I Tre porcellini

La vicenda che porta alla pubblicazione del settimanale de I Tre porcellini è ancora tutta da esplorare, ciò potrà avvenire solo quando verranno consultati il carteggio fra Walt Disney e Arnoldo Mondadori e gli altri documenti relativi ai contatti intercorsi tra i due nel 1934 e 1935. Materiale che, almeno in teoria e limitatamente all’Italia, giace in parte in archivi privati e in parte presso quello della Fondazione Mondadori.

 

Marzo 1935: arriva Arnoldo Mondadori

Basandoci sulla biografia di Walt Disney scritta da Bob Thomas (Walt Disney, Mondadori, 1980), sul volume Album Mondadori 1907/2007 (Mondadori, 2007) e sull’antologia critica curata da Pier Francesco Listri (Il mondo di Nerbini – un editore nell’Italia unita, Nerbini Editore Firenze, 1993) sappiamo solo che Walt e Roy Disney, con le relative famiglie, durante il loro primo viaggio in Italia (1935) sono ospiti di Arnoldo Mondadori nella villa di Meina, buen retiro dell’editore, dove cementano gli accordi per l’esclusiva Disney.
Testimonianze del viaggio in Italia di Walt Disney giacciono ancora ignorate in vari archivi.
Forse Walt Disney si fa anche ricevere da Benito Mussolini, certo ha contatti a vasto raggio, perché il piccolo atelier è diventato, nel giro di tre o quattro anni, un’industria di portata mondiale.

Arnoldo Mondadori, nel 1934, è già molto attivo nel campo dell’editoria popolare, libraria e periodica. Nel 1923 ha rilevato il quotidiano milanese Il Secolo e il suo supplemento Il Secolo illustrato, che tiene per un breve periodo, prima di cederli a sua volta a Rizzoli. Nel 1929 ha lanciato I libri gialli, dal 1932 al 1935 ha dato vita ad altre collane librarie di taglio popolare, tra cui spiccano I romanzi della palma. Fra i periodici illustrati ci sono Novella, Comoedia, La donna. Per quanto riguarda il settore per ragazzi, nel 1925 Mondadori ha rilevato da Bemporad Il giornalino della domenica, facendoci confluire il preesistente Giro giro tondo; la testata termina però le pubblicazioni nel 1927. Più fortunate sono altre iniziative, come la longeva Enciclopedia dei ragazzi (1921), I romanzi de la lampada e molti libri scolastici. Nonostante ciò, manca ancora, nel carnet di Mondadori, un’offerta moderna destinata ai ragazzi, soprattutto ora che il fumetto si è dimostrato una carta vincente e non più un’effimera novità.

Opuscolo pubblicitario per il lancio del settimanale de I Tre porcellini

Nell’Album Mondadori (cit., pag. 137) è riprodotta una lettera del direttore generale della Walt Disney Enterprises – Italy, diretta ad Arnoldo Mondadori datata 17 ottobre 1934, in cui si invita l’editore milanese a stabilire una data di incontro per definire “l’affare dei libri di Walt Disney”. Evidentemente, già prima del viaggio europeo dei Disney, Mondadori ha iniziato a intessere contatti che non possono non avere Guglielmo Emanuel, responsabile italiano dell’agenzia di fumetti King Features Syndacate (Kfs), come intermediario. I primi libri illustrati Disney escono nel febbraio 1935: sono I tre porcellini e Il pifferaio magico.

L’editore milanese comunque non può, senza un accordo privato con l’editore fiorentino Mario Nerbini, subentrargli sic et simpliciter nella pubblicazione del settimanale Topolino in Italia. Ma la volontà degli americani di appoggiarsi alle ben più capaci strutture industriali di Mondadori è tale che si cerca di aggirare l’ostacolo, e in un certo modo di forzare la mano a Nerbini. Il quale è legato ancora a Disney da un contratto di esclusiva in cui si legge, però, che: “Il King Features Syndicate per sé e per Walt Disney, cede alla Casa Editrice G. Nerbini il diritto esclusivo di pubblicazione in giornale delle pagine domenicali di Mickey Mouse (‘Topolino’), delle strisce comiche di Mickey Mouse (‘Topolino’) in ragione di sei strisce settimanali, l’una e l’altra disegnate da Walt Disney”.


