Uno degli aspetti più interessanti della cronaca nera è che si intreccia con le varie epoche della nostra storia e ci può illuminare sullo spirito del tempo. A tale proposito Sangue italiano, l’ultima fatica del giornalista Roberto Casalini, ci conduce in un lungo viaggio in cui, tra un crimine e l’altro, si può cogliere l’evoluzione della società italiana dalla nascita del Regno d’Italia sino ai giorni nostri. Un’Italia da unire non solo sulla carta (1860-1900) Il nuovo Regno d’Italia aveva ereditato parecchi problemi, a cominciare dal Sud che sembrava una polveriera pronta a esplodere da un momento all’altro. Il governo postunitario aveva messo in vendita le terre libere, tuttavia gli unici che potevano permettersi di acquistarle erano i notabili del luogo e non certo i contadini che le avevano sempre coltivate. Anche a Bronte, un borgo alle falde dell’Etna, quelle terre ormai appartenevano alle famiglie più ricche e i contadini ne reclamavano la ridistribuzione, ma stanchi di non essere ascoltati nell’estate del 1860 misero a ferro e fuoco le case dei possidenti più facoltosi. Ci furono anche delle vittime: un notaio venne pugnalato e prima che fosse dato in pasto alle fiamme un manifestante prese il suo fegato e lo mangiò con il pane. Una volta cessata la rivolta, i responsabili furono fucilati. Tra tutti i problemi da risolvere, il governo non si era ancora occupato della pena di morte e prima che fosse definitivamente abolita (dal codice Zanardelli nel 1889), uno degli ultimi impiccati fu Antonio Boggia, un pluriomicida che ammazzava per intascare il denaro delle vittime che poi sperperava tra le osterie di Milano. Era un abile muratore, ma dato che i suoi ultimi clienti sembravano svaniti nel nulla, gli inquirenti arrivarono a lui: li aveva uccisi con un colpo di scure e dopo aver ripulito i loro cadaveri dal sangue, li aveva fatti a pezzi e murati nel sottoscala del suo magazzino. Invece per un solo voto contrario, si salvò dalla fucilazione un giovane criminale noto come il vampiro di Bottanuco (un paesino del bergamasco). Vincenzo Verzeni a diciotto anni scoprì che provava piacere nel stringere il collo di una donna, azzannarlo e succhiarne il sangue che colava dalle ferite. La mattina dell’8 dicembre 1870, una ragazza di soli quattordici anni, che lavorava presso una famiglia della zona, ebbe la sfortuna d’incontrarlo. Fu ritrovata qualche giorno dopo, dilaniata dai morsi, in un campo coperto di neve. Due anni più tardi il vampiro malefico riservò lo stesso trattamento a un’altra fanciulla, ma finalmente venne catturato. Dalla Belle Epoque alla fine del fascismo (1901-1945) All’inizio del Novecento anche in Italia si respirava il clima effervescente della belle epoque e anche i delitti sembravano adeguarsi allo spirito del tempo. In particolare, fece notizia un omicidio degno di un romanzo di Fëdor Dostoevskij, di cui vale la pena fare lo spoiler. La contessa Maria Tarnowska, una femme fatale che aveva mandato in rovina almeno sei uomini, in combutta con il suo avvocato stava per fare altrettanto con il conte Pavel Kamarovskij, suo futuro marito, che da un anno abitava a Venezia. Quest’ultimo le aveva intestato una polizza da mezzo milione di rubli e per intascarla al più presto, la contessa fece credere al suo amante Nikolaj Neumov che il conte la maltrattava ed era al corrente della loro relazione. La mattina del 4 settembre 1907, il giovane uccise il suo rivale con quattro colpi di pistola, si diede alla fuga ma fu immediatamente arrestato insieme alla Tarnowska. Tre anni più tardi, il processo fu seguito da inviati giunti persino dall’America per vedere la bella Maria, dagli occhi verdi e i capelli ramati, nel banco degli imputati. Dopo la condanna e una breve detenzione, la donna si trasferì a Buenos Aires dove collezionò altri amanti, ma un certo punto la sua bellezza sfiorì e nel 1949 morì completamente sola. Durante il primo conflitto mondiale le morti violente erano diminuite, ma ripresero ad aumentare quando si era instaurato il regime fascista, ma in quegli anni era difficile tenersi aggiornati perché la cronaca nera era quasi scomparsa dai giornali. Infatti, gli efferati delitti di Leonarda Cianciulli, che la prima pagina la meritavano eccome, vennero resi noti solo nel dopoguerra. Tra il 1939 e il 1940, la Cianciulli