non certo un fumetto d’azione ma ricco di spunti filosofici e storici!Si capisce perché non abbia avuto.successo.Molto meglio comunque di pastrocchi come Odessa , assai diverso dal pregiatissimo Orfani.Altro pastrocchione per me è Darwin, mentre appassionante Cani sciolti, soprattutto per chi il 68 l’ha vissuto in prima persona, per cui non capisco il passaggio alle librerie.Penso che il nuovo corso della Bonelli stia deragliando troppo dalle sue origini e che.non porti grandi.vantaggi a nessuno.Com’era una volta, meglio pochi ma buoni!! Rispondi