I termini usati nel contratto lasciano qualche spiraglio per i fumetti Disney che non appartengono strettamente alla serie di Mickey Mouse, come le Silly Symphonies, ed è a ciò che probabilmente Mondadori si appiglia.
La prima mossa a sorpresa di Mondadori, nel marzo 1935, è l’uscita del settimanale I Tre Porcellini.

Mondadori allestisce il settimanale, ricalcato sulla struttura di Topolino, utilizzando materiale avanzato da Emanuel. Tale materiale è in parte di produzione britannica, in parte lucidato da pubblicazioni promozionali cinematografiche, in parte di altra provenienza. Un po’ spudoratamente, in testata appare proprio un Topolino “strillone”, che presenta ai lettori il trio di maialini che ha letteralmente spopolato sugli schermi nel 1933.

Alcune pafine del primo numero.


Il settimanale dei Tre porcellini imita, di Topolino, anche la struttura “mista”, in cui i personaggi disneyani convivono con serie a fumetti, “avventurose” e non, di varia provenienza. Se la prima pagina è (almeno per ora) appannaggio dei personaggi delle Silly Symphonies, come ho già detto lucidati da fonti incerte, l’ultima, quasi altrettanto prestigiosa, è occupata dalle tavole domenicali di The Amazing Adventures Of Johnny-Round-The-World, scritte da William LaVarre e un po’ attardate nello stile grafico, opera di un ignoto artista del Kfs. La serie, che scimmiotta i documentari scientifici della National Geographic Society e si basa sulla straordinaria novità di una macchina fotografica con obiettivo zoom, non può certo competere con gli altri fumetti della stessa agenzia americana.

Il resto del settimanale è occupato da una riduzione di un libro Disney, con illustrazioni originali dello Studio, da molti redazionali “scritti” e da una sparuta e spaurita tavola di Otto Solgow, in originale Sentinel Louie, il topper di Little King.
Ma, almeno per i primi numeri, I Tre porcellini serve a Mondadori solo per “tenere il posto” a Topolino, destinato a cadere prestissimo nelle sue mani. La diffusione del settimanale è modesta, lo prova anche la sua straordinaria rarità sul mercato antiquario.

 

La Galleria dei dimenticati

Il settimanale mantiene un’impostazione decisamente di basso profilo. Sul numero 2 appare la prima tavola della serie Gli allegri cupidini, ovvero The Kewpies di Rose O’Neill, una delle poche cartoonist statunitensi di successo.

Classe 1874, ardente propugnatrice dei diritti delle donne, la O’Neill appartiene alla prima generazione dei cartoonists americani, insieme a Swinnerton, Dirks e Outcault. Rose O’Neill, che a New York abitava in Washington Square, ispirò il celebre brano Rose of Washington Square, immortalato nel film La Rosa di Washington, con Alice Faye.

I Kewpies, che almeno fino alla Grande Depressione negli Stati Uniti sono al centro di un ampio merchandising, appaiono già dal 1909 su Ladie’s Home Journal, sotto forma di grandi vignette. La serie sindacata ha due grandi stagioni: la prima, dal 1905 al 1918, come ho detto, sotto forma di vignette; la seconda, quella pubblicata su I Tre porcellini, sotto forma di regolari sundays, dal 1935 al 1937.

Altro grande maestro della prima generazione americana è James Swinnerton, forse il vero padre fondatore dei comics, anch’egli pubblicato su I Tre porcellini negli ultimi anni della sua carriera, con il delizioso Little Jimmy, comprensivo del topper Mr. Jack.