fece bollire in un grande pentolone i resti di tre donne che aveva ucciso con un colpo di scure, per poi fabbricare con le loro ossa saponette al profumo di violetta. Anche lei come Boggia mirava ai beni delle sue vittime, ma alla fine fu beccata. Un Paese da ricostruire (1946-1968) Nel dopoguerra, l’Italia era un Paese in cui le bombe avevano distrutto le strade e raso al suolo interi quartieri cittadini. C’era anche un clima di vendetta: nel 1946 gli omicidi furono più di cinquemila, scesero sotto quota mille solo nel 1953. Le persone ormai seguivano con passione le notizie di cronaca nera e proprio in quell’anno, sulla spiaggia di Torvajanica, venne trovato il corpo di Wilma Montesi, protagonista del giallo più misterioso di sempre. Il decennio successivo si aprì all’insegna dell’ottimismo grazie al boom economico e i delitti ancora una volta riflettevano lo spirito del tempo. Nel 1962 alla tv spopolava Carosello, perciò non c’è da meravigliarsi se Tino Allevi, un grossista della provincia di Imperia, pensò di essere l’uomo più fortunato del mondo quando ricevette per posta un campione di bitter analcolico e la proposta di diventare rappresentante di zona. Il commerciante lo ingurgitò e morì in preda a dolori atroci, perché la bibita era stata corretta con la stricnina. Aveva architettato tutto un ex di sua moglie, che sperava di riaverla tutta per sé. Anni di piombo e non solo (1969-2000) Gli anni Sessanta terminarono in modo brutale con la bomba esplosa in piazza Fontana il pomeriggio del 12 dicembre 1969. L’Italia diventò un Paese in cui poteva capitare di essere uccisi andando al lavoro, prendendo un mezzo di trasporto o partecipando a una manifestazione. Il decennio successivo fu denso di attentati come quello al treno Italicus, che saltò in aria in una galleria vicino a Bologna; di omicidi di personalità importanti come il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro, sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse; infine, di delitti poco chiari, come la morte di Pier Paolo Pasolini all’idroscalo di Ostia o le uccisioni del mostro di Firenze. Intorno alla metà degli anni Ottanta, nel Belpaese si cominciò finalmente a respirare un clima di spensieratezza e ottimismo. Milano era diventata una città “da bere”, come recitava uno slogan pubblicitario dell’epoca e la capitale della moda, che attirava ragazze da tutto il mondo in cerca di fortuna. Anche Terry Broome lasciò gli Stati Uniti per trasferirsi nel capoluogo meneghino e lavorare come modella. Di lei si era invaghito Francesco D’Alessio, un playboy romano. Una notte Terry ritornò a casa, non riuscendo a dormire iniziò a frugare nei cassetti e vi trovò una Smith & Wesson. La mise nella borsetta, si vestì e pochi minuti dopo citofonò alla casa di D’Alessio. Quest’ultimo era convinto che avesse deciso di concedersi e invece “bang”, il play boy cadde a terra stecchito. Anni ansiogeni (2001-2023) Nel nuovo millennio fanno notizia soprattutto i delitti della porta accanto. Nonostante siano numericamente inferiori rispetto al passato, si ha la percezione di vivere in un Paese in cui non si può mai stare tranquilli. Questo succede perché il colpevole è simile al vicino che salutiamo tutti i giorni o forse perché sentirne parlare così tanto li fa sembrare più frequenti. Un omicidio che ha tenuto il pubblico incollato alla tv per settimane è stato quello di Cogne (2002), di cui molti ricorderanno il plastico del villino in cui si è consumato il crimine. Un altro caso mediatico è stato il delitto di Avetrana (2010), in cui la madre di Sarah Scazzi ha appreso che sua figlia era morta da Chi l’ha visto, durante una diretta televisiva su Rai 3. In quel periodo Avetrana (Taranto), un paese in cui non c’era neanche un bed and breakfast, è stato invaso dai cronisti che intervistavano chiunque avesse voglia di comparire davanti alle telecamere e che, nella maggior parte dei casi, non diceva niente di utile alle indagini. Nel saggio Casalini racconta tutto questo e molto di più con uno stile scorrevole, ironico e talvolta tagliente. È un libro consigliabile a tutti gli amanti del giallo e della cronaca nera. Immagine d’apertura: “Murder in the House” di Jakub Schikaneder (1890) Navigazione articoli SOLIMANO UCCIDE I FRATELLI PER GOVERNARE MEGLIO LA “ENCICLOPEDIA DEL FANTASY” DELLA NPE