Koe no Katachi è un manga realizzato dalla giovane Yoshitoki Ōima sotto forma one shot nel 2011 e successivamente serializzato tra il 2013 e l’anno successivo. In occidente è noto con il titolo di A Silent Voice ed è stato stampato in Italia da Star Comics, in 7 volumetti. L’opera è stata patrocinata dalla Japanese Federation of the Deaf e ha ottenuto un grandissimo successo sia in patria che all’estero, vincendo il New Creator Prize del Tezuka Osamu Cultural Prize e ottenendo una nomina al Eisner Award come opera straniera. Nel settembre 2016 è uscito nelle sale giapponesi un film d’animazione tratto dal manga. Protagonista della vicenda è Ishida, un bambino delle elementari vivace e scapestrato. Un bel giorno compare in classe una nuova compagna, Nishimiya, un’amichevole bambina sordomuta che cerca di comunicare con gli altri tramite il suo quaderno. L’occasione è ghiotta e la classe, capitanata da Ishida, rende la nuova arrivata la vittima preferita di atti di bullismo e di vere e proprie vessazioni. La situazione presto degenera e l’ennesimo apparecchio acustico rotto e una violenta lite fanno decidere alla madre di Nishimiya di trasferire la figlia in un’altra scuola. In classe però il clima non torna quello di prima e, col tempo, Ishida diventa oggetto di bullismo a sua volta. Inoltre viene usato come capro espiatorio per le bastardate a cui anche molti altri compagni prendevano parte. Ishida cresce così sempre più tormentato, isolato e senza frequentazioni. Decide quindi di redimersi e per fare ammenda impara il linguaggio dei segni. Passati cinque anni il giovane ragazzo incontra la sua ex-vittima, con la scusa di restituirle il quaderno, gettato in acqua molti anni prima. Da qui parte la vicenda vera e propria in un manga dallo stile leggero, ma capace di toccare temi importanti legati alla situazione scolastica e famigliare giapponese, al bullismo, ai rapporti con gli altri nei difficili anni dell’adolescenza. In un Giappone che solitamente non ha tabù o censure di alcun tipo nelle sue pubblicazioni fumettistiche, il tema del bullismo scolastico (che da solo è quasi diventato un cliché nei manga), unito a quello della vittima portatrice di handicap, ha posto non pochi ostacoli per la pubblicazione di Koe no Katachi. Il bullismo ostracizzante (Ijime) è qualcosa di quasi scontato in Giappone. Spesso l’intero gruppo (a volte col tacito assenso o disinteresse degli insegnanti) prende di mira una sola vittima, l’elemento ritenuto più debole, con lo scopo di annientarla in ogni modo. E per avere un’idea dei danni del fenomeno basti unire gli elementi tipici del bullismo occidentale alle tradizioni di una società fortemente capitalistica, dove il valore di una persona si basa soprattutto sul suo prestigio sociale ed economico e con un senso dell’individualità differente, a concezioni del buddismo locale per cui il suicidio è una via pur sempre onorevole per togliersi di mezzo salvando la faccia, e otteniamo un cocktail esplosivo in cui i tassi di suicidi scolastici sono tra i più alti fra i paesi economicamente più sviluppati, in particolare nelle date di inizio del semestre scolastico (si parla di circa 4600 suicidi l’anno nella fascia d’età compresa tra i 10-24 anni e ben 157000 casi di ospedalizzazione per ferite autoinflitte). Koe no katachi, pur senza presentare una critica ragionata al sistema, mostra, attraverso sentimenti e situazioni in cui molti si possono ritrovare, l’importanza dei rapporti umani al di là dei parametri economici che la società occidentale usa per classificare gli esseri umani e porre barriere tra loro. “I wish you would’ve listened Can you hear me now?” In Flames – Us Against The World Navigazione articoli ISABELLA, LA DUCHESSA DELL’EROTISMO I FUMETTI UNDERGROUND HANNO CAMBIATO IL MONDO