Una serie per molti aspetti strettamente imparentata con Little Jimmy fu disegnata da Swinnerton, con il titolo Canyon Kiddies: i piccoli, deliziosi e multietnici personaggi apparvero sulla rivista Good Housekeeping, proprio sul retro delle celebri tavole disneyane.

È curioso che non esista, nemmeno negli Stati Uniti, uno studio sufficientemente ampio sullo Swinnerton cartoonist, a differenza del pittore. Unico testo è questo raro volume, che si occupa anche e soprattutto dello Swinnerton pittore, ma che comunque è una fonte seria per la sua vita e carriera artistica.

Una serie oscura è I Tre fratellini, opera di un autore ignoto, comunque anglosassone.

Sul numero 19 del primo agosto appare la singolare e interessante serie Alì, ovvero Hejji del Dr. Seuss.

Il Dr. Suess (pseudonimo di Theodor Seuss Geisel) è ricordato ancora oggi come scrittore e illustratore di libri per bambini, ma la sua effimera serie di sundays ci sembra addirittura più interessante del suo più noto lavoro letterario.

Sul numero 23 un’altra grande e dimenticata autrice, Grace Drayton, con Micina, ovvero Pussycat Princess.

 

 

 

L’avventura!

Nel 1935, con L’Avventuroso nerbiniano che spopola, i fumetti che abbiamo appena visto non interessano praticamente a nessuno. E infatti I Tre porcellini, nonostante già con il numero 5 inizi a pubblicare le autentiche Silly Symphonies della Disney, resta un giornale di scarsa circolazione.

La redazione cerca dunque di rendere il giornale più appetibile, per un pubblico di adolescenti ormai smaliziati. I Tre porcellini è costretto a pubblicare le briciole di quello che Nerbini, Vecchi e lo stesso Mondadori, almeno da agosto in poi, lasciano libero e quindi, all’inizio, occorre rivolgersi agli italiani. Nel commissionare una storia “avventurosa” a Guido Moroni Celsi, che dà un’ottima prova di sé su Topolino con SK1, si pensa al genere western: al Cinema, cow boy e indiani popolano già l’immaginario infantile e adolescenziale.

Questo interessante post di Carlo Scaringi su AfNews racconta molto bene le origini di Ulceda, la figlia del Gran Falco della prateria, che inizia a essere pubblicato sul numero 11 del settimanale, datato 5 giugno XIII (il 1935 dell’Era Fascista).

Ulceda è molto importante, perché è all’origine di una genealogia di fumetti italiani che passa per il Kit Carson di Rino Albertarelli e arriva a Tex Willer di Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini (Galep): tutti autori che si formano nell’Anteguerra nelle redazioni della Saev di Vecchi, di Nerbini e di Mondadori.

L’eroe bianco è un italiano, “razza” oppressa da secoli nelle sue “naturali” aspirazioni nazionali, e l’incontro con la fiera “razza indiana” è da pari a pari: grande retorica para-fascista, naturalmente, ma è comunque significativo che i nativi americani non siano i “cattivi”.

Guido Moroni Celsi è un grande artista, oggi di difficile comprensione per il suo stile a prima vista attardato, ma già “moderno” per l’uso del linguaggio del Fumetto.

Questa (scusate per la qualità ma la tavola è dietro a un vetro) è una tavola originale di Ulceda, rimontata nel dopoguerra per la ristampa nella serie “Albo d’oro”. È stata fortunosamente salvata dalla distruzione (notate la parte in basso a sinistra, tranciata dalla benna di una ruspa e ricostruita) all’epoca in cui l’archivio Mondadori fu disperso. Ci sarebbe tanto da dire, ma è meglio stare zitti.

Proprio su I Tre porcellini nasce il primo nucleo degli autori italiani di fumetti, che negli anni tra il 1938 e la guerra, porterà alla creazione di una autentica scuola, voluta da Federico Pedrocchi nel tentativo di riscattare il Fumetto dalla sua condizione di artigianato, elevandolo a industria culturale.

