Per il politically correct dei nostri giorni i mitra e le altre armi sono di per se stesse considerate dei crimini contro l’umanità. Molta gente si indigna al solo pensiero: quello delle armi è un argomento di cui si cerca di parlare il meno possibile. Ma io voglio lo stesso dedicare un articolo a un’arma: il Franchi LF57, interessantissimo esempio di “Made in Italy”. Riguardo all’Italia, molti sono i motivi del tabù sulle armi da guerra. Per esempio, il rigetto verso l’educazione “eroica” e militarista del ventennio fascista, la figuraccia a dir poco penosa che le Forze Armate Italiane fecero nella Seconda guerra mondiale. Per non dire il fastidio provato nel fare il servizio di leva (inesauribile fonte di aneddoti quasi sempre ridicoli e tesi a mostrare l’inutilità, l’inefficienza e l’incompetenza che trasudavano dal mondo della naja) e, non ultimi, un buon numero di film del sottofilone della commedia all’italiana detto “militarello”, di cui sono perfetti esempi quelli del Colonnello Buttiglione. Anche questo ha fatto sì che in Italia l’ambito militare venga considerato con disprezzo e spesso con umorismo, appioppandogli una costante sottovalutazione, sia nei casi in cui lo merita, sia anche in quelli che, invece, sono in grado di reggere il confronto col resto del mondo, e magari anche di primeggiare. La progettazione di mitra era uno di questi casi. Il mitra Franchi LF57 è stato prodotto dalla ditta Luigi Franchi a partire dal 1957. Era l’epoca in cui l’Italia era in prima fila, oltre che nel cinema, nel design, nelle auto e in altre cose che giustamente ci fecero apprezzare in tutto il mondo. Pure i nostri mitra erano tra i migliori mai fatti. Le caratteristiche tecniche del LF57 erano all’avanguardia e allo stesso tempo semplici. Composto da pochi pezzi, era facilissimo da smontare per la pulizia e la manutenzione e divenne ben presto famoso per la sua affidabilità. Era inoltre molto preciso, non s’impennava sparando a raffica ed era facile da controllare e maneggiare nel tiro. L’arma non fu adottata dalle Forze Armate italiane nel complesso. Fu data però in uso, in numero limitato, ad alcuni reparti speciali, come gli Incursori della Marina e, soprattutto, al Gruppo acquisizione obiettivi (Graco), gli “artiglieri paracadutisti” della brigata lanciamissili Aquileia. I giudizi degli utilizzatori furono praticamente tutti positivi. Unici nei: il calcio pieghevole non aveva sistema di bloccaggio, per cui in azione avrebbe potuto muoversi, e il gruppo di scatto (a differenza del resto) non era raggiungibile, essendo completamente chiuso nella parte non smontabile dell’impugnatura, e quindi ove necessario non c’era modo di ripararlo. Quest’ultimo problema avrebbe potuto essere davvero serio in caso di rottura… ma non risulta si siano mai verificate rotture! La Franchi produsse alcune decine di migliaia di pezzi (meno di 40.000, secondo le fonti più autorevoli), ma solo qualche migliaio rimase in Italia per i pochi corpi speciali elencati prima, mentre ebbe più successo all’estero: circa 20mila esemplari vennero comprati dal Portogallo. Dal Portogallo molti di essi finirono in Angola, allora colonia portoghese, proprio quando scoppiò la Guerra di Liberazione Angolana. Inevitabilmente questi mitra, insieme ad altre armi, finirono per essere usati da tutte le parti in conflitto, regolari portoghesi, forze interne angolane, guerriglieri e mercenari. Si era negli anni sessanta, dall’Angola un bel po’ di LF57 varcarono il confine del Congo Belga, finendo anche là per essere usati da tutti i gruppi combattenti. Ebbene tutti, regolari, rivoltosi e mercenari, sia in Angola sia in Congo, ebbero a dichiarare che il Franchi LF57 era l’arma automatica più affidabile fra tutte quelle che capitava loro di usare. L’unica di cui si poteva stare sempre sicuri che, quando fosse servito, avrebbe sparato. E questo sul campo di battaglia della guerriglia tra foreste, savane e paludi dell’Africa Centrale, un terreno di prova di cui nessuno mai potrebbe esagerarne la durezza e difficoltà. Fu proprio in Congo che accadde l’aneddoto più famoso sul Franchi LF57. Alcune suore erano in pericolo, circondate da insorti katanghesi, e un gruppo di mercenari le trasse in salvo. Mentre le suore li ringraziavano, uno di essi disse che in realtà dovevano ringraziare il loro mitra, appunto l’LF57, senza la cui efficienza la faccenda si sarebbe potuta concludere in modo ben diverso. Allora le suore, leggendo “Luigi Franchi” (la marca) sul mitra, lo vollero ribattezzare “San Luigi”. E tale soprannome restò. Ancora oggi il Franchi LF57 è conosciuto, tra appassionati, collezionisti e semplici storici di guerra e di armamenti come il “San Luigi”. Se il famoso Winchester ’73, il fucile che “ha conquistato il West”, è l’unica arma cui sia stato dedicato il titolo di un film, uno dei più celebri western hollywoodiani, il Franchi LF57 “San Luigi” è l’unica arma da fuoco santificata. Nei decenni seguenti, il San Luigi venne inevitabilmente sorpassato da armi più moderne (ma non necessariamente più efficienti e affidabili), finché proprio l’Italia, che sessant’anni fa non volle adottarlo, ne tirò fuori alcune migliaia dai magazzini in cui li aveva ammucchiati, quasi tutti nuovi di fabbrica e, con alcuni piccoli “ammodernamenti”, li dette in dotazione ad alcuni reparti, spesso come arma per gli ufficiali. Il San Luigi, però, non aveva atteso tanto per farsi una seconda e imprevedibile vita. Probabilmente aiutato dal suo design, che ad alcuni non piace, ma che altri (fra cui io) trovano molto attraente, essenziale e in anticipo sui tempi (praticamente un parallelepipedo allungato con poche cose che ne sporgono e angoli e spigoli elegantemente arrotondati), si è trovato ad avere il look giusto per… i film di fantascienza di Hollywood. Eccolo imbracciato da Thumbelina (Debbie Lee Carrington) in Atto di Forza (Total Recall), 1990 Il sergente Todd (Kurt Russell) in Soldier, 1998: qui addirittura il San Luigi viene usato in coppia James “Desolation” Williams (Ice Cube) e tenente Melanie Ballard (Natasha Henstridge) in Fantasmi da Marte (Ghosts of Mars), 2001. I loro LF57 (nichelati e privi di calcio) sarebbero gli stessi usati da Kurt Russell nella foto precedente, ma senza i cannocchiali. A meno di non essere assolutamente contrario alle armi, alla storia militare e a tutto ciò che con loro abbia a che fare, non si può negare che il Franchi LF57 “San Luigi” rappresenti, come la Vespa, la Ferrari e l’Alta Moda, un eccellente esempio di design del Made in Italy. Navigazione articoli MA LE CARTE DA GIOCO QUANDO SONO NATE? CIRCINELLO, L’UOMO DEL BOSCO