Lo premetto: non amo i film horror, compresi quelli di vampiri. Non è il mio genere. Un amico una volta mi ha prestato una videocassetta (sì, parlo di qualche anno fa) di “Dal tramonto all’alba”. Quando gliel’ho restituita mi ha chiesto se mi era piaciuto. “Sì, divertente”, ho risposto. Mi ha guardato sgranando gli occhi: “Ma… è un horror, che c’è di divertente?”. Il fatto è che l’unica cosa che mi aveva colpito del film era una situazione che mi aveva fatto ridere. Quando ancora andavo al cinema, alla proiezione di un “Blade”, non so se il secondo o il terzo, quando il “cattivo” apre la bocca che gli si divide in due e mostra varie zanne, sono sbottato in una grassa risata, facendo girare le tre file davanti che mi hanno guardato malissimo. Insomma, horror e vampiri non fanno per me, non riescono a coinvolgermi. Perciò quando ho deciso di guardare “Dampyr” (su Mediaset Infinity; visione gratuita e senza interruzioni pubblicitarie, meglio che al cinema) l’ho fatto solo per la curiosità di vedere il primo film coprodotto dalla Bonelli e basato su un suo personaggio. Per il mio giudizio personale (non sono un cinefilo e tantomeno un critico cinematografico) il film è abbastanza professionale, diciamo “guardabile” in tivù; per chi ama il genere, addirittura godibile. Rispetto all’abituale produzione italiana per il grande schermo dove le storie di genere sono mosche bianche, una salutare boccata d’ossigeno. Detto questo, la visione mi ha procurato più fastidi che piacere. In passato ho apprezzato la serie tv “Supernatural” (le prime stagioni; quando cominciano le guerre tra angeli e demoni, molto meno) perché era intrisa di ironia e autoironia, con punte di vero e proprio umorismo. Beh, in Dampyr purtroppo non ho trovato niente di tutto questo. Il film si prende molto sul serio e il rischio del ridicolo è sempre dietro l’angolo. Già non ho capito cosa c’entri Lou Reed con la guerra dei Balcani e i vampiri. Non voglio nemmeno sapere quale raffinatissima citazione (ah, le citazioni!) rappresenti quella canzone a inizio film. Poi il protagonista: Wade Briggs risulta davvero poco convincente nel ruolo del ciarlatano alcolizzato (non sembra mai né l’uno né l’altro), e ancor meno credibile quando d’improvviso impugna pistola e torcia come il più provetto agente Fbi (dove ha imparato, guardando i telefilm americani?) e quando si rivela provetto lottatore-acrobata (sono poteri connessi al suo vampirismo che si “svegliano” di colpo?). Quanto alla recitazione, mi sembra terra terra, e non molto più esaltante quella di Frida Gustavsson. Magari è colpa del doppiaggio italiano. Decisamente meglio, come aderenza al personaggio e capacità attoriali, Stuart Martin/Emil Kurdjak. E infine il villain della vicenda, Gorka. Capo dei vampiri, ha però poteri che vanno ben oltre e che ci dobbiamo accontentare di dare per scontati perché nessuno si prende la briga di spiegare bene quali siano e da dove gli provengano, così lo vediamo fiammeggiare in giro come un Satanasso sputato dall’Inferno, suscitare telepaticamente incubi al “soldatino” e sparare dalle mani onde Kamehameha come fosse un Super Saiyan e poi morire carbonizzato al semplice tocco delle mani insanguinate di Harlan. Ite missa est. Anche se i fiduciosi autori della pellicola ci informano in chiusura che la guerra vampiresca è appena cominciata, aprendosi alla prospettiva di chissà quanti seguiti. Vabbe’, l’ho detto, vampiri e dampyri non fanno per me. È tutto così visto e rivisto… Le risate quando si preparano a dissanguare le loro vittime… dopo qualche secolo che lo fanno, non diventa noiosa routine? E le smorfie risapute per snudare i canini… Per la salute della casa editrice spero comunque che alla fine della fiera i conti siano tornati quanto basta e la Bonelli possa sfornare altri episodi della creatura di Boselli e Colombo… che io non guarderò. Di certo, e non è una scoperta, si dimostra una volta di più che i film sui personaggi dei fumetti non portano nessun vantaggio agli albi da cui provengono. Almeno, in assenza di dati ufficiali di vendita, questo è quanto mi è dato dedurre dalla recente riduzione delle pagine del mensile di via Buonarroti. Navigazione articoli JIM ABRAHAMS DAL DRAMMATICO AL COMICO IL TAGLIAERBE PORTATO IN TRIBUNALE DA STEPHEN KING