Sul n. 21 del 15 agosto appare il trionfale annuncio dell’acquisizione di Topolino.

Per Mondadori, questo significa l’esclusiva di Disney per l’Italia: una posizione di privilegio che conserverà, con pugno di ferro, fino agli anni ottanta.

Ma la prima e autentica svolta del settimanale inizia solo col n. 26 del 19 settembre, quando appare finalmente una serie “avventurosa” americana di tipo naturalistico: è il Robin Hood di Charles Flanders.

Di notevole interesse storico, e anche estetico, è Piero Pat (Peter Pat), serie singolare opera di Mo Leff, per anni ghost artist di due famosi cartoonist: Al Capp e Ham Fisher. Dello stile beffardo dei due, comunque, in questa serie durata pochissimo, dal 3 giugno 1934 al 28 luglio 1935 e su poche testate americane, non c’è traccia: è una favola di grande suggestione grafica, che (come unico limite) non sa se rivolgersi al pubblico di tutte le età dei supplementi domenicali dei quotidiani americani, o solo ai lettori più giovani.

Yambo, ovvero Enrico Novelli, scrive e disegna uno straordinario exploit fantascientifico, a partire dal numero 30. L’avventura si intitola Robottino ed è qualche passo avanti, nella padronanza del linguaggio per immagini (il linguaggio dei comics), rispetto agli altri italiani.

Robottino è di grande interesse per numerosi aspetti: la qualità del disegno decisamente liberty, la capacità visionaria, la commistione originale (diversa dai modelli disneyani) tra disegno “pupazzettistico” e toni drammatici ed epici, insomma “avventurosi”.

Purtroppo, la stampa di Robottino passa presto in bianco e nero:

Corrado (Kurt) Caesar, autore di punta del settimanale cattolico di fumetti Il Vittorioso, esordisce su I Tre porcellini con una imitazione “coloniale” di Cino e Franco, I due Tamburini. La serie inizia con uno stile singolare, a mezzi toni, ma passa a un icastico tratto iper-contrastato che renderà bene, quasi dieci anni dopo, le atmosfere allucinate della guerra in Libia.

Si ricorre anche ai fumetti britannici dell’Amalgamated Press, segno che i contatti di Mondadori con Vecchi si fanno più forti proprio in questo periodo.

Brick Bradford sui Tre porcellini

La serie Robin Hood di Charles Flanders (ma è evidente che ai disegni subentra qualcun altro) dura pochi mesi. La redazione de I Tre porcellini deve dunque inventarsi qualcosa, per rafforzare l’appeal “avventuroso” che ormai, dopo l’epocale successo de L’Avventuroso, tutti i settimanali a fumetti sembra debbano avere per forza. Un aiuto alla diffusione del settimanale lo dà comunque il “Primo concorso degli amici di Topolino”, che il Topolino ormai mondadoriano e I Tre Porcellini lanciano alla fine del 1935. Sul numero 37 viene pubblicato anche lo spartano “album” per la raccolta dei “francobolli educativi” pubblicati sulle testate del gruppo Walt Disney – Mondadori.

“Gli Amici di Topolino” è il primo anello di una lunga catena che porterà negli anni sessanta al memorabile “Club di Topolino”: una forma di fideizzazione dei lettori dei periodici Mondadori, in parte basata su una forma spontanea di associazionismo. Negli anni trenta come negli anni sessanta, il senso di appartenenza al gruppo è rafforzato dalla tessera, un cartoncino la cui prima, leggendaria edizione appare proprio nel 1935.

Il primo concorso, quello dei “francobolli educativi”, lanciato con notevoli mezzi, anche finanziari, ha un notevole successo. Verrà replicato l’anno seguente, in collaborazione con la ditta Elah, e nel 1937-1938 con il “Concorso filatelico Impero”. I talloncini da ritagliare, pubblicati sui settimanali, saranno molti anni dopo un’autentica croce per i collezionisti.

La disperata ricerca di un fumetto d’avventura, su cui non abbia messo già le mani Mario Nerbini (o Lotario Vecchi, che lanciando proprio in queste settimane L’Audace, in funzione anti-Avventuroso), porta a una sensazionale trouvaille, e proprio in casa Kfs. Nessuno, infatti, sembra essersi ancora accorto di una straordinaria serie di strisce giornaliere e tavole domenicali, ovvero il fantascientifico Brick Bradford di William Ritt e Clarence Gray. I Tre porcellini pubblica le affascinanti dailies cambiando il nome del protagonista in Guido Ventura.

Brick Bradford non è alla sua primissima pubblicazione italiana. È apparso infatti nel 1933, per un breve periodo, sul settimanale umoristico romano Il Settebello. In quella sede, era stato ribattezzato Bruno Arceri. Il biondo eroe, vagamente somigliante, dal lato fisico, a Flash Gordon, come carattere è lontanissimo dal modello raymondiano: è infatti un avventuriero più realistico, collaboratore di scienziati, antropologi, archeologi. Lui stesso è una specie di Indiana Jones ante litteram. Del celebre rivale non ha certo il glamour e la sontuosità del disegno, ma ha altre qualità che verranno fuori a poco a poco. Le storie di Ritt sono ben strutturate, molto lunghe (a volte lunghissime, molti mesi di produzione), con riferimenti puntuali all’etnografia e alle novità scientifiche e tecnologiche.

La prima storia “giornaliera” di Brick Bradford – Guido (poi Giorgio) Ventura, conosciuta in seguito come La città sottomarina, dopo la pubblicazione parziale su Il Settebello non viene più riproposta: lo sarà, in tutte le salse, negli anni settanta, all’epoca dell’ubriacatura delle edizioni “amatoriali”, dopo essere stata considerata leggendaria da lettori e appassionati. I Tre porcellini inizia con il secondo episodio, che prenderà vari titoli ma sarà conosciuto in Italia soprattutto come Fuego il Pirata.

Le prime strisce, comunque, costituiscono un micro-episodio a se stante: forse un ripensamento di William Ritt, partito in quarta con una storia a base di perdute città precolombiane (come il primo episodio) e poi attratto da un formidabile spunto basato su un sommergibile tedesco della Prima guerra mondiale, sul suo equipaggio ignaro dell’armistizio (sono avvenimenti successi vent’anni prima rispetto al 1935) e su un terribile pirata moderno.

Brick Bradford è spartito con L’Audace di Vecchi. L’affare migliore lo fa senz’altro Mondadori, assicurandosi le strisce giornaliere: le tavole domenicali, per quanto assai fascinose, peccano per l’ingenuità delle trame, che in parte cercano di imitare proprio Flash Gordon.

Brick/Guido piace a un pubblico forse più raffinato rispetto a quello de L’Avventuroso: non ha affatto l’afflato eroico di Flash Gordon né le personalità omeriche dei suoi comprimari, ma l’intelligenza delle trame di William Ritt si sposa molto bene con il Topolino di Floyd Gottfredson e collaboratori, con cui spartirà, finché sarà possibile, le pagine più prestigiose del settimanale-leader.

Nel dopoguerra, quando una redazione improvvisata cercherà di rimettere in piedi Topolino, si penserà subito a Brick Bradford. Ma il biondo eroe della coppia Ritt e Gray avrà purtroppo perso gran parte del suo smalto.


Oggi
, invece, nel 1935, la Grande Avventura è appena cominciata, e le pagine de I Tre Porcellini sono piene di irresistibile fremiti.

La testata, comunque, non avrà mai un vero successo e nel febbraio del 1937 si fonderà con il settimanale di Topolino.

 

(Gli altri articoli di Giornale POP dedicati ai fumetti pubblicati in Italia negli anni trenta li trovate QUI).

 

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